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La spedizione dei Mille e l'unificazione italiana
Il Partito d'Azione, cui Garibaldi si era avvicinato, trovò il suo spazio nel Mezzogiorno nel 1859. Il partito assunse così l'iniziativa di una spedizione rivoluzionaria nel Sud prendendo come base la Sicilia, dove, a differenza che nella parte continentale del regno, le forze di opposizione alla dinastia borbonica erano assai forti.
Una parte assai importante nella preparazione della spedizione e nella lotta antiborbonica in Sicilia ebbero gli esuli siciliani Francesco Crispi e Rosolino Pilo, entrambi mazziniani, convinti che la situazione fosse matura. Pilo si recò allora in Sicilia per dirigere il movimento; mentre Crispi si adoperò per guadagnare Garibaldi all'idea di spedizione. Garibaldi, dopo non poche esitazioni per i dubbi sulla possibilità di successo, accettò.
I preparativi avvennero con la netta opposizione di Camillo Benso conte di Cavour. Con armi vecchie e racimolate e con scarso equipaggiamento, un migliaio circa di garibaldini partirono per la Sicilia da Quarto nella notte fra il 5 e il 5 maggio 1860. Imbarcatisi sulle navi Piemonte e Lombardo, i Mille sfuggirono alla squadra navale sarda di Persano, che aveva ricevuto ordine da Cavour di arrestare la spedizione. Dopo essersi riforniti in Toscana, giunsero a Marsala l'11 Maggio. A Salemi Garibaldi assunse la dittatura in Sicilia in nome di Vittorio Emanuele.
Garibaldi venne accolto con grande entusiasmo dalle popolazioni contadine, le quali vedevano in lui un liberatore sociale. I Mille risalirono la Sicilia: Calatafimi, Palermo e Messina.
Garibaldi intendeva sbarcare sul continente, liberare Napoli e puntare quindi su Roma e su quanto restava dello Stato Pontificio. Di qui un aspro conflitto con Cavour, il quale temeva che tutto il regno sarebbe passato in mano ai democratici, sotto l'influenza di Mazzini.
Il 20 agosto, dopo che Cavour rinunciò a opporsi frontalmente a Garibaldi, i Mille sbarcano in Calabria. Il 7 settembre entrano trionfalmente a Napoli, mentre il re dei borboni Francesco II si ritirò nella fortezza di Gaeta. Nel frattempo l'esercito regio si muove verso il Sud, riaccendendo lo scontro tra Cavour e Garibaldi; Cavour fa approvare alla Camera una legge sull'annessione incondizionata del Sud: Garibaldi finirà per accettare la situazione.
Il 26 ottobre Garibaldi si incontrò a Teano con Vittorio Emanuele: questo incontro aprì la via al passaggio dei poteri dalle autorità garibaldine a quelle piemontesi e al successivo scioglimento delle forze militari garibaldine.
Il 17 marzo 1861, dopo i vari plebisciti per annettere Marche, Umbria, il primo Parlamento nazionale proclamò a Torino Vittorio Emanuele II ( il fatto che il re non assumesse la numerazione di I stava a chiarire la continuità con il Regno sardo e il significato politico del metodo delle annessioni) re d'Italia "per grazia di Dio e volontà della Nazione".
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