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ANALISI DELLA CONDIZIONE DELLA DONNA ALL'INTERNO DELLA SOCIETÁ MEDIOEVALE
Il ruolo della donna nella storia umana è molto spesso cambiato di posizione rispetto alla figura maschile: dagli inizi della storia si può infatti assistere a diverse concezioni della figura femminile, con profondi cambiamenti durante il corso del tempo e secondo le varie civiltà.
La donna nella società medioevale aveva un ruolo abbastanza rilevante, poiché lei è colei che genera il successore e l'erede, e si sente maggiormente l'importanza di questa funzione salendo man mano di rango: da lei dipende la continuità della dinastia. In assenza del marito, ella sapeva però svolgere attività importanti, come la reggenza, l'amministrazione di fondi, di rendite, dei capitali della casa o la prosecuzione di un'attività artigianale, e la maggior parte delle donne si è dimostrata capace e all'altezza del lavoro svolto dal marito. Ciò perché al suo lavoro metteva obiettivi precisi, come la conservazione e l'equilibrio.
Fino al XII secolo, nel Reich tedesco la figura della reggente aveva la possibilità di partecipare al potere con il re ed ella aveva spesso più cultura del marito, favoriva la mediazione tra due differenti popolazioni e dava slancio all'arte poetica o alle usanze cortesi. All'interno della città, la donna non aveva invece nessuna efficacia politica, e , pur partecipando pienamente dei diritti borghesi del marito, ella non aveva responsabilità politiche dirette, né sembra le abbia mai cercate. Nella storia medioevale vi è una netta differenza tra lo stato dirigente delle potentes e la massa dei pauperes sia dal punto di vista delle proprietà e dei redditi, sia da quello dei modi di vita. Questo avveniva perché non esisteva uno strato intermedio borghese nell'Alto Medioevo e perché vi era un divario numerico enorme dei componenti delle due classi.
Perciò ho scelto di descrivere la figura femminile in questo particolare periodo storico analizzando le sue varie sfaccettature, all'interno dei vari strati sociali, che ne hanno sviluppato le diverse caratteristiche.
In generale, le donne nobili vivevano nei loro castelli, nei quali, in tempo di pace, si occupavano di tutta la sfera riguardante l'economia domestica e si dedicavano a tempo pieno al lavoro di tessitura e ricamo di stoffe pregiate. Essendo questo molto lungo, la donna si circondava di aiutanti e si formavano così veri e propri gruppi di lavoro all'interno delle stanze del castello.
Non si deve però pensare che la donna appartenente a questa classe sociale avesse una vita facile. Il fatto di appartenere all'elevata nobiltà faceva sì che fossero obbligate ad essere sempre presenti e pronte a occupare il posto del marito in caso questi si assentasse per battaglie o motivi polico - economici. Per far ciò, esse dovevano essere dotate di un forte carattere e spesso, per meglio svolgere questi compiti, approfondivano la loro conoscenza in campo culturale. A ciò è dovuto il fatto che spesso le donne avevano un grado di conoscenza della cultura di molto superiore rispetto ai loro mariti.
Attorno al 1050 si hanno le prime testimonianze relative alla capacità giuridica da parte di donne di ricevere feudi, dapprima nella parte nord - occidentale dell'Europa, poi verso l'intero continente, anche per una maggiore aperture della mentalità popolare verso le innovazioni. Dal 1156 si stabilì la possibilità da parte delle figlie di ereditare o possedere un ducato, con un particolare permesso da parte dell'imperatore. Il feudatario doveva esprimere chiaramente il suo consenso e la sua volontà alla successione alla figlia del suo feudo (come rivela una sentenza imperiale del 1299) e la figlia doveva riconoscere il passaggio ereditario come un privilegio concesso dall'imperatore. Gradualmente vi fu un'imporsi dell'usanza, tuttavia non ci fu mai un riconoscimento in linea di principio della successione ereditaria femminile nel sistema feudale. Questo perché si preferiva evitare il passaggio di un feudo ad una figlia femmina, che comportava una minore possibilità di incrementare il feudo. Per ovviare a questa penalizzazione si cercava allora di influenzare le scelte matrimoniali delle figlie, obbligando all'unione con il prescelto dal padre.
Le prime manifestazioni di letteratura cortese si hanno nella Francia degli inizi del XII secolo. Questa nacque come reazione contro la rigidità dell'etica morale della Chiesa e come sfogo di una spinta alla rivoluzione del modo di pensare e dei costumi.
La letteratura cortese forniva, per il Medioevo, una nuova visione dell'amore, grazie ai trovatori, ai trovieri ed ai romanzieri; un amore fondato soprattutto sulla sublimazione della donna.
I primi furono i poeti di lingua d'oc, che predicavano la bellezza dell'amore, visto non come follia o disonore per l'uomo, ma come saggezza e come un sentimento in grado di esaltare tutte le qualità affettive e spirituali di una persona.
La dama nell'amore cortese è l'estasi di ciascun uomo. L'amante è accecato dalla bellezza della donna, la sua devozione a lei è estrema, egli le è completamente sottoposto e le deve perciò un lungo e totale servizio amoroso, senza mai aspettarsi una ricompensa. La figura femminile è quindi esaltata come la più bella e la più nobile, e per lei l'uomo innamorato perde la sua personalità, trovandosi come un bambino.
Per i romanzieri della Francia settentrionale l'amore era cosa meno casta e la donna provocava piacere, oltre che spirituale, anche carnale. Questo amore occupava maggiore spazio nei romanzi rispetto alle opere dei poeti lirici. Per questo fatto le figure femminili assunsero un rilievo più accentuato, mentre prima l'opera si svolgeva quasi esclusivamente attorno al tema dell'amore come estasi. La dama idolatrata dai trovatori era spesso un essere indefinito, idealizzato, sublimato, mentre l'eroina dei romanzieri era sempre un essere di carne.
La bellezza fisica della donna seduceva il cavaliere quasi quanto la sua perfezione morale, poiché l'amore nasce dall'attrazione fisica in primo luogo. Anzi, dalla seconda metà del XII secolo, l'idea che si abbia un'identità tra bontà e bellezza prese sempre maggiore diffusione, per il principio che una bella apparenza non può che riflettere ottime qualità interiori, la bellezza era data da un'immagine molto convenzionale, che corrispondeva agli stereotipi della moda. Fondamentalmente la pelle doveva essere chiara, il viso ovale, i capelli biondi, la bocca piccola, gli occhi azzurri e le sopracciglia disegnate. Secondo Marie de France, la damigella ideale doveva avere queste qualità:
"Ha il corpo ben fatto, i fianchi stretti, il collo più bianco della neve su un ramo. I suoi occhi sono grigio-azzurri, il viso chiarissimo, la bocca gradevole ed il naso regolare. Ha le sopracciglia brume, la fronte ampia, i capelli ricciuti e biondissimi. Alla luce del giorno sono più luminosi dell'oro."
Anche se poco descritte dai poeti, le altre parti del corpo femminile sono le gambe lunghe, il seno piccolo e , generalmente, la donna doveva essere esile e slanciata.
Nel mondo contadino le mansioni dei due sessi erano molto differenti, sebbene si possa pensare a un comune lavoro nei campi, e ciò è dovuto alle origini molto antiche dei lavori svolti in questa particolare classe sociale. In particolare, la figura femminile svolgeva le molte attività riguardanti l'economia domestica. Più concretamente: preparava il bagno, macinava il grano prodotto nei campi, utilizzando una macina a mano, produceva la birra, cucinava e puliva l'abitazione, aiutava nei lavori svolti al vigneto, raccoglieva nel bosco tutti quei prodotti necessari che crescevano selvaticamente e partecipava alla raccolta cerealicola.
Ma l'attività principale per la donna era, per la donna ricca come per la povera, la tessitura. Questa e tutti i lavori ad essa collegati, come la raccolta delle fibre tessili o la tintura dei capi, erano vietati di precetto per il giorno festivo della settimana, la domenica. La donna contadina produceva e cuciva abiti per tutta la famiglia e spesso collaborava ai lavori necessari al signore fondiario. Nel periodo dell'Alto Medioevo si assistette anche al sorgere di manifatture tessili dove lavoravano esclusivamente donne e nelle quali erano offerti vitto, alloggio vestiario, ma non salario in moneta. In questi edifici avveniva anche la tintura ed offrivano condizioni di lavoro ottime, in quanto essi erano solidi e caldi. Per le donne che lavoravano in queste manifatture il destino non era però del tutto roseo ed esse non erano molte stimate dal resto della popolazione.
La famiglia contadina non era molto grande e la media del numero dei figli variava da tre a quattro. Le famiglie erano nucleari, ma si è potuto assistere al raggruppamento di più famiglie in uno stesso podere, mentre le famiglie allargate erano molto rare.
In caso di morte del marito, la donna assumeva l'eredità, che passava direttamente al figlio ereditario. Questi si impegnava nella cura della madre e delle sorelle, fino a quando fondava una sua famiglia. Era infatti molto raro che una donna vedova o nubile fosse contestataria di un podere o di possedimenti terrieri.
Non sempre le donne giuridicamente libere erano in grado di mantenersi o di difendersi da sole. Per loro si profilava quindi la soluzione di rinunciare in parte alla loro libertà , mettendosi sotto la protezione della Chiesa, di una signoria ecclesiastica e di divenire quindi censuali. Per far parte di questo particolare gruppo di persone devote, era necessario pagare un canone annuo, spesso sotto forma di cera per la produzione di candele, un censo per la morte e una tassa per sposarsi. In cambio si riceveva protezione, esenzione dai servizi obbligatori verso ufficiali pubblici o signori stranieri e la franchigia dall'essere posti in vendita nei casi di eredità o di cessione dei feudi. Per tutte queste ragioni il numero di donne tra i censuali era molto elevato.
Per iniziare a comprendere la figura della donna che viveva in convento durante il Medioevo, bisogna prima di tutto ricordarsi che la visione della vita monastica era differente dall'attuale.
Generalizzando, si possono vedere i monasteri del tempo come dei centri di potere dotati di notevoli patrimoni fondiari, in quanto la maggior parte di essi sorse grazie a donazioni e per volere di ricchi signori, che lo facevano spesso dirigere alle figlie o alle sorelle che avevano deciso di dedicarsi alla vita monastica. Molti nobili vedevano però il monastero come un futuro sicuro ed agiato per le figlie nubili ed esercitavano così una spinta verso una vita da una parte meno libera, ma dall'altra ricca di privilegi ed agi. Per questo fatto, le donne provenienti da una nobiltà molto elevata, accettavano la vita monacale, ma spesso non riuscivano ad accettare appieno il dovere all'obbedienza incondizionata.
Le regole dei monasteri femminili non differivano da quelle dei monasteri maschili. Più diffusi erano i monasteri che si basavano sugli insegnamenti di Cesario e di Colombano, missionario irlandese che diede notevole diffusione alla sua regola, visitando i centri europei più importanti. Donna che ha interpretato al meglio queste regole è Santa Geltrude, la cui opera fu importante anche dal punto di vista di diffusione della cultura e per i suoi rapporti con i Carolingi. Ella può essere vista come il modello a cui tutte le donne sacramentate del tempo aspiravano e che meglio incarnava la "monaca tipo" medievale.
Dopo questa fase missionaria la vita nel monastero ha continuato ad offrire notevoli possibilità di azione per le monache. Esse infatti istituirono ritiri per le donne, senza che queste avessero l'obbligo dei voti di povertà e castità.
All'interno del monastero e del ritiro si svolgeva una vita ricca di preghiere e opere di carità, e particolare attenzione era data all'educazione e all'istruzione delle giovani fanciulle. Inoltre vi era particolare interesse per la poesia, la storiografia, la filosofia. La miniatura di libri e spesso le monache amministravano le estese proprietà fondiarie che il monastero possedeva. Sotto questo punto di vista si può quindi affermare che sono state fatte molte opere di rilievo anche sul piano temporale, oltre che spirituale. La loro azione ha fatto sì che fossero proprio femminili le uniche strutture assistenziali come ospedali,ostelli e le già citate scuole. Questo permetteva infatti l'unione di due azioni fondamentali: quella caritativa e quella di divulgazione della cultura in un mondo ignorante, soprattutto nelle classi sociali più povere.
Sulla società urbana si hanno informazioni abbastanza dettagliate, soprattutto sull'economia e sulla collocazione sociale della donna al suo interno. Tuttavia vi sono differenze molto profonde fra le diverse città a causa delle dimensioni, delle collocazioni geografiche e delle economie interne.
La donna nella società urbana, oltre alle mansioni di economia domestica, poteva essere attiva nell'economia svolgendoli suo ruolo all'interno del settore mercantile assieme al marito, in quanto non poteva avere un'attività economica di commercio in proprio. La parte che ritengo interessante approfondire è appunto questa, analizzando specialmente ciò che è avvenuto per quanto riguarda la città di Lubecca, in Germania.
In questa città, giuridicamente la donna doveva presentare al suo matrimonio una dote, che diventava possesso della famiglia nascente, mentre ciò che ella possedeva prima della sua vita coniugale e il suo patrimonio personale avevano particolari protezioni da parte della legge. Vi è infatti la presenza di questa figura già nei manoscritti latini del diritto di Lubecca, segno dell'importanza della sua figura, tanto da suscitare una specifica trattazione giuridica.
Innanzi tutto, per legge, i giuramenti e le garanzie che le donne prestavano avevano valore assoluto e, sul piano dell'indebitamento e del fallimento, esse erano di pari diritti e doveri dei mercanti uomini; anche la donna non poteva effettuare testamento senza il consenso degli eredi e dei tutori.
Per quanto riguarda le sue capacità giuridiche in rapporto al patrimonio del marito, il diritto di Lubecca ha molteplici leggi. Una donna, rimasta vedova, aveva la possibilità di abitare nella casa di famiglia vita natural durante e secondo una sentenza del 1482, il patrimonio della moglie (denari, rendite, terreni posseduti prima del matrimonio, ad esclusione della vera e propria dote) precedeva tutti i debiti contratti dal marito defunto. La librazione della quota della moglie poteva però avvenire anche in caso di fallimento del marito nella sua attività commerciale, di un eccessiva contrazione di debiti da parte di questi o di una conduzione di vita palesemente troppo dispendiosa. Nei casi in cui era minacciato il patrimonio, non rispondeva quindi dei debiti del marito, e il lascito delle proprietà della moglie era proprio considerato uno dei debiti con pagamento privilegiato. La donna aveva però una quota massima che poteva alienare autonomamente, e ciò per evitare lo sviluppo di un'attività autonoma da parte sua, mentre poteva comprare prodotti in lino e canapa con il patrimonio del marito.
Dal 1586, secondo il diritto di Lubecca, la donna mercante, assieme al marito, formavano un'unica comunità che rispondeva con i reciproci patrimoni alle attività commerciali.
Riassumendo l'attività femminile nell'ambito mercantile, possiamo quindi sostenere che le donne abbiano avuto successo elevato, tenendo conto che era molto più difficile per loro accumulare un patrimonio considerevole attraverso questa occupazione, che in alcuni casi era svolta su largo raggio d'azione (alcune commercianti avevano depositi sino in Svezia), ma in altri era solo una vendita al dettaglio, lavoro secondario alla cura della casa.
Analizzando un'altra città renana, Colonia, si può invece incontrare un'altra attività spesso svolta da donne, l'attività artigianale della produzione di tessuti. Uno sviluppo così ampio in questa città è stato dato dalla profonda concezione della parità di possibilità di successo economico e dalla idea di sottomissione allo stesso regime penale per tutti i cittadini, indipendentemente dal sesso o dallo stato sociale. Infatti, in questa società le donne riuscirono a conseguire notevoli successi proprio per la loro capacità giuridica ampia.
Le donne, per avviare un'attività produttiva, dovevano fare richiesta di ammissione fra i cittadini e, da quel momento l'attività era sottoposta a precise regolamentazioni, dettate dalle corporazioni. Innanzi tutto il lavoro non poteva iniziare prima dell'alba e finire dopo il tramonto, e ciò per sfruttare appieno la luce del giorno. Per avviare un'attività in proprio era anche necessario un apprendistato di quattro anni, concluso da un esame, nel quale la maestra controllava il lavoro effettuato dall'allieva. In caso di risultato soddisfacente, l'apprendista poteva avviare in casa propria un laboratorio artigianale, pagando una tassa d'entrata alla corporazione.
Le apprendiste erano generalmente della stessa classe sociale delle maestre, ed erano composte per il dieci per cento circa da figlie di membri della corporazione, dalla maggioranza di figlie di commercianti e da una minoranza di ragazze provenienti da fuori città.
Donne appartenenti alla corporazione potevano avviare allo stesso lavoro solamente una figlia, facendole seguire il periodo di apprendistato, con la possibilità di aiutarla finanziariamente, ma non dandole materiale primo alla lavorazione. La tassa d'entrata all'a corporazione era presente, ma ridotta alla metà.
Nella città di Colonia le donne erano, per tutte queste agevolazioni, impegnate per la maggior parte nel settore della tessitura, che tra l'altro dominavano insieme ad altri settori, in quanto possedevano maggiore manualità rispetto agli uomini. Le donne erano invece assenti tra sellai, falegnami, calzolai, orefici, copritori di tetti, mugnai, scultori, pescatori e fabbri.
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