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I moti liberali europei degli anni venti
La Restaurazione in Europa aveva quindi prodotto un'opposizione, che diffusa soprattutto tra i ceti borghesi, l'esercito e una parte della nobiltà illuminata, che, organizza nelle sette segrete, promosse ben presto nell'Europa meridionale dei moti insurrezionali. L'ondata rivoluzionaria partì nel 1820 dalla Spagna, coinvolse l'Italia meridionale e il Piemonte e si estese alla Grecia e alla Russia, mentre in America Latina giungeva a compimento il movimento di liberazione che era iniziato nel 1810.
Mentre in Europa la Santa Alleanza poté reprimere con facilità le forze liberali che rivendicavano la costituzione, la Grecia e le colonie sudamericane riuscirono a conquistare l'indipendenza nazionale.
Gli anni intorno al 1820, furono in Europa, anni da crisi economica, politica e sociale. Gli ordinamenti politici imposti dalla Restaurazione si scontrarono, infatti, con le tendenze liberali della borghesia, mentre le difficoltà economiche (oscillazione dei prezzi e crisi alimentare del 1817-18) che seguirono la fine delle guerre napoleoniche crearono un generale clima di insofferenza e di ribellione.
La crisi esplose con modalità addirittura insurrezionali nell'Europa meridionale, dove la Restaurazione aveva brutalmente cancellato ogni traccia di modernità politica e sociale del passato napoleonico, e dove più attive e rigogliose erano fiorite le società segrete.
In Italia e in Spagna, in particolare, le sette avevano trovato facile terreno di coltura, alimentate soprattutto dai quadri intermedi dell'esercito che si erano formati durante le guerre napoleoniche e che, nutriti d'idee illuministe e liberali, mal sopportavano il ruolo subalterno in cui la Restaurazione li aveva relegati.
I protagonisti dei moti insurrezionali furono, infatti, gli ufficiali dell'esercito, insieme con gruppi ristretti di borghesia e d'intellettuali, i quali tentano la strada del colpo di stato nella convinzione che fosse la via più breve e obbligata per modernizzare il senso liberale lo stato e quindi il proprio paese.
L'ideologia liberale e la rivendicazione della costituzione furono i tratti distintivi che caratterizzarono il movimento sia in Italia che in Spagna, dandogli così un'impronta unitaria. In effetti, il nemico da battere era comune: la lotta contro l'assolutismo nei singoli stati avrebbe alla fine dovuto far i conti con la Santa Alleanza, lo strumento di polizia internazionale pronto ad intervenire in qualsiasi zona europea dove venisse turbato l'ordine restaurato nel 1815.
Di fronte alla Santa Alleanza, rappresentata in particolar modo dall'Austria di Metternich, il movimento insurrezionale italiano e spagnolo mostrò però tutta la sua debolezza: diviso al suo interno fra moderati e radicali, isolato per le sue caratteristiche settarie dalle masse contadine, incapace di costruire una solidarietà internazionale, fu facilmente sconfitto dalla preponderanza militare della Santa Alleanza.
In Italia, in particolare, dove l'Austria era direttamente interessata a mantenere la sua posizione di predominio, il moto insurrezionale non riuscì ad esprimere un progetto politico unitario, diventando così facile vittima della repressione militare austriaca.
Nel Napoletano, per giunta, il moto rivoluzionario fu gravemente indebolito dal separatismo siciliano (che per altro esprimeva una giusta proposta contro lo stato d'abbandono in cui l'isola veniva lasciata dal governo di Napoli) e dalle divisioni interne tra i liberali che facilitarono il doppio gioco di Ferdinando I.
Anche in Piemonte la congiura fu facilmente sconfitta, vittima in primo luogo del suo carattere minoritario che la portò a riporre le speranze di vittoria sull'incerto favore del giovane principe Carlo Alberto.
Nonostante la sconfitta, però, i moti del 1820 avevano comunque dimostrato la sostanziale debolezza dei regimi assolutisti in Spagna e in Italia, che si potevano reggere al potere solo grazie all'aiuto determinante della Santa Alleanza.
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