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L'uguaglianza e la libertà nella storia
u La rivoluzione russa
La Russia all'inizio del
XX secolo costituiva uno degli ultimi baluardi del potere monarchico-imperiale
e autoritario in Europa, principalmente perché le idee illuministiche francesi
che avevano fatto da base culturale alla Rivoluzione francese non erano giunte
agli operai e ai contadini russi. Ne è prova una divisione di classi molto
simile al modello feudale che andava a scontrarsi con una spinta di
modernizzazione sempre più accentuata, e questo portò alla formazione, sul
versante politico, di partiti di opposizione che contrastassero il potere dello
zar, che si sentiva legittimato direttamente da Dio e l'attività politica era
sottoposta a uno stretto controllo poliziesco.
Si sviluppò così il Partito costituzionale-democratico,il "partito dei
cadetti", che di ispirazione borghese liberale mirava alla formazione di un parlamento
elettivo, nel 1901 nacque il Partito socialrivoluzionario, che raccoglieva le
fila del populismo russo, con un programma di redistribuzione della terra e di
una società che esaltasse la comunità contadina come modello di tradizione
comunitaria. Nel 1903 però il Partito si disciolse per un profondo dissidio tra
i menscevichi, più moderati guidati da Mortov, e i bolscevichi, ovvero la parte
rivoluzionaria del partito guidata da Lenin. Il confronto tra le due parti del
partito aveva come culmine la concezione di potere e di partito in quanto alla
posizione bolscevica di un ristretto e combattivo manipolo di quadri
rivoluzionari fortemente centralizzato, mentre per i menscevichi doveva
configurarsi un'ampia organizzazione di massa aperta a tutti. Con la
rivoluzione del 1905 nacquero per la prima volta i soviet dei lavoratori, che
secondo i bolscevichi come esperienza bastò a dimostrare che la classe operaia
diventava la nuova protagonista della rivoluzione insieme alla massa dei
contadini.
Nel 1917, in seguito alla rivoluzione di febbraio e alla successiva abdicazione
dello zar Nicola, si diede vita ad un duopolio di potere in cui il governo,
liberale moderato, provvisorio di L'vov era contrastato dal soviet di
Pietrogrado. Anche nel soviet però non mancò il dissidio:i menscevichi avevano
l'idea che la rivoluzione di febbraio fosse il massimo traguardo raggiungibile
in Russia mentre la parte bolscevica rimaneva nella convinzione che solo un
capovolgimento radicale avrebbe consentito di costruire uno stato democratico e
libero davvero. Così Lenin, giunto dall'esilio in Svizzera con un treno piombato e con un rocambolesco
viaggio per tutta l'Europa, giunge a Pietrogrado dove il giorno dopo in una
riunione di partito espose le linee guida da seguire conosciute meglio come le Tesi
di aprile. La tesi principale del discorso era: "La caratteristica
dell'attuale momento storico in Russia è costituita dal passaggio dal primo
stadio della rivoluzione, che ha dato il potere alla borghesia a causa
dell'insufficiente consapevolezza e organizzazione del proletariato e dagli
strati poveri della classe contadini. [] Una repubblica dei soviet, dei
deputati operai, dei contadini poveri e dei contadini di tutto il paese, dal
basso in alto." Da questo momento quindi la parola d'ordine fu "tutti
i poteri ai soviet", ovvero al popolo comune russo, che acquistava
quindi consapevolezza politica e libertà d'azione che divenne dopo pochi mesi
la guida e l'obiettivo dell'assalto al palazzo d'Inverno nella rivoluzione
d'ottobre, in cui i rivoluzionari il 25 ottobre (7 novembre per il calendario
giuliano) instaurando il Consiglio dei commissari del popolo, riuscirono a
sbaragliare ad impadronirsi del palazzo di Pietrogrado, simbolo del governo
borghese. Da questo momento si instaurò il governo dei soviet che in un mese
circa già emanò i primi provvedimenti tra i quali il decreto sulla terra che
prevedeva l'immediata distribuzione, senza indennizzo, delle terre dei
proprietari terrieri ai contadini privi di terra, il decreto sulla pace che
proponeva a tutti i belligeranti l'apertura immediata di trattative per una
pace 'giusta e democratica', i tribunali del popolo si
sostituivano al vecchio sistema giudiziario, la polizia veniva sostituita da
una milizia composta prevalentemente di operai, la completa separazione tra
stato e chiesa, il matrimonio civile, con uguali diritti per entrambi i
coniugi, e il divorzio, la donna otteneva la totale parità di diritti rispetto
all'uomo,la giornata lavorativa di otto ore. Riguardo all'esercito venivano
cancellate la differenze di trattamento fra soldati e ufficiali. Sul fronte
dell'economia venivano nazionalizzate tutte le banche private, il commercio
estero diventò monopolio dello stato, flotta mercantile e ferrovie diventavano
statali, mentre le fabbriche venivano affidate direttamente agli operai.
u Il movimento del Sessantotto: una rivolta mondiale e generazionale
Il
1968 è stato l'anno dei grandi movimenti di massa socialmente disomogenei tra i
quali operai, studenti, minoranze sociali che con la carica della contestazione
arrivarono in quasi tutto il mondo con lo scopo di rinnovare radicalmente
sistemi politici, società e oppressioni, varcando anche la ormai consolidata
divisione netta del blocco sovietico e americano.
Negli Stati Uniti questi movimenti si svilupparono già all'inizio degli anni 60
avendo principalmente come obiettivo la questione razziale dei neri e
l'uguaglianza sociale organizzando i primi sit-in come forma di protesta, poi
divenute simbolo del movimento studentesco e giovanile, in cui moltissimi
giovani in maniera non violenta occupavano le strade sedendosi. Studenti di
tutte le università del nord si mobilitarono per sostenere le lotte dei giovani
di colore organizzando le "marce al sud". Nel 1963 Martin Luther King, un pastore
protestante, organizzò l'imponente e pacifica marcia su Washington dove
pronunciò il famoso discorso "I have a dream" con la speranza
dell'uguaglianza degli uomini e del riconoscimento dei diritti civili. Altra
lotta su cui in America, e successivamente in tutto il mondo grazie alla larga
diffusione delle immagini con i mezzi di comunicazione di massa, si protestò a
lungo fu la guerra in Vietnam, ritenuta come una guerra aggressiva,
imperialistica e omicida contro un ristretto gruppo di vietnamiti, portata
avanti con armi batteriologiche, chimiche tra cui il napalm solo per garantire
il dominio politico e militare sulla zona del Pacifico e la paura del dilago
del comunismo in altre zone come la Cambogia, Maccartismo.
Ma anche nella zona di controllo sovietica nacquero delle manifestazione
durante il 1967 per una maggiore libertà di stampa e una maggiore
considerazione delle opinioni e della volontà della popolazione delle scelte
politiche: la più alta delle manifestazioni di protesta fu la rivolta studentesca
in Cecoslovacchia, che condusse alla svolta politica chiamata 'Primavera
di Praga' con la volontà politica di un "socialismo dal volto
umano".
Questa situazione però preoccupò molto la sede del partito di Mosca che
nell'agosto 1968 per paura del contagio di idee riformiste in altri paesi del
patto di Varsavia, occupò militarmente la Cecoslovacchia e quindi di soffocare
con la forza. E' famoso l'episodio in cui uno studente a Praga Jan Palach che
il 16 gennaio 1969 in piazza San Vinceslao a Praga, dopo essersi cosparso di
benzina si suicidò morendo carbonizzato, ricordato anche dalla canzone di
Guccini "Jan Hus di nuovo sul rogo
bruciava all'orizzonte del cielo di Praga".
Alla base delle contestazioni studentesche,
prima universitarie e poi giunte anche nei licei, ci fu la scolarizzazione di
massa in cui in tutti i paesi
industrializzati, ma anche in via di sviluppo, elargirono l'accesso all'istruzione superiore alla
massa e non più ad una ristretta èlite, processo grazie al
quale si accresceva il protagonismo e l'atteggiamento critico delle nuove
generazioni che contestavano così il modello sociale borghese, il modello di
famiglia oppressivo, patriarcale e ritenendo inadeguati sistemi politici e
culturali dominanti.
In Francia, l'ondata rivoluzionaria si sentì con maggior carica, con il "maggio
francese" che vide la saldatura di studenti e operai: alle occupazioni delle
università seguirono quelle delle fabbriche (Renault). Le strade di Parigi
divennero il teatro di scontri e di barricate, i muri si riempirono di scritte
e di manifesti che nella forma dello slogan e dell'immagine esprimevano
l'utopia di cambiamento che percorreva parte della società francese.
u Il V-day tra Casta, informazione e internet
Il V-day è il titolo della manifestazione a carattere popolare finalizzata a presentare una legge di iniziativa popolare che prosegue l'idea e l'intenzione del comico genovese Parlamento Pulito Beppe Grillo. Si è svolto l'8 settembre 2007, data scelta non a caso, ma esattamente nel giorno dell'armistizio italiano in cui il re e la famiglia scappavano lasciando l'Italia allo sbando e oggi i politici sono forse più interessati ad interesse personale e non al bene comune. La legge comprendeva tre punti che sarebbero poi stati tre referendum popolari:
l Nessun cittadino italiano può candidarsi in Parlamento se condannato in via definitiva, o in primo e secondo grado in attesa di giudizio finale.
l Nessun cittadino italiano può essere in parlamento per più di due legislature. La regola è valida retroattivamente.
l I candidati al Parlamento devono essere votati dai cittadini con la preferenza diretta.
L'iniziativa ha raccolto in
totale circa 300 mila firme ben al di sopra del quorum minimo di 50000 per
poter consegnare le firme in corte di cassazione.
Visto il grande successo, Grillo ha indetto un V2-day, in data 25 aprile 2008, questa volta sul tema dell'informazione. Il 25 aprile è la Festa di Liberazione, celebrazione della liberazione partigiana del Nord italiano dal nazifascismo del 1945, e vuole rappresentare il valore di libertà per cui quei giovani andarono a combattere sui monti e ricostruirlo in un'informazione pulita e imparziale. In questo caso i tre referendum costituiscono tre abrogazioni:
l Abolizione del finanziamento pubblico all'editoria
l Abolizione del dell'Ordine dei giornalisti.
l Abolizione del Testo Unico Gasparri.
Anche in questo caso non sono mancate critiche ma il consenso popolare è stato di 1,3 milioni di persone superando il quorum di 500 mila firme.
La manifestazione dello Spiriro: libertà e Stato
Georg Wilhelm Friedrich Hegel nella Prefazione alla Fenomenologia dello spirito apre con un piccolo scorcio sul suo tempo, descrivendo un'epoca di passaggio verso un'età nuova, in cui lo spirito "ha rotto i ponti col mondo del suo esserci" precedente e la logica dialettica diventa dunque lo strumento con il quale si può penetrare nella nuova realtà.
u Il giovane Hegel e l'idealismo tedesco nell'entusiasmo della nuova era
Già dalla
giovinezza Hegel percepisce come la sua epoca si trovi in un tempo di grandiosi
trasformazioni e l'idea di un nuovo Sistema si fa sempre più forte come
sentimento di rinnovamento rispetto alle filosofie dell'idealismo tedesco
precedenti. A questo proposito una ragione che indusse il giovane Hegel e gli
intellettuali tedeschi a ritenere che "la nostra età sia un'età di
gestazione e di trapasso ad una nuova era" fu sicuramente la
contemporaneità della rivoluzione francese,
che assume più un valore filosofico che politico, tale da fondare le
radici di una nuova filosofia.
Marx in seguito fece una profonda analisi sul quadro economico e sociale
dell'Europa parlando di una "miseria tedesca" fatta di provincialismo
politico, arretratezza economica e chiusura culturale, dalla quale la Germania
vedeva svolgere la propria rivoluzione nelle aule universitarie tra le schiere
di poche centinaia di intellettuali e si risolveva in una sola "rivoluzione
filosofica" mentre in Francia si svolgeva la prima grande rivoluzione popolare
che abbatteva l'ancièm regime, come simbolo del tramonto conclusivo di
privilegi feudali e appartenenti ad un mondo passato, seppur con lotta e
violenza.
In particolare la rivoluzione francese accese l'entusiasmo negli animi dei
giovani intellettuali tedeschi principalmente per il veder sorgere il tentativo
di attuazione concreta dei principi e degli ideali illuministici, di
uguaglianza, di libertà e di giustizia e l'ideale di realizzazione di ragione,
libertà e bellezza della totalità umana.
Da questo contesto segnato da speranza e voglia di cambiamento, Hegel fonda le
basi del suo sistema filosofico che nella sua concezione avrebbe spiegato la
nuova realtà e la giusta chiave di lettura per poterla interpretare,
sostituendo alla logica astratta artistotelica dell'et, tenuta valida comunque
nel primo momento logico della logica hegeliana, alla dialettica dell'aut,
capace di spiegare contraddizioni all'interno della complessa totalità
dell'Assoluto.
Nella celebre frase "è necessario intendere l'Assoluto non come sostanza
ma altrettanto decisamente come soggetto", Hegel con una formula del
tutto innovativa intende una nuova concezione dello spirito inteso come due
polarità strettamente unite delle quali nel corso
della storia, ovvero nel divenire della manifestazione dello spirito nel tempo,
l'aspetto della soggettività ha assunto rilievo e importanza sempre più
rispetto a quello della sostanzialità e l'Assoluto diventa quindi una mobile e
vivente unità dello spirito, assumendo in sé i valori di Ragione e Libertà.
Hegel in questo senso ipotizza un cammino dello Spirito nella storia da Oriente
a Occidente: partendo dagli antichi imperi orientali in cui solo un uomo era
libero e deteneva il potere, passando per le città stato greche in cui i
cittadini erano considerati liberi e arrivando a Roma in cui ci era libertà anche
per le popolazioni conquistate, trovando il culmine in Gesù Cristo che con il
messianismo evangelico professava libertà e uguaglianza per tutti gli uomini
senza alcuna distinzione.
Lo spirito soggettivo, quindi l'uomo, ha come essenza oltre alla capacità di
conoscere e pensare ovvero l'intelletto che coglie essenza e cause dell'essere
alla quale si aggiunge la ragione, la capacità di capire le correlazioni e le
mediazioni tra i vari esseri, anche la libertà, vera soggettività dello
spirito. Questa libertà soggettiva
rimane astratta senza una vera oggettivazione e realizzazione nel concreto per
esempio in leggi, in norme morali ed etiche o in forme di stato o società, ed è
per questo che nasce il passaggio allo spirito oggettivo che diventa così
realmente libertà ma in una forma oggettiva e concreta e diventa essa stessa
essenza di istituzioni sociali e politiche.
u Lo spirito oggettivo e la sua triade
Lo spirito oggettivo nella sua forma triadica comprende:
l Diritto astratto
l Moralità
l Eticità.
Nei
primo momento la realizzazione della volontà libera nel diritto ha lo scopo di
trovare, attraverso le astratte procedure dell'intelletto, un 'sistema
delle libertà individuali' che consenta a ciascun individuo di oggettivare
la propria volontà libera senza interferire con quella degli altri.
Nel diritto si forma dunque una universalità astratta e universale nel quale si
integra la soggettività morale in cui l'universalità è completamente
interiorizzata, che Hegel definisce "il santuario violare il quale sarebbe
sacrilego". Se quindi il diritto appare insufficiente a causa della sua
esteriorità, della sua incapacità di coinvolgere l'interiorità dello spirito
morale, la moralità è inadeguata perché si esaurisce nell'interiorità, senza
mai conseguire una vera oggettivazione esterna.
Il terzo lato della volontà libera, essenza dello spirito oggettivo, si
concretizza, chiudendo quindi il processo del divenire della realtà, tenendo
conto della moralità universale nella famiglia, nella società e nello stato,
rappresentati dall'eticità, che quindi diventano vere manifestazioni di
razionalità e soprattutto di libertà totale.
u La ragione e la realtà nel pensiero maturo di Hegel
Nella
fase tarda della sua vita Hegel, ormai docente affermato a Berlino, nel 1821
pubblica una delle sue opere più discusse Lineamenti di filosofia del
diritto, nella quale c'è una forte critica ad alcuni movimenti nati
nelle università tedesche nei primi anni della Restaurazione. Già nella prima
parte della prefazione si mette in evidenza il compito della filosofia:
scandagliare il razionale e andando a penetrare fin alle radici della ragione
che sta alla base di tutta la realtà.
Perfino la Repubblica di Platone presa a modello come una delle più alte forme
di politica astratta, "un vuoto ideale", è comunque legata ai valori e
al contesto culturale e storico dell'eticità greca. Così con la famosa frase "Ciò che è
razionale è reale, e ciò che è reale è razionale" vuole nel primo caso
dimostrare l'identificazione di ragione con realtà, quindi qualsiasi idea o
concetto è autorealizzazione e quindi pensato come compiutamente reale; nella
seconda parte del motto chiastico invece poiché la realtà è nel suo senso più
profondo manifestazione di libertà e ragione essa non può che essere
fondamentalmente razionale e libera e quindi risulta sbagliato contrapporre al
mondo effettivo il progetto di un mondo ideale e utopico, creato
nell'immaginazione o nell'intelletto. Nella seconda parte del testo viene
ripetuto ancora lo stesso concetto con altre parole: con la citazione da Esopo "Hic
Rhodus, Hic saltus" si vuole ancora ribadire come la filosofia debba
esercitare il proprio compito a Rodi, nella realtà dove "ciò che è" e
non oltre. L'ultimo capoverso infine è la parte in cui Hegel fa la famosa
metafora della nottola di Minerva che poi deluderà molti intellettuali tedeschi
per la figura del filosofo. Il filosofo
non può dire nulla su come il mondo dovrebbe essere, parlando in metafora "non
può uscire al mattino e vedere come va il mondo", ma può solo prendere coscienza
della realtà già avvenuta, uscendo di sera e spiegando gli avvenimenti dello
Spirito così come "la nottola di Minerva inizia il suo volo soltanto sul far
del crepuscolo".
Questo differente atteggiamento nei confronti della realtà ha diverse spiegazioni:
l'adesione agli assetti della Restaurazione europea, dopo aver visto l'età del
Terrore portata dalla Rivoluzione francese, oppure semplicemente un
assoggettamento al potere dello stato prussiano, avendo acquisito negli anni un
posto importante come il Rettorato di Berlino.
On liberty: il valore della libertà d'opinione
Sul
concetto di libertà individuale, che sfocerà nella corrente politica del
liberalismo ottocentesco, ha discusso lungamente John Stuart Mill con il famoso
saggio On liberty (1854) che secondo il filosofo avrebbe colto
"l'importanza per l'uomo e la società, di una larga varietà di caratteri e di
una completa libertà della natura umana di espandersi in direzioni innumerevoli
e contrastanti", in cui si evoca il futuro allarmante di uniforme oppressione
sull'opinione pubblica, andando a scapito della libertà.
Ancora una volta le rivoluzioni borghesi democratiche, in questo caso quelle
scoppiate nel 1848, sicuramente hanno fatto da base per supportare l'intero
sviluppo del pensiero di Mill espresso nel saggio.
Mill si dichiara sempre e comunque dalla parte della libertà, evidenziando l'illegittimità di ogni interferenza nella sfera privata di qualcuno anche nel caso si tratti di comportamenti antisociali quali la cupidigia o l'alcolismo che tutt'al più devono essere tollerati, in quanto lasciati alla libera sovranità del singolo che assume quindi un'importanza assoluta. Se anche solo parzialmente danneggiata, porta conseguenze all'intera società. L'unica eccezione in cui è possibile interferire sulla libertà d'azione è quando la libertà di uno provochi danno a qualcun altro e solo ed unicamente in questo caso l'umanità è giustificata ad agire allo scopo di proteggersi. Nel secondo capitolo del suo saggio, Mill affronta la libertà di pensiero ed opinione attraverso quattro aspetti della sua repressione:
l ogni opinione costretta al silenzio può essere vera; costringerla al silenzio significa presumere di essere infallibili
l anche se l'opinione repressa è erronea può contenere una parte di verità e dato che l'opinione generale quasi mai è completamente nel giusto, l'opportunità della verità di emergere è soltanto nello scontro
l anche se l'opinione comunemente accettata è pura verità, la mancata contestazione la farà accettare passivamente come un pregiudizio
l il significato stesso della dottrina rischia di svanire, perdendo quindi il suo effetto sulla vita degli uomini; diventando un dogma diverrà anzi d'ostacolo allo sviluppo di qualsiasi convinzione derivante dal ragionamento o dall'esperienza.
La libertà come disperata vendetta e riappropriazione delle terre
Sciorinarono dal campanile un fazzoletto a tre
colori, suonarono le campane a stormo, e cominciarono a gridare in piazza: -
Viva la libertà! -
Come il mare in tempesta. La folla spumeggiava e ondeggiava davanti al casino
dei galantuomini, davanti al Municipio, sugli scalini della chiesa: un mare di
berrette bianche; le scuri e le falci che luccicavano. Poi irruppe in una
stradicciuola.
Dal contesto delle rivoluzioni borghesi dell'Ottocento ed in particolare sullo sfondo dell'Unità di Italia che si sta andando a formare, Verga prende ispirazione per una novella contenuta nella celebre raccolta Novelle rusticane (1883). L'episodio Libertà, realmente accaduto, si ambienta a Bronte, piccolo paesino agreste alle pendici dell'Etna, nel 1860 in occasione della spedizione garibaldina dei Mille, nel quale contadini spinti dalla fame e
dalla speranza della realizzazione del proclama circa la divisione delle terre promesso prima dai Borboni e confermato dallo stesso Garibaldi scatenarono una folle ribellione dettata dalla forza e dalla violenza contro i ricchi proprietari terrieri, contro i "cappelli" ovvero gli amministratori legati al mondo borbonico, ma anche contro vittime innocenti. La situazione si ribalta quando il generale Bixio giunse a Bronte, e seppur la situazione ormai si fosse calmata, fece imprigionare alcuni capi della rivolta e istituì un tribunale speciale di guerra che emise cinque condanne a morte.
Il titolo compare già da sé altamente ironico in quanto per tutto il testo la parola libertà viene associata alla descrizione di scene crude e sanguinose, in cui l'autore è molto severo e asettico, che vorrebbero portare il popolo alla libertà, che non viene raggiunta come infatti si intuisce dalla frase finale "Dove mi conducete! In galera? O perché? Non mi è toccato
neppure un palmo di terra! Se avevano detto che c'era la libertà!." che lascia un senso di amarezza pessimistica.
Ma soprattutto viene distorto lo stesso valore nella mentalità sociale del paese verso un'identificazione materiale come la divisione delle terre e quindi rapportato ai propri interessi economici, che richiamano oltretutto il tema verghiano della roba.
Altro aspetto che viene sottolineato dallo stesso Verga è quello dell'impossibilità dei personaggi contadini di potersi equamente dividere i terreni sui quali avevano lavorato come braccianti fino a pochi giorni prima, senza l'aiuto di qualche notaio o perito geometra, ovvero proprio quei "galantuomini" uccisi in quei tre giorni di rivolta.
Verga aveva molto a cuore il motivo sociale della lotta di classe durante il processo di unificazione italiana sia per ragioni artistiche (le Novelle Rusticane presentano un attenzione verso i motivi sociali), sia per una questione politica in quanto lui stesso era un proprietario terriero contrario al socialismo e alla sua ideologia, tanto che il fazzoletto tricolore appeso al campanile dagli insorti in un'edizione del 1920 si colora di rosso, mitizza la figura di Bixio quasi giustificandola nei comportamenti di repressione, e dimenticando la figura di un avvocato liberale Lombardo che aveva appoggiato le ragioni della protesta contadina, mettendo in mostra essa legata solo al mondo rurale, trascurando un movimento politico e una base patriottica e democratica.
Verga conclude con il solito pessimismo che circonda le sue opere più tarde come il totale fallimento del disequilibrio sociale portato dalla rivolta, dal quale fuoriesce la sua visione conservatrice della società, che propone una storia di contadini siciliani che non riescono ad ottenere un ribaltamento della loro condizione sociale ed economica nemmeno usando la violenza e le "scuri" e il finale ridisegna uno scenario assolutamente negativo e critico in cui i contadini non possono fare a meno del "galantuomo", del "cappello", del "reverendo", così come i "padroni" non possono sopravvivere senza il lavoro dei contadini.
La sapienza: via per la libertà e visione del potere in Seneca
Seneca
tratta il tema della libertà soprattutto in alcune passi delle Epistulae
morales ad Lucilium, il celebre epistolario filosofico in cui il
filosofo stoico si propone come maestro spirituale alle generazioni future,
rappresentate con Lucilio, esponendo le sue argomentazioni e meditazioni.
Per Seneca la battaglia per la conquista della libertà si può combattere solo
con l'arma della filosofia, tanto è vero che egli afferma che solo il saggio è
libero "sapientia, quae sola libertas est",
la saggezza che è l'unica libertà", Ep. 37 . Nelle opere di Seneca non si legge mai
l'esaltazione dell'impero, delle sue tradizioni e glorie militari, della sua
potenza praticamente illimitata, l'unico vero obiettivo da raggiungere è la
virtù e chi conquista la sapienza sa che "C'è un solo bene, la virtù; che,
certo, non v'è bene senza virtù; e che la virtù stessa è posta nella parte
migliore di noi, cioè nella parte razionale". Per conquistare questo unico
bene, l'uomo è solo e deve conquistarsi la sapienza da sé con sforzo, perché
faticosa è la via che porta alla libertà; non ha importanza il luogo in cui ci
troviamo, né il numero delle persone che conoscono la nostra virtù, dal momento
che la felicità è un bene interiore.
Nell'Ep. 80 inoltre Seneca considera la sua libertà anche solo in un momento in
cui nessuno lo disturberà perché affaccendato in un incontro sportivo:"Oggi
sono libero: non tanto per merito mio, ma di uno spettacolo di pugilato che ha
fatto da richiamo a tutti gli scocciatori. Nessuno farà irruzione a casa mia,
nessuno verrà a interrompere le mie riflessioni, che, proprio fidando in
questo, procedono più ardite."
Seneca conclude affermando che purtroppo non esiste uno Stato in cui il
sapiente possa agire coerentemente con i propri principi. Sappiamo già che la
libertà può essere posseduta solo da chi abbia un'anima grande, buona, retta e
questa può trovarsi tanto in un cavaliere quanto in un liberto o in uno schiavo
ed è per questo che infatti per Seneca sono cancellate tutte le distinzioni
sociali, a cominciare dalla divisione degli uomini in liberi e schiavi.
Le
differenze di nascita dipendono solo dalla fortuna: la gloria dobbiamo
conquistarcela noi stessi, faticando e soffrendo, perché non è nostra la gloria
dei nostri antenati. Quello che veramente importa è soltanto saper distinguere
il bene dal male perché chi riesce a tanto sarà davvero libero, secondo la vera
libertà, che non si misura col metro della nascita. Perciò dobbiamo trattare
umanamente quelli che sono schiavi di condizione anche se egli sa bene che gli
schiavi sono trattati con durezza e che i padroni così facendo ne eccitano gli
spiriti alla ribellione. Seneca riconosce che sono i padroni stessi, con le
loro ignominie ed i ludibri cui costringono i servi, che esasperandoli li fanno
diventare loro nemici. Egli propone una sola norma nel trattare con gli
schiavi: 'Vivi con l'inferiore come vorresti che il tuo superiore
vivesse con te'.
Anche per quanto riguarda l'uso del potere Seneca si rifà agli stessi principi,
infatti, nel primo libro del De clementia egli afferma che le
forme di comando sono diverse, ma unico è il sistema di comandare per il
principe verso i cittadini, per il padre verso i figli, per il maestro verso i
discepoli, per l'ufficiale verso i soldati. Il metodo migliore è sempre quello
della persuasione e dell'ammonizione, mai quello della minaccia e del terrore.
Neppure verso gli animali questo è il metodo più efficace. Questo vale tanto
più per il sovrano, che come il medico deve indurre i malati alla speranza
della guarigione e non condannarli ad una fine irrimediabile; la massima gloria
deriva al principe dal sottrarre i cittadini all'ira propria e altrui. Il re è
il capo dello stato, i sudditi sono le membra, perciò questi sono pronti ad
ubbidire al re come le membra ubbidiscono al capo e sono disposti ad affrontare
anche la morte per lui. La libertà, quindi, per Seneca, quella vera, è dentro
di noi e nessuno può comprimerla.
Orwell satire and freedom of Modern man
MR. JONES, of the Manor Farm, had locked the hen-houses for the night, but was too drunk toremember to shut the popholes. With the ring of light from his lantern dancing from side to side, he lurched across the yard, kicked off his boots at the back door, drew himself a last glass of beer from the barrel in the scullery, and made his way up to bed, where Mrs. Jones was already snoring.
George Orwell focused his writing on concise descriptions of social conditions and events and a contempt for all types of authority; he moved a strong critic to Totalitarian regimes that oppressed individual and social freedom with one of his two major works, Animal farm.
Published in 1944, it was written as a satire on dictatorships, a direct attack on Stalinism, Russian revolution and its regime, in the form of the ironic allegory, filling of symbols, associating certain real characters with the characters of the book.
u Summary
The story describes the lives of a farm animals who had enough of their dispotic and wicked farmer/master. All animals are called by the oldest pig to a secret meeting, in which he tells his dream of a revolution against the cruel Mr. Jones. Three days later the pigs died but in animals remain a new outlook on life and pigs, the most intelligent animals, become a sort of guide for all, in particular Napoleon and Snowball with Squaaler work out the theory of Animalism. The rebellion start a night when the drunken farmer returned at home; animals break out of the barns and drive Mr. Jones off the farm. The next days the animals celebrate their victory with an extra ration of food, and the pigs made up the 7 commandments:
THE [ORIGINAL] SEVEN COMMANDMENTS:
1. Whatever goes upon two legs is an
enemy.
2. Whatever goes upon four legs, or has
wings, is a friend.
3. No animal shall wear clothes.
4. No animal shall sleep in a bed. (with
sheets)
5. No animal shall drink alcohol. (to
excess)
6. No animal shall kill any other animal.
(without case)
7. All animals are created equal. (but some animals are more
equals than others)
When Mr Jones tries to recapture the farm, the animals fight brave and pigs receive the medal of honour, but Napoleon doesn't fight and, for fear, drive Snowball from the farm explainig that he was for the farmer's part. When they go to look at the commandment, they see that Napoleon has been changed the commandment! Some months later there is a heavy storm that destroys the windmill but the pigs decide to rebuild it and three years later the mill was finally completed. During this time Napoleon deepens the relation with the neighbour farm, and one day the pig even invites the owners of this farm for an inspection. They sit inside and celebrate the efficiency of his farm. During this celebration all the other animals meet at the window of the farm, and when they look inside they can't distinguish between man and animal.
u Characters
Old major is the inspiration which fuels the Revolution and the book; he could be based upon both Karl Marx and Lenin. As a socialist, Orwell may have agreed with much of Marx, and even respected aspects of Lenin. According to this interpretation, the satire in Animal Farm is not of Marxism, or of Lenin's revolution, but of the corruption that occurred later although very similar to it.
Napoleon is the main tyrant of Animal Farm and is based upon Joseph Stalin. Napoleon begins to gradually build up his power, using puppies he took from mother dogs Jessie and Bluebell, which he raised to be vicious dogs as his secret police.
Snowball is Napoleon's rival. He is an allegory to Leon Trotsky. He wins over most animals, but is driven out of the farm in the end by Napoleon.
Mr. Jones represents Nicholas II of Russia, the deposed Czar, who had been facing severe financial difficulties in the days leading up to the 1917 Revolution. The character is also a nod towards Louis XVI. There are also several implications that he represents an autocratic but ineffective capitalist, incapable of running the farm and looking after the animals properly. Jones is a very heavy drinker and the animals' revolt on him after he drinks so much that he does not feed or take care of them. Ironically, Napoleon himself becomes almost obsessed with drinking and eventually changes the commandments to suit his needs.
The beast fable form allowed Orwell to convey a complex message in simple terms. The tome of the book blends humour and sarcasm with horrifying scenes and an atmosphere of pain and hardship. The main theme, is that all revolutions fail to achieve the expectations of their promoters, and, in the end, the ideals that inspired them are diluted by the ruling elite which concentrates power into its own hands. Tyranny is by definition evil.
La libertà che guida il popolo
Il dipinto di Eugène Delacroix vuole celebrare la rivoluzione parigina del luglio 1830, con la quale il popolo in sole tre giornate rovesciò il regno di Carlo X, che aveva emanato l'editto di Saint-Cloud, ovvero il ripristino di alcuni privilegi feudali, a favore di Luigi Filippo d'Orleans.
A questo proposito
viene definito il "primo quadro politico nella storia della pittura moderna"
che esalta l'insurrezione popolare, sulla scia della quale scoppiarono tutti i
moti rivoluzionari borghesi del 1830-31 e che pose fine al terrore della
monarchia borbonica.
Per Delocroix, artista romantico, la libertà è associata all'indipendenza nazionale relegandole un valore di patriottismo e di unità sociale, rappresentata non a caso dal tricolore francese tenuto con orgoglio dalla mano della Marianne, fanciulla simbolo della Rivoluzione Francese, una raffigurazione più allegorica che reale e dall'unione delle varie classi sociali nella lotta comune: ci sono infatti il popolano, il militare e il borghese, probabilmente un autoritratto dell'autore, e anche un bambino.
Il fumo degli incendi e degli spari e la polvere bianca sollevata dagli insorti lasciano immaginare l'esistenza di un qualcosa anche lì dove ci è impedito di vedere. Sullo sfondo a destra si possono intravedere le torri gemelle della Cattedrale di Notre-Dame che danno un tocco realista e di ambientazione geografica. Non in primo piano ma sicuramente figura di spicco dell'opera, una donna con il berretto frigio,simbolo della rivoluzione, e a seno scoperto, la Libertà, che stringe nella destra il tricolore e impugna con la sinistra un fucile ed incita il popolo a seguirla; essa viene verso di noi seguita dalla gran massa degli insorti: è un modo per invitarci a partecipare.
Questa figura femminile è molto probabile che abbia la sua fonte iconografica nella statua ellenistica della Venere di Milo, da poco scoperta, e abbia trovato omaggio dallo stesso pittore: il seno nudo in abiti moderni all'epoca fece poco scalpore e fu accettato perché solo se attribuito a figure mitologiche o legate alla storia antica, cosa che infatti non avvenne ad esempio con "Colazione sull'erba" (1863) di Manet, che ebbe grandi opposizioni dalla critica.
Volendo poi accostare l'opera ad altre è evidente un richiamo e un forte accostamento ad un altro artista francese dello stesso periodo, Théodore Géricault con la celebre rappresentazione "La zattera della Medusa" (1818): entrambi ispirati a fatti contemporanei, descritti mediamente la pittura con realtà tragica e dolorosa crudezza, dal punto di vista formale la composizione piramidale con cui sono disposti i personaggi ma anche la perfezione anatomica con cui sono descritti i corpi con richiamo alla pittorica michelangiolesca che si differenzia nel particolare che in Géricault ogni personaggio ha la sua importanza fisionomica mentre Delacroix sostituisce a quest'imposizione formale così classica e precisa un'indeterminatezza della massa indistinta del popolo che, in tal modo, rendeva anonimi i personaggi e ciascuno poteva rivedersi tra la gente che aveva combattuto per il bene del proprio Paese.
Bibliografia:
Il testo filosofico Storia della filosofia: autori, opere, problemi 3/1 L'età contemporanea: l'Ottocento di F. Cioffi, F. Gallo, G. Lippi, A. Vigorelli, E. Zanette. Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori (2000)
I saperi della storia 3 Il Novecento tomi A e B di A. De Bernardi, S. Guarracino. Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori (2006)
Studia humanitatis Contesto, generi autori e temi: moduli di letteratura latina 4 Il primo secolo dell'Impero di A. Roncononi, R. Garzich, E. Marinoni, E. Sada. Carlo signorelli Editore (2002)
La scrittura e l'interpretazione Edizione Rossa 3 dal Naturalismo al Postmoderno tomo I Dal liberalismo all'imperialismo: Naturalismo e Simbolismo di R. Luperini, P. Cataldi, L. Marchiani, F. Marchese. G. B. Palumbo Editore (2001)
Storia dell'arte Linguaggi e Percorsi 3 di E. Zanette, L. Capano. Electa Bruno Mondadori (1995)
Literature and Beyond Film, Music and Art 4 The Twentieth Century di B. De Luca, U. Grillo, P. Pace, S. Ranzoli. Loescher Editore (1997)
La casta Così i politici italiani sono diventati intoccabili di S. Rizzo, G. A. Stella. Rizzoli (2007)
Animal Farm:a fairy story Letteratura straniera di G. Orwell curato da M. Nicol. Loffredo Editore (1996) [Alcune parti]
Sulla libertà (On liberty) di J.S. Mill tradotto da G. Mollica. Bompiani Editore (2000)
Sitografia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Pagina_principale Enciclopedia gratuita online
https://www.filosofico.net/ Enciclopedia filosofica online
https://www.filosofico.net/ Raccolta di testi e opere integrali di autori latini
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