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LA FONDAZIONE DI PALERMO
La città di Palermo ha origini antichissime; I suoi primi abitatori, di cui si ha testimonianza, risalgono
al Paleolitico superiore e risiedevano su monte Pellegrino, monte Grifone,
monte Gallo, monte S. Rosalia.
A
conferma di ciò esistono i graffiti parietali nelle grotte di S. Ciro e di S.
Rosalia, mentre nella grotta Niscemi, sul monte Pellegrino, e in quella
dell'Addaura sono incise nella roccia un numero elevato di figure umane.
Testimoniano il periodo Neolitico e l'età del rame il ritrovamento, alle falde
del monte Gallo (Grotta Regina), di necropoli con tombe a forno, mentre i
ritrovamenti avvenuti nelle grotte
Moarda a Monreale e nelle zone di Villagrazia
e di monte Billiemi testimoniano, rispettivamente l'età del Bronzo e l'età del
Ferro.
Il passaggio all'età del Bronzo,comunque, avvenne con maggiore ritardo che altrove, a causa, si pensa, dell'arrivo dei Sicani nella zona di Valdesi. Questo popolo proveniva dalla penisola iberica ed era molto legato ai suoi costumi, conservatore nei confronti di ogni innovazione. Successivamente si insediarono i Siculi provenienti dal Lazio e gli Elimi provenienti dalla Turchia. Dai Greci tutti questi popoli furono chiamati 'Secelioti'.
Il complesso delle grotte dell'Addaura (anticamente Allaura,) è la testimonianza del più antico insediamento umano presente nel golfo di Mondello. I graffiti in esse scoperti sono stati tracciati 14.000 anni fa da artisti che, per la prima volta al mondo, ci hanno tramandato uno spaccato delle loro attività tribali.Le grotte, d'origine marina, s'incavano nelle pendici Nord del Monte Pellegrino a circa 500 m. dal luogo in cui ci troviamo, sotto una imponente parete rocciosa che risuona di richiami dei rapaci, in uno spazio 'magico' dotato di un panorama estasiante.Il complesso è diviso in due sezioni: nella prima a ovest si aprono un piccolo anfratto (cavità A) e due grotte chiamate 'prima' e 'seconda' Addaura; nella seconda sezione si aprono un altra grotticella, (B) e la 'terza' Addaura, detta anche Caprara. Quest'ultima, la più ampia, è costituita da una complessa caverna a stalattiti mai abitata dall uomo e da una enorme antigrotta che, per l uso di stalla che se ne è stato fatto, è stata purtroppo vuotata del suo deposito archeologico, di cui rimangono poche tracce fossili tra cui un frammento di molare di Elephas melitensis.
Sulla parete orientale della grotta 'seconda' si trovano i famosi graffiti composti da trenta figure, diciassette umane e tredici animali.Gli animali, quasi tutti equini, sono disegnati in stile naturalistico, alcuni trattati con immediatezza e vivacità realistica, altri con disegno più incerto e schematico.Il più bello di forme è un cavallo senza testa, sottilissimamente graffito al di sotto di un bovide schematizzato, mentre la più completa è una giumenta, col suo puledro disegnato a metà sopra la groppa.Oltre agli equini la fauna dell Addaura rappresenta cervidi e bovidi tra cui un agile cerbiatto in corsa, un pesante cervo acefalo e un daino rampante.Come lo stile, anche la tecnica dell'incisione varia: la maggioranza delle figure sono graffiti sottili, tranne il daino che è disegnato con incisione più profonda, simile a quella della maggior parte delle figure umane.Queste sono raccolte in composizioni delle quali non sempre si riesce ad afferrare il significato, ma che esprimono senza dubbio un'azione rituale. Si tratta di tre quadri distinti l'uno vicino all'altro. Nel più ampio si può vedere una scena composta da due giovani nudi che al centro eseguono acrobazie, circondati da altre sette figure che assistono o danzano. Tutti i personaggi hanno abbondanti capigliature o maschere rituali a becco d uccello, cosa che suggerisce un interpretazione legata ai riti della pubertà o, per alcuni studiosi, un supplizio di prigionieri. Il secondo quadro più in basso rappresenta un daino rampante e un cacciatore nudo dai lunghi capelli, con una strana maschera sul volto e una lunga asta. Il terzo quadro comprende tre figure: una femminile con un voluminoso oggetto sulle spalle e due maschili che camminano in senso contrario l una all altra. I graffiti dell Addaura rappresentano la più alta testimonianza di arte parietale del Paleolitico superiore.
Fu nel sec. VIII° a.C. che avvenne il primo insediamento urbano; Palermo venne fondata da mercanti fenici, che la chiamarono Ziz. Le prime notizie storiche di Palermo, risalenti al 480 a.C. , quando i Cartaginesi in guerra contro le città alleate greche, dovettero rifugiarsi qualche giorno nel porto prima di intraprendere l'assedio di Imera, ci mostrano questa città già fiorente di commerci, molto popolata e ben difesa, sotto la saggia dominazione dei Fenici. Si vuole, anche, che allora si chiamasse Mahanath, cioè Accampamenti, poiché i Fenici, commercianti e navigatori, vi avevano posto una specie di accampamento o emporio permanente, data la facilità delle relazioni con l'Africa.
L'antico e definitivo nome di Panormo, che in greco significa tutto-porto, le derivò dal fatto che la città si adagiava su una stretta lingua di terra allungantesi sul mare e con ottimi approdi lungo tutta la spiaggia. Urbanisticamente Palermo fu divisa in due: la Paleopolis, la parte più antica,che sorgeva dove oggi é il Palazzo dei Normanni e la cattedrale di Palermo; a questa si aggiunse, successivamente, l'altro impianto urbanistico, la Neopolis. L'aspetto
attuale di Palermo è poco rappresentativo di quello della città
nell'antichità e che gli è valso il suo nome di 'Panormos'. |
Perimetro della città punica secondo R.Zottino. |
Esse
ridiscendevano poi verso la Porta Santa Agata alla Guilla, costeggiando
l'attuale area militare per continuare in seguito nelle vie Celso e
Candelai. |
Nelle sale del Duca di Montalto, dentro il Palazzo dei Normanni, è possibile vedere parte delle fortificazioni puniche; ciò che rimane di esse , permette di osservarne l'accuratezza della costruzione. L'uso di accorgimenti tecnici come l''anathyrosis' - per consentire la perfetta connessione a secco dei blocchi - evidenzia l'influsso di tecniche architettoniche proprie dell'architettura greca del V sec. a.C.
Oltre
la pesca, la caccia e l'allevamento che dovevano rappresentare una parte
importante della risorse alimentari della città, Palermo era ugualmente
rinomata per i suoi frutteti ed i suoi immensi campi di grano che si
estendevano fino all'abitato. A riprova di ciò, numerosi sono stati i ritrovamenti di anfore puniche, oggi conservate al Museo archeologico regionale "A. Salinas" insieme a due sarcofagi antropoidi in marmo, alcune sepolture, un'iscrizione e altre testimonianze, : queste sono caratterizzate dall'assenza del collo e dalla piccola bocca collegata alla spalla del vaso; dalla prima forma ovoidale del periodo arcaico, si passa più tardi a quella 'a siluro'. Da non tralasciare la visita in Piazza
Edison, lungo il viale della Libertà, nel quartiere Matteotti, di una rara
cisterna per cereali realizzata dai Punici. |
Le necropoli puniche di Palermo,inoltre, hanno fornito numerose informazioni sui riti di seppellimento, che sono principalmente quelli dell'inumazione e dell'incinerazione. Il tipo di sepoltura più documentato è costituito da tombe a camera ipogeica risalenti ad un periodo che va dalla fine del VI sec. agli inizi del III sec. a.C. L'ingresso alla camera mortuaria è preceduto da una serie di gradini scavati nella roccia ed è chiuso da lastroni di calcarenite. All'interno della stanza si trovano in genere uno o più sarcofagi; i resti degli inumati si trovano per lo più all'interno di questi o anche in anfore, mentre il corredo è in genere posto fuori. Talvolta il corpo veniva invece deposto entro una fossa scavata nella roccia e chiusa con lastre in terracotta.
Nel corso della prima guerra punica, che opponeva Cartagine a Roma e che aveva come posta l'intera Sicilia, la posizione strategica di Palermo al centro del conflitto, costrinse i Romani a concentrare una buona parte delle loro forze sulla città punica che cadde nelle loro mani nel 254 a.C.
Se le
nostre informazioni sulla città di Palermo e le altre colonie puniche in
generale sono molto scarse, queste dipendono interamente dalla letteratura
greca e latina, molto ostile al mondo punico.
In effetti dopo la distruzione di Cartagine avvenuta nel 146 a.C., il
Senato romano aveva donato ai suoi principali alleati africani tutte le
biblioteche della città, oggi completamente scomparse, e ciò ci priva di fonti
dirette e dettagliate sulle differenti colonie puniche.
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