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Situazione italiana primi 900, giolitti




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Situazione italiana primi 900, Giolitti


Nel 1901 il nuovo re Vittorio Emanuele III affidò l'incarico di formare il governo al liberale di Sinistra Zanardelli; nel 1903 a questi subentrò Giolitti che mantenne la carica fino al 1914.

Un aspetto fondamentale della politica giolittiana è costituito dalla convenzione che lo Stato non dovesse intervenire a contrastare le lotte dei lavoratori. Egli aveva, infatti, compreso che bisognava tener conto dei profondi mutamenti che stavano interessando la società italiana:

- il vero decollo industriale

- la formazione dei primi nuclei di proletariato industriale

- il crescente peso delle organizzazioni sindacali.

Giolitti pensava che fosse necessario controllare i cambiamenti, cercando la collaborazione dei movimenti politici più forti: il movimento socialista e quello cattolico. Tuttavia queste forze politiche non avevano ancora un numero consistente in Parlamento; ciò dipendeva dal fatto che la legge elettorale escludeva dal diritto di voto i cittadini più poveri, per i cattolici, inoltre, vigeva il divieto del Papa che proibiva la partecipazione alla vita politica (1874).

Negli anni in cui Giolitti dominò la scena politica si ebbe il decollo industriale.

Anche se il settore agricolo restava dominante, il settore industriale cresceva a ritmi sostenuti.

L'industria si era sviluppata nell'Italia Settentrionale, mentre nel Meridione l'attività produttiva era costituita quasi esclusivamente dall'agricoltura, basata sul latifondismo.

Lo sviluppo economico di fine secolo fu accompagnato però dall'aggravarsi d'alcuni elementi di crisi; una drammatica manifestazione della situazione dell'arretratezza del Meridione fu il massiccio flusso migratorio.

Dall'inizio del 900 gli emigranti furono, infatti, soprattutto meridionali e la loro destinazione fu costituita quasi esclusivamente dagli Stati Uniti d'America.

Gli avversari politici di Giolitti motivarono la loro opposizione rifacendosi ai principi del liberismo addebitando a Giolitti gli effetti negativi dell'intervento dello Stato in economia, gli eccessivi vantaggi della grande industria, i rapporti non sempre limpidi tra industria, finanza e politica.

Quando nel 1903 Giolitti divenne capo del governo, offrì a Filippo Turati di entrare nel ministero; questi rifiutò anche perché nel Partito socialista si stava rafforzando l'altra corrente, quella d'estrema sinistra.

All'interno del Partito socialista si erano delineate due tendenze: i riformisti (Turati) che sostenevano la necessità di conquiste politiche, quali il suffragio universale, ed i sindacalisti rivoluzionari, che invece sostenevano la necessità di modificare la distribuzione della proprietà ed il sistema di produzione capitalistico, usando come strumento di lotta lo sciopero.

La crescita di quest'ala sindacalista portò nel 1904 allo sciopero generale; il Parlamento fu sciolto e furono indette nuove elezioni, dove i socialisti persero voti e seggi.

Nel 1904 il Papa Pio X permise ai cattolici di votare e di interessarsi alla vita politica, rafforzando lo schieramento giolittiano. Dopo le elezioni del 1904, Giolitti, rafforzato dal sostegno dei cattolici, mantenne l'egemonia liberale cercando sempre il punto di equilibrio e l'accordo tra i grandi gruppi di pressione.

Tra il 1905 ed il 1909 vennero adottati alcuni provvedimenti a favore dei lavoratori come l'obbligo del riposo festivo, la prevenzione degli infortuni e la proibizione del lavoro notturno per fanciulli e donne.

Giolitti aveva saputo avvantaggiarsi del contributo elettorale dei cattolici e del consenso dei socialisti riformisti.

Dopo le elezioni del 1909 quest'assetto cominciò ad incrinarsi; raddoppiò il numero dei deputati socialisti, ma andava crescendo la forza della componente rivoluzionaria.

Dall'altra parte si stava anche organizzando un movimento nazionalista che si costituirono in Associazione nel 1910; erano avversari del socialismo, imperialisti e a favore della guerra, premevano perché l'Italia s'impegnasse in conquiste coloniali.

L'oggetto delle rinnovate mire espansionistiche italiane era la Libia; Giolitti era contrario alla guerra, ma finì per prepararla e dichiararla. L'impresa militare per la conquista della Libia iniziò nel 1911 con la dichiarazione di guerra alla Turchia. La vittoria fu sancita nel 1912 con la pace di Losanna, che attribuì all'Italia oltre alla Libia anche Rodi e le isole del Dodecaneso.

La riforma elettorale del 1912 comportò un consistente aumento del numero degli elettori. La nuova legge elettorale concedeva, infatti, il diritto di voto a tutti i cittadini maschi purché avessero compiuto i 30 anni.

Nel settembre 1913 si tennero le prime elezioni, Giolitti stinse un patto di collaborazione con i cattolici. Questo accordo fu più determinante di quanto era accaduto nelle passate elezioni per assicurare ai giolittiani la vittoria perché i seggi conquistati erano il frutto dell'alleanza con i cattolici ed i conservatori.

Per questa condizione nei confronti dei voti dei conservatori nel marzo del 14 si dimise lasciando il posto a Salandra.


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