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Il dopoguerra in europa




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IL DOPOGUERRA IN EUROPA


Le trasformazioni

Le conseguenze della prima guerra mondiale non furono solo la morte di vite umane e lo sconvolgimento dei confini fra gli Stati, ma poiché essa era stata la più grande esperienza di massa, aveva agito come acceleratore dei fenomeni sociali. Le persone inviate a combattere per difendere la propria Patria si erano trovati inseriti in una comunità organizzata gerarchicamente e si erano abituati a vivere in gruppo, a obbedire, a comandare ma soprattutto a maneggiare armi.

Tornati alla vita civile, i combattenti hanno trovato una realtà molto diversa. Le donne ora lavoravano nei campi, nelle fabbriche e negli uffici. Molti lavoratori si spostavano dalle campagne alle città. Ovviamente con il distacco così repentino dal nucleo familiare da parte di molti giovani, con l'allargamento del lavoro femminile, l'assenza dei padri, la famiglia entrò in crisi e molte furono le modifiche che subì. Le donne diventavano più indipendenti, c'era minor rispetto delle regole, l'abbigliamento più libero e disinvolto. I giovani cercavano nuove fonti di divertimento e lo trovavano nei cinema  o nella musica.

Il primo problema che le classi dirigenti si posero fu quello del reinserimento dei reduci di guerra. Era ovvio che chi aveva rischiato la vita sui campi di battaglia tornava a casa con una nuova coscienza dei propri diritti e con la convinzione di aver maturato un credito nei confronti della società. La guerra aveva dimostrato l'importanza del principio di organizzazione applicato alla massa. I cittadini avevano capito che per far valer i propri diritti e affermare le proprie rivendicazioni era necessario associarsi in gruppi il più possibile numerosi. da qui la massificazione della politica. Partiti e sindacati videro aumentare il numero degli iscritti e i loro apparati divennero sempre più complessi e centralizzati. Persero importanza le forme tradizionali dell'attività politica nei regimi liberali, mentre acquistavano peso le manifestazioni pubbliche basate sulla partecipazione diretta dei cittadini. L'aspirazione a un ordine nuovo era comune alla maggioranza degli europei.


Le conseguenze economiche

Possiamo affermare che tutti i paesi, tranne gli Stati Uniti uscirono dal conflitto in condizioni di gravissimo dissesto economico. I governi avevano sopperito al fabbisogno di denaro stampando carta moneta in eccedenza e mettendo in moto il processo inflazionistico che distrusse posizioni economiche solidissime ed erodeva i risparmi dei ceti medi. Gli operai dell'industrie riuscirono a difendere le loro retribuzioni reali meglio degli impiegati. Tutto ciò creava molte tensioni e non contribuiva al raggiungimento della pace sociale. I governi europei dovettero affrontare i problemi legati al passaggio dall'economia di guerra a quella di pace.

Gli Stati Uniti e il Giappone aumentarono l'esportazioni, l'Argentina e il Brasile, il Canada e l'Australia svilupparono una propria produzione industriale mentre la Gran Bretagna e la Francia persero molti partner commerciali. Nel dopoguerra ci fu una ripresa del nazionalismo economico e di protezionismo doganale, soprattutto fu adottato dagli stati che volevano sviluppare una propria economia. L'industria europea riuscì in un primo piano a mantenere e incrementare i livelli produttivi degli anni di guerra. Questa espansione artificiale, si accompagnò a una stagione di intense lotte sociali e fu seguita da una fase depressiva.


Il biennio rosso

Tra il 1918 e il 1920 il movimento operaio europeo, fu protagonista di un impetuosa avanzata politica che assunse l'aspetto di una ventata rivoluzionaria.

I partiti socialisti registrarono numerosi incrementi elettorali. I lavoratori diedero vita a un imponente ondata di agitazione che consentì agli operai dell'industria di difendere o migliorare i livelli reali delle loro retribuzioni e di ottenere la riduzione dell'orario di lavoro a 8 ore a parità di salario.

Le grandi ondate di lotte operaie del biennio rosso, favorirono la formazione di consigli operai che scavalcavano le organizzazioni tradizionali dei lavoratori e si proponevano come rappresentanze dirette del proletariato. L'ondata rossa del 19-20 si manifestò in molti paesi. In Francia e Gran Bretagna le classi dirigenti contennero la pressione del movimento operaio. In Germania, Austria e Ungheria ci furono veri e propri tentativi rivoluzionari, ma che furono stroncati quasi rapidamente.

La rivoluzione d'ottobre in Russia, aveva accentuato la frattura fra le avanguardie e il movimento operaio. Il contrasto fu sancito nel 19 con la costituzione dell'Internazionale comunista e con la fondazione in Europa di partiti ispirati al modello bolscevico.


La rivoluzione nell'Europa centrale

Già al momento della firma dell'armistizio lo stato tedesco si trovava in una situazione rivoluzionaria. L'esercito si disgregò e i soldati si riversarono nel paese. Il governo era esercitato da un consiglio dei commissari del popolo presieduto dal social democratico Ebert. Nelle città i veri padroni della situazione erano i consigli degli operai e dei soldati, che occupavano aziende e sedi di giornali, requisivano viveri da distribuire alla popolazione, dettavano le loro condizioni agli industriali. I leader socialdemocratici erano contrari a una rivoluzione di tipo sovietico e favorevoli a una democratizzazione del sistema politico. La linea del partito socialdemocratico portava allo scontro con le correnti radicali del movimento operaio tedesco; i rivoluzionari della lega di spartaco si opponevano alla convocazione della Costituente.

Il 5-6 gennaio del 1919 i berlinesi scesero in piazza per protestare contro la destituzione di un esponente della sinistra. I dirigenti spartachisti e alcuni leader "indipendenti" diffusero un comunicato in cui si incitavano i lavoratori a rovesciare il governo. La rivolta fu fronteggiata dal Commissario della Difesa Gustav Noske. Le squadre volontarie schiacciarono l'insurrezione. I leader del movimento furono arrestati e trucidati.

Il 19 gennaio si tennero le elezioni per l'Assemblea Costituente. I socialdemocratici, si affermarono come il partito più forte, ma essi non raggiunsero la maggioranza assoluta e quindi non potevano esercitare da soli, ma dovevano cercare l'accordo con almeno una parte dei gruppi "borghesi".

In questo caso i cattolici del centro. L'accordo fra socialisti, cattolici e democratici rese possibile l'elezione di Friedrich Ebert alla presidenza della Repubblica, la formazione di un governo di coalizione a direzione socialdemocratica e il varo della nuova costituzione repubblicana detta Costituzione di Weinar. Questa costituzione democratica, prevedeva il mantenimento della struttura federale dello Stato, il suffragio universale maschile e femminile, un governo responsabile di fronte al Parlamento e un presidente della Repubblica eletto direttamente dal popolo.

E' questo il periodo durante il quale alcuni generali diffusero la leggenda della pugnalata alla schiena: quella secondo cui l'esercito tedesco sarebbe stato ancora in grado di vincere se non fosse stato tradito da una parte del paese.

Nelle elezioni del 1920 la Spd subì una netta sconfitta e la guida del governo passò nelle mani dei cattolici.

Una situazione simile per alcuni versi fu quella dell'Austria. I socialdemocratici governarono il paese nella difficile fase del trapasso di regime. Nel 1920, le elezioni videro prevalere il voto clericale e conservatore delle campagne e a maggioranza assoluta andò al Partito cristiano sociale. Breve fu la vita della Repubblica democratica in Ungheria dove Miklos Horthy instaurò un regime autoritario sorretto dalla Chiesa e dai grandi proprietari terrieri.


La crisi del dopoguerra e il <<biennio rosso>> in Italia

L'economia italiana postguerra presentava i tratti tipici della crisi postbellica: sviluppo enorme di alcuni settori industriali, sconvolgimento dei flussi commerciali, deficit gravissimo, inflazione galoppante. La classe operaia chiedeva miglioramenti economici, maggior potere in fabbrica e manifestava tendenze rivoluzionarie. I contadini del Centro Sud tornavano dal fronte con una accresciuta consapevolezza dei loro diritti. I ceti medi coinvolti, colpiti dalle conseguenze economiche, tendevano a organizzarsi e a mobilitarsi per difendere i loro interessi e i loro ideali patriottici.

La classe dirigente liberale, contestata e isolata, non si mostrò in grado di dominare i fenomeni di mobilitazione di massa, mentre maggior importanza assunsero le forze socialiste e cattoliche che interpretavano meglio le nuove dimensioni assunte dalla lotta politica.

I cattolici nel 1919 crearono il Partito Popolare Italiano. Il suo primo segretario, Don Luigi Sturzo, presentò un programma d'impostazione democratica, ispirandosi alla dottrina cattolica.

In realtà il Ppi era molto legato alle strutture organizzative del mondo cattolico.

Nello stesso periodo ci fu la crescita del Partito socialista, la cui maggioranza era di sinistra, chiamata massimalista.

Il loro leader era Giacinto Menotti Serrati, il quale aveva come obbiettivo l'instaurazione della Repubblica socialista fondata sulla dittatura del proletariato.

L'Italia uscì dalla guerra nettamente rafforzata. Aveva raggiunto i suoi confini naturali e aveva visto scomparire dalle sue frontiere il nemico tradizionale, l'impero Asburgico.

Z il patto di Londra stabiliva anche che la Dalmazia fosse annessa all'Italia e che la città di Fiume restasse all'impero Austro-ungarico. La conferenza fu capeggiata dal presidente del consiglio Orlando e dal ministro degli esteri Sonnino, i quali chiesero l'annessione di Fiume in base al principio di nazionalità, ma tali proposte furono rifiutate. Si parlò allora di vittoria mutilata = espressione coniata da D'Annunzio. Nel 1919 ci fu una manifestazione clamorosa a cui facevano parte reparti militari e gruppi di volontari sotto il comando di D'Annunzio e occupando la città di Fiume fu istituita una reggenza provvisoria.

Fra il 1919 e il 1920 l'Italia attraversò una fase di agitazioni sociali, legate all'aumento dei prezzi al consumo. Le principali città furono teatro di una serie di violenti tumulti contro il caro-viveri.

Il settore dei servizi pubblici fu sconvolto da una lunga serie di scioperi che crearono disagio nell'opinione pubblica e provocarono reazioni contro la "scioperomania". Intense furono le lotte dei lavoratori agricoli che si verificarono nella Bassa Padana, dove le leghe rosse avevano il monopolio della rappresentanza sindacale, e in alcune aree del centro nord = zone in cui dominavano la mezzadria e la piccola proprietà e in cui erano attive le leghe bianche cattoliche.

Tra l'estate e l'autunno del '19 si sviluppò l'occupazione di terre incolte e latifondi da parte di contadini poveri.

Le elezioni si tennero nel novembre del 1919 e furono tenute con il metodo della rappresentanza proporzionale con scrutinio di lista = metodo che prevedeva il confronto tra liste di partito e che assicurava alle varie liste un numero di seggi proporzionale ai voti ottenuti e favoriva i gruppi organizzati su base nazionale. I socialisti si affermarono come il partito più forte. Ci fu l'accordo tra popolari e liberal-democratici.

Nel giugno 1920 cadde il governo Nitti e salì al potere Giolitti. Ottenne molti risultati in politica estera, firmando nel 1920, il trattato di Rapallo, con la Jugoslavia. L'Italia conservò Trieste, Gorizia e tutta l'Istria. Fiume fu dichiarata città libera.

Giolitti riscontrò molti problemi in politica interna = ci fu l'occupazione delle fabbriche, 1920. La vertenza si concluse con un accordo che accoglieva le rivendicazioni sindacali.

Nonostante l'accordo, e passata la grande paura, i ceti borghesi erano irritati dal governo per aver dimostrato debolezza e i lavoratori erano delusi.

Nel 1921 si tenne a Livorno il congresso del Comintern, dove la minoranza di sinistra abbandonò il Partito socialista per formare il Partito comunista che aveva un programma rigorosamente leninista.


Nascita e avvento del Fascismo

L'occupazione delle fabbriche e la scissione di Livorno segnarono in Italia la fine del biennio rosso. La classe operaia continuava ad accusare i colpi della crisi recessiva che stava investendo l'economia italiana e che portò ad un aumento della disoccupazione e alla perdita di potere contrattuale per i lavoratori. E' in questo clima che si sviluppò il fascismo.

Il movimento fascista era nato a Milano nel 1919 a cui capo vi era Benito Mussolini che aveva fondato i fasci di combattimento.

Questo movimento chiedeva riforme politiche e sociali audaci, e ostentava un acceso nazionalismo e una feroce avversione nei confronti dei socialisti.

All'inizio del '21 il movimento subì una mutazione e si fondò su strutture paramilitari (squadre d'azione) e puntò le sue carte su una lotta spietata contro i socialisti.

Nelle campagne padane si sviluppò il fascismo agrario; queste avevano ottenuto notevoli miglioramenti salariali e controllavano il mercato del lavoro. I socialisti disponevano di una fitta rete di cooperative e avevano in buona parte delle amministrazioni comunali.

Ma dentro c'erano dei contrasti, come il contrasto fra le strategie delle organizzazioni socialiste e gli interessi delle categorie intermedie.

Il 21 novembre 1920 a Bologna, i fascisti si mobilitarono per impedire la cerimonia d'insediamento della nuova amministrazione comunale socialista. I socialisti incaricati di difendere il Palazzo d'Accursio, sede del Comune, spararono sulla folla, composta dai loro stessi sostenitori. Da ciò i fascisti trassero il pretesto per scatenare una serie di ritorsioni antisocialiste, e i socialisti non furono in grado di contrattaccare. I proprietari terrieri scoprirono nei fasci lo strumento per abbattere il potere delle leghe e cominciarono a sovvenzionarli. Il movimento fascista vide affluire così numerose reclute. Il fenomeno dello squadrismo dilagò.

Le squadra si spostavano dalla città in camion verso le campagne. Obbiettivo era incendiare e devastare le camere del lavoro, i municipi ecc. Buona parte delle amministrazioni "rosse" della Valle Padana si dimisero. Giolitti, dal canto suo, appoggiava i fascisti perché pensava di potersene servire.

Nel 1921 ci furono nuovamente le elezioni dove parteciparono anche candidati fascisti nei cosiddetti blocchi nazionali. I risultati delle urne delusero. I socialisti subirono una lieve flessione, i popolari si rafforzarono e i liberal-democratici migliorarono le loro posizioni.

In definitiva la novità fu costituita dall'ingresso alla Camera di 35 deputati fascisti.

Quando il governo di Giolitti cadde, il suo successore fu l'ex socialista Ivanoe Bonomi, che tentò di far uscire il paese dalla guerra civile favorendo una tregua d'armi fra le due parti in lotta. La tregua fu conclusa nell'agosto del 1921 con il patto di pacificazione tra socialisti e fascisti. Ma questo accordo venne fronteggiato dai ras (fascisti intransigenti) e non ebbe vita lunga. Mussolini con i ras creò il Partito nazionale fascista.

Nel 1922 il ministero Bonomi cadde e al suo posto salì al potere Facta, ma la sua scarsa autorità politica diede ulteriore spazio alla violenza squadrista. Il fascismo si rese protagonista di operazioni sempre più clamorose a cui i socialisti non seppero opporsi.

Il 1 agosto '22 ci fu uno sciopero generale legalitario indifesa delle libertà costituzionali. I fascisti lanciarono una nuova e più violenta offensiva contro il movimento operaio.

Ai primi d'ottobre del 1922 in un congresso tenuto a Roma, i riformisti guidati da Turati abbandonarono il Psi per fondare il nuovo Partito socialista unitario.

Con il controllo della piazza, e avendo sbaragliato il movimento operaio, il movimento fascista doveva solo conquistare lo Stato.

A questo punto Mussolini giocò le sue carte. Da un lato intrecciò trattative con tutti i più autorevoli esponenti liberali; rassicurò la monarchia e si guadagnò il favore degli industriali. Dall'altro iniziò il progetto di una marcia su Roma con obbiettivo la conquista del potere centrale.

Il 27-28 ottobre 1922 iniziò la mobilitazione delle squadra fasciste, ma il re rifiutò di firmare il decreto per la proclamazione dello Stato d'assedio. Il rifiuto del re aprì alle camicie nere la strada di Roma e al loro capo la via del potere. Mussolini chiese e ottenne di essere chiamato lui stesso a presiedere il governo. La mattina del 30 ottobre Mussolini fu ricevuto dal re. Del nuovo gabinetto fecero parte, oltre a 5 fascisti, i liberali giolittiani, democratici e popolari.


La stabilizzazione moderata in Francia e in Gran Bretagna

Francia e Gran Bretagna raggiunsero l'obbiettivo della stabilizzazione, almeno sul piano della politica interna. In Francia la maggioranza di centro-destra, che controllò il governo dal '19 in poi, attuò una politica conservatrice. Solo nel '24 i radicali uniti ai socialisti in una coalizione elettorale riuscirono a prendersi la maggioranza e a portare alla presidenza Edouard Herriot. Ma il governo durò poco siccome non seppe affrontare la grave crisi finanziaria.

Nel '26 la guida del governo fu assunta leader dei moderati Raymond Poincaré; riuscì a stabilizzare il corso della moneta e a risanare il bilancio statale. In questi anni la Francia ebbe un vero boom economico incrementando la produzione in settori come il chimico e il meccanico.

Più difficile era la situazione dell'economia britannica. In questa situazione, trovando sempre più difficoltà nel mantenere le responsabilità relative al suo ruolo di nazione "imperiale", allentò i vincoli politici con i territori oltremare.

Nel '26 i dominions bianchi (Canada, Australia, Sudafrica, che già erano indipendenti) furono associati al Commonwealth britannico, libera federazione di Stati che sarebbe servita a mantenere una serie di legami economici e istituzionali tra Gran Bretagna e le sue colonie.

Anche qui furono le forze moderate a guidare il paese nel dopoguerra. La grande novità di questi anni fu il ridimensionamento dei liberali, che consentì ai laburisti di prendersi il ruolo di principali antagonisti dei conservatori e al sistema politico inglese di riprendere la tradizionale forma bipartitica.

I governi conservatori portarono avanti una politica di austerità finanziaria e contenimento dei salari che li portò a scontrarsi con i sindacati. L'episodio peggiore fu, con uno sciopero di minatori che chiedevano un aumento del salario; il governo non cedette e non ottennero nulla.

Il governo conservatore cercò di approfittare di questa situazione generale per minare alle basi dell'opposizione laburista: furono vietati gli scioperi di solidarietà e  fu dichiarata illegale la pratica in base alla quale chi aderiva alle Trade Unions era iscritto al Labour Party. I laburisti accusarono il colpo, che videro diminuire nettamente i propri iscritti, ma riuscirono a risalire e ad affermarsi nelle elezione del '29. Si forma così un nuovo governo liberal-laburista con a capo Mac Donald, anche se durò poco.


La Repubblica di Weimar

La repubblica nata dalla Costituente di Weimar rappresentò in Europa un modello di democrazia parlamentare aperta e avanzata, anche se molti fattori indebolivano il sistema repubblicano. Il più evidente motivo di debolezza era nella frammentazione dei gruppi politici, che rendeva instabili governi e maggioranze.

L'unica forza in grado di aspirare alla guida del paese era la socialdemocrazia. Grazie al sostegno datogli dalla maggioranza di una classe operaia, la Spd rimase il partito più forte e fece sempre sentire il suo peso nella vita politica tedesca.

Le classi medie si riconoscevano un po' nel Centro cattolico, un po' nel Partito tedesco-nazionale e nel Partito tedesco-popolare. Il Partito democratico tedesco accoglieva le adesioni degli intellettuali, dei borghesi e dei progressisti.

Ulteriore elemento di debolezza era la diffidenza nei confronti del sistema democratico; agli occhi della gente la Repubblica era associata alla sconfitta, all'umiliazione di Versailles e quella causata dal problema nazionale delle riparazioni. Queste riparazioni risultarono pari a 132 miliardi e l'annuncio provocò molte proteste. I gruppi dell'estrema destra nazionalista (dove si metteva in luce anche il piccolo partito nazionalsocialista guidata da Adolf Hitler) scatenarono una vera offensiva terroristica contro la classe dirigente repubblicana, accusata di tradimento per essersi piegata alle imposizioni dei vincitori. I governi di coalizione che si succedettero tra il '21 e il '23 si impegnarono comunque a pagare le prime rate delle riparazioni, ma evitarono interventi drastici sulle tasse e sulla spesa pubblica, quindi furono costretti a aumentare la stampa di carta-moneta. Il risultato fu l'inizio di un processo inflazionistico.

Nel 1923 la Francia e il Belgio inviarono truppe sul bacino del Ruhr. Impossibilitato a reagire il governo tedesco incoraggiò la resistenza passiva: imprenditori e operai del Ruhr abbandonarono le fabbriche rifiutando ogni collaborazione con gli occupanti. Questa occupazione rappresentò il definitivo tracollo finanziario, in quanto privava il paese di una parte delle sue risorse produttive e costringeva il governo a nuove spese per finanziare la resistenza passiva con sussidi alle imprese e ai lavoratori sul Ruhr.

Il potere d'acquisto del marco fu praticamente annullato; le conseguenze furono sconvolgenti.

Lo Stato stampava sempre più banconote con valore nominale sempre più alto. Chi riceveva in pagamento denaro svalutato cercava di liberarsene subito, alimentando così l'inflazione. Chi aveva titoli di Stato o risparmi in denaro perse tutto. Furono invece avvantaggiati chi possedeva beni reali (agricoltori, commercianti) e tutti quelli che avevano dei debiti.

Nel momento più drammatico però la classe dirigente reagì. Si formò un governo di "grande coalizione" composto da tutti i gruppo "costituzionali" e presieduto da Gustav Stresemann, leader del partito tedesco-popolare. Era convinto che la rinascita tedesca sarebbe avvenuta soltanto mediante accordi con le potenze vincitrici, ordinò la fine della resistenza passiva e riallacciò contatti con la Francia. Decretò lo stato d'emergenza.

A Monaco, nella notte tra l'8 e il 9 novembre '23  molti aderenti al Partito nazionalsocialista cercarono di organizzare un'insurrezione contro il governo centrale. Ma il complotto non ottenne l'appoggio dei militari e fu represso. Hitler fu condannato al carcere e la sua carriera politica sembrò conclusa.

Ristabilita l'autorità dello Stato, il governo cercò di rimediare alla crisi economica. Fu emesso un nuovo marco il cui valore era garantito dal patrimonio agricolo e industriale: Lo stato si comportava come un privato che impegna i suoi avere per garantirsi un credito. Nel frattempo fu avviata una politica deflazionistica che costò sacrifici ma consentì un graduale ritorno alla normalità.

Una vera stabilizzazione fu garantita dall'accordo sulle riparazioni raggiunto sulla base di un piano elaborato dallo statunitense Charles G. Dawes; questo diceva che la Germania avrebbe potuto far fronte ai suoi impegni solo se fosse stata messa in grado di far funzionare al meglio la sua forza produttiva, e prevedeva che la finanza internazionale sovvenzionasse lo stato tedesco con prestiti a lunga scadenza. La Germania ottenne così un grande aiuto per la ripresa economica.

Si stabilizzò anche la politica: i partiti di centro e centro-destra mantennero il potere fino al 1928 quando i socialdemocratici ottennero la guida del governo. Stresemann continuò la sua linea di collaborazione con le potenze vincitrici.


La ricerca della distensione in Europa

Il superamento della crisi tedesca segnò una svolta anche per l'intero assetto europeo uscito dai trattati di pace. Si inaugurò una fase di distensione e collaborazione tra Francia e Germania. Il risultato più importante di questa intesa fu rappresentato dagli accordi di Locarno nel 1925 che consistevano nel riconoscimento da parte di Francia, Belgio e Germania delle frontiere comuni tracciate a Versailles e nell'impegno di Gran Bretagna e Italia di farsi garanti di eventuali violazioni. Una anno dopo la firma del patto, la Germania fu ammessa alla Società delle Nazioni.

Nel 1929 un nuovo piano ridusse ulteriormente l'entità delle riparazioni e ne graduò il pagamento in 60anni.

Il graduale superamento del contrasto franco-tedesco parve aprire nuove prospettive di pace per l'Europa e per il resto del mondo. Ma tutto ciò si interruppe bruscamente in coincidenza della crisi economica mondiale. La Francia nel '30 dava il via alla costruzione di imponenti fortificazioni difensive lungo la frontiera con la Germania. Lo spirito di Locarno andava esaurendosi.  


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