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Regimi autoritari e fascismi in Europa
La crisi economica e sociale seguita alla Prima Guerra Mondiale portò allo sviluppo e all'affermazione in Europa di regimi autoritari:
In Italia il fascismo
giunse al governo
con Benito Mussolini nel 1922
In Germania il partito nazionalsocialista
capeggiato da Adolf Hitler
conquistò il potere nel 1933
CARATTERISTICHE DEI REGIMI AUTORITARI
acceso nazionalismo
profondo disprezzo per la democrazia
convinzione che il modello politico autoritario sia l'unico in grado di:
o stroncare i conflitti sociali
o garantire il benessere
o garantire il prestigio e la potenza della nazione
convinzione che la guerra e la violenza sono strumenti di azione politica
ostilità verso gli stranieri
ostilità verso il movimento operaio
ostilità verso il socialismo
ostilità nei confronti degli esponenti della grande industria e della finanza
Il dovere fondamentale dei cittadini era quello di eseguire gli ordini emanati dal potere centrale.
Lo Stato esercitava un completo controllo sulla società e sugli individui mediante la propaganda e la diffusione di un'ideologia ufficiale cui tutti dovevano aderire
Negli Stati totalitari l'intera vita pubblica venne militarizzata: i giovani, furono spesso inquadrati in organizzazioni di tipo militare; la scuola divenne il tramite per diffondere la disciplina e i valori nazionalistici.
La cultura si trasformò in «cultura di regime», con l'obbligo primario di diffondere il punto di vista e i valori del regime e di esaltare lo Stato, i capi politici, la nazione; il servilismo degli intellettuali fu incoraggiato e, anzi, elevato a compito istituzionale.
Il regime comunista in Unione Sovietica
La crisi delle istituzioni democratiche e la loro sostituzione con un regime autoritario che in Occidente aveva portato all'affermazione di movimenti di stampo fascista - in Unione Sovietica si manifestò con l'imposizione della dittatura comunista.
Negli anni Trenta le tendenze autoritarie ebbero un'ulteriore accentuazione e l'Unione Sovietica assunse i caratteri propri di uno Stato totalitario interamente subordinato a un partito unico, quello comunista, e al suo leader indiscusso, Stalin .
1) l'accentramento nelle mani dei vertici del partito e dello Stato di un potere che ben presto assunse un carattere incontrollato;
2) l'annientamento di tutti gli oppositori interni ed esterni al potere dei vertici dello Stato e del partito unico;
3) un dirigismo sempre più illimitato di questi vertici sulle masse lavoratrici ridotte a forza materiale per l'esecuzione dei piani governativi.
Il termine «totalitaismo» indica un sistema politico fondato sulla subordinazione di tutte le attività pubbliche e private a un potere dittatoriale, detenuto in maniera esclusiva e autoritaria da un capo e dal suo gruppo dirigente. Gli storici hanno individuato alcune caratteristiche costitutive che si ritrovano in ogni regime basato sul totahitarismo:
un'ideologia ufficiale, cui gli individui devono aderire in maniera esclusiva e assoluta;
un partito unico, diretto da un capo carismatico da cui discende ogni altro potere;
il controllo poliziesco esercitato dallo Stato sulla società e la repressione, anche violenta, di qualsiasi forma di opposizione e di dissenso;
il controllo totale da parte del regime di tutti i mezzi di comunicazione e di informazione, per utilizzarli a scopo propagandistico;
la direzione centralizzata dell'economia (dirigismo);
la creazione di un nemico permanente, contro il quale convogliare l'ostilità del popolo e intorno a questo «nemico comune) costruire il senso di unità nazionale.
Il Fascismo
La nascita del fascismo In Italia
Benito Mussolini (1883-1945), sfruttando le difficoltà economiche e politiche causate dalla Prima guerra mondiale, salì al potere nel 1922, grazie all'appoggio della grande borghesia industriale e finanziaria che identificò nel fascismo lo strumento ideale per contrastare le minacce rivoluzionarie provenienti dal movimento operaio e dal socialismo.
Nel 1919 Benito Mussolini aveva fondato i Fasci di Combattimento.
Il suo programma era intriso di idee rivoluzionarie e apparentemente ultrademocratiche (voto alle donne, giornata lavorativa di otto ore, imposta sul capitale, partecipazione degli operai alla gestione delle imprese), ma in realtà ispirate alla demagogia.
Demagogia
La «demagogia» («arte di condurre il popolo») consiste in una politica rivolta a ottenere il consenso del popolo attraverso promesse di miglioramenti economici e sociali o mediante provvedimenti di scarso rilievo il cui fine, in realtà, è puramente propagandistico.
Lo scopo della demagogia è la conquista del mantenimento del potere, da conseguirsi facendo leva sui bisogni e sulle aspirazioni delle masse
Presentatosi alle elezioni del 1919, il fascismo ottenne soltanto 4.000 voti; ma, negli anni successivi, Mussolinì seppe abilmente sfruttare l'instabilità politica ed economica del Paese per rafforzare il proprio movimento, non esitando a ricorrere alla forza e alla violenza, soprattutto attraverso le squadre fasciste delle camicie nere (formate da ex combattenti, studenti e disoccupati).
La crisi del dopoguerra in Italia
Una pesante crisi economica affliggeva l'Italia, prostrata e impoverita dal conflitto. Le grandi industrie, terminate le lucrose commesse statali di materiale bellico, fecero fronte al conseguente calo della domanda riducendo la produzione e ricorrendo a licenziamenti di massa. Il bilancio dello Stato era in grave deficit e il debito pubblico toccò livelli elevatissimi.
L'inflazione, l'aumento dei prezzi e delle tasse rendevano particolarmente difficili le condizioni di vita di operai, contadini e piccola borghesia.
Nel
L'ascesa del fascismo
Davanti a questi fatti, che evocavano lo spettro della rivoluzione, la grande borghesia e i proprietari terrieri iniziarono a guardare con favore a uno Stato forte, autoritario, che tutelasse i loro interessi e reprimesse le agitazioni. Mussolini seppe presentare alle classi dirigenti il movimento fascista come la forza in grado di interpretare tali esigenze. In un primo momento scatenò i propri militanti (gli «Arditi») contro i socialisti e gli scioperanti, tanto nelle campagne - sfruttando l'appoggio e i finanziamenti degli agrari, quanto nelle città.
L'energica iniziativa del fascismo non incontrò ostacoli e fu, anzi, tollerata dal governo di Giolitti, che ne intravide l'utilità al fine di ridìmensionare il socialismo
Alle elezioni del 1921 i fascisti furono ammessi a pieno titolo nello schieramento della classe dirigente conservatrice.
Mussolini fondò nel 1921 il Partito nazionale fascista (PNF)
La «marcia su Roma» e la conquista del potere
Dopo le elezioni del 1921 la crisi di autorità dello Stato liberale si manifestò in tutta la sua gravità, spianando la strada al fascismo. Mussolini era ormai orientato a prendere il potere e ordinò la «marcia su Roma».
Il 27 ottobre 1922 gruppi di fascisti armati si diressero verso la capitale da varie parti d'Italia. Con questo atto di forza, Mussolini mise le classi dirigenti italiane davanti a una scelta: fare intervenire l'esercito ed eliminare così il fascismo o affidargli il governo del Paese
Vittorio Emanuele III, favorevole a una soluzione politica autoritaria e desideroso di non scontrarsi col fascismo, che era sostenuto apertamente dalle gerarchie dell'industria, dell'esercito e della Chiesa, rifiutò di firmare il decreto relativo allo stato d'assedio e il 30 ottobre diede a Mussolini l'incarico di formare il governo, che ottenne la fiducia parlamentare il 16 novembre 1922 con i soli voti contrari dei socialisti.
Il regime fascista
Giunto al potere, Mussolini pose le basi, tra gli anni 1922 e 1925, per la trasformazione dell'Italia da Stato liberale a regime totalitario.
Il deputato socialista Giacomo Matteotti
denunciò gli imbrogli e delle violenze
commessi dai fascisti in occasione
delle elezioni e fu sequestrato e
assassinato da una squadra fascista (giugno 1924).
Successivamente Mussolini elimino l'opposizione e liquidò le istituzioni democratiche tramite le cosiddette «leggi fascistissime (1925-1926), in base alle quali:
fu rafforzato il governo a scapito del parlamento
furono sciolti i sindacati
furono sciolti i giornali antifascisti e tutti i partiti;
vennero deposti 120 deputati ostili al fascismo
furono introdotti
o un Tribunale speciale per i reati politici
o la polizia segreta (OVRA)
o la pena di morte
nelle città fu sostituito il sindaco con un funzionario governativo, il podestà
si proibì lo sciopero
fu istituito il Gran Consiglio del Fascismo
furono abolite, di fatto, le libertà democratiche.
Nel 1929 Mussolini ottenne anche l'appoggio ufficiale della Chiesa cattolica, con la quale stipulò i Patti Lateranensi, che prevedevano il reciproco riconoscimento e ampie concessioni al Vaticano
L'organizzazione del consenso
Per un ventennio l'italia si ritrovò dominata dal regime, che seppe abilmente allargare il proprio consenso attraverso un sapiente uso della propaganda.
Ogni aspetto della vita pubblica fu fascistizzato, dallo sport alle manifestazioni pubbliche (occasioni in cui celebrare la «grandezza dell'Italia fascista»), mentre un attento uso della scuola e dei mezzi di comunicazione di massa (giornali, radio e cinema) diffuse e impose i valori fascisti dello Stato, della disciplina, del nazionalismo, del culto del duce. Mentre l'amministrazione pubblica veniva rinfoltita di elementi di provata fede fascista ed epurata dei possibili dissidenti, la scuola fu riformata da Giovanni Gentile (1923) in senso molto selettivo e poi trasformata in una macchina per fabbricare il consenso.
Nel 1937 la propaganda fascista fu riorganizzata con la fondazione del Ministero della Cultura Popolare che teneva sotto stretto controllo i mezzi di comunicazione e diramava quotidianamente direttive su che cosa pubblicare o meno.
Duce
Il termine «duce» (dal latino dux, «capo, condottiero militare») fu impiegato, con il significato di capo assoluto e carismatico, come appellativo di Benito Mussolini.
Il dissenso
La propaganda e l'oppressione poliziesca eliminarono ogni forma di opposizione ufficiale al fascismo, ma non misero a tacere completamente il dissenso di intellettuali, politici, artisti.
Un'attiva critica morale e culturale al fascismo fu condotta dal filosofo Benedetto Croce nel 1925. Altri oppositori del regime, come il cattolico Luigi Sturzo, i socialisti Filippo Turati, Claudio Treves, Pietro Nenni e il comunista Palmiro Togliatti furono costretti a rifugiarsi all'estero, dove organizzarono il movimento antifascista.
L'opposizione clandestina non poté in alcuna maniera ostacolare in concreto il regime di Mussolini, ma ebbe il merito di mantenere efficiente una rete organizzativa e informativa che in seguito si rivelò decisiva per coordinare la lotta di liberazione.
La politica estera
In politica estera il fascìsmo manifestò fin dagli inizi una volontà imperialistica, in competizione con le grandi potenze europee.
Le prime azioni
furono rivolte a riconquistare i territori della Libia, persi durante
Agli inizi degli anni Trenta il desiderio di espandere le proprie colonie, tanto per alimentare il prestigio internazionale della nazione quanto per consolidare il consenso interno, spinse a intraprendere la conquista dell'Etiopia. La campagna ebbe inizio nell'ottobre del 1935 e si concluse con successo l'anno seguente, quando Mussolini poté annunciare la nascita dell'impero dell'Africa orientale italiana.
Le potenze mondiali, riunite nella Società delle Nazioni, condannarono l'Italia come aggressore di un Paese membro e deliberarono sanzioni economiche (divieto di esportare in Italia materiali e merci di interesse militare, di concedere crediti, di importare prodotti italiani). In realtà, le sanzioni, che non comprendevano prodotti fondamentali come acciaio, petrolio e carbone e che non furono messe in atto da Stati Uniti e Germania, furono ampiamente disattese; ma la propaganda fascista le sfruttò per presentare al popolo l'immagine di un'Italia aggredita e ostacolata nel suo sviluppo dalle potenze straniere, riuscendo così a fare crescere il consenso verso la conquista coloniale.
Inoltre, l'Italia ruppe le relazioni con Francia e Jnghilterra e si avvicinò sempre più alla Germania, con la quale nel 1936 firmò un accordo di reciproco appoggio in politica estera, il cosiddetto Asse Roma-Berlino
L'alleanza politica e militare tra fascismo e nazismo era così compiuta.
L'introduzione, nel 1938, delle leggi razziali (una legislazione antiebraica, mutuata dalla Germania, che stabiliva il divieto di matrimonio tra «ariani» ed Ebrei, l'esclusione degli Ebrei dalle cariche pubbliche e la limìtazione del libero esercizio di attività economiche e lavorative) ne rappresentò la prima e più immediata manifestazione.
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