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Lucano (39 d.C - 65 d.C)
E' imparentato con Seneca (Zio). Scrisse il DE BELLUM CIVILE. Per la prima volta uno scrittore si schiera con gli sconfitti: Pompeo e il partito repubblicano. Aveva fatto parte della congiura dei Pisoni e gli era stato ordinato di suicidarsi. Lucano è nato a Cordova (Spagna) ed ha studiato a Roma, poi ad Atene per completare gli studi. Andò alla corte di Nerone perché c'era già lo zio Seneca. Ricoprì cariche pubbliche e divenne famoso per aver scritto un opera per i giochi di neronia. Vince questa competizione e da questa vittoria guadagna prestigio ma anche la diffidenza di Nerone perché si rende conto che è migliore di lui ma soprattutto per motivi politici. L'opera più importante parla della guerra civile tra Cesare e Pompeo nella quale loda quest'ultimo. Lucano scrive un'opera in versi ILIAKON che è in linea con le tendenze della corte di Nerone ( è andato perduto).
Il BELLUM CIVILE: (o Pharsalia perché il centro della narrazione è la battaglia di Farsalo che segna la vittoria di Cesare). All'inizio anticipa i temi che tratterà nell'opera, delle cause della guerra civile e del momento in cui Cesare, dopo aver conquistato la Gallia, aveva oltrepassato il Rubicone. Lucano parla dal punto di vista di Catone e Bruto. Nell'Eneide veniva evidenziata la funzione previdenziale dell'impero e Lucano invece non odia il personaggio di Cesare, ma il ruolo che questo ha avuto, cioè uccisore degli ideali repubblicani. Non c'è un protagonista ma diversi: Cesare è un personaggio negativo, colui che ha ucciso la libertà. Il suo antagonista Pompeo, non è brillante e anche lui sa che il suo destino è quello di esser sconfitto, però anche in punto di morte, è convinto di morire per una buona causa: la repubblica. Catone è presentato come il saggio storico, si affida alle proprie capacità perché non ci sono vie d'uscita. Non tutti avevano apprezzato l'opera di Lucano: (Marziale) perché aveva modificato il carattere del romanzo epico, perché la quantità di retorica era eccessiva, inoltre non compaiono gli Dei e l'opera non sembra un opera in versi ma una cronaca di fatti storici e affronta gli avvenimenti in maniera soggettiva e aggiunge degli episodi che non appaiono nelle altre opere, per colpire il lettore e convincerlo della propria tesi. L'opera non loda la grandezza di Roma e le vittorie di Cesare, ma vuole evidenziare che gli dei non hanno nessun peso nell'affermazione di Roma, che ha allargato i suoi confini con la violenza. Lucano non aveva rivisto e completato l'opera, probabilmente se avesse avuto modo si sarebbe riavvicinato all'idea di Virgilio e anche lui parla della guerra come di un inutile spargimento di sangue. Nel proemio c'è un elogio a Nerone sul quale ci sono diverse opinioni
1) atteggiamento ironico
2) pensava che prima o poi il governo di Nerone sarebbe diventato un buon governo.
Lucano vede in questi avvenimenti (vittoria di cesare) il preavviso della rovina di Roma.
Stile: il linguaggio è diverso da quello dei poemi epici: non c'è un tono elevato e solenne ma frammentario e il verso non rispetta il metro e va oltre misura. Usa delle digressioni per attirare l'attenzione del lettore con immagini di violenza. Aggiunge opinioni personali e usa parole difficili da capire Quintilliano lo vede più come un oratore che come un poeta. Dante lo inserisce nel limbo e si rifà a lui quando descrive Catone.
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