Il
tramonto del colonialismo. L'Asia e l'America Latina
Parola chiave: Non violenza
Il declino degli imperi coloniali: Si sarebbe definitivamente compiuto durante
e dopo il secondo conflitto mondiale.
Diffusione dell'ideologia wilsoniana, che riconosceva, almeno in teoria il
diritto all'autodeterminazione dei popoli.
Gli inglesi in particolare, avevano giocato spregiudicatamente contro i turchi
la carta del nazionalismo arabo. 1915-16 collaborazione militare con Hussein
(beduini) contro l'Impero ottomano (figura leggendaria di Lowrence d'Arabia),
in cambio: appoggio alla creazione di un grande regno arabo indipendente
comprendente l'Arabia, la Mesopotamia e la Siria. Le vere intenzioni della Gran
Bretagna sul futuro dei territori arabi sottratti all'impero ottomano erano
però diverse.
1916: alla Francia la Siria e il Libano, all'Inghilterra la Mesopotamia e la
Palestina.
1917: dichiarazione di Balfour: venne riconosciuto il diritto del movimento
sionista a creare una sede nazionale per il popolo ebraico (legittimata, in
termini alquanto ambigui, l'immigrazione sionista)
Definitivo collasso dell'Impero ottomano. generale Mustafà Kemal assunse la
guida del movimento di riscossa nazionale.
Inglesi e francesi lasciarono la Grecia a vedersela da sola contro i
nazionalisti turchi.
1922: in Turchia fu proclamata la Repubblica e fu nominato presidente con
poteri semidittatoriali, Kemal (insignito del soprannome di Ataturk, ossia
«padre dei turchi»).
Gran Bretagna: fin dagli anni '20 allentamento dei vincoli fra la madrepatria e
i territori d'oltremare, creazione dei regni arabi di Iraq e Transgiordania (e
più tardi, dell'Arabia Saudita), alla rinuncia al protettorato inglese
sull'Egitto, ma conservò il controllo del canale di Suez.
1926: (Canada, Sud Africa, Australia) furono riconosciuti come «comunità
autonome» e «liberamente associate come membri del Commonwealth britannico».
India: 1919: movimento nazionalista indiano, prestigioso leader indipendentista
Mohandas Karamchand Gandhi. nuove forme di lotta, basate sulla resistenza
passiva, sulla non violenza, India verso la piena indipendenza, cui si sarebbe
giunti dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Cina: le grandi potenze occidentali che riconobbero al Giappone il diritto di
subentrare alla Germania sconfitta nel controllo economico della regione dello
Shatung.
Shangai, massimo centro industriale cinese e roccaforte dei comunisti
comunisti, soli autentici difensori degli interessi nazionali.
La strategia contadina impostata soprattutto da Mao Tse-tung rovesciava la
teoria marxista ortodossa in modo ancor più radicale di quanto non avesse fatto
a suo tempo Lenin.
Chang Kai-shek decise i dare la priorità alla lotta contro i comunisti, anche a
costo di trascurare la minaccia giapponese, lunga marcia Mao Tse-tung, riuscì a
salvare il nucleo dirigente comunista e a ricostruire la sua «Repubblica
sovietica» proprio nelle zone in cui più forte era la minaccia giapponese.
1937: i giapponesi sferrarono un attacco in forze contro l'intero territorio
cinese.
1939: il Giappone controllava buona parte della zona costiera, tutto il
Nord-Est industrializzato e quasi tutte le città più importanti. A questo punto
le vicende della guerra cino-giapponese cominciarono ad intrecciarsi con quelle
del secondo conflitto mondiale che stava allora scoppindo in Europa.
Giappone: posizione di massima potenza asiatica, stagione di crescente
autoritarismo.
America Latina: Dittature militari e regimi populisti
Trujillo a Santo Domingo (1930), di Batista a Cuba (1933) e di Somoza in
Nicaragua (1936), tutte destinate a durare ben oltre la fine della seconda
guerra mondiale, con l'eccezione del Cile, che riuscì a conservare le sue
istituzioni parlamentari.
1930: in Argentina, il primo paese latino-americano ad aver conosciuto un
processo di democratizzazione già prima della grande guerra.
In Brasile una rivolta popolare portò al potere Vargas
In Messico, forma di populismo molto avanzata sul piano sociale, presidenza di
Cardenas (1934-40).
In Argentina il populismo si sarebbe affermato negli anni della seconda guerra
mondiale, Juan Domingo Peron.