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Famiglia e rapporti parentali
Parentela e affinità. La parentela, invece, costituisce un vincolo di discendenza da uno stesso capostipite; può essere in linea retta, quando le persone discendono una dall'altra (es: padre-figlio), o in linea collaterale, quando non discendono l'una dall'altra pur avendo un capostipite comune (es: fratelli, zio-nipote).
La parentela si misura in gradi e non è rilevante oltre il 6° grado: il grado si calcola contando le persone fino allo stipite comune, senza contare il capostipite (es: fratello, padre, fratello).
I fratelli sono bilaterali (o germani) se discendono dagli stessi genitori, unilaterali se hanno lo stesso padre (consanguinei) o la stessa madre (uterini); i fratelli germani hanno un trattamento differente in materia di successione e alimenti rispetto ai fratelli unilaterali.
L'affinità, effetto legale del matrimonio, designa il rapporto tra un coniuge e i parenti dell'altro (suocero-nuora); l'affinità non si estende però al rapporto tra affini (es: le mogli di due fratelli non sono cognate fra loro, ma solo l'una del marito dell'altra).
L'affinità si estingue per annullamento del matrimonio e non per il suo scioglimento dovuto alla morte del coniuge dal quale derivi l'affinità, salvo diversa previsione.
Solidarietà familiare: mantenimento e alimenti. Il mantenimento è un obbligo di assistenza economica in favore del coniuge separato a cui non sia addebitata la separazione e che sia sprovvisto di adeguati redditi propri; al mantenimento ha diritto anche il figlio non riconoscibile.
Il mantenimento prescinde dallo stato di bisogno e comprende ciò che è necessario ad assicurare a chi ne è titolare il medesimo tenore di vita della famiglia della quale è parte.
I presupposti sono che il coniuge mantenuto sia incapace di provvedere alle più elementari necessità per una vita dignitosa e la misura è proporzionale alle condizioni economiche dell'alimentante: infatti egli deve adempiere o mantenendo l'alimentando nella propria abitazione, o con un assegno periodico anticipato, salvo diversa disposizione del giudice.
L'assegno, una volta corrisposto, non può essere nuovamente richiesto e nulla è dovuto per il periodo anteriore alla richiesta formale di mantenimento, in quanto è dovuto dal giorno della domanda giudiziale; la misura del mantenimento è comunque soggetta a modifiche da parte del giudice. L'obbligo cessa con la morte dell'obbligato.
L'obbligazione degli alimenti sopra affrontata è legale, ma può essere costituita anche per contratto (rendita vitalizia), o per disposizione testamentaria (legato di alimenti).
Famiglia di fatto. La famiglia di fatto o convivenza more uxorio è un'unione stabile tra uomo e donna, anche in assenza di matrimonio.
L'ordinamento ha dei problemi nel definire la famiglia di fatto, perché la Costituzione riconosce come famiglia naturale solo quella fondata sul matrimonio e che abbia un rapporto di filiazione naturale.
Quindi la famiglia di fatto non deve essere equiparata al rapporto coniugale che è vincolato dai valori dell'ordinamento, perché la famiglia di fatto è vincolata dall'arbitrio delle persone non escludendo, però, l'applicazione dei principi inderogabili dell'ordinamento.
Per l'ordinamento la convivenza more uxorio è idonea a svolgere le stesse funzioni di cura e allevamento della prole prestate dalla famiglia legittima.
Nozione di matrimonio e sistema matrimoniale italiano. Con il matrimonio s'indica non solo l'atto posto a fondamento della famiglia, ma anche il rapporto ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi.
Il matrimonio come atto giuridico può essere regolato dal diritto civile ovvero dal diritto canonico: infatti nel nostro ordinamento il sistema introdotto dal Concordato del 1929 tra Stato e Chiesa consente ai cittadini di scegliere tra:
il matrimonio civile, celebrato davanti all'Ufficiale di stato civile;
il matrimonio concordatario (o canonico), celebrato davanti al Ministro del culto cattolico, secondo la disciplina del diritto canonico e regolarmente trascritto nel registro dello stato civile.
Il matrimonio come rapporto, invece, è regolato unicamente dal diritto civile: una volta scelta liberamente la forma di celebrazione, la società coniugale (il m. come rapporto) rimane disciplinata esclusivamente dalle leggi civili. La disciplina del rapporto matrimoniale è, cioè, unica.
Il matrimonio come atto di autonomia e la libertà matrimoniale. Il matrimonio è attopersonalissimo, infatti, non è consentito ai nubendi la libertà di farsi sostituire.
Il matrimonio è un atto tipico e legittimo, in quanto non si possono apporre termini o condizioni; le parti non possono modificare lo schema legale in virtù dell'inderogabilità degli effetti espressamente sancita.
Promessa di matrimonio. La libertà matrimoniale si manifesta espressamente nella non vincolatività della promessa di matrimonio, che non obbliga a contrarre matrimonio, anche in caso di non adempimento.
La rottura della promessa si può fare entro un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il matrimonio, o dal giorno della morte di uno dei promettenti: in tutti e due i casi si ha l'obbligo di restituire i doni, escluse le donazioni obnuziali e per affetto e amicizia.
Se la rottura è ingiustificata, l'autore è tenuto a risarcire i danni per le spese fatte e le obbligazioni contratte a causa della promessa, tenendo conto delle condizioni economiche delle parti.
Matrimonio civile: requisiti e impedimenti alla celebrazione. Il matrimonio è impeditonei casi di:
minore età: la regola non è assoluta, perché il tribunale, sentiti il p.m., i genitori ed il tutore, può autorizzare il matrimonio in presenza di chiari motivi;
infermità di mente, per cui l'interdetto giudiziale non può contrarre matrimonio;
mancanza della libertà di stato: la libertà di stato può anche derivare da morte del coniuge, da nullità e scioglimento del matrimonio.
Questi impedimenti, se non osservati, producono o invalidità del matrimonio(impedimenti - dirimenti), o una sanzione pecuniaria (impedimenti - impedienti).
In presenza dei dirimenti il matrimonio è invalido. I casi sono: esistenza di vincoli di parentela, affinità, adozione e affiliazione, salvo dispense del tribunale; altra causa d'impedimento che non prevede dispensa è l'impedimentum criminis, per cui è vietato il matrimonio tra chi è stato condannato per omicidio, tentato o consumato ed il coniuge della persona offesa dal delitto.
Nel gruppo degli impedienti rientra il divieto temporaneo di nuove nozze e la sua violazione dà luogo soltanto ad una sanzione pecuniaria.
Formalità preliminari: pubblicazioni e opposizioni. Il matrimonio celebrato senza che sia stato preceduto dalle prescritte pubblicazioni è comunque valido.
L'omissione comporta sanzioni pecuniarie, salvo nei casi di esonero concesso dal Tribunale per motivi gravissimi o di matrimonio celebrato in imminente pericolo di vita.
La pubblicazione su richiesta delle parti è curata dall'ufficiale di stato civile e contiene le generalità degli sposi, la data e il luogo della celebrazione; essa rimane affissa sulla porta della casa comunale per 8 gg. comprendenti 2 domeniche successive.
La pubblicazione è un onere non solo per il matrimonio concordatario, ma anche per quello degli acattolici: la sua funzione è di portare a conoscenza di tutti (pubblicità notizia) l'intenzione dei nubendi di contrarre matrimonio, affinché chiunque vi abbia interesse possa fare opposizione ove sussistano impedimenti.
L'ufficiale giudiziario può rifiutarsi di procedere alla pubblicazione nel caso venga a conoscenza di un impedimento e tale opposizione sospende la celebrazione del matrimonio fino alla sentenza del giudice.
Celebrazione e formazione dell'atto di stato civile. La celebrazione del matrimonio è ordinata in una sequenza cronologica di atti; nel giorno fissato dalle parti, l'ufficiale di stato civile, in presenza di 2 testimoni, compie le seguenti azioni:
legge agli sposi gli articoli 143-144-147 del codice civile;
riceve da ciascuna delle parti personalmente il consenso;
dichiara che le parti sono unite in matrimonio.
Il matrimonio è valido anche quando uno dei nubendi, nella dichiarazione del matrimonio, abbia assunto falso nome, in quanto non si considera rilevante l'eventuale inganno nei riguardi dell'ufficiale di stato civile; è valido anche se il matrimonio è celebrato davanti ad un pubblico ufficiale apparente, purché vi sia un effettivo esercizio pubblico delle funzioni e almeno uno degli sposi sia in buona fede.
Subito dopo la celebrazione deve seguire l'atto dello stato civile che costituisce laprova documentale dell'avvenuto matrimonio e su cui è annotata anche un'eventuale separazione dei beni; esso è iscritto nei registri dello stato civile ed ha valore probatorio, in quanto nessuno potrebbe reclamare di essere coniuge se non presenta tale atto.
È ammessa la celebrazione per procura se uno degli sposi risiede all'estero, in tempo di guerra, per i militari; il procurator non è rappresentante del nubendo, ma è solo un nuncius, cioè semplice portavoce di questi.
Matrimonio concordatario canonico ad efficacia civile. Il matrimonio concordatario ha gli stessi effetti del matrimonio civile; affinché al matrimonio concordatario siano riconosciuti gli effetti civili è prevista una serie di adempimenti:
le pubblicazioni sulla porta della casa comunale, dove l'ufficiale di stato civile, in mancanza di impedimenti, rilascia un certificato che garantisce alle parti la certezza sulla trascrizione del matrimonio; è prevista la lettura degli articoli del codice;
la redazione dell'atto di matrimonio in doppio originale da parte del parroco; nell'atto è compresa anche la scelta del regime patrimoniale di separazione;
richiesta scritta di trascrizione, da inoltrare entro 5 gg. dalla celebrazione del matrimonio, da parte del parroco all'ufficiale di stato civile che effettuerà la trascrizione dell'atto di matrimonio nei registri dello stato civile entro 24 ore. È prevista anche la trascrizione tardiva che è richiesta non dal parroco, ma dai coniugi o da uno solo, se l'altro ne è a conoscenza e non si oppone. È necessario però che i coniugi abbiano mantenuto la loro libertà di stato ininterrottamente fino al momento della richiesta di trascrizione.
Le cause d'impedimento della trascrizione sono:
quando le parti non rispondono ai requisiti di età;
uno dei contraenti è interdetto per infermità di mente;
tra gli sposi sussiste un altro matrimonio valido agli effetti civili;
impedimenti derivanti ad delitto o da affinità in linea retta.
La trascrizione è ammessa quando, secondo la legge civile, l'azione di nullità o di annullabilità non potrebbe essere più proposta.
Matrimonio degli acattolici. Anche ai cittadini non cattolici è ammesso celebrare, dinanzi ai ministri dei culti ammessi nello Stato, il matrimonio che rispetti le tradizioni e produca gli effetti civili. Affinché il matrimonio sia valido occorre che il ministro del culto sia nominato e approvato dall'autorità governativa: ciò non basta, perché anche questo ministro del culto è tenuto a leggere gli articoli del codice, redigere l'atto di matrimonio, trasmetterlo entro 5 gg. all'ufficiale di stato civile che lo trascriverà entro 24 ore; nel caso non ci sia l'approvazione dell'autorità governativa, il matrimonio celebrato è nullo.
Ci sono anche rappresentanti di alcune professioni religiose che hanno stipulatointese con lo Stato italiano, tradotte in leggi speciali.
Invalidità del matrimonio. La nullità non impedisce la validità del matrimonio, salvo la possibilità di una pronunzia giudiziale; inoltre non c'è la rilevabilità d'ufficio. La dottrina classifica nullo:
il matrimonio contratto senza lo stato libero ed il matrimonio contratto dal coniuge del presunto morto, qualora si accerti che esso sia vivo;
il matrimonio contratto in presenza d'impedimenti per i quali non è concessa dispensa (parentela, affinità, adozione e affiliazione);
il matrimonio contratto in violazione dell'impedimento da omicidio tentato o consumato.
La dottrina differenzia l'invalidità dall'inesistenza. Le cause dell'inesistenza sono:
quando vi è l'identità di sesso, la mancanza di celebrazione, la mancanza assoluta del consenso.
Ipotesi di annullabilità sono:
violazione dei limiti di età minima prevista dalla legge;
interdizione;
incapacità di intendere e di volere.
Disciplina dell'impugnazione. La legittimazione attiva all'impugnazione del matrimonio è dei coniugi, degli ascendenti prossimi, del p.m. e di ogni altro soggetto che abbia un interesse legittimo per impugnarlo. L'impugnazione è:
imprescrittibile nei casi di violazione dei principi fondamentali,che rende inidoneo il matrimonio a realizzare la sua funzione;
prescrittibile dopo 10 anni per vizi del consenso.
L'azione di impugnazione è sottoposta a decadenza con termine di 1 anno dalla celebrazione del matrimonio contratto senza autorizzazione o dal raggiungimento della maggiore età.
La decadenza dipende dal concorso di due circostanze:
il venir meno della causa di invalidità (es: recupero delle facoltà mentali per l'incapace);
la coabitazione per almeno 1 anno quale forma di convalida tacita.
Effetti della sentenza d'invalidità: il matrimonio putativo. Il matrimonio putativo è il matrimonio che i coniugi reputano valido anche se non è tale.
Quando si verificano o sussistono alcune circostanze come la buona fede di entrambi i coniugi, la presenza di figli, o la buona fede unilaterale, il legislatore può qualificare giuridicamente valido il matrimonio, che però sarebbe invalido, perché l'atto su cui si basa è invalido.
Tale matrimonio è il c.d. matrimonio putativo.
Gli effetti della sentenza di nullità sono irretroattivi. Il matrimonio putativo, fino alla sentenza che produce nullità, produce gli stessi effetti del matrimonio valido.
Principio di eguaglianza dei coniugi e diritti e doveri reciproci. L'uguaglianza dei coniugi si identifica anche nell'attuazione di una serie di obblighi inderogabili reciproci:
fedeltà: impone ai coniugi di astenersi da relazioni sentimentali e rapporti sessuali con persone diverse dal coniuge; l'infrazione di questo obbligo non produce più rilevanza penale, ma può rilevare solo come elemento di imputazione della responsabilità per la separazione ad uno dei coniugi;
assistenza reciproca: è l'aiuto morale e materiale che ciascun coniuge deve prestare per il soddisfacimento dei bisogni affettivi ed economici dell'altro. L'assistenza comunque è sospesa nei confronti del coniuge che si allontana senza giusta causa dalla residenza familiare rifiutando di ritornarvi;
coabitazione: non è solo il dovere di vivere sotto lo stesso tetto, ma è anche il dovere di attuare la convivenza tra moglie e marito. Quest'obbligo viene meno per giusta causa, cioè per separazione, annullamento o divorzio;
collaborazione: entrambi i coniugi devono soddisfare le esigenze reciproche e quelle dei figli ed hanno il dovere-potere di mantenere, educare e istruire i figli. La collaborazione è anche economica dove i coniugi in relazione alle proprie sostanze e capacità di lavoro professionale o casalingo devono collaborare. Alla collaborazione partecipano tutti i membri della famiglia.
Cognome e cittadinanza dei coniugi. Con il matrimonio la moglie aggiunge al proprio, il cognome del marito: quest'ultimo conserva il suo cognome e lo trasmette ai figli.
Il cittadino italiano, uomo o donna, che sposa uno straniero mantiene la sua cittadinanza italiana; il matrimonio per il coniuge straniero costituisce il presupposto per l'acquisto della cittadinanza italiana. È necessario però che abbia la residenza per almeno 6 mesi o che siano trascorsi 3 anni dalla celebrazione del matrimonio; l'acquisto non è automatico, avvenendo su istanza con decreto al Ministero dell'Interno.
Regola dell'accordo nelle decisioni familiari e intervento del giudice. La scelta sull'indirizzo della vita familiare è rimessa all'autonomia dei coniugi ed è fatta con la fissazione della residenza.
Per l'attuazione degli accordi c'è bisogno della cooperazione di entrambi i coniugi.
Il disaccordo paralizza la famiglia e la rende vulnerabile; qualora il disaccordo non si supera, si può chiedere anche disgiuntamente l'intervento del giudice il quale, ascoltate le parti e, a volte, anche i figli sedicenni, cerca di conciliare per raggiungere ad una soluzione (intervento conciliativo).
L'intervento del giudice è autoritativo, cioè vincolante e non è impugnabile, nel caso in cui non sia stata fissata la residenza della famiglia: egli può proporre la soluzione che ritiene più adeguata alle esigenze dell'unità e della vita familiare.
Tipologie dei regimi patrimoniali. Il regime patrimoniale legale è quello della comunione dei beni: in opposizione alla comunione vi sono la separazione dei beni e la comunione convenzionale.
La separazione dei beni esclude l'operatività della comunione dei beni e può essere adottata sia prima del matrimonio, sia al momento della sua celebrazione e sia dopo tale celebrazione.
Convenzioni matrimoniali. Le convenzioni matrimoniali sono regimi atipici di patrimonialità e sono regolate dalle norme in materia di contratto.
Esse modificano il regime di comunione dei beni, cioè possono restringere il regime a determinati beni o allargarlo ad altri.
Le convenzioni sono stipulate sotto forma di atto pubblico sotto pena di nullità e, in caso di interdizione del coniuge, mediante il rappresentante legale; sono sempre modificabili in qualsiasi momento, perché vi sia il consenso di tutte le parti o dei loro eredi.
È prevista una forma di pubblicità dichiarativa per la stipula e la modifica delle convenzioni, attraverso la loro annotazione a margine dell'atto di matrimonio a cura del notaio rogante, pena la inopponibilità ai terzi.
Qualora le convenzioni abbiano ad oggetto beni immobili o mobili registrati è richiesta anche la trascrizione nei rispettivi registri.
Regime legale della comunione dei beni. La comunione legale è diversa da quella ordinaria o ereditaria. Il singolo coniuge non può scioglierla unilateralmente, né può disporre della propria quota di beni; questa comunione si estende a tutti i beni acquisiti anche separatamente dai coniugi dopo il matrimonio, ad esclusione dei beni personali: vi sono anche beni che non entrano in comunione immediatamente, ma si considerano oggetto della comunione se sussistono al momento del suo scioglimento.
Dunque, la comunione legale è distinta in comunione attuale o immediata e comunione differita o de residuo.
Entrano a far parte della comunione le aziende gestite da entrambi i coniugi e i frutti dei beni propri e i proventi dell'attività separata di ciascun coniuge, dove per attività separatasi intende qualunque attività lavorativa, subordinata o autonoma, anche se svolta saltuariamente o per mero diletto.
Beni esclusi dalla comunione legale (art. 179). I beni esclusi dalla comunione legale sono:
a)
i beni del quale il coniuge era titolare prima del matrimonio o prima della comunione legale;
b)
i beni acquistati per effetto di donazione o successione;
c)
i beni di uso strettamente personale e i relativi accessori;
d)
i beni strumentali all'esercizio della professione, tranne quelli destinati all'azienda facente parte della comunione;
I beni immobili o mobili registrati sono esclusi dalla comunione legale, se tale esclusione è espressamente dichiarata nell'atto di acquisto e l'altro coniuge abbia partecipato alla redazione dell'atto; questi beni devono essere trascritti nei rispettivi registri.
Essi sono considerati come beni personali: per i mobili non registrati, tale dichiarazione non è sufficiente.
Separazione: nozione e funzione. La separazione non scioglie il vincolo, ma pone i diritti e i doveri del matrimonio in uno stato di quiescenza (di riposo).
La separazione personale è comunque un metodo per recuperare il rapporto entrato in crisi, infatti per avere il divorzio ci vogliono 3 anni di separazione; cessa qualora i coniugi si riappacifichino.
Oltre alla separazione giudiziale e consensuale, abbiamo:
la separazione temporanea ordinata dal giudice nel caso di giudizio di invalidità dal matrimonio, di separazione, o di divorzio;
la separazione di fatto che produce effetti molto limitati.
Separazione giudiziale. Si ha quando si verificano fatti che rendono intollerabile la continuazione della convivenza, in modo da recare grave pregiudizio all'educazione della prole.
Importante è la rilevanza dell'addebito della separazione deciso dal giudice per il coniuge che ha avuto un comportamento contrario ai doveri del matrimonio; l'addebito influisce unicamente sulle conseguenze patrimoniali della separazione e può anche essere pronunciato a carico di entrambi i coniugi.
La separazione giudiziale può essere richiesta da entrambi o da uno dei coniugi al giudice del tribunale del luogo di residenza o domicilio del coniuge convenuto: il giudice come prima fase cerca di conciliarli e nel caso sia fallito tale tentativo, il presidente del tribunale dispone i provvedimenti temporanei ed urgenti nell'interesse dei figli e dei coniugi.
Separazione consensuale. Quando entrambi i coniugi di comune accordo pervengono alla separazione si ha la separazione consensuale. Il consenso non è sufficiente alla produzione degli effetti, ma occorre il decreto di omologazione emesso dal tribunale su richiesta di uno o entrambi i coniugi; il presidente del tribunale prima cerca di conciliare le parti, poi, in caso di fallimento, concede l'omologazione non valutando le motivazioni della separazione.
L'omologazione può essere anche rifiutata qualora negli accordi presi preventivamente tra i coniugi ci siano contenuti pregiudizievoli all'interesse della prole.
Carattere importante della separazione consensuale è l'accordo preso preventivamente dai coniugi sul mantenimento (e non solo sugli alimenti) del coniuge e della prole.
Separazione temporanea. Nei casi di giudizio di invalidità del matrimonio o di divorzio, il tribunale può disporre la separazione temporanea. Effetto della separazione temporanea è la sospensione dell'obbligo di coabitazione e l'emanazione di conseguenti provvedimenti necessari a regolare i rapporti tra i coniugi con i figli.
La separazione temporanea, comunque, ha effetti molto ridotti: essa, difatti, non determina lo scioglimento della comunione legale né la sospensione dei doveri coniugali.
Separazione di fatto. La separazione di fatto, invece, è una stabile interruzione della convivenza attuata al di fuori delle ipotesi previste dalla legge. A differenza dell'allontanamento, con la separazione di fatto il coniuge manifesta all'altro la volontà di interrompere la convivenza e l'altro coniuge tollera tale decisione: questa separazione non sospende i doveri coniugali che possono essere sospesi solo con la separazione legale.
Comunque, al coniuge "tollerante" spetta di diritto la richiesta di separazione giudiziale con addebito.
Effetti della separazione per i coniugi. Mutamento del titolo della separazione. La separazione legale sancisce l'interruzione della convivenza coniugale senza, però, comportare lo scioglimento del matrimonio.
Effetti personali: la separazione non esonera i coniugi dal dovere di fedeltà, dal dovere di assistenza morale e non priva la moglie del diritto di continuare ad usare il cognome del marito salvo diversa disposizione del giudice, cioè quando comporti un grave pregiudizio per il marito o per la stessa moglie.
La separazione produce però, la sospensione del dovere di convivenza e di coabitazione dei coniugi.
Effetti patrimoniali: la separazione modifica il dovere reciproco di assistenza materiale; il coniuge al quale non sia stata addebitata la separazione ha diritto di ricevere dall'altro un assegno di mantenimento non solo per se stesso, ma anche per la prole.
L'assegno di mantenimento è calcolato in base non solo al reddito, ma anche alle sostanze patrimoniali non produttive di reddito. Se il coniuge a cui spetta il mantenimento teme che vi sia un inadempimento da parte dell'altro coniuge, il giudice può imporre la garanzia: difatti, la sentenza di condanna di pagamento dell'assegno di mantenimento è titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale.
In caso di inadempimento, il coniuge beneficiario dell'assegno può procedere al sequestro dei beni oppure ottenere l'attribuzione diretta di una parte delle somme che il coniuge obbligato riceve da terzi (datori di lavoro, pensione).
La determinazione dell'assegno di mantenimento è suscettibile a revoca o modificazione.
Per quanto riguarda l'abitazione, essa si preferisce lasciarla al coniuge a cui vengono affidati i figli, affinché questi non subiscano ulteriori traumi; questo provvedimento di assegnazione della casa deve essere trascritto ai fini dell'opponibilità ai terzi.
Con la separazione legale, comunque, permane l'obbligo da parte dei coniugi di agire e provvedere all'interesse della famiglia, anche se viene sciolta la comunione legale.
La separazione giudiziale o consensuale senza addebito può essere mutata in separazione giudiziale o consensuale con addebito per comportamenti contrari ai doveri coniugali.
Affidamento dei figli. La separazione lascia inalterati i diritti e i doveri dei coniugi nei confronti dei figli, ma rende necessario decidere a chi dei genitori essi devono essere affidati.
Nella separazione consensuale la decisione spetta ai coniugi ma il giudice, in sede di omologazione, valuta se l'accordo preso rispetti l'interesse dei figli.
Nella separazione giudiziale è il giudice che decide a chi affidare la prole, logicamente nell'interesse dei minori.
L'affidamento può essere congiunto, cioè ad entrambi in coniugi, o alternativo, cioè un periodo a un coniuge e un altro periodo all'altro coniuge.
Il giudice nello stabilire l'affidamento può anche sentire l'opinione dei minori, nel caso essi siano in grado di esprimere un giudizio; il giudice, comunque, può decidere per gravi motivi l'affidamento ad altre persone o ad un istituto di educazione.
Dopo aver deciso l'affidamento, il giudice stabilisce i modi di svolgimento dei rapporti patrimoniali (mantenimento) e personali del genitore non affidatario con i figli: dispone un versamento periodico di una somma di denaro per l'educazione, per il mantenimento e l'istruzione; tale versamento gode delle stesse garanzie di cui gode l'assegno di mantenimento del coniuge.
Per i rapporti personali, il giudice regola il diritto di visita ai figli e i periodi nei quali costoro possono essere tenuti presso l'altro genitore, salvo che il contatto con quel genitore sia considerato dannoso per costoro.
La potestà dei genitori non cessa con la separazione, ma spetta in via esclusiva al coniuge affidatario; l'altro coniuge ha il compito di controllare che le decisioni prese dal coniuge affidatario non siano pregiudizievoli per la prole.
Le decisioni più importanti spettano ad entrambi i coniugi e, in caso di disaccordo, la decisione è presa dal giudice.
Tutti i provvedimenti riguardanti la prole sono soggetti a revoca o modifica da parte del tribunale ordinario. Nel caso di separazione o di divorzio dei coniugi di diversa nazionalità, vengono applicate le convenzioni internazionali, tenendo conto sempre di scegliere la soluzione migliore per la prole e per i loro interessi.
Riconciliazione. La riconciliazione si può avere mediante dichiarazione espressa oppuretacita.
La riconciliazione espressa ha natura negoziale ed è revocabile nel caso in cui il proponente non abbia avuto notizie dell'accettazione del destinatario.
Con la riconciliazione, vengono meno gli effetti della separazione: una nuova separazione può essere proponibile, ma deve basarsi su situazioni successive alla precedente separazione.
La riconciliazione può avvenire anche mediante l'abbandono della domanda di separazione.
La riconciliazione non determina automaticamente il ripristino della comunione legale, in quanto è richiesta la stipula di un'apposita convenzione.
Annullamento e scioglimento del matrimonio. Il divorzio è stato introdotto, dopo tanti contrasti, il 1° dicembre 1970 e produce lo scioglimento del rapporto.
Il matrimonio si definisce nullo quando si accerta l'originaria inidoneità alla produzione degli effetti giuridici.
L'invalidità, come il divorzio, non estingue gli effetti già prodotti, né cancella l'esigenza di tutelare il coniuge in difficoltà economica.
La differenza è che il divorzio offre una tutela più ampia al coniuge economicamente svantaggiato.
Divorzio: presupposti e procedimento. Lo scioglimento del matrimonio può avvenire o con la morte di uno dei coniugi, o con il divorzio.
Il divorzio può avvenire solo giudizialmente: è un rimedio all'irreparabile rottura di matrimonio (c.d. divorzio-rimedio) e non una sanzione alla violazione di gravi doveri coniugali (c.d. divorzio-sanzione).
Ciò è confermato dal fatto che il divorzio può derivare anche da fatti incolpevoli, ma soprattutto che l'azione di divorzio può essere presentata anche dal coniuge responsabile del fallimento del matrimonio. Cause di divorzio sono:
la condanna subita da un coniuge dopo il matrimonio anche per reati commessi prima;
la condanna per alcuni delitti contro la libertà sessuale, la moralità e il buon costume;
la condanna per omicidio volontario di un figlio o del coniuge, tentato o consumato;
la condanna per lesioni personali aggravate, violazione degli obblighi di assistenza, circonvenzione d'incapace (trarre in inganno) in danno del coniuge o di un figlio;
la sentenza di assoluzione o proscioglimento del reato d'incesto per mancanza di pubblico scandalo.
La causa più importante di divorzio è la separazione legale dei coniugi; per laseparazione giudiziale, la sentenza deve passare in giudicato. Mentre per la separazione consensuale essa deve essere stata omologata.
La separazione deve necessariamente protrarsi ininterrottamente per 3 anni e per la separazione legale il tempo comincia a decorrere con la presentazione dei coniugi dinanzi al presidente del tribunale.
Legittimati a fare la domanda di divorzio sono entrambi i coniugi.
Il divorzio può anche avvenire quando l'altro coniuge straniero abbia ottenuto all'estero l'annullamento o lo scioglimento, oppure abbia contratto nuovo matrimonio all'estero; in quest'ultimo caso legittimato è il coniuge cittadino italiano.
Altra causa può essere la mancata consumazione del matrimonio causata dall'impotenza; altra causa può essere la rettifica di attribuzione del sesso, dove il divorzio appare necessario.
La domanda di divorzio si propone con ricorso al tribunale del luogo di residenza o domicilio del coniuge convenuto o, in mancanza, al tribunale di residenza o domicilio, o di residenza all'estero del coniuge ricorrente.
L'azione di divorzio è limitata ai coniugi, cioè non possono farsi sostituire da rappresentanti essendo azione personale.
Il procedimento si apre con la fase preliminare, dove il presidente del tribunale tenta la riconciliazione; fallito il tentativo, oppure il coniuge convenuto non compare, e sentiti i figli minori, il presidente del tribunale emette anche d'ufficio con ordinanza:
i provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse dei figli e dei coniugi;
nomina il giudice istruttore;
fissa l'udienza di comparizione delle parti (fase istruttoria).
La sentenza è emessa dal collegio (fase collegiale).
La sentenza per divenire definitiva e opponibile ai terzi deve essere annotata, cioè trasmessa all'ufficio di stato civile del luogo dove fu trascritto il matrimonio.
L'annotazione è importante per l'opponibilità del divorzio a terzi, ma gli effetti per le parti si producono con il passaggio in giudicato della sentenza.
Effetti del divorzio. Con il divorzio, il matrimonio si scioglie e i coniugi riacquistano lo stato libero e possono risposarsi.
Per il coniuge economicamente svantaggiato vi è l'assegno di divorzio che ha funzione assistenziale ed è dovuto solo quando il beneficiario non è in grado di provvedere a se stesso.
La quantificazione è fatta in base a:
le condizioni dei coniugi;
il reddito dei coniugi;
il criterio risarcitorio, ossia le ragioni della decisione;
il criterio compensativo, ossia il contributo personale ed economico dato da ciascun coniuge o alla condizione familiare, o al fondo comune, o all'altro coniuge.
La corresponsione dell'assegno può avvenire in un'unica soluzione su accordo delle parti.
Il diritto di assegno si estingue con il passaggio del beneficiario a nuove nozze o con la morte dell'obbligato; al coniuge divorziato, come per quello separato, può spettare l'abitazione.
Il divorzio lascia inalterati i doveri dei genitori nei confronti dei figli e quindi gli obblighi di mantenimento, istruzione e educazione permangono anche nelle ipotesi di passaggio a nuove nozze.
Diritti e doveri da rapporto di procreazione e stato di figlio. I figli legittimi sono i figli nati da genitori uniti in matrimonio, i figli naturali sono i figli nati da genitori non uniti in matrimonio, i figli adottivi sono i figli adottati con provvedimento giudiziario, i figli incestuosi sono coloro nati da persone che tra loro sono parenti o affini.
Tuttavia l'interprete cerca di uniformare la condizione giuridica della filiazione, infatti anche al figlio naturale devono essere assicurati il mantenimento, l'istruzione e l'educazione: si ha quindi il principio d'eguaglianza.
Il riconoscimento fino al 1975 non era possibile per i figli adulterini; dopo il 1975, con una riforma, sono dichiarati irriconoscibili i figli incestuosi, salvo che il genitore era in buona fede o che il matrimonio sia stato annullato.
Atto di nascita: caratteri e funzioni. L'atto di nascita, redatto dall'ufficiale di stato civile negli appositi registri, è l'atto che accerta la filiazione ed ha funzione probatoria.
La dichiarazione può essere effettuata entro i 10 gg. successivi alla nascita, altrimenti il tribunale dovrà pronunciare l'efficacia dell'atto dopo la rettificazione; in sua mancanza, la formazione del relativo atto dovrà essere decisa dal Tribunale.
La dichiarazione è resa indistintamente da uno dei genitori, o da un loro procuratore speciale; in loro mancanza può essere fatta dal medico, dall'ostetrica o da chi abbia assistito al parto.
Il nome è scelto di comune accordo e i figli legittimi prendono solo il cognome del padre, mentre quelli naturali assumono il cognome del genitore che per primo li ha riconosciuti.
In caso di genitori sconosciuti il nome e il cognome sono imposti dall'ufficiale di stato civile.
Se l'atto di nascita dichiara cosa diversa dalla realtà, esso può essere modificato mediante azioni giuridiche di stato, oppure, in caso di discrasìa (alterazione) dipendente da errore materiale dell'ufficiale di stato civile, esso può essere modificato mediante l'azione di rettificazione.
Il rapporto di filiazione ha fonte nel fatto della procreazione e l'atto di nascita ha una funzione di pubblicità dichiarativa e non soltanto di mera pubblicità notizia.
Accertamento della filiazione legittima: presunzioni, atto di nascita e possesso di stato.L'accertamento della filiazione legittima avviene mediante 2 presunzioni:
il marito è padre del figlio concepito in costanza di matrimonio (p. di paternità);
si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato dopo 180 gg. dalla celebrazione del matrimonio, o quando non siano trascorsi 300 gg. dalla data di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio (p. di legittimità).
Se il figlio è nato dopo 300 gg. dalla data di annullamento, scioglimento o cessazione del matrimonio, non si presume legittimo, ma la sua legittimità può essere dimostrata con ogni mezzo.
Diritto della madre è quello di non essere nominata all'atto di nascita; pertanto l'accertamento è automatico solo per il padre, mentre la madre deve sempre acconsentire ad essere indicata nell'atto di nascita.
Il figlio nato dopo 300 gg. dallo scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio è riconosciuto come figlio naturale e non come figlio legittimo, poiché non opera la presunzione di paternità.
La filiazione legittima può essere provata anche con il possesso di stato che deve risultare da una serie di fatti utili a dimostrare la relazione di filiazione; ad esempio:
l'interessato ha sempre portato il cognome del padre;
è stato sempre trattato e ritenuto da costui come figlio;
è stato sempre considerato come parte della famiglia dai suoi componenti.
Azioni di stato di figlio legittimo e rettificazione degli atti di stato civile. L'ordinamento prevede per la filiazione legittima delle azioni di stato: l'azione di disconoscimento della paternità, l'azione di contestazione della legittimità, l'azione di reclamo della legittimità.
Per la filiazione naturale l'ordinamento prevede l'azione di dichiarazione giudiziale di paternità o maternità e l'impugnativa di riconoscimento.
Disconoscimento della paternità. Con l'azione di disconoscimento della paternità si mira a far cadere la presunzione di paternità.
La presunzione di paternità per il figlio nato prima dei 180 giorni dal matrimonio è meno forte di quella del figlio concepito in costanza di matrimonio; in questo caso il disconoscimento è consentito quando:
i coniugi non abbiano coabitato nel periodo compreso tra il 300° e il 180° giorno prima della nascita;
sia dimostrato che nello stesso periodo il marito fosse affetto di impotenza, anche solo di fecondare;
quando la moglie ammette che nello stesso periodo abbia commesso adulterio o abbia nascosto la gravidanza e la nascita del figlio.
Dopo la riforma del 1975, l'azione spetta anche alla madre, al figlio maggiorenne e al figlio sedicenne tramite il curatore speciale nominato dal giudice. Legittimati ad agire sono:
il padre, entro 1 anno dalla nascita;
la madre, entro 6 mesi dalla nascita;
il figlio, entro 1 anno dal compimento della maggiore età o dal momento della conoscenza dei fatti che rendono ammissibile il disconoscimento, se è avvenuta dopo la maggiore età.
In caso di accoglimento dell'azione, il figlio risulta figlio naturale riconosciuto dalla madre.
La legittimazione passiva spetta al padre, alla madre e al figlio: se uno dei legittimati è minore o interdetto, si procede alla nomina di un curatore speciale.
Contestazione della legittimità. L'azione di contestazione della legittimità è diretta a rimuovere lo stato di legittimità risultante dall'atto di nascita mediante impugnazione di un elemento diverso dalla presunzione di paternità.
Nel caso manchi la prova del matrimonio, l'azione non è consentita se i genitori sono entrambi morti e hanno pubblicamente convissuto come coniugi e il figlio abbia goduto di un possesso di stato conforme all'atto di nascita.
La legittimazione attiva spetta ai genitori e a chiunque vi abbia interesse; legittimati passivi sono entrambi i genitori e, nel caso non sia promossa da lui stesso, il figlio.
Se l'azione di contestazione è promossa nei confronti di persone premorte, minori o incapaci si procede alla nomina di un curatore speciale, come per il disconoscimento.
L'azione di contestazione della legittimità è imprescrittibile.
Reclamo della legittimità. Qualora manchi l'atto di nascita o il possesso di stato si può esperire l'azione di reclamo della legittimità: spetta al figlio che mira ad ottenere l'accertamento dello stato di figlio legittimo.
Lo stato di figlio legittimo può risultare alterato nell'atto di nascita in diversi modi: 1)quando il figlio è dichiarato figlio di genitori ignoti, 2) oppure figlio naturale riconosciuto da uno o entrambi i genitori, 3) oppure figlio legittimo di genitori diversi da quelli reali.
Legittimato attivo è il figlio; legittimati passivi sono i genitori o i rispettivi eredi; l'azione è imprescrittibile.
Accertamento della filiazione naturale mediante riconoscimento. Il riconoscimento del figlio naturale fatto nell'atto di nascita è integrato o dalla dichiarazione di nascita resa dal genitore personalmente, o dall'atto pubblico dal quale risulta il consenso dei genitori ad essere nominati.
Se il figlio non è riconosciuto da nessun genitore, è indicato come figlio di genitori ignoti ed è segnalato entro 10 giorni dall'ufficiale di stato civile al giudice tutelare che provvederà all'apertura della tutela del minore. Il riconoscimento è un atto giuridico:
formale, in quanto può essere fatto solo nelle forme previste dalla legge, pena la nullità;
irrevocabile, anche se contenuto in un testamento poi revocato;
puro, in quanto non ammette né condizione né termine;
impugnabile solo per difetto di veridicità, violenza o interdizione giudiziale
personale, in quanto può essere fatto solo dal genitore e non dai suoi eredi, né dal suo rappresentante.
Il riconoscimento può essere realizzato da uno o da entrambi i genitori: il riconoscimento congiunto ha conseguenze sull'assunzione del cognome da parte del figlio.
Il riconoscimento è vietato per il genitore che non ha compiuto 16 anni: qualora l'atto fosse posto in essere, non è nullo ma annullabile.
Il riconoscimento tardivo (di figlio ultrasedicenne) è sottoposto a controlli rigidi perché potrebbe avere ripercussioni sociali sul figlio: difatti, l'assenso del figlio sedicenne è indispensabile per l'efficacia del riconoscimento.
Se il figlio è < di 16 anni, il riconoscimento non può avvenire senza il consenso del genitore che lo ha riconosciuto per primo; un rifiuto ingiustificato del genitore può essere superato da una sentenza del tribunale per i minori.
È consentito il riconoscimento del figlio premorto: tuttavia, per tutelare la sua eredità da un presunto interesse egoistico dei genitori, questi sono esclusi dall'eredità che va interamente a favore dei discendenti legittimi del figlio premorto.
La funzione del riconoscimento è quella di rendere certa nei confronti del suo autore un rapporto di filiazione con una determinata persona.
Il riconoscimento retroagisce fino alla nascita del figlio, salvo nei casi di conseguenze irretroattive (acquisto del cognome).
Con il riconoscimento, i diritti e i doveri inerenti alla filiazione naturale sono gli stessi previsti per la filiazione legittima.
Comunque, il figlio ha il diritto di ottenere l'accertamento giudiziale del rapporto di filiazione anche contro il volere del genitore.
Impugnazioni del riconoscimento. La violazione dei requisiti formali del riconoscimento lo rende nullo. Il riconoscimento può essere impugnato per:
difetto di veridicità; esso è proponibile quando il riconoscimento non risponde alla verità o anche quando l'autore del riconoscimento fosse consapevole della falsità della sua dichiarazione.
Esso è imprescrittibile e può essere promosso dall'autore del riconoscimento, da colui che è riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse. La non veridicità è provata con ogni mezzo.
violenza; essa è proposta dall'autore del riconoscimento entro 1 anno dalla cessazione della violenza e, se il riconoscimento è fatto da un minore, entro 1 anno dal compimento della maggiore età;
interdizione giudiziale; il riconoscimento può essere impugnato dal rappresentante dell'interdetto e, dopo la revoca dell'interdizione, dall'autore del riconoscimento entro 1 anno dalla revoca. Tale disciplina si applica in via estensiva anche all'impugnazione per difetto di età dell'autore. I termini sopra elencati sono considerati di decadenza.
Accertamento giudiziale della paternità e della maternità del figlio naturale riconoscibile. Il figlio può ottenere il riconoscimento di figlio naturale anche contro la volontà dei genitori, mediante l'azione giudiziale di paternità o di maternità che, se accolta, produce gli stessi effetti del riconoscimento.
L'accertamento giudiziale è escluso quando è vietato il riconoscimento dei figli incestuosi.
L'atto di nascita impedisce che si possa fare accertare giudizialmente un rapporto di filiazione diverso, legittimo o naturale, formalmente attribuito; occorre prima rimuovere le risultanze dell'atto di nascita che sono incompatibili con l'accertamento giudiziale richiesto.
Legittimato ad agire è il figlio e nei suoi riguardi l'azione è imprescrittibile; se egli morisse prima di averla esercitata, i legittimati all'azione sono i suoi discendenti, che però possono promuoverla entro 2 anni dalla morte.
Se il figlio è minore d'età, l'azione può essere promossa dal genitore che esercita la potestà o dal tutore; essa, comunque, non può essere espletata senza il consenso del figlio 16enne.
Nell'ipotesi di interdizione del figlio, può agire il tutore previa autorizzazione del giudice.
Legittimato passivo è il presunto genitore o, se deceduto, i suoi eredi.
Quando il figlio è maggiorenne, la competenza è del tribunale ordinario del luogo di residenza del genitore convenuto in giudizio; qualora il figlio fosse minorenne, è competente il tribunale per i minorenni.
Una volta che l'azione è giudicata ammissibile, si apre la fase di merito dinanzi al tribunale: con essa la paternità e la maternità possono essere provate con ogni mezzo.
La maternità è dimostrata provando l'identità di chi si pretende essere figlio; qualora la funzione procreativa si sia avvalsa di donne diverse, la madre in senso giuridico è la donna che ha partorito e non quella che ha donato l'ovulo.
Più problematico è provare la paternità, perché nella maggior parte dei casi è in via presuntiva; tuttavia maggiore sicurezza è offerta dalla prova ematologica e da quellagenetica: il genitore convenuto può rifiutarsi, ma il giudice può trarre argomenti di prova dall'ingiustificato rifiuto.
Accertamento incidentale della filiazione irriconoscibile. Il figlio irriconoscibile non può agire per far accertare giudizialmente la maternità o la paternità.
Tuttavia, in questa ipotesi, al rapporto di procreazione sono collegati una serie di diritti e doveri:
il figlio naturale minorenne può agire per ottenere il mantenimento, l'educazione e l'istruzione: l'azione è proposta nell'interesse del figlio da un curatore speciale nominato dal giudice, su richiesta del p.m. o del genitore che esercita la potestà;
se il figlio è maggiorenne e in stato di bisogno, può chiedere gli alimenti.
In entrambe le ipotesi occorre il previo giudizio di ammissibilità dell'azione; tale azione è di riconoscimento e non di stato (e quindi non di accertamento), perché vengono riconosciuti dei diritti limitati al figlio non riconoscibile.
L'accoglimento del giudizio di ammissibilità dell'azione implica che sia fornita incidentalmente la prova del vincolo di derivazione biologica.
I figli non riconoscibili, tuttavia, hanno diritto, in sede successoria, ad un assegno vitalizio.
La legittimazione della filiazione naturale. La legittimazione consente al figlio naturale riconosciuto la possibilità di conseguire la qualità di figlio legittimo; essa può conseguirsiautomaticamente al matrimonio dei genitori che lo hanno entrambi riconosciuto.
Gli effetti decorrono dal giorno del matrimonio se il rapporto di filiazione è accertato anteriormente o al momento del matrimonio, altrimenti dal giorno in cui è avvenuto l'accertamento formale della filiazione, ad es. per riconoscimento (legittimazione di diritto).
In presenza di cause che ostacolano la legittimazione del figlio per susseguente matrimonio (perché ad esempio i genitori naturali rifiutano di sposarsi), la legittimazione può avvenire giudizialmente per provvedimento del giudice, purché corrisponda all'interesse del figlio (legittimazione giudiziale).
Per effettuare la legittimazione i genitori devono avere almeno 16 anni e la domanda di legittimazione può essere fatta sia da uno che da entrambi i genitori; può essere fatta anche dal figlio naturale dopo la morte del genitore, qualora questi abbia espresso tale volontà nel testamento o in un atto pubblico.
La legittimazione produce effetti solo per il genitore al quale è stata concessa e tali effetti decorrono dalla data del provvedimento; se la legittimazione è successiva alla morte del genitore, gli effetti retroagiscono alla data della morte, solo se la domanda è stata presentata entro un anno da tale data.
Gli effetti del provvedimento di legittimazione possono essere caducati (eliminati) dall'azione ordinaria di contestazione dello stato di figlio legittimo.
Inoltre, sia la legittimazione di diritto che quella giudiziale, possono essere impugnate per difetto di veridicità.
Potestà dei genitori. La potestà, quando i genitori sono conviventi, spetta di regola ad entrambi. Essi possono decidere disgiuntamente per gli atti di ordinaria amministrazione; per gli atti di straordinaria amministrazione è richiesta non solo unadecisione comune, ma anche la preventiva autorizzazione del giudice tutelare.
Su determinati disaccordi il genitore può rivolgersi al giudice il quale, sentiti i genitori e il figlio 14enne, indica le soluzioni più utili nell'interesse del figlio, oppure può scegliere tra i coniugi quello che è più idoneo a curare l'interesse del figlio.
L'esercizio della potestà è attribuito a uno dei genitori quando:
l'altro genitore è impedito;
nei casi di affidamento a seguito di separazione, scioglimento o annullamento del matrimonio;
nei casi di convivenza con il genitore naturale che lo ha riconosciuto.
L'altro genitore ha il diritto e il dovere di vigilare sull'istruzione e l'educazione del figlio e deve concorrere nelle decisioni di maggiore interesse: nei casi che egli reputa pregiudizievoli per il figlio, può rivolgersi al giudice.
Il genitore ha anche un potere di rappresentanza conferito dalla legge per gli atti patrimoniali, salvo quelli personalissimi o quelli a cui il minore è autorizzato a compiere direttamente.
I genitori non si possono rendere acquirenti dei beni o dei diritti del figlio minore; gli atti compiuti in violazione di tali disposizioni sono annullabili.
I genitori hanno l'usufrutto legale sui beni del figlio, ma questi beni sono caratterizzati da un vincolo di destinazione, cioè sono destinati al mantenimento della famiglia e all'istruzione dei figli. L'usufrutto legale non cessa con il passaggio a nuove nozze del genitore; inoltre non può formare oggetto di alienazione, pegno o ipoteca.
In caso di cattiva amministrazione, il giudice può privare i genitori del tutto o in parte dell'usufrutto legale.
La potestà si estingue:
per compimento della maggiore età del figlio o per sua emancipazione;
morte del figlio o del genitore;
per effetto della pronunzia giudiziale di decadenza;
condanna penale del genitore.
La potestà decade quando il genitore trascuri o abusi dei diritti e dei doveri, causando grave pregiudizio al figlio; il giudice può allontanare il figlio dalla residenza familiare.
Cessate le cause di decadenza, il genitore può essere reintegrato nella potestà.
Nel caso la condotta dei genitori non sia dannosa al punto da determinare la decadenza, il giudice adotta la sospensione, al fine di realizzare interventi a favore del minore: tali provvedimenti sono sempre revocabili.
Doveri dei figli. Il dovere dei figli è quello di rispettare i genitori, affinché possano esercitare al meglio la loro potestà; il figlio minore deve convivere con il genitore che esercita la potestà.
Altro dovere del figlio è quello di contribuire al mantenimento della famiglia in relazione alle proprie possibilità e al proprio reddito, finché convive con essa.
Affidamento familiare. Può aversi affidamento quando il minore, nonostante gli interventi di sostegno e di aiuto alla famiglie previsti dalla legge, sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo ad assicurargli un'esistenza serena.
L'affidamento familiare costituisce, quindi, un intervento temporaneo di assistenza, che ha fondamento nel principio di solidarietà e tende al reinserimento del minore nel nucleo originario.
L'affidamento è disposto dai servizi sociali locali, previo consenso dei genitori o del genitore che esercita la potestà o del tutore; deve essere sentito anche il minore di dodici anni ed anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. Il provvedimento è reso esecutivo dal giudice tutelare con decreto.
In mancanza del consenso dei genitori o del tutore, l'affidamento è disposto dal Tribunale per i minorenni: tale provvedimento è disposto in situazioni di abuso e trascuratezza pregiudizievoli per il figlio.
Nel provvedimento devono essere indicati i motivi per cui è stato disposto, la durata, nonché i tempi e i modi di esercizio dei poteri riconosciuti agli affidatari; inoltre deve essere indicato il servizio sociale locale al quale è affidata la responsabilità del programma di assistenza e il dovere di vigilanza.
Gli affidatari devono provvedere al mantenimento, all'educazione e all'istruzione del minore nel rispetto delle prescrizioni sia dei genitori che dell'autorità affidante; durante l'affidamento devono essere agevolati, anche grazie al servizio sociale, i rapporti con la famiglia di provenienza del minore e il suo rientro nella stessa.
L'affidamento termina con un provvedimento della autorità che lo ha disposto, previo accertamento che la situazione di difficoltà del minore e che i problemi familiari siano stati del tutto superati.
Tuttavia la potestà affidataria è servente rispetto a quella genitoria perché riguarda solo le decisioni inerenti la convivenza i problemi della vita quotidiana.
Adozione legittimante. Quando il minore è privato in via definitiva ed irreversibile di un'adeguata assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, si procede alla sua adozione: egli diventa figlio legittimo degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome e cessano tutti i suoi rapporti con la famiglia di origine, salvo i divieti matrimoniali.
La funzione dell'adozione è quella di essere un rimedio a situazioni di abbandono particolarmente gravi che possono avere ricadute significative sull'esistenza e sul futuro del minore.
Lo stato di abbandono del minore costituisce il presupposto, il fondamento e la ragione della dichiarazione di adottabilità; esso è valutato non in riferimento alla posizione soggettiva dei genitori, ma in relazione alla situazione oggettiva del fanciullo e al pregiudizio che egli riceve nello sviluppo della sua personalità.
La situazione di abbandono non si configura solo con un comportamento omissivo, ma anche con un comportamento commissivo consistente nell'inadempimento o nel non esatto adempimento degli obblighi ricollegabili alla potestà genitoriale.
Il procedimento che decide sull'adottabilità è instaurato di ufficio dal giudice sulla base di una denunzia della situazione di abbandono.
Il tribunale, sentiti i coniugi, i parenti entro il 4° grado e, in loro mancanza, il minore, decide se sussistono i presupposti per l'adottabilità.
Qualora non sussistono tali presupposti, dichiara che non vi è luogo a provvedere; se sussistono, dichiara lo stato di adottabilità, con sentenza impugnabile e revocabile.
Tale sentenza deve essere trascritta nell'apposito registro del tribunale competente.
I genitori del minore possono anche sospendere il procedimento di dichiarazione dello stato di adottabilità, provvedendo al riconoscimento; se non si avvalgono di tale facoltà o se decorre il termine di decadenza, il tribunale dichiara lo stato di adottabilità.
Lo stato di adottabilità è disposto mediante decreto motivato e può essere impugnato dai soggetti destinatari della notificazione che sono i genitori, i parenti entro il 4° grado e il tutore.
Lo stato di adottabilità è una posizione giuridica provvisoria e cessa con l'adozione, con il raggiungimento della maggiore età dell'adottato e con la revoca per gravi motivi e inadempimenti dei genitori adottanti.
Possono essere adottanti i coniugi uniti in matrimonio o che abbiano vissuto in modo stabile e continuativo per 3 anni dal matrimonio. Presupposti richiesti sono:
capacità di fornire assistenza materiale, spirituale e morale al minore assicurandogli educazione, istruzione e mantenimento;
gli adottanti devono avere nei confronti dell'adottato un'età superiore di 18 fino ai 45 anni, salvo diverse disposizioni.
Ai medesimi coniugi sono consentite più adozioni e sono facilitate le adozioni di fratelli e di portatori di handicap.
La domanda di adozione è presentata al Tribunale per i minorenni, che dopo una ricerca oculata in base ai presupposti sopra elencati, sceglie la coppia più idonea e dispone, con ordinanza, l'affidamento preadottivo; se in seguito sorgono difficoltà di convivenza non superabili, il tribunale dispone la revoca dell'affidamento.
L'affidamento preadottivo è la seconda fase del procedimento di adozione: è disposto mediante un decreto motivato e trascritto nell'apposito registro del tribunale competente.
Durante questa fase viene eseguito un rigido e attento controllo sull'operato dei genitori adottanti.
Dopo 1 anno, se l'affidamento preadottivo ha dato buon esito, il tribunale dispone l'adozione con sentenza impugnabile. Il tribunale, per emanare il decreto di adozione, sente preventivamente i coniugi, l'adottato che ha compiuto 14 anni (il quale deve manifestare espresso consenso), il tutore e i servizi sociali locali incaricati della vigilanza.
Tale decreto può essere impugnato entro 30 giorni dalla comunicazione dagli adottanti e dal tutore. Il provvedimento definitivo di adozione deve essere trascritto entro 10 giorni dalla comunicazione nell'apposito registro del tribunale competente e deve essere trasmesso all'ufficiale di stato civile che provvederà alla sua annotazione a margine dell'atto di nascita dell'adottato.
L'adottato acquista il cognome degli adottanti e diviene il figlio legittimo.
All'età di 25 anni egli può chiedere informazioni circa le proprie origini per conoscere il vecchio cognome e i genitori biologici; il termine di 25 anni è spostato a 18 nei casi previsti dalla legge.
Adozione in fattispecie particolari. In circostanze particolari, l'adozione legittimante non è esplicabile anche in presenza dello stato di adottabilità: esempio è il minore, orfano di padre e madre, che può essere adottato da un parente entro il 6° grado.
L'adozione particolare è preferita a quella legittimante in quanto consente al fanciullo di rimanere nella famiglia parentale; è consentita sia ad una coppia di coniugi uniti in matrimonio, sia alla persona singola coniugata o separata.
L'adottato acquista il cognome dell'adottante e i suoi (del minore) diritti e doveri sussistono solo nei confronti dei genitori adottanti.
La potestà adottiva, tuttavia, è differente dalla potestà genitoria, in quanto gli adottanti hanno il potere di rappresentanza legale e di amministrazione del patrimonio del minore, ma non l'usufrutto legale.
Obbligo degli adottanti in sede di amministrazione del patrimonio del minore è quello diredigere l'inventario dei beni dell'adottato e trasmetterlo entro 1 mese dall'adozione al giudice tutelare, pena la perdita del potere di amministrazione.
Ai fini dell'adozione è richiesto il consenso degli adottanti, dell'adottato quattordicenne o, in caso di età inferiore ai 14 anni, del tutore e dei genitori dell'adottato.
Gli obblighi degli adottanti sono quelli di mantenimento, educazione ed istruzione del fanciullo.
Adozione di persone maggiori di età. L'adozione di persone maggiori di età ha la funzione di dare discendenti legittimi all'adottante qualora questi non ne abbia.
L'adottato prende il cognome dell'adottante, ma non estingue il rapporto con la sua famiglia d'origine; tale adozione è permessa anche a persone che abbiano discendenti legittimi o legittimati, previo loro consenso. Presupposti importanti sono:
il consenso dell'adottante e dell'adottando;
l'assenso dei genitori dell'adottando e del coniugi dell'adottante e dell'adottando;
l'assenso dei discendenti legittimi e legittimati dell'adottante;
età dell'adottante maggiore di 35 anni e superiore a quella dell'adottato di 18.
La domanda di adozione dell'adottante è presentata al tribunale competente che, assunte le opportune informazioni e sentito il p.m., emana un decreto motivato.
Il decreto di adozione deve essere poi trascritto dal cancelliere del tribunale competente su un apposito registro; successivamente viene comunicato all'ufficiale di stato civile che provvederà alla annotazione di tale provvedimento al margine dell'atto di nascita dell'adottato.
Gli effetti dell'adozione si producono dalla data del decreto che può essere impugnatoentro 30 gg. dalla comunicazione; l'adottante e l'adottato possono revocare il loro consenso prima dell'emanazione del decreto.
L'adozione è disposta con sentenza impugnabile del tribunale competente; l'adottato aggiunge il cognome dell'adottante al suo anteponendolo; se gli adottanti sono dei coniugi, l'adottato prende il cognome del marito. L'adottato conserva i diritti e i doveri verso la suafamiglia d'origine.
L'adottato succede mortis causa all'adottante nei suoi diritti, al pari dei figli legittimi e dei legittimati dell'adottante; viceversa l'adozione non attribuisce all'adottante la possibilità di succedere all'adottato. L'adozione di persona maggiori d'età può essere revocata per indegnità sia dell'adottato che dell'adottante. È vietato ai genitori adottare i loro figli nati fuori dal matrimonio.
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