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Napoleone Bonaparte (Ajaccio, 15 agosto 1769 - Isola di Sant'Elena, 5 maggio 1821) è stato un imperatore e generale francese , nonché figura storica di straordinaria rilevanza. Generale durante la Rivoluzione francese, governò la Francia a partire dal 1799: fu primo console dal novembre 1799 al maggio 1804 e imperatore dei francesi, con il nome di Napoleone I, dal dicembre 1804 all'aprile 1814 e nuovamente dal 20 marzo al 22 giugno 1815. Fu anche Presidente della Repubblica Italiana (Cisalpina) dal 1802 al 1805 e Re d'Italia dal 1805 al 1814, 'Mediatore' della Repubblica Elvetica dal 1803 al 1813, e 'Protettore' della Confederazione del Reno dal 1806 al 1813.
Grazie a una serie di brillanti campagne militari e alleanze, conquistò e governò larga parte dell'Europa continentale, esportando gli ideali rivoluzionari di rinnovamento sociale, e arrivando a controllare numerosi Regni europei tramite i membri della sua famiglia (Spagna, Napoli, Westfalia e Olanda). La disastrosa campagna di Russia (1812) segnò la fine del suo dominio sull'Europa. Sconfitto a Lipsia dagli Alleati europei nell'ottobre del 1813, Napoleone abdicò nell'aprile del 1814 e venne esiliato all'Isola d'Elba.
Nel marzo del 1815, abbandonata furtivamente l'Elba, sbarcò vicino ad Antibes e rientrò a Parigi 'senza sparare un sol colpo', riconquistando il potere per i famosi Cento Giorni, finché non venne definitivamente sconfitto a Waterloo dalla Settima Coalizione, il 18 giugno 1815. Trascorse gli ultimi anni di vita in esilio all'Isola di Sant'Elena, sotto il controllo degli inglesi. Dopo la sua caduta, il Congresso di Vienna ristabilì in Europa i vecchi Regni prenapoleonici (Restaurazione).
Fu il primo regnante della dinastia dei Bonaparte. Sposò Joséphine de Beauharnais nel 1796, e in seconde nozze l'Arciduchessa Maria Luisa d'Austria, l'11 febbraio 1810. Ebbe un figlio, Napoleone Luigi detto il re di Roma (1811-1832), e due figli illegittimi: Carlo, Conte Leone 1806 - 1881 (figlio di Catherine Eléonore Denuelle de la Plaigne 1787 - 1868) e Alessandro Giuseppe Colonna, Conte Walewski (1810 - 1868) (figlio della Contessa Maria Walewska 1789 - 1817), ministro degli esteri di Napoleone III.
La sua figura ha ispirato artisti, letterati, musicisti, politici e storici, dall'Ottocento sino ai giorni nostri
Napoleone Bonaparte nacque ad Ajaccio in Corsica poco più di un anno dopo la stipula del Trattato di Versailles (maggio 1768), che costrinse la Repubblica di Genova a lasciare mano libera alla Francia in Corsica, che fu così invasa dalle armate di Luigi XV e annessa al patrimonio personale del Re.
La famiglia Bonaparte apparteneva alla piccola borghesia còrsa[1] ed aveva forse lontane origini nobili toscane (sembra accertato che gli antenati fossero, al servizio di Genova, immigrati in Corsica da Sarzana nel XVI secolo).
Il padre di Napoleone, Carlo Maria Buonaparte (Napoleone mutò il cognome in 'Bonaparte' dopo la morte del padre, pochi giorni prima di sposare Giuseppina e poi partire per la campagna d'Italia), avvocato laureatosi all'Università di Pisa, aveva effettuato ricerche araldiche per ottenere, presso i lontani parenti toscani di San Miniato (Pisa), una patente di nobiltà che gli conferisse prestigio in Patria e gli permettesse di meglio provvedere dell'istruzione dei figli; morì di un tumore piuttosto giovane, nel 1785. La madre, Letizia Ramolino, sopravvisse allo stesso Napoleone, passando gli ultimi anni della sua vita a Roma, ove morì nel 1836. Letizia Ramolino ebbe 13 figli, di cui solo otto sopravvissero: i fratelli Giuseppe, Luciano, Luigi e Girolamo; le sorelle Elisa, Paolina e Carolina.
Fu solo grazie al titolo nobiliare ottenuto in Toscana che Carlo poté iscriversi al Libro della nobiltà di Corsica istituito dai francesi per consolidare la conquista dell'isola, e solo grazie a tale iscrizione, all'età di appena nove anni, il giovane Napoleone fu ammesso, per iniziativa del padre, alla Scuola militare preparatoria di Brienne-le-Chateau, nel nord della Francia, ove rimase per cinque anni.
Napoleone inizialmente non si considerava francese e si sentiva a disagio in un ambiente dove i suoi compagni di corso erano in massima parte provenienti dalle file dell'alta aristocrazia transalpina (l'accusa di essere straniero l'avrebbe perseguitato per tutta la vita). Senza amici e mal considerato, anche per l'apparenza fisica fragile, il giovane Napoleone si dedicò con costanza agli studi, riuscendo particolarmente bene in matematica. Il 22 ottobre 1784 Luigi XVI gli concesse un posto di cadetto-gentiluomo nella scuola militare di Brienne. Compiuti 15 anni, si iscrisse alla Scuola Militare di Parigi, fondata da Luigi XV. Nel 1785 tentò di passare in Marina, ma in seguito all'annullamento degli esami d'ammissione di quell'anno passò in Artiglieria, desideroso di abbandonare gli studi al più presto e dedicarsi alla carriera militare. Ottenne quindi la nomina a sottotenente a soli 16 anni, e fu distaccato presso un Reggimento di stanza a Valence (Drôme), nel sud-est della Francia.
Allo scoppio della Rivoluzione, nel 1789, Napoleone (ormai ufficiale del Re Luigi XVI) riuscì ad ottenere una lunga licenza e ne approfittò per riparare al sicuro in Corsica, ove si unì al movimento rivoluzionario assumendo il grado di tenente colonnello della Guardia Nazionale. Nel 1792 si rifiutò di tornare a servire nell'Armata in Francia e fu pertanto considerato disertore. Su pressione dei familiari, si convinse tuttavia a rientrare a Parigi, dove si presentò al Ministro della Guerra e difese la propria causa, con tali argomenti e abilità da ottenere non solo il perdono e il reintegro, ma persino la promozione ipso facto a capitano.
Nel frattempo (1793), in Corsica infuriava la guerra civile. Già dal 1792 gli eccessi rivoluzionari e l'instaurazione del 'Terrore' avevano spinto l'eroe nazionale dell'indipendenza corsa, Pasquale Paoli (che era rientrato trionfalmente nel suo Paese nel 1790, dopo il lungo esilio impostogli dai Re di Francia), a prendere le distanze da Parigi e a riprendere il cammino verso l'indipendenza della Corsica. Accusato di tradimento e inseguito da un mandato di arresto emesso dalla Convenzione il 2 aprile 1792, Paoli ruppe gli indugi il 17 aprile successivo, rivolgendosi con un appello direttamente al popolo corso affinché difendesse la propria patria e i propri diritti. I Buonaparte, che pure avevano sostenuto Paoli al tempo della rivolta contro Genova e poi contro le Armate di Luigi XV (il padre Carlo e forse anche la madre parteciparono accanto a Paoli alla battaglia di Ponte Nuovo, contro i francesi), scelsero invece la causa francese. Napoleone fuggì rapidamente ad Ajaccio e di lì riparò con l'intera famiglia - accusata di tradimento - a Tolone.
Da quel momento Napoleone sostenne con decisione la Rivoluzione e scalò rapidamente le gerarchie militari. Nel dicembre 1793, come tenente colonnello addetto all'artiglieria, liberò il porto di Tolone dai monarchici e dalle truppe inglesi che li appoggiavano; fu il suo primo clamoroso successo militare, che gli valse la nomina a generale di brigata e l'attenzione del futuro membro del Direttorio Paul Barras, che lo aiuterà poi nella scalata al potere. La sua amicizia con Augustin Robespierre, fratello di Maximilien, lo fece cadere in disgrazia all'indomani del 9 Termidoro e la conseguente fine del Terrore. Tuttavia, la fortuna gli arrise quando il 13 Vendemmiaio del 1795 Barras lo nominò improvvisamente comandante della piazza di Parigi, con l'incarico di salvare la Convenzione Nazionale dalla minaccia dei monarchici (realisti). Con l'aiuto di Gioacchino Murat al comando della cavalleria Napoleone colpì duramente i rivoltosi scongiurando un nuovo colpo di Stato. In seguito al brillante successo, Barras lo nominò generale del Corpo d'armata dell'Interno.
La Campagna d'Italia
Il 9 marzo 1796 Napoleone sposò Joséphine de Beauharnais, vedova di un ufficiale ghigliottinato dopo la Rivoluzione, e solo due giorni dopo partì per il fronte italiano al comando di 38.000 uomini malissimo equipaggiati, per una campagna che, nei piani del Direttorio, doveva essere semplicemente di diversione, poiché l'attacco all'Austria sarebbe avvenuto lungo due direttrici sul Reno.
Iniziava così la campagna d'Italia che avrebbe dimostrato il genio militare e politico di Napoleone il quale, nonostante l'inferiorità numerica e logistica, riuscì a sconfiggere ripetutamente le forze austriache.
Numerose le battaglie contro le forze armate austro-piemontesi a Dego, Millesimo, Cairo Montenotte e Cosseria. Il 10 maggio 1796 sbaragliò l'ultima difesa austriaca nelle celebre Battaglia al Ponte di Lodi e il 15 maggio dello stesso anno entrò a Milano. Il 16 maggio al posto dello Stato di Milano venne insediata l'Amministrazione Generale della Lombardia, entità politico-militare della quale facevano parte sia francesi (provenienti dalle file dell'Armata d'Italia) sia esponenti illuministi del capoluogo lombardo, come Pietro ed Alessandro Verri, Gian Galeazzo Serbelloni e Francesco Melzi d'Eril. Il 9 luglio 1797 venne proclamata la Repubblica Cisalpina (capitale Milano) e, nell'ottobre del 1796, si costituì la Legione Lombarda, prima forza armata composta da italiani ad adottare quale bandiera di guerra il Tricolore (Verde, Bianco e Rosso). Contemporaneamente le ex-legazioni pontificie si costituirono in Repubblica Cispadana e adottarono (7 gennaio 1797) il tricolore quale bandiera nazionale.
Le forze sabaude furono costrette a firmare il 28 aprile 1796 l'armistizio di Cherasco, che cedeva alla Francia Nizza e l'Alta Savoia. Le forze austriache, comandate dall'Arciduca Carlo d'Austria, terrorizzate dalla rapida marcia di Napoleone verso Vienna, dovettero accettare una tregua sfavorevole, che si concretizzò nel trattato di Campoformio, il 17 ottobre 1797. Oltre all'indipendenza delle nuove repubbliche formatesi, la Francia acquisiva i Paesi Bassi e la riva sinistra del Reno, gli Austriaci inglobavano i territori della, ormai, ex repubblica di Venezia. Terminava così, con un colossale smacco all'Austria, la campagna d'Italia.
Nel corso della campagna d'Italia, Napoleone dimostrò la sua brillante capacità strategica, capace di assorbire il sostanzioso 'corpo' delle conoscenze militari del suo tempo (particolarmente i più moderni insegnamenti di Federico II di Prussia) e di applicarlo al mondo reale che lo circondava. Ufficiale di artiglieria per formazione, la utilizzò in modo innovativo come supporto mobile agli attacchi della fanteria. Dipinti contemporanei del suo Quartier Generale mostrano che in queste battaglie utilizzò, primo al mondo, un sistema di telecomunicazioni basato su linee di segnalazione realizzate col semaforo di Chappe, appena perfezionato nel 1792.
La Campagna d'Egitto e di Siria
Nel 1798 il direttorio, geloso della popolarità del Bonaparte, lo incaricò di occupare l'Egitto per contrastare l'accesso inglese all'India. Un indizio della devozione di Napoleone ai principi dell'Illuminismo fu la sua decisione di affiancare gli studiosi alla sua spedizione: la spedizione d'Egitto ebbe il merito di far riscoprire, dopo centinaia di anni, la grandezza di quella terra, e fu proprio l'opera di Napoleone a far nascere la moderna egittologia, soprattutto grazie alla scoperta della Stele di Rosetta da parte dei soldati al seguito della spedizione. Napoleone aveva da anni accarezzato l'idea di una campagna in oriente, sognando di seguire le orme di Alessandro Magno ed essendo dell'idea che L'Europa è una tana di talpe. Tutte le grandi cose vengono dall'Oriente.
Dopo un'importante vittoria nella battaglia delle Piramidi, Napoleone schiacciò i mamelucchi di Murad Bay ed entrando al Cairo divenne padrone dell'Egitto. Pochi giorni dopo, il 1° agosto 1798, la flotta di Napoleone in Egitto fu completamente distrutta da Horatio Nelson, nella baia di Abukir, cosicché Napoleone rimase bloccato a terra. Dopo una ricognizione sul Mar Rosso, Napoleone decise di recarsi in Siria, col pretesto di inseguire il governatore di Acri Ahmad Jazzar Pascià che aveva tentato di attaccarlo. Giunto, però, il 19 marzo 1799 dinanzi a San Giovanni d'Acri, l'antica fortezza dei crociati in Terra Santa, Napoleone perse più di due mesi in un inutile assedio e la campagna di Siria si concluse con un fallimento.
Ritornato al Cairo, Napoleone sconfisse il 25 luglio 1799 un esercito di oltre diecimila ottomani (guidati da Mustafa Pascià) ad Abukir, proprio dove l'anno prima era stato privato di tutta la sua flotta. Preoccupato tuttavia delle terribili notizie dalla Francia (l'esercito in ripiegamento su tutti i fronti, il Direttorio ormai privo di potere) e consapevole che la campagna d'Egitto non aveva conseguito i fini sperati, Napoleone, lasciato il comando al generale Kléber, s'imbarcò in gran segreto il 22 agosto 1799 su un piccolo bastimento alla volta della Francia.
Il 18 brumaio e il Consolato
Il 9 ottobre Napoleone sbarcò a Fréjus, e la sua corsa verso Parigi fu accompagnata dall'entusiasmo dell'intera Francia, certa che il generale fosse tornato in patria per assumere il controllo della situazione ormai ingestibile. Ed in effetti era questa l'intenzione di Napoleone. Giunto a Parigi, egli riunì i cospiratori decisi a rovesciare il Direttorio. Dalla sua si schierarono il fratello maggiore Giuseppe e soprattutto il fratello Luciano, allora presidente del Consiglio dei Cinquecento, che con il Consiglio degli Anziani costituiva il potere legislativo della repubblica. Dalla sua Napoleone riuscì ad avere il membro del Direttorio Roger Ducos e soprattutto Emmanuel Joseph Sieyès, il celebre autore dell'opuscolo Che cos'è il Terzo Stato? e ideologo di punta della borghesia rivoluzionaria. Inoltre, dalla sua si schierò l'astutissimo ministro degli esteri Talleyrand e il ministro della polizia Joseph Fouché. Barras, pur membro del Direttorio, conscio delle capacità di Napoleone accettò di farsi da parte.
Fatta trapelare la falsa notizia di un complotto realista per rovesciare la repubblica, Napoleone riuscì a far votare al Consiglio degli Anziani e al Consiglio dei Cinquecento una risoluzione che trasferisse le due Camere il 18 brumaio (9 novembre) fuori Parigi, a Saint Cloud; Napoleone fu nominato comandante in capo di tutte le forze armate. Ciò fu fatto per evitare che durante il colpo di Stato qualche deputato potesse sollevare i cittadini parigini per difendere la Repubblica dal tentativo di Napoleone. L'intenzione di Napoleone era quella di portare le due Camere a votare autonomamente il loro scioglimento e la cessione dei poteri nelle sue mani. Non fu così: il Consiglio degli Anziani rimase freddo al discorso pasticciato di Napoleone per far pressione su di essa, mentre quando Napoleone entrò nella sala del Consiglio dei Cinquecento i deputati gli si lanciarono contro chiedendo di votare per rendere Bonaparte fuorilegge (cosa che voleva significare l'arresto e la ghigliottina). Nel momento in cui sembrava che il colpo di Stato fosse prossimo alla catastrofe, a soccorrere Napoleone giunse il fratello Luciano, che nelle vesti di presidente dei Cinquecento uscì dalla sala ed arringò le truppe schierate all'esterno, ordinando che disperdessero i deputati terroristi. Memorabile il momento in cui puntò la sua spada al collo di Napoleone e dichiarò: Non esiterei un attimo a uccidere mio fratello se sapessi che costui stesse attentando alla libertà della Francia. Le truppe, in gran parte veterani delle campagne di Napoleone, al comando del cognato di quest'ultimo, il generale Victor Emanuel Leclerc e del futuro cognato Gioacchino Murat, entrarono con le baionette innestate e dispersero i deputati. In serata, le Camere venivano sciolte e fu votato il decreto che assegnava i pieni poteri a tre consoli: Roger Ducos, Sieyes e Napoleone.
Il Consolato
Nominati consoli provvisori, i tre nuovi padroni della Francia redigevano insieme a due commissioni apposite una nuova costituzione, la costituzione dell'anno VIII che, ratificata con un plebiscito popolare, legittimava il colpo di Stato. Nel pensiero politico di Sieyes, il Consolato sarebbe dovuto essere un governo dei notabili, che assicurasse la democrazia attraverso un complesso equilibrio di poteri. Questo progetto fu mandato all'aria da Napoleone il quale, pur in teoria detentore del solo potere esecutivo, aveva in realtà facile gioco nello scavalcare il legislativo frammentato in ben quattro Camere. Fattosi nominare Primo Console, ossia concretamente superiore a qualsiasi altro potere dello Stato, Napoleone ricostruiva la Francia con una struttura amministrativa fortemente accentratrice ma così perfetta che è rimasta tale fino ad oggi: la Francia veniva frazionata in province, distretti e comuni, rispettivamente amministrate da prefetti, sottoprefetti e sindaci. Le casse dello Stato venivano risanate dalle conquiste di guerra e dalla fondazione della Banca di Francia, nonché dall'introduzione del franco d'argento che poneva fine all'era degli assegnati e dell'inflazione. La lunga lotta contro il Cattolicesimo si concludeva col Concordato del 1801, ratificato dal papa Pio VII, che stabiliva il Cattolicesimo 'religione della maggioranza dei francesi' (benché non religione di Stato), ma non riconsegnava al clero i beni espropriati durante la rivoluzione. Nel campo dell'istruzione, Napoleone istituì i licei e i politecnici, per formare una classe dirigente preparata e indottrinata, ma tralasciò l'istruzione elementare, essendo dell'idea che il popolo dovesse rimanere in una certa ignoranza per garantire un governo stabile e un esercito ubbidiente. Il consolato di Napoleone divenne 'a vita' con il plebiscito del 2 agosto 1802. Si apriva la strada all'istituzione dell'Impero napoleonico.
Il Codice napoleonico
Durante l'esilio a Sant'Elena, Napoleone sottolineò più volte che la sua opera più importante, quella che sarebbe passata alla storia più delle centinaia di battaglie vinte, sarebbe stato il suo codice civile, il Codice napoleonico. Indubbiamente, la sua frase colse nel segno.
Il Codice napoleonico legittimò le conquiste della Rivoluzione francese, fu esportato in tutti i paesi dove giunsero le armate di Napoleone, fu preso a modello da tutti gli Stati d'Europa e ancora oggi è la base del diritto italiano. Istituita l'11 agosto 1799, la commissione incaricata di redigere il codice civile (composta dal Secondo Console Jean-Jacques Régis de Cambacérès e da quattro avvocati) fu presieduta spessissimo dallo stesso Napoleone, il quale ne leggeva le bozze durante le campagne militari e inviava a Parigi dal fronte le sue idee sul progetto. Curioso l'episodio in cui lo stesso Napoleone stupì i giuristi del Consiglio di Stato citando con disinvoltura le leggi romane, apprese dalla lettura delle Istituzioni di Giustiniano avvenuta in giovenezza durante un breve periodo di prigionia . Il 21 marzo 1804 il Codice Civile, da subito ribattezzato Codice napoleonico, entrava in vigore.
Esso eliminava definitivamente i retaggi dell'ancién régime, del feudalesimo, dell'assolutismo, e creava una società prevalentemente borghese e liberale, di ispirazione laica, in cui venivano consacrati i diritti di eguaglianza, sicurezza e proprietà.
Per l'Italia, il valore del Codice napoleonico resta fondamentale, poiché esso fu esportato nelle repubbliche fondate da Napoleone e confluì poi nel codice civile italiano del 1865.
Di eguale valore ed importanza sono anche gli altri codici: di procedura civile emanato nel 1806, di commercio (1807), di procedura penale (1808) e il codice penale del 1810
Guerra in Europa, ascesa all'Impero
Durante l'assenza di Napoleone impegnato in Egitto, i francesi erano stati ripetutamente battuti in Italia dagli austriaci (battaglia di Novi Ligure) a Cassano d'Adda e sul Reno. La nuova coalizione antifrancese aveva rovesciato la Repubblica Napoletana del 1799, fondata dai francesi, e quella Romana e la Repubblica Cisalpina. Il 6 maggio 1800, sei mesi dopo il colpo di Stato di brumaio, Napoleone assunse nuovamente il comando dell'esercito francese. Con una marcia inarrestabile, valicò le Alpi al passo del Gran San Bernardo, un'impresa formidabile che colse di sorpresa gli Austriaci, i quali vennero rapidamente battuti a Montebello, mentre Napoleone ritornava a Milano. Il 14 giugno 1800 si combatté la battaglia di Marengo. Fu la più celebre della battaglie napoleoniche in Italia, la più dura ma la più definitiva. Alle tre del pomeriggio Napoleone aveva perso. Alle otto della sera il suo trionfo era completo. A rovesciare le sorti della battaglia fu il generale Desaix che, giunto sul campo con nuove truppe, annientò l'intero esercito austriaco del generale Melas, già certo della vittoria, ma morì in battaglia. Napoleone stesso attribuì la vittoria di Marengo a Desaix, piangendone la morte. A Milano viene provvisoriamente ricostituita la Repubblica Cisalpina che verrà sostituita dopo i Comizi di Lione dalla Repubblica Italiana (1802-1805)
La pace in Italia venne sancita con la pace di Luneville, che in pratica riconfermava il precedente trattato di Campoformio violato dagli Austriaci.
Nel 1802 venne proclamato Presidente della Repubblica Italiana (vice Presidente sarà il patrizio milanese Francesco Melzi d'Eril), titolo che conserverà sino al 17 marzo 1805 quando assumerà il titolo di Re d'Italia.
Con la pace di Amiens nel 1802, anche l'Inghilterra firmava la pace con la Francia. Napoleone aveva distrutto la nuova coalizione antifrancese, assicurandosi anche l'appoggio dello zar di Russia Paolo I. Per due anni l'Europa sarà finalmente in pace.
Nel 1802, Napoleone vendette una gran parte del Nord America
agli Stati Uniti come parte dell'Accordo sulla Louisiana; egli aveva appena
fronteggiato un grave disastro militare quando l'esercito mandato a conquistare
Santo Domingo e a stabilire una base nel mondo occidentale fu distrutto da una
combinazione di febbre gialla e di fiera resistenza capeggiata da Toussaint
L'Ouverture. Con le forze dell'Ovest non in condizione di agire, Napoleone capì
che non avrebbe potuto difendere la Louisiana e decise di venderla.
Ristabilì, nel 1802, la schiavitù nelle colonie francesi.
Dopo che Napoleone ebbe allargato la sua influenza alla Svizzera e alla Germania, una disputa su Malta fornì all'Inghilterra il pretesto nel 1803 per dichiarare guerra alla Francia e fornire sostegno ai monarchici francesi che a lui si opponevano. Infatti, la notte di Natale del 1800 Napoleone, la moglie e il suo seguito scamparono miracolosamente a un attentato dinamitardo nelle strade di Parigi, mentre si recavano all'Opera. Napoleone ne approfittò per mettere fuori legge i giacobini, molti dei quali vennero esiliati in Guyana, e disperdere i monarchici. Per dare un segnale forte ai Borboni, che ancora complottavano per ritornare sul trono francese, Napoleone fece catturare nel Brabante, sul confine francese, il duca di Enghien, legato alla famiglia reale esiliata, accusato di cospirazione contro il Primo Console e fucilato poco dopo. Anche il generale Moreau, implicato nel complotto realista, venne condannato a morte ma successivamente gli fu concessa la possibilità di espatriare negli Stati Uniti da dove ritornerà nel 1813 per unirsi all'esercito russo e morire durante la Battaglia di Dresda. Il ministro Talleyrand definì l'assassino del duca d'Enghien più che un delitto, un errore gravissimo.
Ormai console a vita, Napoleone era in pratica sovrano assoluto della Francia. Il 18 maggio 1804 il Senato lo proclamò imperatore dei francesi. Il 2 dicembre dello stesso anno, a Notre Dame, la Cattedrale di Parigi, fu celebrata la cerimonia di incoronazione: dopo che le insegne imperiali furono benedette da Papa Pio VII, Napoleone incoronò prima sé stesso imperatore dei francesi, e quindi imperatrice sua moglie Joséphine de Beauharnais. L'incoronazione imperiale di Napoleone costò all'amministrazione statale 5.151.574 franchi, sei volte di più di quella di Luigi XVI. Sono apocrife le voci secondo cui Napoleone strappò la corona dalle mani del Papa durante la cerimonia, per non assoggettarsi all'autorità pontificia.
Successivamente il 26 maggio 1805 nel Duomo di Milano, Napoleone fu incoronato Re d'Italia con la Corona Ferrea, ora custodita nel Duomo di Monza.
Rinasceva in Francia la monarchia. Ma non era la stessa monarchia rovesciata nel 1792, e privata dei poteri già nel 1789. Napoleone non era 're di Francia e di Navarra per grazia di Dio', come citavano le formule dell'ancién régime, ma 'Imperatore dei francesi per volontà del popolo'. Non veniva ricostruita la nobiltà feudale, ma rimanevano i principi di eguaglianza sanciti dalla Rivoluzione francese. Napoleone era l'imperatore rivoluzionario. Il più grande paradosso della storia.
La conquista dell'Europa
Nel 1805 si formò in Europa la terza coalizione contro Napoleone; egli aveva trascorso l'ultimo anno sulle coste della Normandia, a preparare una vasta operazione militare con l'alleanza della Spagna contro l'Inghilterra ma, comprendendo la situazione troppo sfavorevole, tornò improvvisamente sui suoi passi e si mise al comando della Grande Armata che, a marce forzate, giunse rapidamente nel cuore dell'Europa per sconfiggere le forze nemiche sul continente. Napoleone aveva fatto bene i suoi conti: il 21 ottobre, infatti, a largo di Trafalgar la flotta francese comandata dal mediocre ammiraglio Pierre-Charles Villeneuve veniva completamente annientata dagli inglesi al comando di Horatio Nelson, che morì durante lo scontro, colpito da un tiro di moschetto. Svanivano per sempre i sogni di invasione dell'Inghilterra.
Le forze coalizzate austriache, prussiane e russe (sotto il nuovo zar Alessandro I) erano numericamente soverchianti. Due i fronti interessati: quello germanico, dove Napoleone in persona guidava la Grande Armée e quello italiano dove il generale Massena guidava l'Armée d'Italie. A nulla valsero la resa del generale nemico Mack ad Ulm (20 ottobre), la battaglia di Caldiero (30 ottobre) e la conquista di Vienna da parte di Gioacchino Murat: il grosso dell'esercito nemico rimaneva infatti intatto. Il 2 dicembre 1805, tuttavia, anniversario della sua incoronazione, Napoleone mise fine alla terza coalizione nella battaglia di Austerlitz. Rimasta nella storia come il suo capolavoro strategico, con la battaglia di Austerlitz Napoleone divenne padrone dell'Europa. Quando tornerete a casa, vi basterà dire 'Io ero con lui nella battaglia di Austerlitz', e poi racconterete che in meno di quattro ore abbiamo battuto e disperso un esercito di 100.000 uomini comandato dagli imperatori di Russia ed Austria. Il giorno dopo, i sovrani d'Europa chiesero la pace. L'Austria perdeva anche Venezia, che veniva unita al regno d'Italia, e perdeva ogni controllo sulla Germania, che ora si ricostruiva come Confederazione del Reno, primo seme dell'unità tedesca sotto il controllo diretto di Napoleone. Si racconta che, dopo aver appreso di Austerlitz, il Primo Ministro inglese William Pitt avesse chiesto a una nipote di arrotolare la carta dell'Europa esposta in un corridoio di casa. Non ci servirà per i prossimi sette anni.
L'anno seguente, Napoleone sconfisse la Prussia nella Battaglia di Jena (14 ottobre 1806).
La quarta coalizione, comandata dalla Prussia, veniva sconfitta il 14 giugno 1807 sulle gelide pianure di Friedland, dopo i rovesci alterni della sanguinosissima battaglia di Eylau: lo zar Alessandro I fu costretto a firmare la pace, nell'incontro di Tilsit. L'Europa venne durante quell'incontro ufficiosamente divisa in zone d'influenza. Quella occidentale sotto Napoleone, quella orientale sotto lo zar. Rimaneva aperta la questione della Polonia, che Napoleone voleva rendere indipendente, contrariamente allo zar. In Polonia, Napoleone aveva incontrato un'ardente giovane nobile, Maria Waleska, che divenne sua amante e lo incontrerà parecchie volte durante la sua caduta in disgrazia. Quando il papa rifiutò di aderire all'embargo nei confronti dell'Inghilterra, dichiarando che le sue qualità di pastore universale gl'imponevano la neutralità, Napoleone fece occupare Roma dal generale Miollis, e il 7 maggio 1809 ordinò l'annessione all'Impero francese dello Stato Pontificio. Pio VII rispose con la scomunica a tutti coloro che avevano partecipato alla spogliazione della Santa Sede, e subito il generale Radet lo fece prigioniero, insieme col cardinale Pacca, e lo fece trasportare a Genova, poi a Savona, indi a Fontainebleau, dove Napoleone finì con lo strappargli l'approvazione di un nuovo Concordato.
Il blocco continentale e la conquista della Spagna
Per mettere in ginocchio l'Inghilterra, unica potenza ancora in armi contro la Francia, Napoleone avviò un embargo. Tuttavia, questo embargo, chiamato Blocco Continentale (poiché, nelle intenzioni del Bonaparte, tutta l'Europa continentale avrebbe dovuto aderire all'embargo contro le isole britanniche) non ebbe i risultati sperati. Il fallimento del blocco fu dovuto al fatto che molti paesi europei non vi aderirono completamente, continuando ad avere scambi col nemico: per tale motivo Napoleone, per colpire il Portogallo che aveva aperto i suoi porti, invase la Spagna, mentre più tardi l'uscita dal blocco della Russia costringerà Napoleone ad imbarcarsi in una campagna catastrofica.
Nel 1808, sfruttando un diverbio nella famiglia reale spagnola tra il re Carlo IV e il figlio, il principe delle Asturie Ferdinando, Napoleone costrinse entrambi ad abdicare ed annetté la Spagna all'Impero. Le truppe francesi conquistavano intanto il Portogallo, ma la situazione divenne presto problematica. Gli inglesi, infatti, sbarcarono in Portogallo truppe al comando del generale sir Arthur Wellesley futuro duca di Wellington, che liberò il Portogallo e rese difficile la campagna in Spagna. Qui, infatti, la popolazione era insorta contro l'occupazione francese e aveva iniziato una durissima guerriglia che mise in ginocchio l'esercito occupante costringendo il re Giuseppe alla fuga e richiese l'intervento diretto di Napoleone. Il 4 dicembre Madrid si arrendeva all'imperatore, ma la Spagna rimase una spina nel fianco poiché Napoleone fu raggiunto dalle notizie della nascita di una nuova coalizione.
Tra il 5 e il 6 luglio 1809 Napoleone sconfisse la quinta coalizione a Wagram, dopo aver occupato Vienna ed il palazzo di Schönbrunn. L'Austria subì pesantissime condizioni di pace: il Trentino-Alto Adige/Sud Tirolo, la Baviera, l'Istria e la Dalmazia furono perse. L'indennizzo di guerra fu enorme. Ma la sconfitta del nemico fu definitiva.
La nuova Europa di Napoleone
Nel 1810, l'Europa era definitivamente ridisegnata secondo il volere napoleonico. I territori sotto il diretto controllo francese si erano espansi ben oltre i tradizionali confini pre-1789; il resto degli Stati europei era o suo satellite o suo alleato. Il regno d'Italia era nominalmente governato da Napoleone, ma retto dal viceré Eugenio Beauharnais (figlio di primo letto della moglie di Napoleone Joséphine); il principato di Lucca e Piombino (fino al 1809), e quindi buona parte della Toscana (dal 1809), era governata dalla sorella Elisa, andata in sposa al principe còrso Felice Baciocchi; alla sorella Paolina, sposata col principe Camillo Borghese, andò il ducato di Guastalla, poi ceduto al regno d'Italia; il fratello maggiore Giuseppe riceveva il trono di Spagna; il fratello Luigi riceveva il trono d'Olanda, dopo aver sposato Hortense de Beauharnais, figlia della moglie di Napoleone Joséphine; il fratello Girolamo ebbe il regno di Westfalia; il generale Gioacchino Murat, poi maresciallo dell'Impero, ebbe il regno di Napoli, dopo aver sposato la sorella di Napoleone, Carolina; il maresciallo Bernadotte ebbe il trono di Svezia, ma ben presto tradì il suo ex padrone entrando nella coalizione che lo avrebbe detronizzato (aveva, tra l'altro, sposato Désirée Clary, prima fiamma di Napoleone). La Confederazione del Reno era di fatto sotto il controllo di Napoleone.
Dopo la pace di Schönbrunn, Napoleone e l'austriaco Metternich si erano accordati per un matrimonio di Stato. Il 14 dicembre 1809, Napoleone divorziò da Joséphine de Beauharnais, la moglie certo infedele ma amatissima: i due rimasero sempre legati fino alla morte di quest'ultima, avvenuta durante l'esilio di Napoleone all'Elba. Il 1° aprile 1810 Napoleone sposò la figlia dell'imperatore d'Austria, Maria Luisa di Asburgo, nipote di Maria Antonietta, la regina decapitata durante la Rivoluzione (il che provocò non poche polemiche in Francia). Ora l'Austria era legata a Napoleone da un matrimonio, il che portava alla creazione di un'alleanza pressoché indissolubile. Non avendo avuto figli dalla prima moglie Joséphine, Napoleone riuscì ad avere un erede legittimo da Maria Luisa, che nacque dopo un parto difficile il 20 marzo 1811: l'erede dell'Impero, Napoleone Francesco, detto il re di Roma, non sarebbe in realtà mai salito al trono, morendo a soli 21 anni.
Campagna di Russia
Alessandro I di Russia aveva cominciato a temere Napoleone e rifiutò di collaborare con lui riguardo al Blocco Continentale. Questa fu la principale causa che spinse Napoleone ad invadere la Russia nel 1812, con ben 655.000 uomini, solo un terzo dei quali francesi. I Russi, comandati da Kutuzov, decisero la tattica della ritirata piuttosto che scontrarsi contro il preponderante esercito napoleonico. Il 12 settembre nei dintorni di Mosca ebbe luogo la Battaglia di Borodino. I Russi, sconfitti, ripiegarono e Napoleone entrò a Mosca, immaginando che Alessandro avrebbe negoziato la pace. Stabilitosi nel Cremlino, Napoleone non poteva immaginare che la città completamente vuota nascondesse in realtà un'insidia: nella notte, Mosca cominciò a bruciare, essendo state appiccate le fiamme da alcuni russi nascosti nelle case[2]. Napoleone, che aveva tentato a più riprese di venire ad un accordo con Alessandro I senza riuscire neanche a far ricevere i suoi messi, si rese conto della necessità di ritirarsi. Diede perciò ordine di iniziare la ritirata, (e di far saltare il Cremlino che solo per una miracolosa pioggia fu salvato): era rimasto in Mosca non più di trentacinque giorni.
La Grande Armata francese soffrì gravi perdite nel corso della rovinosa ritirata; la spedizione era iniziata con circa 655.000 uomini (di cui poco meno della metà erano francesi) e 200.000 cavalli ma alla fine della campagna poco più di 90.000 uomini riuscirono a mettersi in salvo (370.000 circa furono i morti e 200.000 i prigionieri). Residuarono inoltre solo 10.000 cavalli. Tra il 25 e il 29 novembre, infatti, i resti dell'armata, distrutta dal grande freddo (il 'generale inverno') vennero in gran parte annientati dai russi durante il passaggio della Beresina[3]. Intanto, Napoleone era stato raggiunto dalla notizia che a Parigi il generale Malet aveva diffuso la notizia della morte dell'imperatore e tentato un colpo di Stato. Angosciato delle notizie di tradimento (Talleyrand e Fouché stavano ormai tramando col nemico), Napoleone abbandonò precipitosamente la Russia lasciando il comando a Gioacchino Murat e ad Eugenio Beauharnais e tornando nella capitale, dove iniziava a ricostruire un nuovo esercito di 400.000 uomini, in realtà giovanissimi e male addestrati. Le potenze europee, conscie dell'atroce disfatta di Russia, sollevarono la testa e formarono una nuova coalizione.
La sconfitta di Lipsia, l'abdicazione e l'esilio all'Elba
La prima a unirsi alla vittoriosa Russia fu la Prussia che, abbandonando l'alleanza con Napoleone, si schierò a fianco dell'Inghilterra. Era la settima coalizione. Napoleone non si fece cogliere impreparato, e sconfisse i prussiani prima a Lützen e poi a Bautzen nel maggio 1813. Ma l'insidia più grande era l'Austria, la quale - non rispettosa dei patti - era pronta a scavalcare anche un matrimonio di Stato come quello di Napoleone con Maria Luisa pur di sconfiggere l'odiato nemico. Nel corso di un memorabile e burrascoso incontro bilaterale a Dresda, Napoleone e Metternich non riuscirono a giungere ad un accordo, e il 12 agosto l'Austria si univa alla coalizione antifrancese. Dopo un'ultima vittoria francese proprio a Dresda, le forze napoleoniche si scontrarono con gli eserciti congiunti di Austria, Russia, Prussia e Svezia (quest'ultima comandata dall'ex maresciallo francese Bernadotte) nella battaglia di Lipsia, detta 'battaglia delle Nazioni' perché vi parteciparono eserciti di tutta Europa. L'inesperto esercito francese, formato in gran parte da giovani reclute, la defezione dei contingenti tedeschi e le soverchianti forze nemiche furono i fattori che determinarono la sconfitta di Napoleone a Lipsia. L'esercito francese fu costretto ad una rovinosa ritirata per la Germania in piena insurrezione contro l'occupazione napoleonica, mentre anche l'Olanda si rivoltava e la Spagna era ormai persa.
Rientrato precipitosamente a Parigi, Napoleone doveva subire ora l'insubordinazione di tutti i corpi politici: le Camere denunciarono solo ora la sua tirannia, la nuova nobiltà da lui creata gli girò le spalle, il popolo ormai stanco della guerra rimase freddo, i marescialli dell'Impero cominciarono a defezionare: tra i principali, Gioacchino Murat che passò al nemico per conservare il regno di Napoli. Il giorno di Natale del 1813 la Francia veniva invasa dagli eserciti della coalizione. Un mese dopo, consegnato al fratello Giuseppe il controllo di Parigi e alla moglie Maria Luisa la reggenza, salutato il piccolo figlio che non avrebbe mai più rivisto, Napoleone si metteva al comando di un esercito di 60.000 veterani della Vecchia Guardia. Per due mesi, Napoleone tenne testa al nemico in quella che sarà definita da alcuni la sua campagna più brillante, vincendo a Brienne (proprio dove aveva studiato l'arte militare), a Champaubert, Montmirail, Chateau Thierry, Vauchamps, Mormant, Villeneuve, Montreau, Craonne, Laon. Soverchiato infine dalle forze prussiane del feldmaresciallo von Blücher, da quella austriache e da quelle russe di Wintzingerode, consapevole di non poter anticipare le truppe nemiche in marcia su Parigi, Napoleone ripiegò su Fontainebleau ove, appresa la notizia del tradimento del generale Marmont che si era arreso con le sue truppe agli Alleati, e scoraggiato dall'atteggiamento rinunciatario del maresciallo Michel Ney, il 4 aprile annunciò ufficialmente la sua intenzione di chiedere la pace. Intanto il fratello Giuseppe aveva capitolato ed il nemico era entrato vittorioso in Parigi con alla testa lo zar Alessandro I il 31 marzo, che il giorno successivo aveva già fatto affiggere sui muri di Parigi il suo proclama indirizzato al popolo francese.
A Fontainebleau Napoleone passò giorni duri e difficili. Gli giunse notizia che il nemico aveva rigettato la sua proposta di pace che stabiliva il ritorno ai 'confini naturali' della Francia. Lo zar Alessandro I gli impose l'abdicazione. Egli, dopo aver più volte tentennato, decise di abdicare in favore del figlio e della reggenza di Maria Luisa. Ma il nemico decise per un abdicazione totale, poiché Talleyrand aveva già preso accordi per restaurare sul trono i Borboni. Napoleone, indignato, minacciò di rimettersi alla testa dei suoi eserciti e marciare su Parigi, ma i marescialli lo costrinsero a cedere. L'abdicazione divenne effettiva il 6 aprile. Il 12, Napoleone ingerì una forte dose di veleno ma miracolosamente si salvò. Dopo un memorabile addio alla Vecchia Guardia, Napoleone subì il dramma della fuga quando attraversando la Francia del sud fu costretto ad indossare un'uniforme austriaca per non finire linciato dalla folla. Imbarcatosi precipitosamente su un bastimento inglese, il 4 maggio 1814 sbarcò all'isola d'Elba, dove il nemico aveva deciso di esiliarlo, pur riconoscendogli la sovranità sull'isola e il titolo di Imperatore. Stabilitosi a Portoferraio nei dieci mesi di esilio Napoleone non rimase inoperoso ma costruì infrastrutture, miniere, strade, difese, mentre il Congresso di Vienna che doveva disegnare la nuova Europa della Restaurazione ipotizzava di esiliarlo nell'oceano.
I 'Cento giorni'
Pur impegnato nei lavori sull'Elba, Napoleone continuava a ricevere notizie della situazione francese. Il nuovo sovrano, Luigi XVIII Borbone, era inviso alla popolazione: nel solco della Restaurazione, Luigi stava lentamente smantellando tutte le conquiste della Rivoluzione legittimate da Napoleone. Queste notizie, aggiunte alla voce ormai certa che i nemici fossero prossimi a trasferirlo lontano dall'Europa, portarono Napoleone ad agire. Imbarcatosi in gran segreto con uno sparuto gruppo di granatieri su un bastimento, l'imperatore eluse la sorveglianza inglese e il 1° marzo 1815 sbarcò in Francia nel golfo di Cannes. Iniziavano i leggendari 'Cento giorni'. La popolazione lo accolse con un entusiasmo sorprendente, e gli eserciti inviatigli contro da Luigi invece di fermarlo si unirono a lui. Il maresciallo Ney, che Napoleone stesso aveva definito 'il più prode dei prodi' dopo le sue eroiche imprese nella ritirata di Russia, giurò allora al sovrano borbone che avrebbe condotto Napoleone a Parigi 'in una gabbia di ferro'. Ma quando i due eserciti si trovarono l'uno di fronte all'altro Napoleone si fece incontro all'esercito avversario e gridò 'Chi vuole sparare al suo Imperatore è libero di farlo': fu accolto da un tripudio e lo stesso Ney crollò tra le sue braccia (sfortunatamente per lui, in seguito alla sconfitta di Napoleone a Waterloo pagò con la fucilazione il voltafaccia). Il 20 marzo Napoleone entrò trionfalmente a Parigi, mentre Luigi era fuggito in gran fretta sotto suggerimento di Talleyrand, il quale al Congresso di Vienna spinse le teste coronate a riprendere la spada contro il despota.
Riorganizzato in gran fretta l'esercito, Napoleone chiese in tutti i modi ai nemici nuovamente coalizzatisi una pace alla sola condizione di mantenere il trono di Francia: non venne ascoltato. Intanto, in campo politico l'imperatore aveva ben compreso i limiti del suo governo precedente ed aveva promulgato una costituzione maggiormente liberale, ritornando più fedelmente ai principi del 1789. Per evitare una nuova invasione del suolo patrio, Napoleone fece la prima mossa spostando il conflitto nel Belgio. Il suo piano prevedeva due ali che avrebbero diviso e annientato i prussiani e gli inglesi prima che, superiori di numero, potessero congiungersi. L'ala destra da lui comandata impegnò quindi i prussiani di von Blücher a Ligny ed il maresciallo Ney attaccò gli inglesi di Wellington a Quatre Bras, ma nessuno dei due combattimenti ebbe esito determinante. Così si giunse al fatale 18 giugno 1815, la giornata del destino descritta anche da Victor Hugo, quella della battaglia di Waterloo. Il piano strategico generale di Napoleone venne mandato all'aria dall'inefficienza dei suoi marescialli, principalmente Grouchy, il quale era stato inviato a distruggere la colonna prussiana sfuggita alla battaglia di Ligny, ma in pratica commise l'errore di inseguire solo la retroguardia delle forze prussiane che si erano intanto riorganizzate e che, grazie alla loro determinazione, riuscirono a ricongiungersi con Wellington proprio nel bel mezzo della battaglia di Waterloo sì che le forze inglesi del duca di Wellington, unitesi con quelle prussiane, colsero l'opportunità di sconfiggere i francesi.
Napoleone compì non pochi errori, tra cui quello di affidarsi a Davout, a Grouchy ed a Ney (l'eroe di Borodino), famoso per ardimento ma non per la sua sapienza strategica, contribuendo alla disfatta. Ultimo ad arrendersi fu il generale della Vecchia Guardia Cambronne: circola l'aneddoto, narrato anche da Hugo ne 'I Miserabili', che all'imposizione di resa degli inglesi Cambronne abbia risposto semplicemente Merde; fonti storiche sostengono invece che abbia risposto con un più formale e militaresco 'La Vecchia Guardia muore ma non si arrende' (Cambronne comunque smentì sempre di aver pronunciato quella parola). Comunque sia andata Cambronne, sacrificando l'intera Guardia, consentì al resto dell'esercito sconfitto di ritirarsi senza ulteriori danni alla volta di Parigi.
Napoleone schierò le sue ultime forze in quadrati e iniziò una lenta, ordinata ma drammatica ritirata. Wellington è un pessimo generale. Stasera ceneremo a Bruxelles, aveva dichiarato la mattina della battaglia. In serata, l'imperatore era sulla strada di ritorno per Parigi conscio della certezza della fine di ogni suo sogno.
Impostagli dalla Camera la nuova abdicazione (Avrei dovuto farli impiccare tutti, sbottò Napoleone), egli dichiarò di immolarsi in olocausto per la Francia e chiese che venisse rispettata la sua volontà di porre sul trono all'età giusta suo figlio Napoleone II. Invano. Le forze nemiche entrarono brutalmente a Parigi e restaurarono Luigi XVIII. Napoleone si rifugiò al castello di Malmaison, la vecchia casa dove aveva abitato con la moglie Joséphine morta da poco. La sua intenzione era di fuggire negli Stati Uniti, ma rifiutò di travestirsi perché ciò avrebbe infamato il suo onore. Invece, con un gesto storico, il 15 luglio 1815 Napoleone si arrese a bordo della nave inglese HMS Bellerofont. Chiese di essere deportato in Inghilterra, ma invece i nemici avevano già deciso l'esilio a Sant'Elena, piccola isola nel mezzo dell'Oceano atlantico.
L'esilio a Sant'Elena e la morte
Il 16 ottobre 1815 un bastimento inglese giunge a Sant'Elena col prezioso carico. Ivi, con un piccolo seguito di fedelissimi, Napoleone dettò le sue memorie ed espresse il suo disprezzo per gli inglesi, personificati nell'odiosa figura del 'carceriere' di Napoleone sir Hudson Lowe (che dal trattamento duro riservato a Napoleone non trasse alcun vantaggio per la sua carriera, anzi fu accusato di essere stato troppo severo nei confronti dell'imperatore francese). Egli dettò al conte di Las Cases il Memoriale di Sant'Elena, l'opera in cui appare nella sua fulgida grandezza e verità la figura e il senso ultimo di Napoleone. Nella seconda metà dell'aprile del 1821, lui stesso scrisse le sue ultime volontà e molte note a margine (per un totale di 40 pagine).
I dolori allo stomaco di cui già soffriva da tempo, acuitisi nel clima inospitale dell'isola e dal duro regime inglese, lo condussero alla morte il 5 maggio 1821: poco dopo aver appreso la notizia Alessandro Manzoni scrisse la famosa ode Il cinque maggio, che ebbe una forte risonanza in tutta Europa e che fu tradotta in tedesco da Johann Wolfgang Goethe. Fu vera gloria?, egli si chiese. Ai posteri l'ardua sentenza: noi chiniam la fronte al Massimo Fattor, che volle in lui del creator suo spirito più vasta orma stampar.
Le ultime parole di Napoleone furono: 'Francia, esercito, Giuseppina' (France, les Armée, Joséphine): i tre più grandi amori della sua vita. Egli chiese di essere seppellito sulle sponde della Senna, ma fu invece seppellito a Sant'Elena. Gli inglesi gli tributarono gli onori riservati ad un Generale. Nel 1840 i suoi resti furono trasportati in Francia e inumati all'Hôpital des Invalides a Parigi. Nove anni dopo la morte di Napoleone, i Borboni furono cacciati. La statua dell'imperatore fu restaurata sulla colonna di Place Vendôme. Quando Girolamo Bonaparte portò la notizia a Letizia, la vecchia madre ormai gravemente inferma, ella si rianimò e cercò con gli occhi il busto del figlio: L'imperatore è tornato a Parigi, sussurrò.
Teorie sulla causa della morte
La causa della morte di Napoleone non è certa. La versione ufficiale parla di morte dovuta ad un tumore allo stomaco, come risultò dall'autopsia. Lo stesso padre di Napoleone morì per la stessa malattia. Ci sono anche varie teorie che sostengono la tesi del lento avvelenamento con l'arsenico. Infine secondo un'altra teoria furono i medici di Napoleone a causarne la morte: a causa del tumore allo stomaco cercavano di alleviargli i dolori sottoponendolo a clisteri giornalieri e gli somministravano sostanze varie per farlo vomitare. Queste cure privarono l'organismo di Napoleone di potassio, avendo come risultato una grave forma di tachicardia che lo uccise.
Nel 1955 furono pubblicati i diari di Louis Marchand, cameriere di Napoleone. La sua descrizione negli ultimi mesi prima della morte porta alcuni alla conclusione che sia stato avvelenato con l'arsenico. L'arsenico a quel tempo era talvolta utilizzato come veleno ed era difficilmente rilevabile se somministrato per un lungo periodo di tempo.
Congresso di Vienna
Il Congresso di Vienna si tenne nella capitale dell'allora Impero austriaco, dal 1 ottobre 1814 al 9 giugno 1815. A parteciparvi furono le principali nazioni europee, che tentarono così di dare un assetto all'Europa dopo l'avventura napoleonica.
In realtà si cercò di dare un assetto alle sole altre potenze, in quanto i termini di pace con la Francia erano già stati stipulati con il precedente trattato di Parigi del 30 maggio 1814.
Le discussioni continuarono malgrado il ritorno dell'ex imperatore Napoleone dall'esilio e la sua riassunzione del potere in Francia nel marzo 1815, e l'atto supremo del Congresso fu firmato nove giorni prima della sua finale disfatta nella battaglia di Waterloo (18 giugno 1815).
Il Congresso di Vienna (1814-1815) fu la conferenza dei maggiori ambasciatori europei nella quale si ridisegnò la mappa del continente secondo i voleri degli stati vincitori.
Nel Congresso di Vienna vennero prese le principali decisioni dai legati delle più grandi nazioni europee del XIX secolo (Austria, Prussia, Russia ed Inghilterra) che avevano reso possibile la definitiva sconfitta nella battaglia di Waterloo (in Belgio) di Napoleone Bonaparte.
In principio frenato dalle pretese di Prussia e Russia che esigevano venissero loro annessi nuovi territori, fu decisivo l'intervento del francese Charles Maurice de Talleyrand-Périgord (ecclesiastico e diplomatico che passò la fase della rivoluzione e il dominio napoleonico, prima sostenendolo poi avversandolo, prodigandosi per l'ascesa al potere di Luigi XVIII), il quale, schierandosi a favore di Inghilterra e Austria, riuscì a far tornare sui propri passi le altre due potenze, che ritrattarono.
Il Congresso si basò su tre principi cardini:
il principio di equilibrio;
il principio di legittimità per il quale assiduamente combatté Talleyrand e che prevedeva il ritorno al potere di tutte quelle dinasìe precedenti al dominio Napoleonico;
la cintura di Stati 'cuscinetto' intorno alla Francia, per impedire la sua egemonia su tutta l'Europa.
In seguito a suddetta assemblea, si sancirono due alleanze: la Santa alleanza tra Russia, Austria e Prussia e la Quadruplice alleanza formata dalle precedenti nazioni più l'Inghilterra. Queste alleanze non servivano ad altro che a confermare le decisioni prese nel Consiglio, vale a dire il mantenimento dell'equilibrio,della stabilità e della sicurezza delle dinastìe allora vigenti e dell'Europa in generale.
Comprendere il Congresso di Vienna è molto importante per capire in seguito gli scopi della Restaurazione, in quanto fu proprio questa assemblea il simbolo dell'iniziativa intrapresa dalle superpotenze del continente.
Dopo il congresso, la geografia politica del continente subì molte modifiche: il regno di Sardegna si unì alla Repubblica di Genova e Nizza, la Prussia ottenne la Renania, nacque il regno dei Paesi Bassi, l' impero Russo accquistò posizione nel centro Europa annettendo Bessarabia, Finlandia e parte della Polonia e Gran Bretagna controllava molte isole Ionie (Corfù, Zante, Cefalonia). per quanto riguarda la Germania, il congresso creò una confederazione germanica, presieduta dagli austriaci, che avevano acquisito l' Istria, la Dalmazia e la Croazia. In Italia, gli Asburgo riottennero lo stato di Milano a cui si aggiunsero il Trentino e l' ex repubblica di Venezia (il regno Lombardo-Veneto); a seguire, la penisola fu divisa in ducato di Parma, ducato di Modena, granducato di Toscana, stato della Chiesa e regno delle due Sicilie.
La Restaurazione in effetti si identifica con la volontà unanime del Congresso anche se successivamente vedremo come si creeranno delle discordie anche all'interno di questo circolo privato nazionale.
L'errore principale commesso dai monarchi del XIX secolo consiste nel non aver saputo (o meglio nel non aver voluto) conciliare le ideologie presenti con quelle passate, imponendosi prepotentemente sui governi di tutta Europa in modo assolutistico senza aver tenuto conto delle nuove idee di nazionalità, liberalismo e democrazia che, la Rivoluzione Francese prima e Napoleone poi, seppur inconsciamente e involontariamente, avevano insinuato nelle menti dei popoli.
In sintesi, l'Europa era ideologicamente cambiata dall'avvento di Napoleone ma i sovrani del tempo sembrarono non voler tener in conto questo fatto, fingendo che 26 anni di storia (1789-1815) non fossero mai esistiti.
Le conseguenze di questo atteggiamento intollerante si manifesteranno sull'Europa cinquant'anni più tardi prima nel Risorgimento italiano e poi nelle Rivoluzioni che scuoteranno il secolo successivo.
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