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Il fascismo e lo stato italiano




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IL FASCISMO E LO STATO ITALIANO


Movimento politico italiano nato a Milano il 23 marzo del 1919 per iniziativa di Benito Mussolini. Le origini storiche del fascismo risalgono alla profonda crisi provocata in tutta l'Europa dalla 1° Guerra mondiale (1915-1918) e che portò a radicali mutamenti nelle strutture politiche e sociali dei singoli paesi. In Italia la crisi assunse proporzioni assai gravi: insoddisfazione per i risultati della conferenza della pace che deludevano le speranze di ingrandimenti territoriali e coloniali, il peggioramento delle condizioni economiche, la carovita e la disoccupazione, che pesavano soprattutto sulle classi popolari e l'inquietudine della grande borghesia industriale e agraria di fronte alle agitazioni sociali, agli scioperi, all'occupazione delle fabbriche e delle terre.

Il programma iniziale dei fasci era decisamente repubblicano e anticlericale e presentava richieste di democrazia politica e sociale; proponeva la tassazione straordinaria del capitale e il sequestro dell'85% dei profitti di guerra. Il movimento fascista occupò per alcuni mesi una posizione marginale nella vita politica italiana. Fu verso l'autunno del 1920 che esso assunse un carattere sempre più di massa e sempre più aggressivo: incominciarono in questi mesi le spedizioni delle squadre d'azione fasciste contro esponenti e sedi del movimento socialista. Le squadre fasciste erano composte soprattutto da giovani: ex combattenti, ufficiali appena congedati, arditi, studenti e anche disoccupati al soldo degli agrari. Si muovevano rapidamente da un borgo all'altro su un camion di notte e distruggevano case del popolo, circoli, cooperative, prelevando dalle loro case i militanti sindacali e politici uccidendoli o bastonandoli, terrorizzando i loro familiari.

Questa violenza aveva un carattere simbolico: prima ancora di eliminare fisicamente l'avversario, essi miravano a deriderlo, svergognarlo. Le violenze squadriste crebbero d'intensità nel corso del 1921 e 1922, arrivando sino all'occupazione in armi di intere città, anche grandi ( come Bologna ). L'atteggiamento delle forze dell'ordine e della magistratura fu debolissimo.

Dalla fine della guerra al primo governo di Mussolini, cioè dal novembre 1918 all'ottobre 1922, si susseguirono sei diversi governi: Orlando, Nitti, Giolitti, Bonomi (due volte),Facta. Questa instabilità politica era il sintomo di una grave crisi della vecchia classe liberale e dell'intero sistema politico italiano. Nella tarda estate del 1922 Mussolini decise di attuare un'azione di forza. Mussolini aveva rafforzato l'apparato militare del fascismo riorganizzandolo in una "milizia fascista". La cosiddetta Marcia su Roma ebbe inizio negli ultimi giorni di ottobre con l'occupazione di edifici pubblici.

Il 28 ottobre le squadre fasciste entrarono nella capitale, il re Vittorio Emanuele III rifiutò di firmare il decreto di Stato D'assedio per difendere Roma. Il sovrano si piegò davanti alla minaccia fascista e convocò a Roma Mussolini. Vi arrivò il 30 ottobre e il sovrano gli diede l'incarico di formare un nuovo ministero.

Il primo governo Mussolini era composto da cinque esponenti fascisti e altri ministri liberali, popolari, indipendenti filofascisti e nazionalisti. Il 16 novembre Mussolini presentò il suo governo al parlamento. Al voto 306 i favorevoli, 116 i contrari.

La Marcia su Roma e la formazione del primo governo Mussolini segnarono il crollo delle istituzioni liberali e democratiche.

Il 10 giugno 1924 Matteotti fu rapito da una squadra fascista. Il suo corpo fu trovato il 16 agosto. Il delitto Matteotti scosse profondamente l'opinione pubblica. Mussolini il 3 gennaio 1925 si prese la totale responsabilità politica del delitto. Ammetteva pubblicamente tutto ciò e con questo si chiudeva l'equivoco legale e si apriva la dittatura.

Il progetto politico di Mussolini, a partire dal 1925, mirò la fascistizzazione. Dal punto di vista istituzionale, furono presi provvedimenti che trasformarono profondamente lo stato italiano costituzionale, parlamentare e liberale. Dal punto di vista di tale trasformazione furono le leggi dette fascistissime del 1925-26; il capo del governo fu reso responsabile solo di fronte al re, fu soppressa la libertà di associazione, mettendo fuori legge i partiti politici, a eccezione di quello fascista; furono soppresse le autonomie locali, sostituendo i sindaci elettivi con podestà nominati dal sovrano, furono chiusi tutti i giornali antifascisti e tutta la stampa fu sotto posta a dei severi controlli. Il tribunale speciale per la difesa dello stato fu lo strumento con cui la giustizia politica mise a tacere ogni opposizione, il suffragio universale democratico venne sostituito dalla legge elettorale plebiscitaria, che limitava il diritto di voto. Il centro della vita politica fu monopolizzato dal Partito Fascista, che si trasformò in una poderosa struttura burocratica destinata a intervenire in ogni aspetto della vita sociale.

La libertà sindacale fu abolita e sostituita con il regime corporativo, in cui i singoli settori dell'economia fossero rappresentati all'interno dello Stato. Il corporativismo rimase in gran parte sulla carta e in realtà si tradusse nel congelamento della libera dialettica sindacale e del conflitto sociale. Il regime fascista dimostrò molto interesse per le tecniche di formazione e manipolazione del consenso: venne fascistizzate le istituzioni esistenti ( scuola, università, stampa e cinema), create  organizzazioni sportive e dopolavoro, rafforzate le strutture tipiche delle stato ( mutui, assicurazioni ). Decisiva ai fini del consenso fu anche la politica religiosa del regime, culminata con la stipula dei patti lateranensi tra stato italiano e Vaticano, con cui i due poteri si riconoscevano e legittimavano reciprocamente. In politica economica il fascismo seguì inizialmente una linea liberista; poi, con la seconda metà degli anni venti e soprattutto dopo la crisi del 1929, l'intervento dello stato nell'economia crebbe vistosamente e proliferarono gli enti pubblici a carattere economico ( come l'IRI ). I tradizionali rapporti tra potere politico ed economico vennero ulteriormente rafforzati. Il settore industriale conobbe un certo sviluppo, mentre quello agricolo, ancora preponderante nella società italiana, attraversò una sostanziale stagnazione, nonostante gli interventi pubblici

( battaglia del grano, bonifica integrale ). L'apparato  economico italiano fu poi penalizzato dalla politica di AUTARCHIA seguita dal regime nei secondi anni trenta. La politica coloniale, dopo una fase di consolidamento dei possedimenti africani ( Libia, Eritrea, Somalia ), riprese in grande stile negli anni trenta, con obbiettivi di acquisizione del consenso all'interno e di affermazione del prestigio italiano in campo internazionale. Nel 1935, nonostante la condanna della Società delle Nazioni, Mussolini procedette nella sanguinosa aggressione dell'Etiopia, fino a la sua conquista e alla costruzione dell'impero italiano in Africa orientale.

Il fascismo cercò di elaborare una propria dottrina dell'uomo, della società e dello stato, fondata sul primato dello stato, sulla realizzazione della libertà individuale solo entro le sue strutture e sulla subordinazione delle forze economiche e sociali ai suoi supremi interessi. L'istituzione che avrebbe dovuto dare vita a questi principi. Inoltre il fascismo presentò i caratteri fondamentali dei regimi totalitari; tuttavia, è stato definito un TOTALITARISMO IMPERFETTO per la permanenza di centri di potere e di realtà non pienamente integrate con il regime ( la corona e la chiesa cattolica ). Nel 1938 anche il fascismo, con le leggi razziali, varò una legislazione razzista e antisemita. Oltre che come un tentativo di affermare i caratteri totalitari del regime e come una manifestazione di subalternità nei confronti del nazismo di Hitler, la legislazione razziale va vista come il frutto più estremo della cultura e della mentalità antidemocratica propria del fascismo. L'opposizione al fascismo non si spense mai del tutto. In una prima fase ( 1922-26 ) ebbe un carattere spontaneo e non organizzato e venne dalla violenza squadrista; in una seconda fase, coincidente con il periodo delle dittatura, diede vita alla concentrazione d'azione antifascista. Le formazioni politiche più attive nella lotta antifascista furono Giustizia e Libertà e il Partito Comunista. Durante la seconda guerra mondiale l'Italia, impreparata al conflitto, si riservò d'intervenire successivamente, dichiarando la non belligeranza, nonostante avesse firmato con la Germania il "patto d'acciaio" che la impegnava a entrare in guerra. L'inarrestabile avanzata tedesca, capeggiata da Adolf Hitler, convinse Mussolini a un intervento immediato. L'Italia entra in guerra nel giugno 1940; la strategia di Mussolini era quella di una guerra parallela, cioè non combattuta al fianco dei tedeschi ma totalmente autonoma. Il fallimento dell'aggressione alla Grecia mostrò l'impreparazione delle forze italiane e anche in Africa Orientale la strategia della guerra parallela incontrò seri problemi, fino alla completa dissolvenza dell'impero. L'8 settembre 1940 fu annunciato l'armistizio fra l'Italia e gli Alleati. Dopo questa data l'Italia fu divisa in due parti: nel centro-nord sorse, dopo la liberazione di Mussolini ad opera dei tedeschi, un nuovo stato fascista: la Repubblica sociale italiana; nel Mezzogiorno si era formato il Regno del Sud, sotto il sovrano Vittorio Emanuele III. La caduta del regime fascista avvenne il 25 luglio 1943. Il 28 aprile 1945 Mussolini venne fucilato insieme ad altri gerarchi.


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