DIRITTO E TEMPO
Il sesto capitolo riguarda il rapporto tra il diritto ed il tempo.
Per D'Agostino sono essenzialmente due paradigmi a partire dai quali è
stata pensata la relazione tra diritto e tempo: il paradigma tradizionalistico
ed il paradigma storicistico.
Per il paradigma tradizionalistico la verità è figlia del tempo nel
senso che la tradizione ha raggiunto dei livelli di conoscenza che si
aggiungono mano a mano agli altri che si ottengono a questa catena di pensiero
tradizionale, alla fine porta alla verità. Cioè, secondo il pensiero
tradizionale la verità è figlia del tempo e quindi il passato è importante per
capire il presente. Secondo, invece, il pensiero storicistico, o meglio secondo
il paradigma storicistico è sempre importante vedere come la verità sia calata
nel tempo, però, per il paradigma storicistico la verità è nel tempo, cioè
appartiene al presente, cioè è soltanto nell'epoca presente che si capisce la
verità, quindi l'epoca presente può mutare nell'azione, ma inteso come lo
spazio dell'incontro del soggetto con se stesso, che lo salva dal mito del
prassismo, che, secondo Goethe finisce sempre per condurre l'uomo al fallimento
e per d'Agostino, entrambi i momenti ossia l'otium ed il negotium, sono
fondamentali per l'uomo e per la sua verità, per cui quello che il giurista del
diritto deve fare è salvaguardare, in
qualche modo, proteggere la temporalità dell'uomo, sia nella sua dimensione di
negotium, e quindi lavorativa, di impegno sociale e sia nella dimensione di
otium, ossia quella privata, di tempo libero. Il primato dell'etica del lavoro
che ci fa vedere nell'otium la mera inerzia, ci fa dimenticare il significato
vero di accidia: peccato capitale, non contro l'etica del lavoro, ma, come
afferma S. Tommaso, del "riposo dello spirito di Dio", cioè contro il terzo
comandamento che ci ingiunge di "santificare le feste". L'accidioso è colui che
non agisce, che soffre, colui che cade preda dell'angoscia e che non riesce più
a cogliere nel mondo il segno della Provvidenza creatrice di Dio. Quindi questo
rapporto tra otium e negotium nel quale si esplica la temporalità umana, deve
essere, in qualche modo, salvaguardato