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STATO E CHIESA 1850/1919
I rapporti tra stato e chiesa in Italia si modificano radicalmente con lo sviluppo ed il consolidamento della borghesia che si va sostituendo, nel controllo economico e politico, all'aristocrazia, con la formazione degli stati liberali che si basano su una costituzione scritta, nell'ambito di una monarchia che non è più assoluta ma appunto costituzionale.
Lo stato in Italia si laicizza progressivamente allontanandosi dal controllo dello stato pontificio ed
eliminando al suo interno quei privilegi che il clero deteneva nell'ambito di una società ancora feudale. I rapporti in Italia tra stato e chiesa si complicano ulteriormente perché, in pieno periodo risorgimentale di gran fermento rivoluzionario e d'attività diplomatica per un'Italia unita, la chiesa è uno stato che domina su gran parte dell'Italia centrale e osteggia qualunque proposito d'unità nazionale.
Lo stato sabaudo è il solo, all'indomani del '48, in cui persiste un regime costituzionale ed è significativo che uno dei primi passi del governo D'Azeglio siano le leggi Siccardi del 1850.
. 1850) Queste leggi votate in un clima di gran tensione politica tra l'opposizione della destra clerico - reazionaria e il rischio di indebolire la maggioranza cattolico - liberale, sanciscono l'indipendenza dello stato piemontese dalla santa sede e permettono, tramite la scelta della laicizzazione dello stato, un più forte consenso della classe borghese che vede diminuire il potere ancora feudale della chiesa in Piemonte.
Le leggi Siccardi sopprimono il cosiddetto 'privilegio del foro', vale a dire l'esenzione degli ecclesiastici dalla giustizia ordinaria e il 'diritto d'asilo' cioè il privilegio medievale della chiesa di sottrarre alle pubbliche autorità i colpevoli di qualche reato che vi siano rifugiati, la riduzione del numero eccessivo di festività religiose e l'obbligo dell'autorizzazione del governo d'ogni acquisto di beni da parte d'enti ecclesiastici.
Seguiranno condanne della santa sede, scomuniche per quanti avrebbero votato le leggi Siccardi, reazioni
dell'episcopato e conseguente indebolimento della maggioranza cattolico - liberale in Parlamento.
. 1855) Con l'alleanza di Cavour e Rattazzi e cioè con il 'connubio' che lega in una forte maggioranza parlamentare liberali moderati e liberali della sinistra si ha la legge Rattazzi che voluta da Cavour stesso, segna un altro passo avanti nella laicizzazione dello stato e nel consolidamento del partito liberale moderato, forte espressione politica degli interessi della borghesia.
Questa legge prevede l'esproprio totale dei beni degli enti ecclesiastici contemplativi (cioè non impiegati in attività come l'istruzione, l'assistenza dei malati o la predicazione) e il passaggio dei loro beni all'amministrazione dello stato tramite un ente appositamente costituito, la cassa ecclesiastica, che devolveva gli interessi a quei preti la cui 'congrua' era al di sotto di un certo minimo.
I risultati che Cavour ottenne con questa legge sono molteplici: il completamento della laicizzazione dello stato, il risanamento, tramite la vendita dei beni ecclesiastici, del bilancio dello stato messo in crisi dalle forti spese sostenute per le ferrovie, canali ed altre opere pubbliche; un ulteriore sviluppo dell'agricoltura capitalistica.
All'atto di presentazione della legge si oppose la destra da una dura presa di posizione di Pio IX: venne anche offerto un congruo contributo finanziario allo stato in cambio del ritiro del progetto.
Ma alla reazione del governo, che si dimise creando una situazione d'ingovernabilità dovuta al venire meno della maggioranza parlamentare, crollò la forza dell'opposizione della destra clericale e con il nuovo governo di Cavour nel 1855 la legge venne approvata con alcuni emendamenti come l'abrogazione del disegno di legge sull'introduzione del matrimonio civile.
UNITA' D'ITALIA
Nel processo di formazione dell'unità d'Italia uno degli ostacoli più complessi, alla cui risoluzione intervenivano sottili complicazioni d'ordine diplomatico intenzionale e di tipo morale - religioso, era rappresentato dallo stato pontificio e dall'autorità del Papa che vedeva nel prevalere dell'unità e nei principi liberali che la sostenevano, un pericolo gravissimo per la sopravvivenza del potere temporale.
. 1864) II pontefice Pio IX rispose agli interventi sempre più pressanti di mettere fine allo stato pontificio e al progetto sempre più concreto di trasferire la capitale da Torino a Roma, con il Sillabo.
L'otto Dicembre 1864 viene emessa l'enciclica 'Quanta Cura' cui faceva seguito un'appendice, il Sillabo, che era un sunto di 'errori' dei tempi moderni (primo fra tutti il liberismo) che, con spirito di vero e proprio oscurismo reazionario, venivano condannati dalla Chiesa.
Pio IX condannava il principio democratico della 'volontà del popolo', in quanto sovvertitore dei diritti divini delle sovranità da parte delle legittime monarchie; definiva 'funestissimo errore' il socialismo e il comunismo in quanto sovvertitori dei diritti naturali di proprietà.
Condannava inoltre lo spirito laico di ricerca, la libertà religiosa e di coscienza, la negazione del potere temporale, la scuola libera da interferenze religiose, la ribellione contro l'autorità costituita. Questa dura riaffermazione dell'ortodossia cattolica in termini d'assoluta intransigenza, provocò tra gli stessi cattolici effetti contrastanti: l'entusiasmo dei cattolici più conservatori e la perplessità dei cattolici liberali. Persino governi come quello di Napoleone III, così legato ai cattolici, non gradirono l'enciclica e il sillabo.
. 1870) LEGGE DELLE GUARENTIGIE
La liberazione di Roma e la sua annessione all'Italia furono possibili solo quando l'Impero francese fu prima impegnato e poi sconfitto dalla Prussia di Bismark.. Le truppe francesi erano state costrette dalla guerra a lasciare Roma e dato che il papa non accettava una pacifica trattativa con lo Stato italiano, le truppe italiane entrarono in Roma nel Settembre 1870. Nel 1871 Roma era capitale d'Italia. Iniziarono i difficili rapporti tra lo stato e la chiesa destinati a durare fino al 1929.
Dal momento che Pio IX si rifiutava di trattare con lo stato italiano, il governo si trovò nella necessità di definire unilateralmente Ì rapporti con la chiesa.
Venne approvata la legge delle Guarentigie (13 Maggio 1871) che s'ispirava al principio cavouriano della separazione dello stato dalla chiesa, pur alla luce di uno statuto che riconosceva la religione cattolica quale religione di stato. Alla formazione della legge concorse un'attenta opera di sapienza giuridica che pur riuscendo ad evitare che potenze straniere interferissero nella sua stipulazione, diedero alla santa sede una personalità internazionale.
La legge ispirata a principi liberali e attenta ai sentimenti cattolici di tanta parte del popolo italiano, garantì libertà e indipendenza al Pontefice, accordandogli le prerogative e gli onori di sovrano, con il diritto di avere una propria rappresentanza diplomatica. Venne assegnata alla Santa Sede una dotazione pari a quella del suo potere temporale, fu riconosciuta l'extraterritorialità dei Palazzi del Vaticano, del Laterano e di Castelgandolfo; si riconobbe la piena indipendenza dell'azione del Clero da ogni controllo regio.
Dopo undici secoli scompariva il potere temporale dei Papi. La risposta di Pio IX fu di assoluta chiusura e il contrasto tra Santa Sede e Stato fu aggravato dal veto (1874 'Non expedit') dato dal pontefice ai cattolici di partecipare alle elezioni del Parlamento di uno Stato 'usurpatore'.
. 1891) La 'Rerum Novarum'. Leone XIII sceglie la strada di reinserire la Chiesa nella società moderna attraverso una risposta cattolica alla questione operaia e di ottenere iìi questo modo una egemonia alla guida dei movimenti popolari, tale da riequilibrare i rapporti di forza con lo stato.
Fermo restando la contrapposizione in materia teorica sulla questione del potere temporale, la grande novità della Rerum Novarum è l'appoggio che la Chiesa da ai cattolici nel loro impegno politico e sociale.
Il chiaro obiettivo da raggiungere è quello di bilanciare ed eventualmente scavalcare le forze di sinistra nell'appoggio che esse danno alle masse operaie. Il movimento operaio era alla fine del secolo, una realtà di cui la Chiesa prende atto, così come coglie l'importanza di un controllo sulle elezioni, dal momento che il suffragio si stava allargando (riforma elettorale del 1881).
Con l'enciclica Leone XIII intese non solo affermare la dottrina della Chiesa in materia sociale, ma anche dare una piattaforma per l'azione ai movimenti sociali cattolici.
La Chiesa assegna ai movimenti dei cattolici il compito di dare una risposta al socialismo, combattendo i mali del capitalismo e del liberalismo che se lasciati al loro automatico sviluppo producono una società disumana. .
Pur essendo la scelta di fondo quella a favore della proprietà privata e del capitalismo, viene condannata la concentrazione nelle mani di pochi della ricchezza perché questo crea tali squilibri sociali da portare a rivolte e rivendicazioni facilmente strumentalizzabili dai socialisti. Lo scopo finale è quello di allargare la piccola e media proprietà per offrire ai nullatenenti la possibilità di inserirsi nella proprietà considerata come un 'diritto di natura'.
Nel decennio successivo all'enciclica andò sviluppandosi in tutta Europa l'attività dei cattolici con una divisione crescente fra due tendenze. Quella dei cattolici che intendevano l'attività nel senso paternalistico di aiuti concessi dalle classi più ricche a favore di quelle meno abbienti; e quella più di sinistra che sosteneva la difesa dei lavoratori di fronte allo sfruttamento e che intendeva portare sul piano politico l'impegno per una 'democrazia sociale'.
. 1901) Leone XIII interviene con l'enciclica 'Graves de communi re', affermando con una chiusura in senso conservatore, alcuni principi fondamentali: non si poteva mettere in discussione il diritto alla proprietà, l'intervento della democrazia cristiana poteva solo essere una 'benefica azione cristiana a favore del popolo', il movimento cattolico doveva seguire la linea dell'obbedienza all'autorità.
. 1903/1905) Pio X, successore di Leone XIII, ne continuò l'opera, dandole però un'interpretazione fortemente conservatrice con le due encicliche 'Motu proprio' 1903 e 'II fermo proposito' 1905 in cui si ribadiva che i 'democratici cristiani' non potevano agire in modo politicamente autonomo e che dovevano rimettersi per ogni azione al controllo del clero. Veniva inoltre accettata nel sostegno delle classi meno abbienti solo la linea 'corporativa' contraria alla lotta di classe e favorevole alla conciliazione tra lavoratori e padroni che dava impulso a società di mutuo soccorso e casse rurali create a sostegno dei crediti ai cittadini.
Nelle elezioni del 1904 e del 1909, durante l'epoca giolittiana, Pio X sciogliendo l'impedimento del non- expedit, concesse che i cattolici votassero per i liberali per impedire una vittoria dei candidati socialisti.
. 1913) Patto Gentiloni. Nel 1912 era stata approvata la legge del suffragio universale maschile e per la prima volta per le elezioni del 1913 veniva chiamata alle urne la quasi totalità degli adulti. Il partito liberale era del tutto impreparato ad una campagna elettorale che arrivasse a mobilitare le masse, così come potevano fare i socialisti. Vennero in aiuto i cattolici che erano in grado di contrapporre la rete capillare delle parrocchie e delle proprie organizzazioni nelle campagne.
Pur tra forti contrasti politici si giunse al Patto Gentiloni con cui i candidati liberali si impegnavano, in cambio del voto cattolico, ad opporsi in Parlamento ad ogni legge (divorzio, insegnamento) che potesse ledere gli interessi cattolici.
L'appoggio cattolico con il consenso vaticano, valse a salvare i liberali dalla sconfitta.
. 1919) Formazione del Partito popolare Italiano (sotto la direzione di Luigi Sturzo) con il consenso del Vaticano che prese questa decisione storica di concedere al movimento cattolico una valenza politica, a causa della forte pressione socialista in Europa, in particolar modo segnata dalla rivoluzione russa del 1917 e della situazione di grave malcontento popolare in seguito alla I guerra mondiale. Le caratteristiche fondamentali del nuovo partito, che aveva la sua base soprattutto nelle campagne, erano l'antisocialismo un antiliberalismo che mirava a sostituire, nel consenso borghese, la nuova forza politica nella direzione dello Stato e infine l'aspirazione corporativa del pensiero sociale cattolico che escludeva la lotta di classe e sosteneva la collaborazione tra capitale e lavoro.
LA RELIGIONE CATTOLICA NELLA SCUOLA
Nel 1861 con la proclamazione del regno d'Italia, nella scuola come peraltro anche in altri settori, si procede nel verso della cosiddetta 'piemontesizzazione' e la legislazione sabauda diventa norma p^r lo Stato italiano. La legge Casati del 1859 che rifletteva una situazione relativamente più avanzata del Piemonte ed era frutto delle accese controversie dei rapporti tra Stato e Chiesa costituì salvo alcune modifiche, la struttura della scuola italiana fino al '29.
Nell'ambito di un sistema scolastico fortemente gerarchico, basato su una concezione della scuola controllata dal punto di vista politico e ideologico, si inseriva l'insegnamento religioso nel livello superiore ed elementare. Per la secondaria e per le scuole tecniche la legge prescriveva, a fianco degli insegnamenti curricolari, che 'T istruzione religiosa sarà data da un direttore spirituale nominato dal Ministero della Pubblica Istruzione' art.193; per la scuola elementare l'insegnamento religioso era compreso dal curricolo e sottoposto all'esame del parroco alla fine d'ogni semestre (art.325). Agli obblighi religiosi del maestro si aggiungeva quello, in atto soprattutto nei comuni rurali, di accompagnare allievi alle funzioni parrocchiali nei giorni festivi.
Pur nel diffuso laicismo delle classi dirigenti post-unitarie, non si evidenziava in campo scolastico nessuna presa di posizione d'uomini politici a favore di una laicizzazione dell'istruzione, rimanendo dominante sia negli anni della Destra che della Sinistra Storica, sia nel periodo della reazione crispina, la diffidenza (se non l'avversione) per un'effettiva emancipazione popolare che si esprimeva nella convinzione che il popolo fosse immaturo per una morale priva di fondamento religioso.
Nella legge Coppino del 1877, che imponeva l'obbligatorietà e la gratuità dei due anni di scuola elementare, non è citato esplicitamente l'insegnamento religioso nei programmi che comprendevano 'le prime nozioni dei doveri dell'uomo e del cittadino, la lettura, la calligrafia, i primi rudimenti della lingua italiana e del sistema metrico.' L'ambiguità venne sfruttata dagli ambienti ecclesiastici e da molte amministrazioni comunali per conservare l'istruzione catechistica ovunque possibile. Nel 1878 intervenne inoltre il Consiglio di Stato a confermare che l'insegnamento della religione cattolica non era stato soppresso nelle scuole elementari dalla legge Coppino, il catechismo cattolico rimaneva dunque l'unica strada conosciuta, nell'ambito della pubblica istruzione, per quell'insegnamento morale di cui si parlava ripetutamente in ogni documento politico della scuola.
Maturavano intanto, con l'inizio del secolo, le convergenze tra la Destra liberale e i cattolici ormai propensi ai necessari compromessi con la società civile con le forze conservatrici, nel comune intento di frenare il pericolo della sinistra.
Con il patto Gentiloni viene tra l'altro sancito, per quanto riguarda la scuola, l'accordo che a livello parlamentare sarebbe stata favorita la scuola privata e nella scuola pubblica l'insegnamento dell'istruzione religiosa. Da una situazione politica così complessa in cui le forze liberali, pur proseguendo in una tradizione di laicità dello Stato, si appoggiano per ottenere il consenso popolare alle capillari istituzioni cattoliche, emerge la posizione fortemente borghese dei liberali che possono difendere il principio di laicità nella cultura per i ceti dominanti che si avvalgono dei livelli più alti dell'istruzione, ma che davanti al 'popolo', a quella marea indistinta di proletari e di contadini, non sanno prendere altra posizione che quella del controllo sociale che esclude l'emancipazione e passa attraverso una morale come quella cattolica, che insegua la rassegnazione, la. visione provvidenzialistica della storia, il paternalismo, l'obbedienza all'autorità costituita.
Nel frattempo si alzavano alcune voci isolate di dissenso; una fra tutte quella di Salvemini che nel 1907 parla di laicità nella scuola nel senso di formazione critica degli alunni costruita tramite 'presa di contatto con culture, modi di pensare, ideali e valori, e altresì impegno negli ideali e nei valori', e con l'esclusione d'ogni 'dottrina ufficiale' d'ogni indottrinamento della Chiesa e dello Stato.
Ancora oggi molto interessanti ed attuali sono le considerazioni di Savemini dell'articolo 'Che cosa è la laicità'(1907) sul rapporto tra scuola privata: 'La politica scolastica del partito clericale non può essere in Italia che una sola: deprimere la scuola pubblica, favorire le scuole private confessionali con sussidi pubblici' e così 'rafforzata a poco a poco la scuola privata confessionale e disorganizzata la scuola pubblica, sopprimere al momento opportuno questa e presentare come unica salvatrice della gioventù quella.'
Alcuni anni più tardi quando ormai con il concordato tra Stato fascista e Chiesa e con la riforma Gentile si era giunti alla nuova 'santa alleanza' fra trono e altare Granisci scriveva nei 'Quaderni del carcere' questo severo giudizio che può essere considerato conclusivo di questa prima parte d'analisi del problema: 'I laici hanno fallito al loro compito storico d'educatori ed elaboratori dell'intellettualità e della coscienza morale del popolo-nazione, non hanno saputo dare una soddisfazione alle esigenze intellettuali del popolo: proprio per non aver rappresentato una cultura laica, per non aver saputo elaborare un moderno 'umanesimo' capace di diffondersi fino agli strati più rozzi e incolti, com'era necessario dal punto di vista nazionale, per essersi tenuti legati ad un modello antiquato, meschino, astratto, troppo individualistico o di casta.'
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