La tetrarchia di Diocleziano
Tetrarchia, derivato dal greco tetrarchía, composto da tétra,
connesso con tettares (quattro) e árchein (governare), è una
forma di governo che consiste nella divisione del territorio in quattro parti,
ognuno retto da un'amministrazione distinta.
I
'tetrarchi', i quattro imperatori Diocleziano, Galerio, Massimiano e
Costanzo (padre di Costantino). Scultura in porfido, fra III e IV secolo d.C.
Rappresentazione simbolica di un potere unico suddiviso fra quattro figure
identiche e legate fra loro. Attualmente a S.Marco, Venezia.
Diocleziano, un generale della Dalmazia (in Croazia) fu imperatore dal
284 al 305 a.C. Egli ritenne che un uomo da solo non bastasse a controllare
l'intero territorio romano. Per evitare ulteriori ribellioni interne il
comandante nominò come 'co-imperatore' un fidato generale,
Massimiano, nella parte occidentale. In questo modo i due imperatori si dividevano su base
geografica il governo dell'impero e la responsabilità della difesa delle
frontiere. Ma data la crescente difficoltà a contenere le numerose rivolte
all'interno dell'impero, nel si procedette a un'ulteriore divisione territoriale, con gli intenti di
evitare le lotte per la successione, di facilitare le operazioni militari, di rendere
efficienti l'amministrazione e la difesa dell'lmpero, cui non poteva ormai
provvedere un solo imperatore, e neppure due. Diocleziano istituì così la
tetrarchia. Tutto l'impero venne diviso in quattro grandi parti (tetrarchie)
e ai due imperatori col titolo di augusti, vengono associati due
'imperatori giovani', chiamati cesari. Egli volle che la
successione diventasse automatica e prevedibile. Gli augusti Diocleziano e
Massimiano conferirono i titoli di cesari a Galerio e a Costanzo Cloro. La corrispondente
spartizione dei territori dell'lmpero (I' Oriente e l'Egitto a Diocleziano,
l'lllirico a Galerio l' ltalia e l'Africa a Massimiano e le Gallie, le
Britannie e le Spagne a Costanzo) ebbe valore puramente amministrativo e non
politico, in quanto l'lmpero manteneva la sua unità e ogni legge veniva emanata
a nome di tutti e quattro i sovrani, anche se l'augustus maximus era
Diocleziano. Inoltre
nell'intenzione di Diocleziano la successione avrebbe dovuto essere automatica:
alla morte o alI' abdicazione di uno dei due «augusti», anche l'altro avrebbe
dovuto ritirarsi, mentre i due «cesari», divenuti a loro volta «augusti», si
sarebbero scelti due nuovi «cesari». In realtà egli solo fu in grado di
mantenere il precario e difficilissimo equilibrio di cui necessitava la
tetrarchia, che infatti, dopo la sua abdicazione, si frantumò nel giro di
pochissimi anni sotto l'urto delle gelosie e delle ambizioni personali. Il sistema si
rivelò efficace per la stabilità dell'impero e rese possibile agli augusti di
celebrare i vent'anni di regno, come non era più successo dai tempi di Antonino Pio.
Restava da mettere alla prova il meccanismo della successione. Quando
Diocleziano abdicò, nel 305, il sistema di successione tetrarchia si inceppò e
si ebbe di nuovo una serie di lotte fra capi militari. Fu una fase di breve
durata; prevalsero rapidamente Costantino (figlio di Costanzo Cloro), che
sconfisse i rivali Massenzio e Licinio. Nel 324, infine, Costantino riuscì ad
impadronirsi del potere e a diventare l'unico imperatore. Con Diocleziano la
tetrarchia funzionò per vent'anni. Egli però non aveva pensato alle conseguenze
della sua riforma. Infatti in caso della morte di uno dei due augusti,
difficilmente l'altro avrebbe abdicato. Ebbe però la buona intuizione di
collocare le capitali delle tetrarchie ai confini dell'impero. Infatti il
territorio immenso, la situazione politicamente instabile lungo i confini,
richiedevano a volte più interventi nello stesso tempo e in diversi luoghi: era
perciò essenziale che le città dove risiedeva il centro del potere fossero
anche vicine ai confini, per poter spostare rapidamente le truppe e trasmettere
in breve tempo ordini e decisioni.