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Sparta: società e istituzioni:
Durante il medioevo ellenico e l'età arcaica tutte le città della Grecia ebbero un'importanza secondaria, perché il centro del mondo ellenico erano in quell'epoca le coste dell'Asia Minore.
La Laconia fu occupata dai Dori, chiamati indifferentemente Spartiati o Lacedemoni. Essi s'insediarono nel paese come una minoranza armata e da questa scelta nacquero gli ordinamenti di Sparta, attribuiti a Licurgo. Le terre migliori sono divise fra gli Spartiati e a ciascuno di loro spetta un cleros, che è inalienabile. Esso è trasmesso in eredità unicamente al figlio primogenito.
L'organizzazione della civiltà spartana:
Le terre degli Spartiati sono coltivate dagli Iloti, servi privi di ogni diritto. In una condizione intermedia vivono i Perieci, i quali godono di pieni diritti civili, ma non quelli politici. Il nerbo dell'esercito è costituito dagli Spartiati e i doveri dei soldati sono molto onerosi; i neonati gracili sono soppressi alla nascita e ogni attività economica è bloccata. Gli Spartiati sono fra loro eguali (omoioi) e per impedire qualsiasi mutamento essi si danno istituzioni atte a impedire l'eventuale emergere di un singolo individuo. Base dello stato è l'Apella, affiancata dai gheronti (senatori) e dagli efori (gli ispettori). La sola carica ereditaria è quella esercitata dai re, che sono due affinché si possano controllare a vicenda e hanno un potere limitato.
La supremazia sul Peloponneso:
Fra il VIII-VII secolo a.C., gli Spartiati occupano progressivamente la Messenia e successivamente tentano di conquistare l'Arcadia e Argo, ma incontrano un'opposizione crescente. Essi quindi rinunciano a sottometterle e le riducono a loro alleate subalterne, nasce così la Simmachia peloponnesiaca. Durante le assemblee federali di questa alleanza, Sparta riesce sempre a far prevalere la propria volontà.
La repubblica aristocratica di Atene:
L'Attica si andò progressivamente unificando sotto l'egemonia di Atene.
I sovrani furono affiancati da magistrati appartenenti all'aristocrazia, chiamati arconti: questi, successivamente, sostituirono il re. Nella metà del VII secolo a.C., fu creato l'areopago che giudicava dei delitti più gravi ed era costituito da nobili nominati a vita. Mentre Sparta si basa sulla contrapposizione fra vincitori e vinti, Atene si fonda sulla contrapposizione fra i nobili e le classi subalterne, dove i ghene prevalgono sullo stato: questo regime non è più democratico di quello spartano, ma era più facilmente modificabile.
Le riforme di Solone:
Intorno al 620 a.C., Draconte provvede ad una codificazione scritta delle leggi, un primo passo verso lo smantellamento dei privilegi gentilizi. L'opera riformatrice di Draconte fu ripresa da Solone qualche decennio più tardi, che vieta la concessione di prestiti garantiti dalla persona stessa del debitore.
Questo provvedimento trasforma il regime ateniese in un regime fondato sulla ricchezza (timocrazia). Assumendo come metro i proventi annualmente ricavati dall'agricoltura, Solone ripartisce i cittadini in quattro classi (pentacosiomedimmi, ippeis, zeugiti e teti). Le prime due classi hanno la possibilità di entrare nell'arcontato, ma tutti hanno il diritto di partecipare all'Ecclesia (Assemblea generale) e all'Eliea (tribunale popolare). In complesso la riforma di Solone liquidava la repubblica aristocratica e avviava la differenziazione in classi sociali distinte per condizioni economiche.
Verso la democrazia:
Intorno alla metà del VI secolo a.C., Pisistrato instaurò con successo in Atene la tirannide con un minimo ricorso alla violenza. Restaurato l'ordine, il governo, varando un vasto programma d'opere pubbliche, creò nuovi posti di lavoro; soddisfò anche le esigenze dei commercianti, conquistando la Salamina. L'opera di Pisistrato fu continuata dal figlio Ippia, che però incontrò una crescente opposizione interna: questa portò all'assassinio di suo fratello Ipparco. Infine, dopo che Ippia si era accerchiato di mercenari, egli fu costretto a lasciare la città da un gruppo di fuoriusciti. Questa ribellione era stata appoggiata da Sparta, che sperava si potesse instaurare nuovamente un regime aristocratico, ma dell'impossibilità di questo ritorno, se ne accorse lo stesso Clistene, capo dei fuoriusciti. Egli suddivise la popolazione in dieci gruppi, di modo che i ghene non si potessero unire. Ogni tribù forniva allo stato un reggimento di opliti, eleggeva uno stratego e sorteggiava 50 rappresentanti da inviare come membri del Bulè. L'Ecclesia assunse in questi tempi grande importanza. Per impedire il risorgere della tirannide, Clistene istituì l'ostracismo: a sancire la condanna erano almeno 6000 cittadini. L'ordinamento di Clistene si dimostrò adeguato alle esigenze della nuova società.
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