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Gli effetti della pubblicità del dibattimento sui diritti della persona




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Gli effetti della pubblicità del dibattimento sui diritti della persona


Le riprese televisive del dibattimento non incidono solo sulla riservatezza, sull'onore, sulla identità personale dell'imputato e delle altre parti. Tra gli effetti dell'accesso delle telecamere in dibattimento vi é, infatti, anche la potenzialità lesiva che la trasmissione del processo ha sul principio della presunzione di innocenza, sancito dall'art 27 secondo comma della Costituzione.

Nella prassi, cioè, l'uso di mezzi audiovisivi nel processo genera effetti tali per cui l'imputato che sia stato condannato in primo grado al termine di un dibattimento teletrasmesso non potrà far conoscere al pubblico con uguale rilevanza l'eventuale sentenza di assoluzione in appello, con la conseguente individuazione del medesimo con il colpevole, oltre al pericolo che, per il ruolo che l'imputato riveste nel processo, possa essere considerato colpevole dalla coscienza collettiva ancora prima di essere giudicato . Tali ripercussioni negative, tuttavia, non possono essere evitate imponendo all'emittente radiotelevisiva che ha mandato in onda il primo grado del processo di trasmettere anche i gradi successivi, sia perché ciò avverrebbe a distanza di anni dalla prima trasmissione, sia perché questo espediente non garantirebbe comunque la visione da parte del pubblico, e quindi non offrirebbe garanzie in ordine alla verità e soprattutto alla completezza dell'informazione.

Dal terzo comma dell'art. 27 Cost., si desume, inoltre, che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Ma nella ripresa e trasmissione televisiva dei dibattimenti può essere in realtà ravvisata una "pena aggiuntiva", contraria al senso di umanità e soprattutto tale da rendere più difficile la rieducazione e il reinserimento del condannato nella società. Infatti le vicende processuali di cui l'imputato é protagonista sono diffuse attraverso il mezzo televisivo anche nell'ambiente sociale e di lavoro nel quale questo vive e opera

La trasmissione televisiva dei processi, soprattutto quando "importanti", celebrati cioè contro politici, personaggi noti, o soggetti che occupano a vario titolo posti di un certo rilievo nella società, é capace di suscitare presso il pubblico un interesse tale da indurre ad una presa di posizione a favore o contro un determinato imputato. Tanto che si potrebbe parlare in proposito di un vero "processo supplementare" celebrato dall'opinione pubblica oltre a quello che si svolge nelle aule di udienza . In questo modo, pertanto, l'informazione sullo svolgimento dei processi si trasforma in una sorta di sanzione, mentre nel nostro attuale ordinamento le sanzioni sono solo quelle tassativamente previste dalla legge. Anche sotto questo profilo, quindi, occorre che l'informazione sia data senza spettacolarizzare o enfatizzare gratuitamente o generare pregiudizi.

Un altro aspetto sul quale incide la diffusione del processo tramite i mezzi audiovisivi é rappresentato dall'amplificazione degli effetti della pubblicazione della sentenza, la quale avviene mediante lettura del dispositivo in udienza. Quando, pertanto, viene letta in dibattimento una sentenza di condanna, tale fenomeno produce gli stessi effetti della pena accessoria prevista dall'art. 36 c.p. Questa norma, che disciplina le modalità di pubblicazione della sentenza penale di condanna, trova applicazione, nei casi stabiliti dalla legge, in seguito a condanne per delitti e contravvenzioni . Con la differenza, però, che la pena accessoria della pubblicazione può essere eseguita solo quando la sentenza é divenuta definitiva, mentre la sentenza di cui é stata data lettura di fronte alle telecamere viene resa pubblica prima che la stessa sia divenuta definitiva

Un'altro aspetto della pubblicità del dibattimento, relativo al conflitto fra l'utilizzazione dei mezzi audiovisivi e i diritti della personalità, riguarda specificatamente i componenti del pubblico presente in aula. E' possibile infatti che a lamentare la lesione della propria immagine e della riservatezza siano anche altri soggetti, diversi dall'imputato, e presenti all'udienza quali spettatori della vicenda penale ripresa. In proposito é stato evidenziato, dalla giurisprudenza, come non sia configurabile la sussistenza di un danno all'immagine e alla riservatezza in capo al soggetto, anche qualora questo fosse stato ripreso nonostante il suo espresso dissenso. L'iter logico seguito dal giudice in simili casi é quello della comparazione degli interessi in conflitto, l'interesse alla riservatezza da un lato e quello alla manifestazione del pensiero, all'informazione, alla conoscenza pubblica dei fatti, dall'altro; bilanciamento che porta a ritenere comunque prevalente quest'ultimo sul primo, sull'interesse cioè del soggetto, alla protezione della sua sfera privata

In una recente pronuncia , infatti, il giudice rigetta le richieste risarcitorie della parte attrice, presente ad un dibattimento tra il pubblico, escludendo la lesione di un suo diritto all'immagine, in quanto le riprese erano avvenute in pubblico. Inoltre i giudici sottolineano la particolare rilevanza che assume, l'interesse pubblico alla conoscenza del processo penale e, con esso al controllo dell'operato degli organi giurisdizionali, tutelato come interesse primario dalla nuova disciplina legislativa delle riprese audiovisive. Pertanto nel momento in cui vengono autorizzate le riprese nell'aula di udienza, ai sensi dell'art. 147 disp. att. c.p.p., chi partecipa assistendo direttamente in aula, soggetto non tutelato dall'art. 147, soggiace ai rischi connessi al principio della riproducibilità dell'immagine collegata a fatti svoltisi in pubblico, e non potrà perciò opporsi efficacemente alla divulgazione della stessa . Mentre infatti la disciplina contenuta nel codice di procedura penale tutela i soggetti "che devono essere presenti" nel processo, tutti gli altri sottostanno alla generale disciplina dell'immagine dettata dalla legge sul diritto d'autore.

Riguardo all'uso di immagini di persone nelle riprese televisive in generale, al di fuori di un processo, si deve considerare che, mentre il nuovo codice di procedura penale ha tenuto conto dell'evoluzione tecnologica (disponendo la necessità del consenso alle riprese e comunque salvaguardando l'immagine delle persone coinvolte), la legge sul diritto d'autore é stata elaborata in tempi in cui non era prevedibile che ci potesse essere una diffusione degli avvenimenti (in diretta e anche in differita) nelle dimensioni che il fenomeno ha assunto oggi, attraverso l'uso dei "nuovi" mezzi di comunicazione di massa.





L'art. 27 secondo comma Cost. sancisce che "l'imputato non é considerato colpevole fino alla condanna definitiva".

Vd. Fragola A., Le emissioni radiotelevisive nella giurisprudenza cit. p. 110 il quale ritiene necessario, sulla base dell'art. 27 Cost., che la vicenda giudiziaria dell'imputato sia "completa" e presentata in tutte le fasi con uguale rilievo.

Vd. Fragola A., op. ult. cit. e Zeno Zencovich V., Ripresa televisiva dell'udienza penale e tutela della personalità in Dir. Inf. 1985. Quest'ultimo osserva che se nel nostro ordinamento sono vietate le pene consistenti in trattamenti contrari al senso di umanità nei confronti del condannato, a maggior ragione (considerato il principio di non colpevolezza) lo saranno quelle che si applicano nei confronti del semplice imputato. Nel contempo, il giudizio di disvalore che viene dato dell'imputato o del condannato può costituire pena addirittura più grave di quelle editali. Inoltre mette in evidenza il rischio che, sotto questo aspetto, la televisione possa trasformarsi, ai danni dell'imputato ripreso dalle telecamere, in una sorta di "gogna elettronica".

Vd. in proposito Bocca G., Puniti con la vergogna, in Repubblica 28 gennaio 1994 il quale a proposito del processo Cusani affermava: "la condanna e la pena non saranno con ogni probabilità anni di galera", ma sono "la vergogna che la pubblicità processuale gli ha stampato addosso." Vd. anche Borrelli L., in Repubblica 17 novembre 1993 il quale accostava al processo celebrato nelle aule di udienza, un'altro celebrato dal pubblico, grazie anche alla pubblicità data dai mass.media ai processi penali.

Vd. Zeno Zencovich. V., Ripresa televisiva dell'udienza penale e tutela della personalità, in Dir. Inf. 1985 secondo il quale la ripresa e la diffusione audiovisiva della lettura del dispositivo in dibattimento possono costituire una forma di "pubblicazione irrituale" della sentenza di condanna.

Vd. Ridolfi C., Persona e mass-media. Cedam 1995.

Cfr. Ricciuto.V., Giustizia penale e spettacoli televisivi: la pubblicità del dibattimento prevale sulla reputazione (e sulla riservatezza) dei soggetti coinvolti nelle vicende giudiziarie, in Dir. Inf. 1993.

Trattasi della pronuncia del Tribunale di Roma 19 febbraio 1993. in Dir. Inf. 1993.

Vd. Ridolfi C., op. ult. cit. pp. 121-122

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