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Razzismo




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RAZZISMO














Soweto, la più nota township del Sudafrica, sorge alla periferia di Johannesburg. Città-ghetto istituita dal regime dell'apartheid per ospitare la popolazione di colore, nel 1976 Soweto è stata al centro di sanguinose sommosse.





Ricerca di SARA



Razzismo & migrazione



Razzismo Insieme di teorie e comportamenti basati su una supposta divisione dell'umanità in razze 'superiori' e razze 'inferiori'. Secondo le teorie razziste il patrimonio biologico determinerebbe, oltre ai comportamenti individuali, gli sviluppi (culturali, politici, economici ecc.) dei gruppi e delle società. Stabilendo questa connessione fra tratti razziali ed evoluzione sociale, le concezioni razzistiche ritengono superiori le razze in grado di costruire società più 'evolute'.



L'Italia ,ha recentemente conosciuto il fenomeno dell'immigrazione da parte di popolazioni provenienti da diversi paesi, in particolare l'Africa, l'Europa orientale e il Sud-Est asiatico. L'intensità del flusso migratorio (seppur inferiore rispetto a quello di altre nazioni), le difficili condizioni economiche interne e la mancanza di adeguate infrastrutture hanno determinato un difficoltoso inserimento degli immigrati nella società italiana, provocando sentimenti di intolleranza e talvolta deplorevoli episodi di razzismo.


Origini & storia


Un atteggiamento di tipo razzistico è costantemente presente nella storia dell'umanità, come testimonia la pratica antica della schiavitù. Gli antichi greci, e in seguito i romani, chiamavano 'barbari' (stranieri) quelli che non parlavano la loro lingua, avevano costumi, religioni, istituzioni diverse e vivevano al 'limite' del loro mondo.



Schiavitù .Condizione di chi è schiavo, di una persona cioè completamente e involontariamente assoggettata a un'altra. Caratteristiche costitutive della schiavitù sono: la coercizione a svolgere un compito o a prestare un servizio; la riduzione di un essere umano a proprietà esclusiva di un altro essere umano, cioè del suo padrone; l'assoggettamento completo di un individuo alla volontà di colui che lo possiede .Il sistema sociale o l'ordinamento politico fondato sull'istituto sociale della schiavitù è detto schiavismo.




Tuttavia, il razzismo per come noi lo intendiamo si sviluppò a partire dal XVII secolo, in seguito alle scoperte geografiche e al colonialismo. In questo periodo si affermò la convinzione che il progresso - intellettuale, scientifico, economico, politico - fosse un'esclusiva prerogativa dei bianchi e che gli altri popoli non potessero conseguire gli stessi risultati proprio a causa di una differenza biologica. Se fino a quel punto l'interpretazione prevalente del determinarsi delle varie razze era stata quella 'climatica' - secondo la quale a un'origine comune erano seguiti sviluppi dovuti soprattutto alle condizioni ambientali - dal XVIII secolo si affermò la teoria 'poligenetica', che fa risalire le popolazioni del mondo a progenitori diversi.

L'affermarsi di questa convinzione portò a ritenere inalterabili le differenze tra individui e popoli e a stabilire un principio di gerarchia secondo il quale la razza bianca era una razza superiore, predominante sulle altre; in questo modo veniva giustificato il dominio sugli altri popoli da parte dei bianchi e l'attribuzione a questi di una missione di civilizzazione.


Nel XIX secolo si consumò il passaggio dalla teoria razziale al razzismo, soprattutto con l'opera di Joseph-Arthur Gobineau Saggio sull'ineguaglianza delle razze (1853-1855). Gobineau affermò che la razza è alla base della civiltà e che quindi la degenerazione della razza comporta un decadimento della civiltà. Egli sostenne che per arrestare il decadimento della razza 'ariana', iniziato agli inizi dell'era cristiana, non si potesse che perseguire un disegno di discriminazione delle razze 'inferiori'.


La pubblicazione del libro di Charles Darwin L'origine della specie (1859) ispirò in seguito una nuova forma di razzismo, il cosiddetto 'razzismo scientifico', basato sull'idea che il pregiudizio razziale svolgesse addirittura una funzione evolutiva.


Durante tutto il XIX secolo il razzismo ebbe un'ampia diffusione in Europa, alimentato anche dall'insorgere del nazionalismo, e negli Stati Uniti, dove era alla base del sistema schiavistico. Ma fu dopo la prima guerra mondiale, nel quadro di crisi economica e sociale ereditato dal conflitto, che le teorie basate sulla discriminazione razziale presero corpo in un disegno politico; infatti, la Germania nazionalsocialista, a partire proprio dalla diffusione del mito della superiorità della razza ariana, riuscì a mobilitare grandi masse e a raccoglierle attorno al progetto che aspirava a imporre la supremazia germanica nel mondo.


Il mito della razza e lo stigma nazista nei confronti degli ebrei, che furono considerati Untermenschen (sottouomini), legittimò e rese possibile il genocidio di sei milioni di ebrei e di altri cinque milioni di persone considerate marginali, inferiori o devianti (accanto agli ebrei, zingari, comunisti, omosessuali, disabili); non è un caso che il progetto di sterminio perseguito lucidamente dai nazisti fosse stato chiamato
'soluzione finale'.

È bene ricordare che la Germania nazista non fu l'unico paese a essere segnato dal razzismo; in Italia, nel 1938 vennero emanate le 'leggi per la difesa della razza', che determinarono la discriminazione degli ebrei e ne favorirono successivamente la deportazione nei campi di sterminio.


Battaglia al razzismo


Nella battaglia contro il razzismo un ruolo fondamentale è stato attribuito all'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), fondata nel 1945 anche per 'salvaguardare le generazioni future dalla sciagura della guerra e dal razzismo.


Nel 1992 in Germania e in Austria si verificarono numerosi atti di violenza nei confronti degli emigrati stranieri, ad opera di gruppi giovanili di destra. In segno di protesta e di solidarietà con i cittadini stranieri, in molte città, prima fra tutte Monaco, vennero organizzate delle fiaccolate contro il razzismo e l'intolleranza. L'immagine si riferisce alla gigantesca fiaccola che si tenne a Vienna il 23 gennaio 1993.


Nel 1965 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite votò una Convenzione internazionale che definì:

discriminazione razziale 'ogni differenza, esclusione e restrizione basata sulla razza, il colore della pelle, la discendenza e le origini nazionali o etniche restrizione, che abbia lo scopo o l'effetto di annullare o rendere impari il riconoscimento, il godimento o l'esercizio su uno stesso piano dei diritti umani e delle libertà fondamentali nella sfera politica, economica, sociale, culturale o in ogni altra sfera della vita pubblica'.


Negli anni Sessanta negli Stati Uniti si sviluppò un ampio movimento contrario alla discriminazione della popolazione nera, alla quale, dopo un secolo dall'abolizione della schiavitù, non veniva ancora riconosciuta un'effettiva parità con i bianchi. Il dibattito sul razzismo sorto in quegli anni permise inoltre di svelare e denunciare le ingiustizie che i neri americani avevano a lungo sofferto a causa dei bianchi.

Nonostante sia ormai chiaro quali possano essere le conseguenze della diffusione del pregiudizio razzista, questo continua a esistere e a riesplodere ogni qualvolta ci sia una 'responsabilità' da attribuire a qualcuno. Nel mondo contemporaneo, travagliato da conflitti e problemi, purtroppo queste occasioni non mancano e infatti stiamo assistendo, accanto al riemergere di un nazionalismo aggressivo, alla ricomparsa del fenomeno del razzismo, sempre alla ricerca dei 'capri espiatori' ai quali attribuire responsabilità: ieri della degenerazione della razza, oggi della disoccupazione, della violenza e degli altri innumerevoli problemi che affliggono le società contemporanee.                                                                                   


Discriminazione Trattamento non paritario riservato a un singolo individuo o a un gruppo, a causa della sua appartenenza a una particolare categoria, classe sociale o etnia, oppure a causa del sesso o delle preferenze sessuali, della religione professata, delle opinioni politiche, dell'età, di un handicap.


L'EUROPA & IL PROBLEMA MIGRATORIO

Tra i tanti aspetti inquietanti della battaglia contro l'immigrazione clandestina in atto sulle coste più meridionali dell'Italia colpisce e preoccupa il silenzioso disinteresse del resto d'Europa .Un atteggiamento in realtà non nuovo, vista l'assoluta solitudine con cui l'Italia ha dovuto fronteggiare, fin dall'inizio degli anni '90, ripetuti sbarchi in massa dall'Albania e che anche altre nazioni , nei momenti di loro maggiore difficoltà, hanno sperimentato sulla loro pelle.

La verità è che le nazioni Europee continuano a trattare l'immigrazione come se non fosse uno dei più cruciali passaggi del loro difficile futuro .Con il risultato ormai sotto gli occhi di tutti .A meno di un annuncio esplicita e definitiva ad attuare la libera circolazione dei cittadini europei , è però difficile pensare di tirare avanti semplicemente rinviando ogni decisione da un anno all'altro. Infatti la mancata soluzione del problema migratorio finisce per rallentare se non addirittura per impedire

la  realizzazione di più impegnativi passi verso una definitiva unificazione del vecchio continente.Il no europeo a una programmazione comune dell'immigrazione , compresa la lotta contro quella clandestina, rischia dunque di produrre esiti negativi: il più grave è quello di aumentare ansia e insicurezza in una disorientatissima pubblica opinione costretta a fare i conti con l'immigrazione solo in caso di non voluti arrivi massicci e irregolari.




Provvedimenti


Di fronte ai primi episodi di intolleranza, il governo italiano si è limitato a deprecare il comportamento di "alcuni teppisti " offrendo una solidarietà verbale quanto inutile alle vittime.Poi gli episodi di razzismo si sono moltiplicati e con loro anche l'indignazione della maggioranza della popolazione di fronte alla latitanza del governo,hanno spinto le autorità pubbliche a prendere provvedimenti per tentare di porre rimedio a una situazione ormai drammatica.


Alcuni ,favorevoli all'immigrazione sostengono che è giusto accogliere gli immigrati dai paesi del terzo mondo che sono stati vittime del colonialismo e che nella loro terra non trovano possibilità di sopravvivenza.


Ricordiamo anche gli emigrati italiani in USA e in Germania hanno trovato facilmente lavoro senza subire forti discriminazioni.Asseriscono inoltre che "i lavoratori di colore non tolgono lavoro a gli italiani perché accettano occupazioni che questi ultimi rifiutano",evitando il tracollo di quelle attività economiche  che si svolgono nelle campagne cariche di pesticidi o nelle celle frigorifere.


Affermano infine che quanti si oppongono a una politica a favore degli immigrati lo fanno per puro spirito razzista.


Inoltre si mettono in luce le già gravi difficoltà in cui versa l'occupazione in Italia e l'assoluta carenza di abitazioni in cui far alloggiare i nuovi arrivati. Si deve tener conto poi che la mancanza o la precarietà di lavoro possa far diventare gli extracomunitari facile preda della criminalità organizzata,sempre alla ricerca di manovalanza per i suoi traffici illeciti.

Per dar ragione a questa tesi,basta guardare il moltiplicarsi degli episodi di intolleranza avvenuti nelle città che ospitano le comunità di immigrati;oppure la violenza e la promiscuità in che caratterizzano il modo di vivere degli immigrati, costretti a dormire in locali sporchi e malsani, senza acqua calda o del tutto privi dei servizi.


Scienziati e antropologi ci avvertono che l'incremento demografico dei paesi in via di sviluppo è direttamente proporzionata alla crescita zero delle società occidentali industrializzate.

La prospettiva di una società multietnica e multirazziale sembra perciò inevitabile e più che chiedersi se l'italiano medio sia razzista o quanto lo sia,è forse conveniente cercare le ragioni che ostacolano il processo d'integrazione.

Affermano inoltre che non è quasi mai il colore della pelle a determinare il rifiuto verso gli immigrati,ma semmai il timore di dover dividere con essi offerte di lavoro e abitazioni insufficienti e soprattutto la paura di doversi confrontare con culture diverse dalla propria:gli stranieri extracomunitari parlano,mangiano,abitano in modo diverso. Praticano altre religioni e pregano in modo diverso. Tutto ciò ce li rende estranei e stimola la nostra diffidenza che ,se aggravata dal timore che essi possano diventare nostri concorrenti nella ricerca di occupazione e di casa,può trasformarsi in intolleranza.

Il problema più urgente da risolvere sembra dunque quello di predisporre servizi e norme che possano rendere meno conflittuale la loro presenza in Italia.


Quindici milioni di stranieri,dei quali 10 milioni di extracomunitari,vivono nell'Unione europea. Il flusso migratorio in Europa è notevolmente aumentato nel corso degli ultimi anni. Nuovi anche i paesi di provenienza degli immigrati,e alcuni dei paesi di arrivo . L'Italia ad esempio ,da tradizionale terra d'emigranti si è trasformata in terra promessa per molti poveri e diseredati del Sud del mondo .I paesi extra-europei da cui provengono i nuovi immigrati sono:il Senegal,la Nigeria,la Somalia,l'Etiopia,il Marocco,la Tunisia, l'Algeria,il Brasile,le Filippine,lo Sri Lanka,ed gran parte dei paesi del Sud del mondo,del centro America e dei Carabi. Anche i flussi delle migrazioni interne sono cambiati;sono infatti sempre meno gli italiani e gli spagnoli che emigrano in Francia,Belgio, Lussemburgo,Germania e Svezia per trovare lavoro.Adesso,dopo il crollo del dei regimi comunisti,c'è una vera e propria ondata di emigrati che muove dall'Est verso i più ricchi paesi occidentali.


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