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Biancaneve e i sette nani: dagli studi di Hollywood alla Germania del Terzo Reich




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Biancaneve e i sette nani: dagli studi di Hollywood alla Germania del Terzo Reich



Alla fine del 1934 iniziò a Hollywood la lavorazione di Biancaneve e i sette nani, il primo vero e proprio film capolavoro dei Walt Disney Studios, ispirato alla fiaba dei fratelli Grimm. La nuova produzione era qualcosa di ben più impegnativo rispetto a quei cortometraggi che hanno come protagonista Topolino: l'idea era centrata, infatti, sulla creazione di un lungometraggio, nel quale l'uso del colore avrebbe potuto assicurare la necessaria magia alla fiaba e garantire la conquista dell'immaginario infantile. Era previsto che i personaggi del film si muovessero e si esprimessero su di una scena in cui dovevano apparire come corpi: era quindi necessario che i disegnatori applicassero le leggi della prospettiva alla realizzazione dell'illusione della tridimensionalità, o meglio, della tridimensionalità in movimento. Di conseguenza l'uso del colore era indispensabile in quanto costituiva uno strumento fondamentale per la realizzazione degli effetti di profondità delle scene, molto di più di quanto sarebbe stato possibile realizzare con il solo bianco e nero. All'inizio dell'estate del 1935, dopo alcuni mesi di riunioni per definire tecniche, soggetti e bozzetti della nuova produzione, Walt Disney partì, assieme a suo fratello Roy, per un tour europeo, convinto che nuove fonti di ispirazione, nuove soluzioni e nuove modalità espressive potessero essere trovate in Europa, là dove, d'altronde, Biancaneve e altre fiabe erano nate e avevano assunto la loro forma definitiva. Quando i due fratelli partirono, Wolfgang Reithermann, figlio di emigranti tedeschi giunti in America nel 1912 e divenuto in seguito uno dei grafici dello staff dei Walt Disney Studios, consigliò loro caldamente di visitare Naumburg, località della Germania centro-orientale, e di osservare da vicino nel Duomo la statua medioevale della bella margravia Uta di Ballenstedt (effigiata intorno al 1250 dall'anonimo maestro di Naumburg a più di un secolo dalla sua morte) per cucirle addosso i panni della crudele matrigna di Biancaneve. Fu l'idea risolutiva, così come quella di mettere a Betty Boop i panni di Biancaneve. Disney fu colpito dalla fotografia della statua indicata dal suo collaboratore: Era proprio bella, anzi impressionava e quasi raggelava, forse era da pensare a lei come modello per quella che ormai tutti erano d'accordo di chiamare col bel nome tedesco di Grimhilde[1]. Disney aveva capito che un'efficace caratterizzazione del personaggio della regina cattiva avrebbe influenzato in modo decisivo l'impatto sul pubblico del suo film e, con esso, la presa narrativa del medesimo: era quindi necessario assicurare alla figura un portamento e un gesto d'imperio (come quello di avvolgersi nel manto) che facessero ammutolire, un fascino intenso e misterioso, un'eleganza scenografica suggerita dall'ampio bavero del mantello e dal lungo abito di velluto, un volto di una donna vera, nobile, bella, altera, ma soprattutto malvagia, di una "Icy Queen", insomma.


               




Il 21 dicembre 1937, nel foyer del Carthay Circle Theater a Los Angeles, tra applausi che non finivano mai, avvenne la prima proiezione di Biancaneve e i sette nani e a neanche quindici giorni di distanza, il Berliner Morgenpost dedicò un'intera pagina alla nuova e attesissima produzione dei Disney Studios. I colori, la musica e la caratterizzazione dei personaggi avevano colpito molto favorevolmente l'articolista, che si augurava che il pubblico tedesco potesse entro breve tempo ammirare il film, una volta che ne fosse stato realizzato il doppiaggio, indispensabile soprattutto per la parte cantata della riuscitissima colonna musicale. I cartoni animati di Disney avevano in Germania già un gran numero di appassionati, e non solo tra i bambini: tra l'altro proprio questi cartoni animati costituivano la parte più apprezzata del programma serale della saletta privata della cancelleria del Reich, spesso curato personalmente per il Führer dal dottor Goebbels, ministro della propaganda, il quale, il 22 dicembre 1937, annotò sul suo diario di aver donato al Führer, in occasione del Natale, una cinquantina di film, e tra questi ben diciotto "film di Micky-Maus", un "tesoro" che aveva reso Hitler "assolutamente felice".

Biancaneve e i sette nani non solo avrebbe rinsaldato la passione di molti fan tedeschi per Disney, ma ne avrebbe procurato un gran numero di nuovi, conquistati dalla magia che Disney, con i suoi artisti, era riuscito a realizzare mediante una serie di innovazioni tecniche che davvero impressionavano.

Alla partenza per un nuovo viaggio in Germania, nel marzo 1938, Roy era dunque convinto che si potesse concludere un ottimo contratto per la distribuzione del lungometraggio; tuttavia la situazione politica internazionale non sembrava molto favorevole alle aspettative dei Disney, a causa dei crescenti sentimenti antinazisti dell'opinione pubblica americana, i quali, proprio nei giorni della partenza di Roy per l'Europa, si erano fatti ancora più accesi alla notizia della forzata annessione dell'Austria al Reich. Ciononostante Roy (e con lui Walt) non sembrava essere molto preoccupato al riguardo e nutriva un certo ottimismo perché confortato anche da qualche segnale premonitore positivo: nel mese di maggio, infatti, uscì nei negozi tedeschi il disco con le canzoni di Biancaneve, che doveva fare da battistrada a un successo che si preannunciava travolgente. Le cose invece si complicarono in breve tempo: le richieste degli americani, anche solo per la cessione del negativo del film, sembrarono ai tedeschi troppo elevate e comunque impossibili da soddisfare, dal momento che i primi insistevano per il pagamento in dollari. Ben difficilmente la versione cinematografica della favola dei Fratelli Grimm sarebbe approdata nelle sale tedesche, dopo che, in un primo momento, tutto aveva fatto credere che anche il pubblico tedesco potesse godere dell'ultimo, meraviglioso prodotto dei Walt Disney Studios. Era chiaro, però, che le difficoltà emerse a rendere impossibile un accordo tra Disney e la Germania non erano solo di ordine economico, ma anche di carattere politico, e risultavano strettamente connesse al quadro internazionale del 1938; tali difficoltà non provenivano dagli americani, essendo questi ultimi interessati unicamente a concludere l'affare alle condizioni più vantaggiose, bensì dal governo nazista, di fatto determinato nel non consentire in Germania la visione del film. I giornalisti tedeschi  accreditati alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, che avevano assistito alla proiezione di Biancaneve, concordavano nel rilevare una sostanziale artificiosità del film, incapace, secondo loro, di realizzare una reale armonia tra l'andamento e il tono del racconto, sia a causa della lunghezza dello stesso, sia a causa di una certa sua freddezza, sottolineata dalla perfezione tecnica del prodotto dal punto di vista dei colori e delle musiche. La versione californiana della fiaba dei Grimm pareva anzi a qualcuno quasi un attentato allo spirito del popolo tedesco e in molti cominciarono a sostenere la necessità di bandirla dalla Germania in quanto era intollerabile che gli americani avessero fatto di tutto perché la Regina Cattiva ricordasse in molti suoi tratti la bellissima statua del duomo di Naumburg, attribuendole, inoltre, un nome germanico. La beffa di rendere malvagia la nobile e bella Uta sarebbe servita a infrangere il progetto estetico del Reich, che aveva fatto di Uta un emblema della bellezza femminile germanica: la statua era la stessa che gli organizzatori della mostra dell'anno prima sull'"arte degenerata", l'Entartete Kunst , avevano scelto tra i modelli della più pura arte tedesca da contrapporre al disfacimento morale e alle perversioni delle sciagurate e sguaiate immagini dell'espressionismo, del cubismo, del dadaismo, del surrealismo.

Tuttavia, nel suo viaggio americano, la regista Helene (Leni) Riefenstahl, che aveva celebrato con il documentario Olympia i giochi di Berlino del 1936, fu accolta con cordialità e simpatia proprio da Walt Disney, che non si uniformò al boicottaggio dell'opera della regista organizzato dai movimenti antinazisti. Con Olympia, infatti, Leni Riefenstahl (una delle donne più potenti del Terzo Reich, alla quale si attribuisce un flirt con Hitler) realizzò un'opera della durata di oltre tre ore, in cui i primi piani sui corpi degli atleti e sulle bandiere naziste, unite ai campi lunghi sulla massa devota al Führer, volevano esprimere il mito della superiorità della razza ariana. La stessa Riefenstahl rievocò l'incontro con Disney nella sua autobiografia Stretta nel tempo: "Ci invitò anche Walt Disney e l'incontro non mancò di sorprese. Visitammo i suoi studi durante la mattinata, poi restammo con lui tutto il giorno; con pazienza e orgoglio ci mostrò le sue creazioni, spiegandoci la tecnica con cui infondeva in loro la vita, e gli schizzi del suo ultimo film L'Apprendista Stregone. Ne restai affascinata: era un genio, un vero stregone, con una fantasia senza limiti.".

Recentemente sull'incontro tra Walt Disney e Leni Riefenstahl è tornato un noto giornale statunitense, il Washington Post, con l'intento di far chiarezza sulle effettive tendenze politiche di Disney: secondo il Washington Post, la Riefenstahl ebbe l'impressione, parlando con Disney, che egli fosse un genuino fiancheggiatore di Hitler e che avesse anche partecipato a un raduno del partito nazista americano; la regista adottò quindi una visione del tutto opposta rispetto alle accuse che vennero mosse contro il disegnatore (il quale aveva, tra i suoi collaboratori, sia ebrei, sia tedeschi in esilio) dal governo nazista, e in particolare dal responsabile della propaganda Goebbels.

Ma quello di Disney può essere considerato una sorta di "nazismo magico", come spiega Alessandro Barbera, pubblicista e autore di un interessante saggio nel quale si analizza la figura del noto disegnatore: Disney, infatti, più che al nazismo e alla Germania era legato ai miti delle fiabe nordiche, magistralmente espresse in Biancaneve e i sette nani, Cenerentola, La bella addormentata nel bosco e Fantasia; per il resto non si schierò mai prima della guerra, essendo del tutto fuori da ogni posizione politica: in quegli anni, durante i quali era scoppiata la Guerra Civile Spagnola e anche dagli Stati Uniti erano partiti in molti per unirsi alle Brigate Internazionali che combattevano a difesa della Repubblica, per Disney c'era innanzi tutto la realizzazione di Biancaneve e i sette nani. Solamente più tardi, durante la guerra, spiega Neal Gabler (autore dell'unica biografia autorizzata del papà di Topolino), Disney diede ai suoi personaggi il volto, l'anima, la forza e gli ideali degli americani in guerra contro Hitler, come si può ben vedere nel cortometraggio intitolato Der Führer's Face, risalente al 1943, in piena Seconda Guerra Mondiale.                  








Fotogramma tratto dal cortometraggio

Der Führer's Face






Stefano Poggi, La vera storia della Regina di Biancaneve: dalla Selva Turingia a Hollywood, pag. 54

Nel 1937 le autorità naziste epurarono i musei dall'arte considerata "degenerata" per poi prendere 650 tra le opere condannate ed esporle in una speciale mostra che iniziò a Monaco e si spostò in undici città della Germania e dell'Austria.

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