I conflitti di attribuzione tra lo stato e le regioni
Sulla carta anche i conflitti fra stato e regioni o fra regioni
dovrebbero concernere la spettanza di attribuzioni individuate mediante norme
di rango costituzionale. Tuttavia la giurisprudenza della corte è saldamente
orientata nell'erigere a parametro discipline subcostituzionali, quali le norme
di attuazione degli statuti speciali. In tutti questi casi, dunque, verrebbe
pur sempre in prima linea la "definizione dei limiti dell'autonomia
costituzionale delle regioni". Dapprima la corte negava che tali attribuzioni
potessero formare il tema di un conflitto. Da ultimo quell'indirizzo
costituzionale è stato corretto. Un allargamento ancor più notevole ha poi
riguardato la determinazione degli atti impugnabili. Anche i giudizi in esame
possono assumere ad oggetto qualsiasi atto comunque lesivo, cioè produttivo
della menomazione dedotta nel ricorso. Soltanto in una prima fase, dunque, i
regolamenti di competenza hanno avuto esclusivo riguardo ai provvedimenti
amministrativi. A partire dagli anni sessanta, per contro, la corte ha risolto
svariati conflitti concernenti atti giurisdizionali, impugnati dalle regioni.
Nondimeno anche in questi casi la corte stessa ha evitato di sindacare gli
errori "in iudicando". I conflitti fra lo stato e le regioni presuppongono,
comunque, che il ricorrente impugni un qualche atto; sicché nessuno dubita che
si tratti di conflitti reali e non virtuali. Ma la serie degli atti impugnabili
è stata estesa oltremodo. La corte, cioè, si è spinta ben oltre il novero dei
provvedimenti; sino a concludere che possa bastare allo scopo "una univoca non
formale manifestazione di volontà". In dottrina è stato anzi sostenuto che il
conflitto potrebbe anche insorgere a causa di una omissione.