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LA FRANCIA
Nel corso del rinascimento due episodi di natura politica particolarmente significativi (assieme ad altri di natura economica e sociale) decretarono il definitivo tracollo del sistema feudale: le riforme religiose che logorarono profondamente il potere temporale della Chiesa e il disfacimento dell'impero germanico.
In entrambi i casi, una delle cause scatenanti fu la spinta decentratrice di alcune nazioni che tesero a distaccarsi dai poteri centrali per dare vita a monarchie di carattere nazionale: nacquero così la Francia e l'Inghilterra.
La Francia del XV secolo era ormai da molto tempo uno stato indipendente ma i grandi latifondisti tendevano a non riconoscere il potere centrale.
Nel sec 16° il rifiorire del diritto romano ispirò una nuova dottrina monarchico-assolutista a partire dal sovrano Francesco I.
Il re si circondò di un ampia schiera di collaboratori alle sue dirette dipendenze che tese a contrapporre alle assemblee dei principi.
Organo fondamentale della monarchia centralizzata furono il Consiglio del re, che assisteva il sovrano e gli stati generali.
Questi furono convocati per la prima volta nel 1302 ma a cominciare dal 1484 gli "Stati" ottennero di essere convocati periodicamente e di intervenire nella deliberazione e nella ripartizione delle imposte, un po' come il parlamento inglese.
Così come il re d'Inghilterra Enrico VIII, dal punto di vista religioso Francesco preferì una chiesa di carattere nazionale alla potente "ecclesia" di Roma.
Le tendenze decentratrici della chiesa francese cominciarono nel '300 ma solo due secoli dopo fu decisa la nascita della Chiesa gallicana esente del pagamento delle tasse e dall'autorità della curia romana.
Il pontefice aveva su quest'ultima un potere limitato sia dai canoni antichi che dal potere del sovrano francese.
Il Papa, essendo in piena riforma, dovette accettare suo malgrado le condizioni impostegli; comunque così come lo scisma Anglicano, sul piano teologico non vi furono sostanziali cambiamenti (tanto che il sovrano francese continuò ad essere chiamato con l'appellativo "il cattolicissimo" ): si trattò solamente di una operazione politica.
Francesco I fu spesso coinvolto in estenuanti guerre all'estero, soprattutto in Italia, fino a quando la pace di Chateau-Chambreis consacrò il definitivo predominio spagnolo sulla penisola.
A complicare tutto si mise di mezzo una crisi dinastica cominciata dopo la morte del successore di Francesco I, Enrico II di Valois, nel 1559, quando la corona passò al figlioletto Francesco di appena quindici anni e le funzioni di governo furono assunte dalla madre, la fiorentina Caterina de Medici, figlia del signore fiorentino Lorenzo, che era politicamente molto abile ma invisa all'aristocrazia perché straniera.
L'anno 1559 sembrò segnare una cesura nella storia francese del XVI secolo, separando un periodo di pace interna e di spedizioni militari all'estero, da un periodo di guerre civili e di crescente perdita di peso del regno.
Durante la metà del XVI secolo la vita quotidiana in Francia era stata più serena di quella di molti altri paesi d'Europa, anche se ciò non significa che la calma vi regnasse totale.
Tuttavia nè il regno di Francesco I né quello di Enrico II conobbero una rivolta, né la Francia fu teatro di una guerra intestina o calpestata continuamente da soldati stranieri come l'Italia.
E' per questo che più genericamente il 1559 sembrò contrassegnare il passaggio dalla gioia di vivere propria del rinascimento al clima di terrore e odio generato dagli antagonismi religiosi.
Infatti, a partire dalla metà del secolo, il calvinismo dilagò anche in Francia.
Si formarono due schieramenti che facevano capo rispettivamente ai Guisa (duchi di Lorena) protettori dei cattolici, e ai Borboni (signori della Navarra), punto di riferimento dei protestanti ugonotti.
Con sottili giochi diplomatici la reggente Caterina de Medici, di fede cattolica, tentò di salvaguardare la casa regnante appoggiandosi ora all' uno, ora all'altro dei partiti rivali: concesse una limitata libertà di culto agli ugonotti e la persecuzione contro di loro cessò di fatto; poi promosse una conferenza tra teologi romani e calvinisti per cercare di trovare delle soluzioni di pacifica convivenza.
Ma i Guisa incalzarono per recuperare l'antica supremazia alla corte di Francia e l'anno dopo si compì l'evento fatale: una banda di seguaci dei Guisa attaccò e massacrò a Vassy una piccola comunità ugonotta (1562).
La notizia della strage incendiò gli animi dei protestanti che corsero alle armi temendo di essere già alla vigilia della carneficina.
In poco tempo la Francia fu travolta dalla guerra civile.
La reggente fu così costretta ad affrontare la guerra tra i cattolici, che chiesero aiuti a tutto il mondo fedele al Papa di Roma e i calvinisti che godevano dell'aiuto della regina Elisabetta d'Inghilterra.
Caterina tentò di liquidare alla meglio la guerra , concedendo agli Ugonotti un editto di tolleranza e allo stesso tempo cercando di respingere gli Inglesi giunti in aiuto dei protestanti.
Ciò però non fu sufficiente a fermare i combattimenti.
La guerra si acuì quando gli ugonotti guidati dall'ammiraglio Coligny, riuscirono a far promettere in sposa la sorella del sovrano, Margherita, al capo ugonotto Enrico di Borbone, il futuro sovrano Enrico IV.
A questo punto lo scontro interno si trasformò in internazionale, poiché da una parte gli ugonotti ricevettero l'appoggio dei protestanti olandesi, inglesi e dei principi tedeschi, dall'altra il partito cattolico francese strinse un' intesa con gli spagnoli e con la chiesa di Roma.
Intanto i cattolici sottoposero il paese ad un bagno di sangue e nella notte del 23 agosto 1572 migliaia di Ugonotti vennero massacrati.
Poi la repressione si estese a tutto il paese, facendo decine di migliaia di vittime.
Gli Ugonotti reagirono e il nuovo sovrano Enrico III di Valois non sembrò in grado di controllare la situazione.
La Francia era diventata un campo di battaglia dove si scontravano i due schieramenti organizzati come Unione Protestante e Santa Unione.
Questa fu la fase culminante di quella che è detta guerra dei tre Enrichi che vide confrontarsi l'uno contro l'altro i tre partiti in lotta: da una parte i cattolici guidati da Enrico di Guisa, dall'altra gli ugonotti guidati da Enrico di Borbone e infine i monarchici guidati da Enrico di Valois.
L'assassinio di Enrico di Guisa e la morte senza eredi del re Enrico III con conseguente passaggio della corona (1589) all'Ugonotto Enrico di Borbone, col nome di Enrico IV parve aprire la via a possibili soluzioni.
Enrico IV, ancora protestante, si ritrovò alla morte del suo predecessore quasi solo, senza sudditi, senza parlamento, senza denaro.
La promessa da lui fatta di "mantenere e conservare la religione cattolica, apostolica e romana, e di farsi istruire da un legittimo e libero consiglio gli valse l'adesione esitante solo di una piccola parte della nobiltà, mentre la maggior parte delle città, compresa Parigi, si ribellò al nuovo monarca schierandosi al fianco del duca di Mayenne e del cattolicesimo.
Il nuovo re di Francia aveva dalla sua in fin dei conti null'altro che un piccolo esercito di 20.000 uomini ma subito intraprese la conquista del regno e il 14 marzo dell'anno successivo Parigi venne riconquistata. A questo punto, complici le divisioni del regno e i progetti dinastici del monarca spagnolo Filippo II, si fece avanti la Spagna che ufficialmente combatteva il nemico protestante.
Ma da abile politico, Enrico IV fece annunciare la sua prossima conversione dall'arcivescovo di Bourges e di lì a pochi mesi la sacra unzione e l'incoronazione a Chartres fecero effettivamente di Enrico IV il cristianissimo re di Francia. Celebre rimase la frase, che si dice pronunciata da Enrico, "Parigi val bene una messa".
Nella capitale il parlamento si dichiarò decisamente a favore del sovrano manifestando la propria ostilità agli spagnoli. A quel punto l'intervento straniero non aveva più dalla sua alcun pretesto.
La guerra straniera aveva avuto fine, ma restavano da togliere di mezzo quei rischi di guerra civile e religiosa che erano stati il pretesto degli interventi venuti da oltre frontiera.
Enrico tentò di risolvere l'essenziale problema di convivenza religiosa con l'editto di Nantes contente la carta dei diritti e dei privilegi dei protestanti francesi: i riformati avrebbero goduto ormai degli stessi diritti civili degli altri sudditi del re, avrebbero avuto accesso alle università, agli ospedali, alle corporazioni, a tutti gli incarichi di alta dignità e garanzia di imparzialità grazie ad un sistema giuridico bi-confessionale.
Per un decennio e più dopo la fine della guerra dei tre Enrichi il sovrano fu troppo occupato nella ricostruzione interna della Francia.
Quantunque l'opera attenta di Enrico IV avesse salvaguardato il potere monarchico, che aveva rischiato la distruzione durante le guerre di religione, quando egli fu ucciso (1610) riaffiorarono in Francia gravi problemi economici e sociali.
Dopo un breve periodo di reggenza della madre, sul trono di Francia salì Luigi XIII di appena nove anni.
La madre, la cattolicissima e ispanofila Maria de Medici fece subito sposare il figlio con la figlia di Filippo III.
All'ingresso della Francia nell'orbita della politica ispano-cattolica, si accompagnò ben presto il suo slittamento dall'assolutismo rinascimentale al neo-feudalismo di tipo spagnolo.
Lo stato assoluto rovinava da ogni parte e la minaccia di una nuova guerra civile costrinse il sovrano alla convocazione degli Stati Generali.
Ma anche gli Stati Generali, anziché ad uno sforzo concorde per rialzare le sorti del paese, mirarono solo allo scontro e nulla venne risolto.
Una volta diventato adolescente il re si dedicò con grande energia ad attuare un programma assolutistico tendente a soffocare tutti i centri di potere in grado di contrastare la corona e nominò come suo primo ministro il cardinale Richelieu.
La Francia trovò nel cardinale un uomo capace di governarla.
Dopo essere divenuto duca e pari, il cardinale fu ormai padrone incontrastato della Francia.
Con lui tornò ad imperare lo stato assoluto, accentratore, rinascimentale, cioè lo stato che da tutti esige obbedienza illimitata e a tutti garantisce sicurezza materiale e pace interna.
Poi, alla morte quasi contemporanea di Luigi XIII e di Richelieu il ruolo di quest'ultimo passò in mano al cardinale Mazarino che divenne il braccio destro del nuovo sovrano Luigi XIV.
Ma l'impegno del nuovo ministro di proseguire l'opera iniziata dal suo predecessore si scontrò all'interno con una durissima opposizione dell'aristocrazia che si espresse in ribellioni molto gravi sedate solo cinque anni più tardi.
Luigi XIV procedette ad una radicale ristrutturazione del potere esecutivo attraverso uno stato-macchina completamente asservito alla sua volontà. Non più un ministro onnipotente, ma tre ministri nei settori chiave: le finanze, la guerra, gli affari esteri.
Tre consigli di stato, puramente consultivi, facevano da tramite tra il re e l'amministrazione locale.
Compito principale di questo apparato era la tempestiva informazione sulla realtà economica e sociale del paese.
Tuttavia l'amministrazione pubblica divenne elefantiaca e creò vari problemi che furono risolti con la creazione della figura dell'intendente, veri e propri mediatori e revisori del meccanismo burocratico ove questo si fosse inceppato.
Per frenare il potere dell'aristocrazia, la monarchia aveva operato in due direzioni, affidando la macchina dello stato alla classe borghese e trasformando la nobiltà in una corte fastosa, ma priva di potere a livello di governo.
A tal scopo il re volle la costruzione della spettacolare Versailles, dove la corte si trasferì nel 1682.
Non v'era un solo angolo di Europa in cui i regnanti non considerassero sommo vanto l'essere riusciti ad avvicinarsi alla corte del Re Sole.
La pace religiosa fu uno degli obbiettivi fondamentali della politica interna di Luigi XIV.
Nel 1682 un'assemblea dei vescovi firmò la dichiarazione dei quattro articoli.
Il primo articolo affermava il principio della derivazione diretta da Dio del potere dei sovrani e quindi negava l'autorità del pontefice di dichiararli decaduti; il secondo riprese le tesi del concilio di Costanza affermando la superiorità del re sul papa; il terzo dichiarò intangibili le libertà gallicane; il quarto limitò il potere del papa di decidere in materia di fede.
Drastico fu anche l'intervento contro gli ugonotti ai quali era stata riconosciuta la libertà di culto, ma che ormai rappresentavano un ostacolo incompatibile per l'assolutismo monarchico.
Poiché le missioni dei predicatori non bastavano a fare breccia sugli animi degli eretici, si ricorse a metodi più subdoli e sbrigativi, come per esempio l'interdizione delle cariche pubbliche ai protestanti.
Così il sovrano "favorì" un esodo graduale dei protestanti che divenne poi fuga dopo la revoca dell'editto di Nantes nel 1685.
Fu condotta anche una poderosa fatica di riordinamento legislativo redigendo dei codici scritti che non di molto si discostano dai nostri codici civile, penale ed amministrativo.
Fu inoltre attuato il riordinamento dell'esercito tanto da trasformare la Francia in una grande potenza marittima.
ECONOMIA
Appena conquistata l'autonomia, la Francia appariva stremata finanziariamente dal lungo confronto con l'impero, attraversata dalla ripresa delle rivolte popolari suscitate dall'aumento generale dei prezzi e quindi dal peggioramento delle condizioni di vita dei salariati e delle masse contadine, e profondamente divisa anche dal punto di vista economico.
Enrico IV si trovò a dover gestire una situazione difficile, non solo a causa della difficile situazione politica ma anche a causa di una crisi economica dilagante.
In aggiunta le guerre di religione avevano inferto un duro colpo alla prosperità del regno.
Come se non bastasse una serie di estati piovose e di inverni rigidi compromisero in quegli anni i raccolti dei cereali.
Infine anche in Francia come negli altri stati europei i prezzi subirono una decisa impennata a causa dell'argento proveniente dalle colonie americane: il prezzo del frumento crebbe in meno di cent'anni di 27 volte.
Le carenze alimentari, le pestilenze e le guerre avevano decimato la popolazione.
Il ristabilimento dell'ordine presupponeva dunque la ripresa dell'attività economica.
Fu così che giovandosi dell'apporto di capaci collaboratori, come il duca di Sully, il nuovo sovrano pose mano al riordinamento amministrativo e fiscale del regno.
L'ugonotto Maximilien de Bèthune che seguì Enrico alla conquista del regno divenne il capo effettivo del Consiglio delle finanze.
Nonostante i suoi numerosi e audaci provvedimenti di riordino delle finanze incontrassero forti opposizioni e rimanessero di fatto quasi inoperanti, l'azione del Sully influì fortemente sulla vita economica e finanziaria dello stato francese: innanzitutto egli mirò a pareggiare il bilancio statale profondamente gravato dalle guerre e dalla crisi economica e a questo scopo favorì la vendita degli uffici pubblici.
Promosse inoltre la riduzione del carico fiscale e favorì la creazione di nuove infrastrutture.
Fu contrario alle nuove industrie nascenti ma seppe favorire l'agricoltura; ostacolò le importazioni perché considerava l'investimento di denaro all'estero come uno spreco ma fece anche l'errore di trovare i fondi per le numerose imprese belliche con una mazzata sui ceti mercantili, artigianali, capitalistici, cioè facendo pagare loro le spese con una manovra di svalutazione della moneta e di corso forzoso.
Le conseguenze negative del rialzo dei prezzi dovuto alla svalutazione della moneta ed alle guerre stavano colpendo tutte le classi sociali.
Erede di Sully fu il braccio destro di Luigi XIII, il cardinale Richelieu.
Il Richelieu avrebbe voluto fare nascere uno spirito capitalistico a forza di editti reali e quando si accorse che suoi sforzi ancora non bastavano cercò il rimedio estremo sostituendo l'azione del governo all'iniziativa privata deficiente.
Sotto questa energica cura di interventi statali, l'organismo economico della Francia si fece più robusto e moderno.
Tuttavia i capitali che il cardinale volle attirare in Francia non servivano tanto per fini economici ,quanto per fini militari di potenza dinastica.
Perciò quando si trovò a scegliere fra prosperità economica e fini militari, non esitò a sacrificare l'una per gli altri.
Egli non aveva niente di quel puritano rispetto del denaro che aveva il vecchio Sully.
Ministro delle finanze all'epoca di Luigi XIV fu il Colbert.
La sua politica economica aveva l'obbiettivo di massimizzare le esportazioni e di comprimere quanto più possibile le importazioni.
A tale scopo potenziò la flotta commerciale francese e creò cinque compagnie commerciali monopolistiche.
Furono protette le industrie nazionali con sgravi fiscali, create manifatture di stato in settori di lusso, fu stimolato lo sviluppo coloniale e quello della marina mercantile, furono costruite strade e canali per facilitare le comunicazioni interne.
Allo stesso tempo lanciò una tariffa doganale a carattere protezionistico per cui le merci straniere venivano ad essere escluse dal mercato.
Ma questa politica economica prevedeva anche la compressione del tenore di vita dei salariati, al fine di rendere bassi e competitivi i costi di produzione.
Tuttavia, anche se una parte cospicua dello sviluppo industriale sopravvisse alle numerose guerre del Re Sole, l'abbandono della tariffa doganale rappresentò un significativo arretramento.
L'agricoltura, già deliberatamente sacrificata allo sviluppo industriale, boccheggiò sotto l'aggravarsi del carico fiscale, mentre il crollo dei prezzi rese sempre meno remunerativo coltivare i campi.
Ai tumulti contro il fisco caratteristici dell'età precedente si sostituirono le rivolte degli affamati.
Colbert tentò inoltre di eliminare le disparità ma il tentativo fallì. Continuarono ad esistere dei privilegi fiscali, inoltre i finanzieri privati avevano il privilegio di anticipare allo stato l'ammontare delle imposte e di provvedere a riscuoterle, il che dava luogo a corruzione e soprusi.
SOCIETA' E CULTURA
Nella Francia del '500 le classi sociali erano quattro: innanzitutto l'aristocrazia detentrice del potere e priva di etica del lavoro, così come il clero.
Il clero e la nobiltà erano detti ordini privilegiati ed esentati dal pagamento delle tasse
Veniva poi la nuova classe borghese costituita principalmente da commercianti, imprenditori e piccoli proprietari terrieri; infine il popolo costituito per la maggior parte da contadini liberi e artigiani.
Le classi erano sostanzialmente chiuse, ed evidentemente le più alte avevano tutto l'interesse che rimanessero tali.
Questo fu dimostrato dall'ascesa della nobiltà di Toga (l'alta borghesia gratificata dal sovrano con titoli nobiliari e incaricata di uffici pubblici) che fu certo il fenomeno sociale più significativo della Francia nel primo seicento soprattutto quando si generalizzò il sistema della vendita degli uffici e dei titoli.
L'aristocrazia di sangue si sentì sminuita e costrinse la reggente a sospendere questa pratica.
Tuttavia, fin da Luigi XIII, fu la borghesia a fornire al sovrano i ministri e consiglieri, mentre la nobiltà veniva tenuta buona nell'ozio di Versailles.
Nel regno di Francia si chiamava "Stati Generali" l'assemblea delle prime tre classi o stati.
Durante la convocazione i tre ordini si riunivano separatamente e un solo rappresentante parlava e votava nell'assemblea generale.
Poi gli stati generali si scioglievano senza aspettare la risposta del re.
Con il dilagare della riforma protestante e delle nuove idee religiose, anche in Francia si diffusero le idee calviniste e le conversioni.
Ugonotti era la denominazione dei protestanti francesi ispirati al calvinismo di Ginevra; organizzati in comunità e confederate si diffusero in tutte le classi sociali diventando un corpo relativamente autonomo.
Ma morto il sovrano ugonotto Enrico IV si trovarono davvero in una situazione quanto mai patetica e contraddittoria. Erano una minoranza, che da trenta anni resisteva alle lusinghe ed alle pressioni esercitate su di lei perché scomparisse e ritornasse al cattolicesimo.
Ma è minoranza ormai chiusa e senza possibilità di espandersi.
Gli ugonotti non poterono illudersi di avere un re di Francia non cattolico e quindi loro possibile alleato, e così dovettero spesso levarsi in rivolte armate per minacciare la corona.
Ma così facendo paralizzavano la Francia e facevano il gioco della cattolica Spagna.
Perno della rivolta Ugonotta fu una cittadina sul mare, imprendibile da parte di terra ma aperta verso l'oceano dal quale ogni giorno gli abitanti speravano di veder comparire navi inglesi in lo soccorso, fino a quando la cittadina venne definitivamente espugnata dai francesi e si mise fine alla questione ugonotta rendendoli gli sudditi a tutti gli effetti.
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