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La legge nell'antica Roma
1.2 Il significato nuovo della legge: la Storia.
Passiamo ora ad evidenziare un altro aspetto di grande rilevanza nella trattazione di questo mutamento della legge dell'uomo nel tempo. Uscendo dalla dimensione più propriamente religiosa con la legge di Dio, l'analisi si sofferma in questo capitolo sul diritto romano, le Dodici tavole, che costituiscono il nuovo significato della legge nella modernità.
Prima di tutto siamo nell'epoca antecedente la venuta del Salvatore, (che fungerà da modificatore attraverso gli scritti evangelici) quindi l'uomo è al corrente delle leggi di Dio ma sente una sorgente interiore che lo smuove ad affacciarsi sul senso profondo di questa legislazione divina, portandolo ad attuare un processo di autoregolamentazione per l'edificazione del proprio e dell'altrui bene comune.
La storia prende origine attorno al 462 a.C quando il tribuno della plebe Gaio Terenzilio Arsa, propose la nomina di una commissione composta da appositi magistrati con l'incarico di redigere il codice legislativo per una riforma interna nella città.
Il Senato, dopo un'iniziale opposizione votò nel 454 a.C. l'invio di una commissione di tre membri nominati concilia plebis in Grecia, per studiare le leggi di Atene e delle altre città.
Nel 451 a. C. fu istituita una commissione di "decemviri legibus scribundis" che rimpiazzò le magistrature ordinarie, sia patrizie sia plebee, sospese in quell'anno.
Le Dodici Tavole furono affisse nel foro, dove rimasero fino al sacco e all'incendio di Roma nel 390 a.C. Cicerone narra che ancora ai suoi tempi il testo delle Tavole veniva imparato a memoria dai bambini come una sorta di poema d'obbligo, e Livio le definisce come "fonte di tutto il diritto pubblico e privato". Il linguaggio delle tavole è ancora arcaico ed ellittico. Alcuni studiosi ritengono che le norme siano state scritte in metrica, per facilitare la memorizzazione.
Nel primo anno furono scritte le leggi delle prime dieci tavole, di volta in volta discusse in assemblea, e la commissione, non essendo stato completato il lavoro, fu prorogata anche all'anno seguente.
Fu cambiata la composizione della commissione, che fu nuovamente eletta dai comizi centuriati. Secondo Dionigi di Alicarnasso entrarono a farne parte anche tre plebei, mentre Livio tramanda che fossero nuovamente tutti patrizi. La seconda commissione dei decemviri fu dominata dal patrizio Appio Claudio ed ebbe un comportamento dispotico.
Le due tavole restanti furono scritte senza consultazione nell'assemblea.
Il diffuso malcontento e un episodio legato a Virginia, una fanciulla plebea che il padre uccise piuttosto che consegnarla alle voglie dell'arrogante decemviro Appio Claudio, scatenarono una rivolta popolare e la deposizione della commissione, con il ripristino delle magistrature ordinarie.
I consoli dell'anno 449 a.C. fecero incidere le leggi su tavole che vennero in seguito esposte in pubblico, nel Foro cittadino.
Queste dodici tavole furono a lungo considerate diritto dei plebei.
Contenuto delle Dodici Tavole.
Storicamente parlando non sono pervenute a noi le copie originali delle tavole, tuttavia gli studiosi hanno potuto ritrovare, attraverso frammenti e citazioni da fonti antiche, il testo completo della legge.
Il corpo completo delle tavole è composto di una numerazione "Tabula I, II ecc.." e da una classificazione precisa, eccolo proposto di seguito:
Tabula I e Tabula II si interessano alle procedure civili, riguardano cioè tutte le norme riguardanti la gestione delle sedute giudiziarie nei confronti del popolo, macchiatisi di reati gravi.
Tabula III è riferita alle procedure esecutive, delinea l'insieme delle norme riferite al pagamento di debiti o somme di denaro a seguito di una condanna giudiziaria.
Tabula IV coordina il rapporto tra genitori e figli, all'epoca dell'Impero Romano un figlio doveva essere sempre soggetto al padre come un capo al quale rendere obbedienza.
Tabula V gestisce il contratto ereditario in merito a ratifiche testamentarie ed equa suddivisione del bene in causa.
Tabula VI e Tabula VII sono di pertinenza nella gestione delle proprietà e dei beni personali di ogni plebeo con particolare riferimento a costruzioni private e strade.
Tabula VIII sanziona e disciplina i reati illeciti quali per esempio magia nera, violenze tra persone e coordina le sanzioni specifiche.
Tabula IX indica in sintesi che non possono esistere privilegi che violino i principi costituzionali.
Tabula X descrive le norme riguardanti la morte e i funerali, le modalità di sepoltura in base al rango.
Tabula XI sancisce indissolubilmente che un matrimonio non avvenga tra un patrizio e un plebeo.
Tabula XII specifica le norme in merito a crimini commessi dal popolo plebeo.
Dalla tabula VIII è possibile evidenziare un termine fino ad ora non menzionato in riferimento alla "legge del taglione" che per molti secoli e in certi casi anche oggi, è stata oggetto di discussione sulla sua impostazione inflessibile e in condizionabile.
La Legge del taglione è un principio insito nel diritto di alcune popolazioni antiche che consiste nella possibilità riconosciuta a una persona che abbia subito un'offesa di infliggere all'offensore una pena uguale all'offesa ricevuta. Tutto ciò è rozzamente espresso con la frase " occhio per occhio, dente per dente". Nell'antico testamento sono vari gli accenni al principio del taglione.
Nel nuovo testamento questo principio è stravolto e annullato:
"«Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra; e a chi vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. Dà a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle. Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo o odierai il tuo nemico; ma io vi dico; amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, cha fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti' (Matteo 5, 38-45).
Dalla trattazione del Nuovo Testamento, che sarà ripresa più avanti, si evidenziano tutti gli aspetti riguardanti il vero senso della legge del taglione proprio della scrittura biblica, in merito a ciò si evince come nel brano presentato l'essenza primordiale e originale della stesura si sia modificata per opera della nascita dell'Unico e Vero Signore, la mente ispirante degli evangelisti che, come da citazioni fatte, ha modificato completamente il fondamento precisato dalla legge stessa. La natura divina del testo biblico è rappresentativa anche in merito a contenuto e insegnamenti e dà un chiaro ed importante esempio di come il processo salvifico consentito dall'osservanza della legge, porti ad una condizione armonicamente perfetta con l'essere umano nel suo profondo.
Riprendendo la trattazione sul Diritto romano si sottolinea come da una parte riprenda le tematiche e i concetti della mentalità dell'epoca, dall'altra si prefiguri come situazione anticipatrice della futura legge di regolamentazione dell'uomo odierno.
È necessario precisare inoltre che le leggi di Roma non riflettevano propriamente le leggi in generale, cioè le leggi universali bensì costituivano il cemento portante per edificare la nuova priorità della legislazione dell'uomo in relazione anche a determinate situazioni di vita. Ampliando molto più il discorso è possibile identificare alcune delle Tabule come la base del nostro codice civile e sociale, in merito a morale umana e comportamentale, e in relazione agli sviluppi della vita comune e della società nella sua completa funzione.
Infine dalle prime idee legislative ad oggi si è percepito uno sviluppo notevole, sia per quanto concerne la sfera naturale sia in relazione alla morale umana, la quale veniva molto alterata dalla mentalità dell'uomo in riferimento al modo di essere e alle situazioni del vivere. Anche nell'epoca antecedente la venuta del Figlio fatto Uomo per opera del Santo Spirito paraclito, l'uomo ha sentito quindi un bisogno di ordine da non limitare in merito a ragion d'essere o di agire, bensì ampliandolo al proprio "io" nella sua vera specie.
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