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Seyyed Mohammad Khatami "il riformista" (1997-2005)
L'hujjat ol-Islam Seyyed Mohammad Khatami trionfò alle elezioni del 23 maggio 1997 con il 69.1% dei voti, battendo clamorosamente lo sfidante Alì Akbar Nateq-Nouri (24.87%), conservatore e Presidente del Majlis. La vittoria di Khatami fu resa ancora più significativa dalla grande affluenza alle urne da parte dell'elettorato iraniano (79.92% degli aventi diritto)35 e dal fatto che a sfidarlo fu un esponente di rilievo dello
schieramento conservatore provvisto di notevoli risorse. A differenza delle elezioni degli anni precedenti, dove a partecipare fu un Rafsanjani privo di avversari reali, quelle del 1997 furono una competizione a tutti gli effetti.
Khatami partecipò alle elezioni come un indipendente, cioè non ufficialmente affiliato a una fazione ben precisa, anche se riconosciuto come un moderato di sinistra. Il suo avversario Nateq-Nouri godeva invece dell'appoggio dell'ala conservatrice del Majlis e il supporto, seppure informale, della Guida Suprema 'Alì Khamene'i. Khatami aveva però dalla sua il desiderio di libertà socio-culturale dei giovani iraniani, circa due terzi dell'intera popolazione, il quale pareva poter essere soddisfatto dalle promesse e dalla reputazione del candidato. Il riformista fu infatti costretto a dimettersi dalla carica di ministro alla Cultura dai conservatori nel 1992, poiché le sue politiche riguardo la
censura furono ritenute insufficienti36. Dall'altra parte Nateq-Nouri appariva, in quanto conservatore, come una figura garante di uno status quo ormai insostenibile e la sua onnipresenza nei media ebbe l'effetto di farlo apparire come l'uomo voluto dal regime e quindi avverso ai giovani. A Khatami fu addirittura consigliato da uno dei membri del suo staff di lasciare che fosse il rivale a monopolizzare i media, finendo per nauseare gli
iraniani e favorire involontariamente lo stesso Khatami37.
Oltre alla liberalizzazione politica e alla cancellazione di molte delle limitazioni culturali, intento di Khatami fu quello di proseguire lo sviluppo delle relazioni estere iraniane iniziato dal suo predecessore. Come Rafsanjani, anch'egli desiderava favorire una politica economica di orientamento liberale, guadagnandosi così l'appoggio dell'ex- presidente, uomo capace di esercitare sempre una grande influenza all'interno del Majlis, e della componente centrista a lui prossima.
Eletto quinto Presidente della Repubblica Islamica dell'Iran, pur partecipando da indipendente, ma forte del massiccio appoggio popolare, ottenne presto l'appoggio di tutta la componente di centro-sinistra del Majlis, la quale non desiderava mettersi contro quella che fu definita come "l'armata di venti milioni per il cambiamento" (in riferimento a coloro che avevano votato per Khatami).
Le ragioni che portarono al mutamento della percezione riguardo alla politica da parte degli iraniani, e di conseguenza al successo della corrente riformista, furono diverse. Innanzitutto, la lunga guerra combattuta con l'Iraq e le difficoltà economiche in cui si
ritrovarono a vivere gli iraniani nel decennio successivo, avevano esaurito quel fervore scatenato dalla rivoluzione lasciando il posto a una buona dose di pragmatismo, specialmente per quanto riguarda la visione dell'economia. A ciò si andò a sommare l'accesso al voto, e quindi alla vita politica, di molti giovani nati a fine anni Settanta e durante gli anni Ottanta, quindi non partecipi dell'esperienza rivoluzionaria ed estranei al concetto di martirio che pervase il conflitto con l'Iraq. Questi giovani, più istruiti e informati della generazione precedente, risultarono meno influenzabili dal clero e dalla demagogia religiosa, e risultavano invece scontenti delle limitazioni culturali imposte dalla teocrazia e dalle poche prospettive di realizzazione professionale possibili. Infine, va considerato che gran parte degli ispiratori e artefici della rivoluzione successivamente coinvolti nel processo politico si erano ritirati, lasciando così spazio alle nuove generazioni di politici caratterizzati da una visione più liberale38.
Il popolo iraniano desiderava quindi riforme in molteplici contesti. Riguardo all'economia erano richieste misure in grado di arrestare l'inflazione, favorire l'aumento dell'impiego e aumentare il livello di vita, ciò che avrebbe voluto fare anche Rafsanjani. Per la crescita economica e lo sviluppo del paese era considerato positivo anche il ristabilire delle buone relazioni con l'occidente, le quali avrebbero favorito l'ingresso di capitali esteri. Per quanto riguarda la politica, invece, si auspicava una maggiore liberalizzazione, la quale avrebbe permesso una maggiore partecipazione dei cittadini e un'ulteriore spinta in direzione delle politiche da questi desiderate. Tra queste, e non di minor importanza rispetto quelle di natura economica, vi erano le riforme volute dai giovani riguardo all'eliminazione delle limitazioni culturali, quali ad esempio i codici
d'abbigliamento imposti alle donne39.
Khatami poté quindi vantare l'appoggio della popolazione, specialmente dei giovani, pronti a scendere in piazza per appoggiare l'uomo in cui riposero le loro speranze. A livello politico l'ala riformista lo sosteneva, compreso l'ex-presidente Rafsanjani, giacché molte delle politiche economiche di liberalizzazione furono da lui tentate in precedenza. Inizialmente si pensò che pure la Guida Suprema non avrebbe ostacolato il riformista, questo poiché in passato Khamene'i si era dimostrato vicino alla linea politica del neo-presidente. Alla sua elezione dichiarò che avrebbe permesso delle riforme se queste erano desiderate dal popolo. Gli analisti occidentali videro nella
vittoria schiacciante di un riformista un evento epocale, che avrebbe rivoluzionato la teocrazia, tanto che si parlò di "seconda rivoluzione"40 o di "primavera di Teheran"41. Gli eventi dimostrarono che si trattò di un ottimismo mal riposto.
Come vedremo, negli anni successivi l'elezione, il fronte riformista ottenne altre importanti vittorie a livello elettorale, confermandone il largo appoggio popolare. Si guadagnò il predominio a livello parlamentare e amministrativo, ma la teocrazia iraniana mescola organi elettivi e non elettivi e, come già visto con Rafsanjani, la vittoria elettorale non fornisce strumenti sufficienti per attuare le politiche desiderate se queste seguono una direzione contraria agli interessi di particolari gruppi. Gli ostacoli trovati negli anni passati da Rafsanjani si ripresentarono anche a Khatami e per alcuni suoi sostenitori si dimostreranno letali.
Il primo ostacolo era ovviamente costituito dai conservatori, ancora dotati di una buona rappresentanza nel Majlis. Nonostante la sconfitta del loro candidato non si persero d'animo, anzi, si ricompattarono per opporre la maggior resistenza possibile ai tentativi di riforma. Questi non erano soli, mentre alcuni esponenti del clero, come l'ayatollah Montazeri, sostenevano Khatami, la maggioranza del clero anziano e delle organizzazioni clericali si opponeva ai suoi progetti. Con loro, le guardie della rivoluzione e le milizie basij si mostrarono come sempre al fianco della Guida Suprema, e come avvertì un ufficiale di alto rango dei pasdaran, coloro che avessero messo in dubbio la sua autorità sarebbero caduti in disgrazia e avrebbero trovato la loro morte
politica42. Inoltre il Consiglio dei Guardiani era palesemente avverso a riforme liberalizzanti43.
La prima mossa del neo-presidente Khatami fu il posizionamento di riformisti nei vari ministeri per avere il maggior controllo possibile dell'esecutivo. Già in quell'occasione i conservatori riuscirono a ottenere un primo successo per ostacolare l'operato di Khatami, costringendolo a nominare al Ministero delle Informazioni e della Sicurezza Nazionale, Ghorban Alì Dorri Najafabadi, uomo da costoro designato al fine di mantenere il controllo dei servizi di intelligence. Altro successo ottenuto dall'ala conservatrice, per mano della Guida Suprema, fu la decisione di quest'ultima di
mantenere il controllo delle forze di polizia, anziché passarle sotto la competenza del Ministro degli Interni. Khamene'i dimostrò così che anche se permise la candidatura di Mohammad Khatami non voleva lasciargli alcun controllo delle forze di sicurezza44. Così facendo smentì subito le voci che lo davano per un possibile sostenitore, o quantomeno non un diretto avversario, del nuovo presidente.
Il leader riformista proseguì comunque con il suo programma di liberalizzazione politica e culturale e il ministro della Cultura, limitando fortemente la censura, dette più voce ai giornali, di cui ne sorsero di nuovi che si schierarono contro i conservatori e a favore delle riforme. Fu poi incoraggiato lo sfogo del fermento intellettuale tipico di quegli anni e lo sviluppo della società civile ma, come vedremo, le opposizioni conservatrici fecero in modo che i discorsi non si tramutassero in azioni.
Riguardo alla politica estera, Khatami rimpiazzò il concetto di "scontro tra civiltà" con quello di "dialogo tra civiltà", proponendo quindi una serie d'iniziative finalizzate a un riavvicinamento con gli Stati Uniti. Tale progetto trovò immediatamente la tenace resistenza della destra, ma a infrangere ogni speranza intervenne il rapido intervento di Khamene'i, come già detto ostile agli USA, il quale non perse l'occasione di definirli nemici dell'Iran, mentre i filo-statunitensi non erano da considerarsi altro che loro agenti. In tale situazione il presidente fu impossibilitato a perseguire l'apertura con Washington, ma, con le forze conservatrici rivolte contro tale indirizzo, riuscì ad ottenere dei buoni risultati per quanto riguarda invece i vicini arabi e l'Europa45.
L'azione di contrasto dei conservatori si era già intensificata a fine 1997, quando, attraverso la magistratura sotto la loro influenza, avevano accusato di corruzione elementi vicini a Khatami. La questione più grave fu però l'arresto dell'ayatollah Montazeri. Egli era già da anni un critico della teocrazia iraniana e dopo la vittoria del riformista si era schierato dalla sua parte appoggiando con la sua retorica le riforme che questi intendeva attuare. Quando Khamene'i iniziò a interferire per impedire le politiche a lui avverse, Montazeri ne criticò il comportamento affermando che egli doveva essere un garante del sistema politico e non un attore direttamente coinvolto. Tale affermazione gli costò l'accusa di tradimento che lo costrinse agli arresti domiciliari e ne causò la degradazione al rango religioso di hujjat ol-Islam, provvedimento senza precedenti nella storia iraniana.
Nel 1998 il confronto tra i due schieramenti si fece più serrato. I conservatori intensificarono i loro attacchi e il sindaco di Teheran Gholam Hussein Karbaschi, con molti dei suoi uomini di fiducia, sostenitori di Khatami, vennero giudicati colpevoli di corruzione il 23 luglio, scatenando le proteste dei riformisti46. Organizzazioni di estremisti riconducibili alla destra passarono all'azione assaltando le riunioni dei riformisti e le sedi dei loro giornali, sia con aggressioni fisiche alle persone che incendiandone gli uffici. I giornali vennero attaccati anche politicamente, così come il Ministro alla Cultura responsabile di aver favorito la libertà di stampa. Numerosi giornali furono costretti a chiudere e alcuni degli editori ricevettero accuse di
tradimento. Molti tentarono di riaprire cambiando nome, ma vennero poi nuovamente costretti alla chiusura. Infine nel settembre 1998 i conservatori riuscirono a far passare una legge che limitò la libertà di stampa.
Nel frattempo a maggio venne reintrodotta dai riformisti la possibilità di formare partiti e i primi a essere ufficializzati furono quelli del centro-sinistra. Tale provvedimento fu preso nel contesto del processo di liberalizzazione della politica e si sommò all'introduzione dei consigli municipali, che avrebbero portato la politica a livelli più bassi favorendo l'ingresso dei cittadini nel sistema politico. Le elezioni per la loro formazione si tennero per la prima volta il 26 febbraio 1999 e consegnarono una vittoria schiacciante al fronte riformista. Tale successo andò a bilanciare la sconfitta subita precedentemente in occasione delle elezioni per l'Assemblea degli Esperti. Al riguardo, a favorire i conservatori fu il Consiglio dei Guardiani, il quale pose il proprio veto sulla maggior parte dei candidati proposti dai riformisti negando di fatto una competizione ad armi pari. Intanto i gruppi estremisti dettero il via a una spirale di violenza, che vide una delle sue fasi più critiche nella vicenda degli omicidi seriali con la morte di quattro intellettuali dissidenti. Elementi vicini a Najafabadi furono accusati di essere i mandanti e, quando questi infine dichiarò che erano loro i responsabili, fu costretto alle dimissioni. Con i sospetti che gli omicidi fossero collegati a figure di rilievo dell'ala conservatrice e con la bruciante sconfitta elettorale subita in occasione delle elezioni per i consigli municipali, fu opinione diffusa che la destra si sarebbe placata e avrebbe permesso l'attuazione delle riforme. Anche questa, come la maggioranza delle previsioni riguardanti le vicende politiche iraniane, fu smentita.
I conservatori proseguirono con i loro attacchi ai giornali riformisti e riuscirono a far approvare nuove restrizioni alla stampa, mentre la polizia arrestava tredici ebrei e alcuni musulmani con l'accusa di spionaggio per conto di Israele, un'azione ritenuta frutto di una macchinazione finalizzata a screditare l'immagine di Khatami con l'Occidente47.
Nel luglio del 1999 si verificò una crisi politica senza precedenti. L'8 luglio gli studenti dell'università di Teheran scesero in piazza per manifestare contro le chiusure dei giornali e le limitazioni alla libertà di stampa. La polizia, ma soprattutto le milizie islamiche, assalirono un dormitorio la notte stessa e, oltre ad aggredire e arrestare molti
studenti, provocarono la morte di alcuni di questi48. Ciò scatenò il giorno dopo una massiccia manifestazione, cui ne fecero seguito altre nei giorni successivi. Inizialmente Khatami appoggiò le proteste ma, quando queste si diffusero in altre città e si moltiplicarono gli scontri tra manifestanti e forze di polizia, si trovò costretto a vietare i cortei. Il divieto venne ignorato e, sotto le minacce d'intervento massiccio dei pasdaran, il presidente dovette condannare apertamente i manifestanti, autorizzando così la polizia a stroncare i tumulti e arrestare più di mille persone, senza tener conto dei feriti. A quel punto gli studenti, trovatisi isolati, si ritirarono, ma la protesta aveva lasciato il segno e i numerosi avvertimenti lanciati dai pasdaran e dagli estremisti avevano dimostrato come lo scontro tra conservatori e riformisti poteva sfuggirgli di mano.
Nei mesi successivi alle proteste le due parti moderarono i toni. Khamene'i affermò che i tumulti erano stati fomentati da agenti delle potenze nemiche dell'Iran, evitando così di condannare direttamente i giovani che avevano partecipato e lo stesso Khatami, il quale fu invece esortato a mantenere il controllo della situazione. Si passò quindi ai preparativi per le elezioni parlamentari del febbraio 2000.
La competizione elettorale fu dominata, con 220 seggi su 290, dall'ala riformista49, dimostrando che gli iraniani speravano ancora nel cambiamento. Durante la preparazione l'età per avere diritto al voto venne alzata da 15 a 16 anni50, mentre lo sbarramento al primo turno per i candidati scese dal 33% al 25% dei voti51. Queste misure furono prese dai conservatori, i quali, consci dell'inevitabile vittoria dei rivali, tentarono il possibile per limitare i danni. I riformisti, di contro, tentarono invano di
limitare la capacità di veto del Consiglio dei Guardiani. Tale organo tuttavia non fece abuso della sua prerogativa tanto fu chiara l'imminente sconfitta che avrebbe subito la destra. Vicenda degna di nota che si registrò durante la competizione fu il cambio di fronte compiuto dall'ex-presidente Rafsanjani. Questi partecipò alla competizione per essere eletto con un margine tale da ricoprire la carica di Presidente del Majlis, ma non venne sostenuto dalla sinistra islamica (che ricordiamo insieme ai Servitori della Costruzione formava lo schieramento riformista), poiché si pensava che avrebbe finito per revisionare le riforme tanto da renderle praticamente inutili. Questa rottura tra Rafsanjani e i sostenitori di Khatami finì per spingerlo tra le braccia dei pragmatici
conservatori, mentre molti dei suoi preferirono rimanere al fianco del presidente52. A ogni modo la sua performance elettorale fu pessima, tanto che se non fosse stato per una serie di manipolazioni, annullamenti di voti e assegnazioni seggi operate dal Consiglio dei Guardiani, non avrebbe neanche avuto il seggio (che alla fine rifiutò ugualmente).
I conservatori non si persero d'animo e tra il primo e il secondo turno di votazioni, quando la disfatta era già evidente, riuscirono a inasprire le limitazioni alla libertà di stampa e far passare provvedimenti che ridussero i diritti dei lavoratori. Si dimostrarono quindi determinati a impedire ai rivali, seppur in inequivocabile vantaggio, di riuscire nelle loro politiche. Così facendo innescarono una serie di proteste, le quali, anche se non raggiunsero il livello di quelle dell'anno precedente, provocarono la minaccia d'intervento dei pasdaran. Khatami e i suoi, temendo che la situazione di crisi potesse essere sfruttata per evitare al nuovo parlamento di entrare in funzione, non appoggiarono i manifestanti.
A rimediare alla sconfitta dei conservatori alle elezioni, intervenne infine Khamene'i. Dopo l'apertura del Majlis a predominanza riformista, difese la legge sulla stampa, fatta approvare dalla destra, dopodiché incoraggiò l'attuazione di riforme economiche, con l'evidente intento di scoraggiare ulteriori avventurismi riformisti nell'ambito delle libertà politiche53. Quando i seguaci di Khatami, nell'agosto dello stesso anno, si cimentarono nell'emendare la legge sulla stampa, la Guida Suprema interferì nuovamente e con più vigore, affermando che quella legge proteggeva l'informazione dall'influenza dei nemici dell'Iran e bollò come filo-occidentali le proposte indirizzate
alla cancellazione delle restrizioni. A quel punto i riformisti abbandonarono i tentativi per promuovere la libertà di stampa e amareggiati si resero conto dell'effettiva inutilità della recente vittoria elettorale.
Nonostante l'alto numero di seggi ottenuti, l'ala riformista risultò meno competitiva degli anni precedenti per diversi motivi. Innanzitutto, l'abbandono di Rafsanjani non costituì solo la perdita di un alleato, ma anche l'arrivo di un nuovo e capace rivale. Si deve tenere in considerazione che l'ex-presidente era a capo del Consiglio per il
Discernimento, una posizione che seppe sfruttare bene54. Oltre a costui, vi fu anche la Guida Suprema a sentire minacciata la condizione raggiunta e quindi a interferire con maggiore frequenza per proteggerla. A un'opposizione determinata si andarono poi a sommare fattori interni alla coalizione. Tra questi vi fu l'emorragia di esponenti capaci (come gli ex-ministri Mohajerani e Nouri) avvenuta tra dimissioni, sia forzate che di protesta, e condanne. Altro punto di debolezza fu il numero elevato di conflitti in seno alla coalizione, formata da numerosi partiti, sui metodi con cui portare avanti le riforme che finirono con la perdita dell'iniziativa.
Nonostante la sostituzione al vertice della magistratura dell'ayatollah ultraconservatore Mesbah Yazdi con l'ayatollah Shahroudi, un conservatore moderato, non si poté impedire la campagna di accuse e processi diretti contro i deputati riformisti. Iniziata nei primi mesi del 2001 e portata avanti a lungo, provocò una continua pressione sul fronte riformista tale da paralizzarne ancora di più l'operato.
I risultati dell'ostruzionismo conservatore si videro con le elezioni presidenziali tenutesi l'8 giugno 2001. Vinse nuovamente Khatami, la cui ricandidatura rimase in dubbio fino a pochi giorni prima lo scadere del termine utile. La sua arrendevolezza di fronte alle difficoltà incontrate fu il motivo per cui anche i conservatori lo vollero nuovamente, poiché, consapevoli che non sussistessero ancora le premesse per la vittoria di un loro candidato, lo preferirono ad altri possibili riformisti che avrebbero rischiato un confronto più serrato e pericoloso. L'arrendevolezza di Khatami fu però percepita anche
dagli elettori. Conquistò il 77% dei voti55, ma il dato realmente indicativo di quelle elezioni fu il calo di affluenza alle urne. Era il segno che gli iraniani continuavano a sperare in un regime meno illiberale e quindi non volevano un conservatore, ma stava anche a indicare la disaffezione, mostrata specialmente dai giovani, per colui che aveva tradito le loro speranze.
Il suo secondo mandato fu caratterizzato dalla rassegnazione e i tentativi di riforma furono pochi e portati avanti con poca convinzione. I continui fallimenti portarono il presidente a seguire una politica di gestione dello Stato di basso profilo senza ulteriori avventurismi. Quando nel febbraio 2003 fu il momento delle elezioni per i consigli municipali, il tracollo riformista fu inequivocabile. L'affluenza alle urne fu inferiore al
30% e quasi ovunque vinsero i conservatori56. Alle elezioni per il rinnovo del Majlis del 20 febbraio 2004, i conservatori si aggiudicarono 156 seggi su 29057. I riformisti e i loro progetti furono così definitivamente stroncati a un anno dalle elezioni presidenziali. Due sono le ragioni che spiegano questo nuovo spostamento sull'asse conservatore da parte degli iraniani. Primo, l'apparente disinteressamento da parte dei riformisti, troppo impegnati ad abbattere le barriere illiberali, per le fasce più povere della popolazione. Queste chiedevano prima di tutto delle riforme che portassero occupazione, così i conservatori sfruttarono l'impressione data dai riformisti e promisero l'attuazione di tali provvedimenti. Secondo, la situazione a livello internazionale era mutata. Il dispiegamento di militari statunitensi nei paesi limitrofi e le affermazioni del presidente Bush, riguardo un Iran facente parte del cosiddetto "asse del male", portarono a un'accentuazione dello spirito nazionalista iraniano. Khatami perse così anche l'ultimo baluardo rappresentato dall'appoggio popolare.
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