La grande
crisi: economia e società negli anni '30
Parola chiave: Ceto medio
Crisi e trasformazione: alla fine degli anni '20 l'Europa e il modo sembravano
avviati a superare i traumi del primo conflitto mondiale.
L'economia dell'Occidente capitalistico, trainata dalla spettacolosa espansione
produttiva degli Stati Uniti, aveva ripreso a svilupparsi con discreta
regolarità dopo le convulsioni del primo quinquenio postbellico. In questo
quadro di apparente stabilità si abbattè una crisi economica tanto imprevista
quanto catastrofica.
Le trasformazioni degli anni '30: la compenetrazione fra apparati statali ed
economia; l'affermarsi di forme di capitalismo diretto; lo sviluppo di mezzi di
comunicazione di massa; la crescita delle classi medie; lo sviluppo del settore
terziario.
Gli anni dell'euforia: gli Stati Uniti prima della crisi
Durante la guerra gli Stati Uniti non solo avevano rinsaldato la loro posizione
di primo paese produttore, ma avevano anche concesso cospiqui prestiti ai loro
alleati in Europa, diventando il maggior esportatore di capitali. A guerra
finita il dollaro era la nuova moneta forte dell'economia mondiale. Accanto al
mercato finanziario di Londra cresceva di importanza quello di New York.
Superata la depressione postbellica: boom industriale, disoccupazione
tecnologica e sviluppo del settore terziario.
Gli Stati Uniti divennero il laboratorio in cui per la prima volta fu
sperimentato un uovo modo di vita, caratterizzato da una continua espansione
dei consumi e da una loro progressiva standardizzazione.
Dal punto di vista politico gli anni '20 furono segnati da un'incontrastata
egemonia del Partito repubblicano, sostenitore di un rigido liberismo economico
(crescita di gigantesche corporations, squilibri sociali, ondata conservatrice
e pregiudizi razziali, proibizionismo). La conseguenza più vitosa di questo
clima fu la frenetica attività della borsa di New York (Wall Street). Questa
incontenibile euforia speculativa poggiava in realtà su fondamenti assai
fragili, come fragili erano le basi dell'intero processo di espansione
sviluppatosi negli Stati Uniti degli anni '20.
Fra economia americana ed economia europea si era venuto a creare uno stretto
rapporto di interdipendenza: l'espansione americana finanziava la ripresa
europea e questa a suaa volta alimentava con le sue importazioni lo sviluppo
degli Stati Uniti. Ma i crediti statunitensi all'estero erano generalmente
erogati da banche private e dunque legati a puri calcoli di profitto. Quando
nel 1928 molti capitali furono dirottati verso le più redditizie operazioni
speculative di Wall Street, le conseguenze sull'economia eurpoea si fecero
sentire.
Il «grande crollo» del 1929
Il crollo di Wall Street: 24 ottobre, il «giovedì nero» (undici suicidi fra
speculatori e agenti di borsa). La corsa alle vendite determinò naturalmente
una precipitosa caduta del valore dei titoli, distruggendo in pochi giorni i
sogni di ricchezza dei loro possessori.
Gli effetti del crollo: Conseguenze disastrose sull'economia di tutto il paese.
Gli Usa cercarono innanzitutto di difendere la loro produzione inasprendo il
protezionismo e contemporaneamente ridussero, fino a sospenderla, l'erogazione
dei crediti all'estero. La recessione economica si diffuse in tutto il mondo,
con la significativa eccezione dell'Urss, come una spaventosa epidemia. Nel
complesso un consistente impoverimento colpì la massa dei lavoratori urbani e
rurali, generandouno stato di generale incertezza, una crisi di sfiducia che in
molti paesi fu all'origine di profondi mutamenti politici.
La crisi in Europa
In Austria e Germania si giunse al collasso del sistema bancario => ne seguì
una crisi monetaria.. Molti capitali britannici erano stati investiti qui.
1931: fu sospesa la convertibilità della sterlina e la valuta inglese fu
svalutata. Questo avvenimento sanzionava emblematicamente la fine della Gran
Bretagna dal ruolo di «banchiere del mondo».
I princìpi della scuola liberale, primo fra tutti quello del pareggio di
bilancio, finirono per aggravare la recessione e la disoccupazione.
1933: l'economia europea cominciò a manifestare sintomi di miglioramento, ma
nella maggior parte dei paesi la ripresa fu molto lenta. Fu solo col riarmo e
la guerra che l'Europa uscì dalla grande depressione. In Germania le coseguenze
della crisi si fecero sentire più che in ogni altro stato europeo, a causa
della stretta integrazione che il sistema dei prestiti internazionali aveva
creato con l'economia statunitense e per il peso delle riparazioni (che furono
sospese "definitivamente" solo nel 1932). Se in Francia la crisi giunse in
ritardo, la Gran Bretagna con la formazione di un «governo nazionale» nel 1931,
si cominciò ad uscire dalla crisi già nel '33-34, in notevole anticipo rispetto
agl altri paeesi industrializzati.
Roosvelt e il «New Deal»
1932: elezioni presidenziali: il presidente uscente, Herbert Hoover, non aveva
conseguito alcun successo nella lotta contro la crisi. Lo successe il candidato
democratico, il governatore dello Stato di New York, Franklin Delano Roosvelt.
La popolarità di Roosvelt era basata sulle sue notevoli doti comunicative e
capì ce la condizione preliminare di un'azione politica di successo stava nella
capacità di infondere speranza e coraggio nella popolazione.
1933: Nel discorso inaugurale della sua presidenza, Roosvelt annunciò di voler
iniziare un «New Deal», cioè un nuovo stile di governo - più che un programma
precisamente definito - che si sarebbe caratterizzato soprattutto per un più
energico intervento dello Stato nei processi economici (Aaa, Nira, Tva). Se
l'esperienza del Tva rappresentò per Roosvelt un notevole successo sia sul
piano economico sia su quello propagandistico, le altre iniziative ebbero
effetti più lenti e contraddittori.
Alla fine del '34 gli investimenti erano ancora stagnanti, mentre la
disoccupazione continuava ad aumentare. Per porre rimedio a questa situazione
il governo allargò al di là di ogni consuetudine il flusso della spesa
pubblica. Con questa politica progressista Roosvelt si guadagnò l'appoggio del
movimento sindacale che, negli anni del New Deal, attraversò una fase di
espansione grazie anche a un'ondata di lotte operaie senza precedenti nella
storia americana.
Per tutti gli anni '30 l'economia americana ebbe bisogno di continue iniezioni
di denaro pubblico. Sarebbe giunta a una piena ripresa, nonchè alla piena
occupazione, solo durante la seconda guerra mondiale, con lo sviluppo della
produzione bellica.
Il nuovo ruolo dello Stato: le nuove forme dell'intervento statale: Si passò
all'adozione dipiù radicali misure di controllo e in fine dall'assunzione da
parte dello Stato di vero e proprio soggetto attivo dell'espansione economica
(ciò avvenne in forme diverse da paese a paese); gli schemi del capitalismo
liberale furono sostituiti da nuove forme di capitalismo diretto, che comportava
alcune limitazioni alle scelte dei privati; le teorie di Keynes: la spesa
pubblica poteva essere finanziata ance col ricorso ai deficit di bilancio
(politica del deficit spending) e con l'aumento della quantità di moneta in
circolazione, politica che rispecchiava molto da vicino quella che Roosvelt
stava attuando.
I nuovi consumi: Il processo di urbanizzazione si accentuò a causa della grave
crisi in cui versava il settore agricolo con conseguente sviluppo del settore
edilizio, dei trasporti pubblici e della motorizzazione privata, nonchè dei
servizi domestici (corrente ed elettricità). Negli anni '30, in Europa alcuni
settori sociali (in primo luogo i ceti medi) conobbero per la prima volta la
diffusione di quei consumi di massa che erano esplosi negli Stati Uniti durante
il decennio precedente.
Nel vecchio continente l'automobile rimase, per tutti gli anni '30, un bene
riservato a pochi. Ma intanto cominciavano a comparire anche in Europa le prime
vetture «popolari» (Volkswagen e Topolino). Un discorso analogo si può fare per
la produzione di elettrodomestici.
Le comunicazioni di massa: la radio, il cinema, modelli di vita e propaganda,
la politia come spettacolo.
La scienza e la guerra: ricerca nucleare e la bomba atomica, i progressi
dell'aeronautica.
La cultura della crisi: anche per la cultura europea, gli anni '20 e '30 furono
anni di crisi e di mutamenti profondi. Gli intellettuali furono chiamati sempre
più spesso a partecipare apertamente, a prendere posizione sui singoli
problemi. Ma l'avvento dei regimi totalitari provocò una cospicua «fuga di
cervelli». Ne derivò un impoverimento culturale in Europa: il centro culturale
del mondo industrializzato cominciava a dislocarsi al di là dell'Atlantico.