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Mao e Marx: il comunismo in Cina




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Mao e Marx: il comunismo in Cina

Il 'LIBRETTO ROSSO' di Mao è stata l'opera che ha avuto la maggiore diffusione nel mondo moderno, sia pure per un periodo molto breve: furono stampate in Cina 300 milioni di copie: tradotto in tutte le lingue, ebbe una diffusione immensa in tutto il mondo sia nei paesi occidentali come in quelli del terzo mondo: solo nei regimi comunisti dell'est europeo ne fu impedita la circolazione. Era costituito da un antologia dei pensieri di Mao tratte da varie opere e organizzate pare da Lin Biao, delfino di Mao e originariamente destinata all'esercito.

Dal 1966, durante la Rivoluzione Culturale, in Cina divenne obbligatorio portarlo sempre con se. Occorreva studiarlo attentamente e anzi era consigliato impararlo tutto a memoria. Le folle cinesi lo alzavano in alto con la mano sinistra in tutte le occasioni, lo recitavano collettivamente a memoria, ne gridavano brani come slogans in tutte le manifestazioni.

Le somiglianze con i Vangeli o il Corano potevano essere impressionanti: come i testi sacri anche il pensiero di Mao era ritenuto in grado di risolvere tutti i problemi della vita.


In Occidente non gli fu riconosciuto un tale potere taumaturgico: tuttavia fu ritenuto, nell'ambito della Contestazione del 68, una delle voci più importanti per la formazione di una società autenticamente comunista che non si trasformasse in un capitalismo di stato come, si diceva, fosse avvenuto in Russia.



INDICE DEL LIBRETTO ROSSO


Il partito comunista

Le classi e la lotta di classe

Socialismo e comunismo

La giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo

La guerra e la pace

L'imperialismo e tutti i reazionari sono tigri di carta

Osare lottare, osare vincere

La guerra popolare

L'esercito popolare

Il ruolo dirigente dei comitati di partito

La linea di massa

Il lavoro politico

Rapporti tra ufficiali e soldati

Rapporti tra esercito e popolo

Le 'tre democrazie'

Educazione e addestramento


Al servizio del popolo

Patriottismo e internazionalismo

L'eroismo rivoluzionario

Costruire il nostro paese con diligenza ed economia

Contare sulle proprie forze e lottare con tenacia

Metodi di pensiero e di lavoro

Inchieste e ricerche

Correggere le idee errate

L'unita'

La disciplina

Critica e autocritica

I comunisti

I quadri

I giovani

Le donne

Cultura e arte

Lo studio




RIVOLUZIONE CULTURALE


Il Libretto Rosso era lo strumento essenziale della Rivoluzione Culturale che va inquadrato nella Rivoluzione comunista cinese. Nel 1949 l'armata comunista cinese sotto la guida di Mao aveva preso il controllo di tutta la Cina.

Mao tze tung stabilì quindi un governo comunista e nel '56 lanciò la politica cosi detta dei cento fiori; 'Che cento fiori sbocciano che cento scuole rivaleggino' aveva detto Mao riprendendo un antico verso. La politica economica che ne scaturì, rischiava di portare la Cina sulla strada del liberismo occidentale. Mao quindi tornò rapidamente a una politica di forte collettivazione, centralisticamente programmata per avviare la Cina sulla via effettiva del comunismo.


Si trattò del 'grande balzo in avanti': le conseguenze economiche furono disastrose ; milioni di cinesi morirono per fame perchè non si volle ammettere il fallimento e richiedere aiuti alimentari internazionali: anzi il disastro fu accuratamente nascosto e la sua entità tuttora non è stata storicamente ancora chiarita del tutto. Il fallimento, però, fu di tale entità che l'apparato del partito cinese mise in disparte Mao allontanandolo dalle leve effettive del potere, pur lasciandogli, però, intatte in apparenza, autorità e il prestigio.


Accade allora un fatto, crediamo, unico nella storia: Mao si rivolse direttamente alle masse cinesi, anzi propriamente ai giovani e giovanissimi invitandoli a portare avanti una 'rivoluzione culturale' cioè un mutamento radicale della mentalità per fondare veramente il comunismo e respingere quindi una forma politica che si avviasse sulla via del revisionismo e del capitalismo. Strumento essenziale di un tale capovolgimento di mentalità avrebbe dovuto essere il pensiero di Mao che veniva presentato al popolo nella versione semplificata ma essenziale del Libretto Rosso.


Il comunismo si afferma in qualcosa di radicalmente nuovo, in funzione di un uomo nuovo: quindi tutto quello che è tradizionale nella tradizionalissima Cina dalla storia millenaria deve essere dimenticato, radicalmente estirpato, nullificato come se non fosse mai esistito perchè comunque intriso di valori feudali (o borghesi ): bisogna quindi ricominciare daccapo, cioè dal pensiero di Mao, fondamento di un mondo nuovo e radioso in cui si affermi la società giusta, felice e umanizzante del comunismo


Anche i saperi tecnici assumono una funzione secondaria di fronte all'ideologia comunista perchè solo essa può veramente cambiare il mondo. Conseguentemente i giovani e i giovanissimi (quindi senza esperienza) si lanciarono all'attacco dei quadri del partito formati da uomini maturi e quindi consci delle difficoltà tecniche e anche della cultura non marxista nella quale pure erano nati, per esautorarli violentemente.


In questa prospettiva si comprende e si giustifica l'immensa autorità che viene ad avere il Libretto Rosso, seguendo il quale solo è possibile la instaurazione del 'vero' comunismo.


Certamente la Rivoluzione Culturale fu manovrata dall'alto: questo però non toglie che l'entusiasmo e la convinzione delle Guardie Rosse fosse vera e genuina: effettivamente le masse dei giovanissimi crederono di potere instaurare, una volta e per sempre, in Cina e nel mondo, la giustizia e la felicità, veramente furono convinti che bastasse imparare a memorie quel piccolo libretto per comprendere tutto, per potere fare tutto: fu veramente un momento eroico nella storia.


Naturalmente i risultati furono disastrosi: il crollo economico, tecnico e culturale inevitabile. Benchè Mao avesse stravinto, tuttavia dovette ancora rimettersi da parte edopo la sua morte la Cina prese una strada diametralmente opposta a quella indicata dal 'grande timoniere ' ed ora veleggia apertamente nella direzione del capitalismo anche sfrenato. Mao è comunque rimasto un simbolo tuttora venerato e incontestato dai cinesi. Una singolare conseguenza di una tale situazione è che ora i cinesi paiono non aver una propria ideologia culturale. II marxismo non è stata ripudiato a livello teorico, non sono state rivalutate le tradizioni cinesi, non si sono diffusi gli ideali liberali occidentali, il cinese medio conosce solo il pensiero di Mao, cosi come presentato dal Libretto Rosso ma esso appare del tutto avulso dall'attuale situazione. Sono stati invece rivalutati pienamente i saperi tecnici che attualmente costituiscono il motore più importante dell'imponente sviluppo economico cinese.

Allo straniero che chiede ai cinesi del loro millenario passato essi rispondono che, in realtà, non ne sanno molto: la loro giovinezza è stata solo piena di Mao, il loro presente solo pieno di tecnologia e lavoro


MAO E IL NAZIONALISMO CINESE


Il libretto rosso era un documento che rifletteva fedelmente il comunismo di matrice marxista come si era andato svolgendo nella prassi e nella teoria del comunismo internazione iniziato dalla Rivoluzione di Ottobre. Solo marginalmente possiamo trovare in esso qualche elemento riconducibile alla cultura e alle tradizioni cinesi: anzi nella storia non è stato mai registrato un tentativo cosi radicale e massiccio di ignorare, di cancellare una cultura, per altro così antica e così illustre: solo la Cambogia di Pol Pot, per altro seguace del maoismo, tentò qualcosa di simile, anche più radicale e per questo anche più disastrosa.


Nella storia invece le rivoluzioni e i mutamenti in generale hanno quasi sempre fatto riferimento alle "vere" tradizioni nazionali, magari inventandole o distorcendole allo scopo. Cosi il Risorgimento si inventò una serie di figure e di miti che dimostrassero una inesistente aspirazione degli italiani all'unità e anche nel comunismo russo e europeo si cercò il recupero della tradizione, sia pure letta in una certa prospettiva: In Russia fu esaltata anche la figura di Ivan il terribile e del principe Nevskij che certamente non possono considerarsi antesignani del comunismo.

In Italia Togliatti incessantemente si riferì alle tradizioni risorgimentali tanto che, a un certo punto, il partito adottò addirittura la figura di Garibaldi come proprio riferimento.


Niente di tutto questo avvenne in Cina: la Rivoluzione Culturale fu proprio il tentativo di azzerare del tutto la cultura, la tradizione, di partire da zero nella costruzione dell'uomo nuovo: il posto assolutamente eccessivo dato ai giovanissimi era motivato sostanzialmente dal fatto che essi era non erano contagiati dalla cultura tradizionale come gli uomini maturi che in quella cultura comunque erano nati. Nel 1966 un ventenne aveva conosciuto solo il comunismo ma un cinquantenne si era formato in una società non comunista ma borghese o feudale, in una società tradizionale.


Tuttavia la figura di Mao negli ultimi anni in Cina è andata sempre più perdendo le sue connotazioni comuniste per divenire essenzialmente il creatore della Cina moderna, un 'grande cinese' quindi come gli antichi imperatori e non più il banditore di un verbo rivoluzionario valido in tutto il mondo dalla Albania al Perù, dei gruppuscoli dello contestazione europea ai movimenti di guerriglia dell'africa.


Il giudizio su Mao in Cina è quello enunciato, si dice, da Deng: il 70% bene, il 30% sbagliato. Quel 70% pare riferirsi soprattutto al combattente prima del 49, quel 30% alla Rivoluzione Culturale cioè al tentativo quindi di imporre effettivamente in Cina il comunismo. Infatti nelle ultime edizioni delle biografie ufficiali il Mao che campeggia è sempre quello delle Grande Marcia e della lotta all'invasore giapponese: l'ideologia comunista viene invece sfumata in una generica propensione verso il popolo, i poveri, la giustizia sociale.


La figura di Mao perde quindi sempre più in Cina le sue effettive caratteristiche e tende sempre più ad essere una icona in cui tutti i cinesi possono riconoscersi anche se hanno del tutto abbandonato il comunismo e praticano un capitalismo molto spinto. Se Mao potesse vedere la Cina dell'attuale miracolo economico vedrebbe esattamente il mondo che ha combattuto per tutta la sua vita.


Eppure quel mondo incredibilmente lo acclama come il proprio fondatore!


CONTINUITA' DEL PARTITO COMUNISTA


Nel 1989 i moti della Piazza Tian an men sembrarono portare la Cina sulla via della Occidentalizzazione, all'abbandono traumatico del comunismo così come contemporaneamente avveniva in Europa. Gli studenti erano in piccolo numero rispetto all'immensità della Cina ma rappresentavano la 'intelligenza' della nazione. Le autorità cinesi furono a lungo incerte ma alla fine soffocarono nel sangue la protesta studentesca. L'episodio fu condannato senza riserve, in tutto il mondo: tuttavia dobbiamo riconoscere, con il senno di poi, che l'abbandono traumatico e improvviso del comunismo in Russia ha portato miseria, caos economico e disgregazione politica perché non si improvvisa un'economia capitalistica da un giorno all'altro.

In Cina invece la continuità politica ha portato a uno sviluppo economico davvero prodigioso che certo nessuno si poteva aspettare.


La Cina ha scelto quindi la continuità politica e la discontinuità economica. Una economia capitalista in uno stato retto da un partito comunista: un vero inedito ma certamente funzionante.

In questo contesto che fare della figura di Mao?


Avviene quello che spesso è avvenuto nella storia dei popoli: perde le sue caratteristiche storiche reali e diventa un simbolo, il 'Padre della Patria' che si ammira e che non si critica.


Capita infatti spesso che personaggi che hanno avuto una grande popolarità ma i cui programmi non sono stati realizzati vengano assunti al ruolo di 'Padri della Patria ' anche se in realtà il modello da essi propugnato è uscito del tutto sconfitto dalla storia reale. I nuovi governanti infatti non hanno interesse a condannare una figura prestigiosa: molto meglio canonizzarlo, farne una icona e in qualche modo dichiararsi suoi continuatori mentre in realtà si è andati in tutta altra direzione. Ma la politica ha sempre bisogno di miti.

Non bisogna quindi meravigliarsi nella Cina del culto di Mao di oggi: il Grande Timoniere voleva il paese del comunismo intransigente, della rivoluzione permanente delle Guardie Rosse che tanto fece sognare i giovani del '68 e tanto spaventò i buoni borghesi occidentali.

La Cina moderna è invece quanto di più lontano si possa immaginare dal pensiero di Mao, eppure incredibilmente il suo mausoleo è sempre meta di sentiti pellegrinaggi, rimane sempre il 'grande timoniere' che non si discute, si ammira.


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