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Storia: il fascismo




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Storia: il fascismo


STORIA: IL FASCISMO 1)     La Crisi Dello Stato Liberale Nonostante
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STORIA: IL FASCISMO


La Crisi Dello Stato Liberale

Nonostante i progressi compiuti durante il periodo giolittiano, la trasformazione democratica della società e dello stato era ancora in fase appena iniziale ed assai incerta. All'interno dell'Italia vi era una generale divisione tra nord e sud e tra classi differenti; un primo passo fu fatto con l'istituzione della legge del suffragio universale maschile.

I problemi posti dallo sviluppo del movimento operaio nel settore industriale e nell'aera dell'agricoltura più progredita restavano in gran parte insoluti.

Il periodo che va dal post-guerra al fascismo è caratterizzato dal tentativo di passaggio dallo stato liberale alla democrazia: tentativo che non trovò adeguata ed efficace interpretazione tra gli schieramenti politici popolari ed incontrò l'avversione della maggior parte delle forze liberali; questa discrepanza rese possibile l'avvento del fascismo.

In Italia, durante la guerra, le industrie non erano state in grado di soddisfare completamente le richieste dell'apparato militare, ciò nonostante si era creato un sistema monopolistico tra gli industriali che avevano raccolto nelle loro mani una gran parte di capitale bancario rendendo ancora più evidente i contrasti tra classi povere e ceti abbienti.

Un'altra caratteristica della politica italiana era l'autoritarismo che si era venuto formando durante la guerra; in particolare l'azione della polizia, della vigilanza venne accentuata, una particolare attenzione fu fatta alla censura sulla stampa.

Negli anni immediatamente dopo la guerra l'Italia fu scossa da agitazioni sociale , da scioperi organizzati dai sindacati dalle confederazioni di lavoratori nelle fabbriche e nelle campagne.

Nel centro e nel sud dove prevaleva il latifondismo, i contadini diretti da capi provvisori occuparono le terre.

Anche durante la spartizione delle terre dopo la fine della guerra, l'Italia fu messa in secondo piano nella questione tra Italia e Jugoslavia per la determinazione del confine( vittoria mutilata ); questo fatto favorì l'espansione dell'estremismo nazionalista che ne fece un cavallo di battaglia aumentando la diffidenza nei confronti del governo.

Le varie insurrezioni portarono alla formazione di un nuovo partito politico, il partito popolare italiano, diretto dal siciliano Luigi Sturzo che aveva lavorato nelle file cattoliche.

Il nuovo partito assunse subito un carattere di massa, anche se non raggiunse un'interna omogeneità.

Uno dei primi passi fatti dal partito popolare fu l'introduzione del sistema proporzionale che sostituiva quello uninominale.

Nelle elezioni del 1919 un particolare ruolo fu svolto dai socialisti e dai popolari, anche se il partito socialista era travagliato da una profonda crisi interna, che lo rendeva incapace di indicare una sicura linea di azione; infatti all'interno dei socialisti vi erano 2 correnti prevalenti: i riformisti e i massimalisti ( questi ultimi erano in maggioranza), ed avevano programmi politici diversi in quanti i riformisti cercavano di sollecitare la borghesia sulla via delle riforme e di una graduale evoluzione politica, mentre i massimalisti avevano uno spirito rivoluzionario.

Sempre nel 1919 Antonio Gramsci formò un nuovo movimento politico, esso vide nei consigli di fabbrica il nucleo organizzativo e politico della lotta proletaria, cercava consensi tra i proletari e tra gli intellettuali per formare un "blocco storico " da contrapporre a quello liberl-borghese.

A questo movimento si unì un gruppo socialista napoletano guidato da Amadeo Bordigia., in seguito si ebbe la scissione socialista di Livorno.

Il 23 marzo 1919 si costituì un nuovo movimento politico, il partito fascista, guidato da Benito Mussolini; alle elezioni del 1919 ottennero solo 4000 voti, ma già nel 1921 si trasformò rapidamente dal vivo della lotta politica, assumendo nel giro di pochi mesi le caratteristiche che lo avrebbero ben presto portato al potere.

Una persona si oppose alla violenta offensiva della destra , il ministro Nitti, che nonostante il suo atteggiamento di sostanziale rispetto delle regole democratiche, non riuscì a far valere la propria autorità, in particolare dopo le elezioni del 1919 si rese conto che il partito liberale non era più in grado di mantenere il predominio politico.

Nitti, travolto dai risultati elettorali, si dimise nel giugno del 1920 lasciando il posto a Giolitti, il quale ottenne successo nella politica estera con il trattato di Rapallo per la questione fiumana, nella politica interna ebbe riusatati altrettanto positivi, infatti egli non usò la forza per stroncare gli scioperi avvenuti nel nord, ma si adoperò per il raggiungimento di un accordo secondo la linea indicata dai sindacati e dalla maggioranza socialista; gli operai rimasero comunque delusi in quanto gli accordi presi furono di difficile attuazione all'interno delle fabbriche.

La fine dell'occupazione delle fabbriche, se dimostrò che in Italia non c'era un vero pericolo rivoluzionario, non assicurò però la né la stabilità politica e sociale, né la ripresa economica ( fallì la Banca di sconto rovinando migliaia di piccoli e medi risparmiatori.

L'Avvento Del Fascismo

Le forse più conservatrici e reazionarie intendevano utilizzare in modo più radicale la crisi del movimento sindacale e dei socialisti.

Il gruppo capeggiato da Mussolini si stava delineando come forza politica per attaccare il movimento operaio e di stabilizzare la situazione economica, sociale e politica promovendo una reazione autoritaria.

Un aspetto particolare del fascismo fu lo squadrismo: gruppi di fascisti minacciavano, uccidevano, incendiavano le sedi di partiti e di giornali a loro contrari.

L'offensiva fascista interruppe violentemente il processo di unificazione politica verso la democrazia. In particolare i liberali erano favorevoli al fascismo in quanto lo vedevano come un movimento che potesse essere strumentalmente utilizzato contro i gruppi "sovversivi" per poi essere messo da parte una volta compito il suo dovere.

Nelle elezioni del 1921 socialisti e popolari mantennero le posizioni precedenti, mentre i liberali non ottennero lo maggioranza e Giolitti si dimise; al suo posto venne incaricato Bonomi durante il quale governo lo squadrismo poté dispiegarsi in tutta la sua ampiezza.

I fascisti nelle elezioni mandarono alla camera solo 30 rappresentanti, tuttavia l'impegno del partito non stava tanto al parlamento quanto nelle azioni di disturbo e intimidazione degli avversari.

Mussolini fece qualche cambiamento all'interno del suo partito e dichiarandosi favorevole al Vaticano, dove, Pio XI mostro la sua simpatia verso un fascismo divenuto più rispettabile.

In seno agli altri partiti venne proposta una serie di alleanze tra popolari e socialisti che però non diedero risultati per contrapporsi al partito fascista.

Mussolini, allarmato da questi atteggiamenti, ordinò una nuova ondata di terrorismo da parte delle squadre fasciste.

Mussolini era giunto alla conclusione che era ormai ora di provare un colpo di stato che venne organizzato a Napoli da Emilio De Bono, Italo Balbo, Cesare De Vecchi e da Michele Bianchi.

Il presidente del consiglio chiese al re di mobilitare l'esercito contro i fascisti che si erano accampati alle porte di Roma per fare la cosiddetta "MARCIA SU ROMA"; il re rifiutò e affidò il compito di costruire un nuovo governo a Mussolini ( 28 ottobre).

Nel governo che Mussolini formò erano ancora presenti tutti i partiti precedenti, ma egli dichiarò pubblicamente la sua volontà di formare un governo di soli fascisti.

L'Organizzazione Della Dittatura

Subito dopo le elezioni del 1921 fu approvata alla Camera una legge che conferiva al governo ampi poteri, in particolare per affidare ad elementi fascisti la direzione dei settori più importanti dell'amministrazione.

I poteri del capo di governo furono accresciuti, fu creata la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, formata da squadristi, furono posti limiti alle attività sindacali e politiche e censurata la libertà di stampa.

Nell'aprile del 1923 i politici Sturzo e De Gasperi tennero un discorso nel quale cercavano la collaborazione col fascismo ma tutto ciò era ben lontano dai progetti di Mussolini che voleva introdurre una riforma elettorale secondo la quale chi avesse ottenuto la maggioranza alle elezione avrebbe occupato i 2/3 dei seggi , tutto ciò per far si che i fascisti al governo fossero in maggioranza ( principio maggioritario )

Nelle elezioni svolte il 6 aprile 1924 i fascisti raggiunsero la maggioranza dei voti, la maggior parte dei quali proveniva dal Mezzogiorno, dove l'organizzazione politica e sociale dei democratici e socialisti non era giunta completamente.

All'indomani delle elezioni Giacomo Matteotti tenne un discorso alla Camera dove accusava dell'irregolarità delle elezioni a causa del comportamento di minacce e terrori fatti dagli squadristi.

Qualche giorno dopo Matteotti fu rapito a Roma e ucciso; lo sdegno dell'opinione pubblica fu molto, ma grazie all'appoggio di Emanuele III Mussolini riuscì a mettere a tacere i disagi provocati da quell'azione.

Tutti i partiti tranne il piccolo gruppo comunista avevano abbandonato la Camera ( secessione dell'Aventino); così Mussolini ebbe la possibilità il 3 gennaio 1925 di emanare le leggi fascistissime che limitavano se non addirittura negavano molti diritti umani come la libertà di stampa, parola..; fu creato un tribunale speciale che fu messo in funzione per legalizzare la condanna agli oppositori.

Molti politici furono incriminati e furono costretti a fuggire in esilio dove crearono veri e propri partiti e gruppi antifascisti.

Politica Economica E Consolidamento Del Regime Fascista

Il primo periodo del governo fascista coincise con una fase di ripresa economica generale: Mussolini adotto allora una politica economica di ispirazione liberista, fondata sull'incoraggiamento della proprietà provata e sull'eliminazione dei controlli da parte dello Stato.

Furono inoltre approvate imposte sui beni di consumo mentre furono abolite quelle sui beni immobili, fu privatizzato l'ente telefonico.

Nel 1942 si ebbero i primi problemi economici allorché il dollaro e la sterlina diventarono molto più forti della Lira.

Mussolini decise di intraprendere una manovra finanziaria anti-inflazionistica, iniziando con la stabilizzazione della lira a quota 90 (scambio con la sterlina a 90 lire); ciò avvenne  ma a scapito dei lavoratori che videro il loro salario calare del 20% e i costi dei beni di consumo aumentarono a causa di imposte indirette.

In complesso emerse in questa fase un rafforzamento dell'intervento statale nell'economia, soprattutto nel campo industriale e finanziario.

Più incerti furono i risultati ottenuti sul campo agricolo, dove l'impegno promozionale dello Stato mirava a creare l'autosufficienza nella produzione dei beni alimentari; questo intervento fu ripreso in seguito con una iniziativa più ampia e generale, la cosiddetta Bonifica Integrale che ebbe risultati positivi nell'Agro romano e deludenti nel Sud dove la bonifica avrebbe dovuto colpire gli interessi dei grandi proprietari terrieri che erano ancora protetti dallo Stato.

La linea economica caratterizzata dall'interventismo statale e dall'accentuato protezionismo fu concepita dal fascismo come una politica coerente con l'ordinamento corporativo che si intendeva dare allo Stato attraverso l'eliminazione della lotta di classe con relativa chiusura di sindacati, sostituiti da corporazioni guidate da fascisti.

Un fattore di consolidamento del regime fascista fu la conciliazione tra lo Stato italiano e la Santa Sede attraverso i Patti Lateranensi dell'11 febbraio 1929; attraverso questi patti il Vaticano veniva indennizzato degli espropri fatti dopo l'unificazione, il cattolicesimo veniva dichiarata religione di Stato le associazioni cattoliche laiche furono abolite.

Un altro punto di forza di Mussolini fu l'antibolscevismo comune anche a governi stranieri come quello conservatore inglese.

Con la soppressione dei partiti, della libertà di stampa, di parola e di associazione e con lo svuotamento del Parlamento, il fascismo si aprì la via alla creazione di un regime totalitario in cui tutte le istituzioni dovevano essere subordinate alla volontà ed all'indirizzo politico del duce dell'unico partito al potere.

L'opera di fascistizzazione non si limitò solo sul piano economico e politico ma anche in quello sociale attraverso istituzioni direttamente controllate dal partito come i Balilla, il Gruppo universitari fascisti; attraverso questo comportamento il fascismo cercava di conquistare il consenso delle masse, di dare cioè una base di massa alla direzione borghese della società e dello Stato.

L'Antifascismo

La maggior parte degli antifascisti abbandonarono la lotta dopo la svolta del 1925-26, in attesa che circostanze per il momento imprevedibili rendessero possibile la ripresa dell'iniziativa e dell'attività politica.

L'attesismo si diffuse specialmente tra i liberali e i popolari; un ruolo fondamentale nella lotta culturale liberale fu svolto da Benedetto Croce che sperava in una ricostruzione dello stato italiano come nell'età prefascista.

Le iniziative antifasciste promosse dai liberali e dai popolari furono stroncate sul nascere come la pubblicazione del giornale "non mollare".

La lotta politica antifascista si spostò così all'estero , dove esuli organizzarono veri e propri movimenti che avevano ( anche se a volte non vi riuscivano in maniera efficace ) collegamenti all'interno dello Stato Italiano; il movimento "Giustizia e Libertà" fondato da Rosselli e Lussu si propose questo limite non solo con un più forte impegno pratico per la creazione di organizzazioni clandestine in Italia ma anche attraverso un riesame critico della politica condotta dal partito socialista.

La forse più attiva contro il fascismo era il partito comunista nato dalla scissione di Livorno nel 1921; nel congresso tenuto a Lione nel 1926 fu data alla linea del partito una nuova impostazione: fu confermato allora lo stretto legame con l'internazionale comunista ma nello stesso tempo furono poste le basi per un'azione più aderente alle condizioni ed alle esigenza specifiche dell'Italia e si cerco di fare scaturire le linee dell'azione dall'analisi della realtà storica e politica.

La lotta antifascista dei comunisti era nata anche dal fatto che il fascismo era l'estrema risorsa della borghesia reazionaria.

Un importante contributo fu dato dall'opera di Gramsci che continuò la sua opera in prigione dopo la condanna del Tribunale Speciale.

La continuità dell'azione clandestina del partito comunista resa possibile dai grandi sacrifici dei suoi militari, non significa però che esso realizzò allora un effettivo ed ampio contatto con la società italiana.

La penetrazione e la propaganda comunista fu fortemente ostacolata dalla polizia e dall'irrigidimento della linea politica dell' Internazionale comunista; soltanto la crisi provocata dalla minaccia e poi dallo scoppio della seconda guerra mondiale spinse i comunisti e gli altri partiti antifascisti a superare il distacco che, per diverse ragioni ed in modi diversi, si era creato tra loro azione e le aspirazioni del popolo italiano.











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