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Femminismo
Il femminismo è il movimento che si propone di estendere i diritti della donna nella società.
Il movimento femminista, preparato dalle idee divulgate dai filosofi e letterati dall'Illuminismo, apparve per la prima volta in Francia all'epoca della Rivoluzione francese.
La diffusione delle idee democratiche e socialiste e la crescita dei sindacati avevano prodotto un miglioramento delle condizioni di lavoro anche della donna. Nei paesi più avanzati, infatti, furono sancite innumerevoli leggi che controllavano il numero delle ore di lavoro svolte da tutte le operaie di sesso femminile, riconoscendo a esse anche i permessi di maternità. Tuttavia, però, la donna continuò ad essere tenuta in una condizione di inferiorità sia nella vita sociale che in quella familiare: nel lavoro, per esempio, erano meno salariate rispetto agli uomini, non potevano frequentare l'università e non avevano ancora ottenuto il diritto di voto in Paesi come l'Italia. Proprio per rivendicare quest'ultimo diritto, nella seconda metà dell'Ottocento, nacquero i primi movimenti delle suffragette, così chiamate perché rivendicano il suffragio femminile.
L'emancipazione femminile è stata raggiunta lentamente, prima sul piano economico, poi su quello giuridico e intellettuale e solo recentemente sul piano politico. Il movimento femminista ebbe grande sviluppo nei paesi anglosassoni, soprattutto in Inghilterra dove, nel 1903, Emmeline Pankurst fondò l'Unione sociale e politica femminile che, con le manifestazioni clamorose e spesso violente dei suoi membri, le cosiddette suffragette, riuscì a ottenere per la donna il diritto al voto politico.
Il femminismo in Italia
Dopo
Tra queste ultime, sostenute dal partito socialista, si distinsero in modo
particolare Giuditta Brambilla, Carlotta Clerici e
Anna Kuliscioff; un notevole contributo alla divulgazione della
condizione femminile, da secoli relegata in uno stato di assoluta inferiorità,
giunse anche dal romanzo autobiografico 'Una donna' di Sibilla
Aleramo.
Nel 1910 le rappresentanti delle associazioni femminili italiane parteciparono
al Primo Congresso Internazionale Femminile di Copenaghen, durante il
quale l'8 Marzo fu dichiarato Giornata Nazionale della Donna.
Anche le nostre suffragette, tuttavia, dovettero attendere ancora dei decenni
prima di ottenere il diritto al voto. Questo venne infatti riconosciuto
solo nel 1945 da un decreto di Umberto di Savoia, ultimo re d'Italia. In
realtà, una proposta in tal senso era già stata fatta nel 1912 durante il
governo Giolitti, che aveva concesso proprio in quell'anno, il diritto di voto
a tutti gli uomini maggiorenni: ma il nostro Parlamento aveva bocciato tale
proposta.
Nonostante tutte queste dure lotte, però, possiamo affermare con certezza che la
vera parità dei sessi sia stata raggiunta solo sulla 'carta':
cioè la stabilisce la legge ma non l' opinione pubblica; non è raro, infatti,
notare persone stupirsi nel vedere una donna guidare un aereo, una nave,
L' antifemminismo è ancora vivo, dunque, presso larghi strati della
società: persino in coloro che -a parole - si proclamano favorevoli alla parità.
La condizione femminile oggi
Il movimento femminista prosegue tuttora la sua lotta contro ogni forma di violenza subita dalle donne. Nella sua visione acquista inoltre rilevanza l'effettiva considerazione dei modi di vita attuali della donna. Sono problemi a cui le leggi possono porre qualche rimedio, ma che saranno risolti soltanto attraverso un'evoluzione profonda della nostra società.
L'apporto insostituibile è della Legge n.151 del 20 settembre 1975, che ha profondamente modificato il diritto di famiglia; in base alla legge, col matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono gli stessi doveri. Da nuove disposizioni sul diritto di famiglia emergono chiaramente delle novità, come ad esempio il matrimonio potrà essere compiuto solo al compimento della maggiore età, evitando matrimoni prematuri e affrettati, solitamente più esposti a fallimento. Un altro aspetto della nuova legge è pure particolarmente importante: oltre al fatto che ambedue i coniugi siano obbligati a contribuire alle esigenze della famiglia col loro lavoro, è importante che questo lavoro possa essere, indifferentemente, 'professionale' o 'casalingo'. Con questa affermazione si è voluta riconoscere che anche l' attività delle casalinghe, dunque, è considerata una vera e propria professione. In effetti, il contributo di una casalinga alla vita familiare non è inferiore a quello del marito.Per meglio sottolineare la parità tra i due coniugi anche sotto questo profilo, la legge prevede la comunione dei beni: ambedue sono considerati ugualmente proprietari dell' intero patrimonio familiare; ed ambedue hanno il diritto di amministrare tale patrimonio. Se lo desiderano, tuttavia, possano accordarsi perché ciascuno di essi conservi la proprietà dei beni acquistati personalmente durante il matrimonio.
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