Il Congresso di Vienna, una vera "ristrutturazione"
L'Europa, ormai già
troppo sconvolta e stanca del suo equilibrio politicamente precario, si preparò
ad andare in contro a quello che sarebbe dovuta divenire una svolta, per lei,
decisiva. Alle porte del 1815, infatti, sovrani e governanti delle grandi
potenze vincitrici, tra cui il ministro degli esteri austriaco Lothar, quello
inglese Castereagh, il diplomatico russo Nessel'road ed il cancelliere
prussiano Harderberg, presero atto all'imminente necessità dell'Europa di un
radicale e netto intervento. Gli sconvolgimenti che avevano segnato le
conquiste napoleoniche avrebbero, infatti, condotto l'Europa ad un sicuro
futuro di lotte e guerre economiche. Nacque così la macchina diplomatica del
"Congresso di Vienna", che affondò le sue radici in tre principi ispiratori: la
restaurazione, il principio di legittimità e il principio d'equilibrio. La
restaurazione appare come il periodo che va dal 1815 alle rivoluzioni del
1830/48 nel quale emerge il desiderio di una ricostruzione delle fondamenta
dell'organizzazione politica, fondato sul ritorno delle istituzioni precedenti
del 1789 come istituzioni a modello di Dio. Il primo principio, idealizzato dal
ministro degli esteri francese Tayllerand, giustifica il totale diritto dei
sovrani di regnare su un detto paese e afferma inoltre che questo potere sia
attribuito direttamente da Dio (re per grazia di Dio). Sulla base di questo
principio Luigi XVIII, fratello di Luigi XVI, fu chiamato ad adempiere alla
corona di Francia. Il secondo principio, quello d'equilibrio, addita il
mantenimento della pace in Europa attraverso una opportuna suddivisione
territoriale. Gli statisti che parteciparono al Congresso, infatti,
ridisegnarono i confini degli Stati europei facendo sì che nessuno stato
potesse prevalere sull'altro così da garantire una pace europea che fosse
solida e duratura. I congressisti si prefissero quindi, sulla base di tali
principi, cinque obiettivi: il primo, quello di ricreare l'assetto politico
precedente la rivoluzione francese facendo sì che i sovrani spodestati dalle
conquiste di Napoleone riacquistassero i loro diritti di egemonia sui propri
territori. Il secondo, quello di concedere agli stati che erano riusciti ad
opporre resistenza alle truppe napoleoniche sconfiggendole, degli ampliamenti
territoriali. Il terzo, quello di creare attorno alla Francia degli stati
cuscinetto che, in caso di future insurrezioni, riuscissero a sedarle
sconfiggendo le truppe francesi. Il quarto, quello di creare un equilibrio
europeo in modo che nel nuovo quadro politico nessuno stato fosse talmente più
forte degli altri da imporre la propria egemonia. Il quinto, quello di decidere
se la Francia
dovesse essere considerata responsabile di quanto era accaduto e in che modo dovesse
essere punita. Se pur di nobili intenti tali obbiettivi si trovarono in forte
contrasto: importante l'incompatibilità, infatti, tra principio di equilibrio e
volontà di ampliamento territoriale e la consapevolezza da parte di tutti che
il vero obiettivo era ottenere per il proprio stato il massimo vantaggio
politico territoriale. Considerando in maniera esclusiva l'opera diplomatica
del Congresso di Vienna, potremmo affermare che essa ha goduto di un'ottima
organizzazione e profonda validità morale. Ciò che si erano prefissi inizialmente
i diplomatici partecipanti era un nuovo sistema organizzativo politico
senz'altro degno di elogio ma una ristrutturazione così radicale non era la
soluzione che l'Europa così malconcia attendeva. I grandi ideali in questi anni
germogliano, saranno causa della decadenza del sistema monarchico. Sistema
ormai troppo rigido e incompatibile con le necessità, in continuo evolversi,
del popolo. Tracciando un bilancio complessivo di questo periodo storico,
potremmo affermare che le intenzioni sul piano teorico furono eccelse ma che
mal si potettero concretizzare su quello pratico; l'ostacolo che ha
maggiormente intaccato il progetto del Congresso, il sentimento di nazione, non
era stato preso in considerazione come un potenziale pericolo anche se in
verità si rivelò tale.