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LA SITUAZIONE TEDESCA
Quando Lutero
fu chiamato a parlare alla dieta imperiale di Worms, al cospetto di Carlo V,
erano passati già più di tre anni dall'inizio della contesa e il fronte dei partigiani
di Lutero si era
allargato e le idee del monaco si erano ormai inserite in processi di
trasformazione culturale e politica assai più complessi e in atto da molto
tempo.
C'era in primo luogo una questione specificamente tedesca. Con la sua forte
frammentazione territoriale la Germania era certo un paese politicamente
arretrato rispetto alle altre monarchie europee; una delle tendenze in atto era
quella verso la formazione di sovranità regionali coincidenti con i grandi ducati,
anche se ostacolata dall'esistenza di troppe autonomie cittadine, di piccole ma
prestigiose sovranità ecclesiastiche e di molti e dispersi poteri feudali. Alla
pressione politica si aggiungeva poi la pressione finanziaria da parte del
papa: era troppo il denaro tedesco che prendeva la via dell'Italia e la
protesta di Lutero
contro l'avidità della corte pontificia trovava grande disponibilità presso
molti principi tedeschi. Le questioni sollevate da Lutero erano in gran parte questioni tedesche,
che spettava quindi alla dieta imperiale giudicare. Inoltre Lutero poteva essere
certo dell'appoggio della piccola nobiltà dei cavalieri (i Ritter), una classe sociale che era stata
messa doppiamente in crisi dall'evoluzione dell'arte della guerra e dai
tentativi dei duchi di creare strutture statali moderne all'interno dei propri
possessi. I Ritter
rappresentavano un passato sociale in via di disfacimento, ma intanto essi
potevano incolpare la Chiesa di tutti i mali della Germania ed aspirare
apertamente ad impossessarsi dei beni ecclesiastici.
LE NUOVE ESIGENZE DEL CRISTIANO
L'egemonia spirituale dell'apparato ecclesiastico era venuta meno prima degli anni cruciali della Riforma in quanto la Chiesa non aveva saputo rispondere ai nuovi bisogni delle coscienze. La spiritualità religiosa medievale aveva un tempo trovato piena soddisfazione nelle grandi manifestazioni collettive dirette dalla Chiesa: le crociate, i pellegrinaggi, gli anni santi, i culti delle reliquie e dei santi. Ma i cento e più anni di pestilenze, crisi economiche, profondi mutamenti delle categorie culturali avevano fatto inesorabilmente tramontare le vecchie forme della vita religiosa. Il contatto ravvicinato con la morte, il nuovo senso del tempo, dello spazio e della coscienza di sé avevano condotto a un bisogno di religione che doveva prima di tutto soddisfare le istanze individuali ed interiori. Le grandi speranze suscitate in tutta Europa dai primi passi della personale battaglia di Lutero non sarebbero comprensibili se separate da questa evoluzione del sentimento religioso. Della riforma luterana bisogna ancora dire che essa appare, all'inizio, come un momento significativo del più generale spirito dell'Umanesimo europeo, che si presenta molto ricco di elementi religiosi, sia pure di una religione che deve servire ad affermare i valori umani, ad ampliare la conoscenza.
LA CRISI MORALE DELLA CHIESA
Un più generale problema di riforma della Chiesa era
sentito non solo in Germania e favorirà più avanti la diffusione del
luteranesimo in tutta Europa. Che la Chiesa attraversasse una grave crisi e che
le sue capacità di soddisfare i più profondi bisogni di religiosità avessero
ormai toccato un livello molto basso era evidente sin dal XIV secolo: la Chiesa
era un apparato di potere e il papa era soprattutto un principe italiano.
Dopo il concilio di Basilea si erano visti dei pontefici di grande cultura,
protettori delle lettere e delle arti, apertamente schierati dalla parte dello
spirito rinascimentale, come Niccolò V (1447-55) o Pio II (1458-64), ma anche
pericolosamente affascinati dalla letteratura pagana, dal culto dell'antichità
classica, dei valori estetici fini a se stessi. Ma cosa bisognava pensare di
avventurieri preoccupati soprattutto di creare dei principati per i loro figli
illegittimi, come Sisto IV (1471-84) o quell'Alessandro VI
contro cui aveva tuonato Savonarola? Lo stesso Leone X
era sì esente da vizi ed efferatezze vistose, ma proprio per questo dimostrava
la corruzione del sistema. Suo padre Lorenzo il Magnifico lo aveva fatto
cardinale nel 1488 a soli 13 anni e la sua elezione a pontefice dimostrava solo
la potenza dei banchieri fiorentini. Era possibile una riforma della Chiesa non
contro ma insieme a papi come Giulio II o Leone X?
DOTTRINA DELLE INDULGENZE
La dottrina comunemente accettata diceva che Gesù e i santi avevano creato un grande tesoro di indulgenze cui i fedeli potevano accedere con intercessione del papa e del clero. Da queste indulgenze si poteva trarre all'indfinito la remissione delle pene di cui i cristiani avevano giusto terrore. La teoria e la pratica delle indulgenze era cosa consolidata: se il papa aveva le chiavi della banca delle indulgenze, a sua volta l'alto clero aveva stretti rapporti anche con le banche terrene dei finanzieri italiani e tedeschi. La confusione tra le due banche si era manifestata nel 1515 quando Alberto Hohenzollern, già titolare di due vescovadi, aveva chiesto per sè il più importante vescovado di Germania, quello di Magonza. Questo cumulo di cariche era proibito, ma Leone X era disposto ad autorizzarlo dietro il pagamento di 10.000 monete d'oro. Alberto se li fece anticipare di banchieri e per poterli restituire concordò con il papa il bando di un'indulgenza della durata di due anni. Gli introiti costituiti dalle offerte dei fedeli sarebbero stati spartiti a metà: una parte avrebbe rimborsato la banca, l'altra parte per pagare le spese della costruzione della nuova basilica di San Pietro a Roma. I peccati degli uomini sarebbero dunque stati trasformati in marmi, colonne, lusso sacro e potere. La vendita delle indulgenze ebbe inizio nel 1517 e fu condotta con sconcertante spregiudicatezza: si annullavano tutte le pene, dei vivi e dei morti. Quando i mercanti della salvezza si avvicinarono a Wittenberg, Lutero non esitò a metter in guardia i suoi parrocchiani: il papa non aveva nessun potere di sostituirsi al giudizio di Dio.
LA NASCITA DELLA RIFORMA NEL TORMENTO DI UN UOMO
Con la pace di Madrid nel 1526 gli assilli principali di
Carlo V si venivano a ridurre a due. Il primo era costituito dall'avanzata
continua dei turchi, tanto sul fronte mediterraneo che su quello danubiano; nel
1521 Solimano il Magnifico aveva preso Belgrado e l'anno successivo l'isola di
Rodi. In secondo Luogo Carlo era preoccupato dei disordini religiosi che da
qualche anno stavano agitando la cristianità tedesca. Alee origini di tutto vi
era una disputa teologica, una cosa da professori universitari che si
contendevano il significato di qualche piccola frase del Nuovo Testamento.
Ancora più indietro di quella disputa c'era la storia personale di un uomo, un
tedesco, il figlio di un minatore sassone. Costui si chiamava Martin
Lutero ed era nato ad Eisleben il 10 novembre 1483.
A 14 anni era stato mandato a proseguire gli studi a Magdeburgo, presso una
scuola tenuta dalla Confraternita dei Fratelli della vita comune, che
insegnavano non solo la grammatica e la geometria, ma anche la Devotio
moderna, una prativa religiosa che poneva al centro una severa esperienza
interiore della parola di Dio. Entrato nel 1501 all'Università di Erfurt per
studiare diritto, nel1505 aveva deciso di farsi frate e di entrare nell'ordine
degli agostiniani, mostrando i segni di una religiosità molto acuta, cupa e
drammatica. Ordinato sacerdote nel 1507, iniziò gli studi di teologia e fu poi
trasferito a Wittenberg.
Lutero raccontò in seguito molte volte i violenti turbamenti della sua
coscienza: il senso del peccato lo perseguitava, si impegnava in estenuanti
confessioni, assillato dalla possibilità di dimenticarsi qualche peccato. Si
accorgeva con raccapriccio di come la mente potesse rimuovere il ricordo di un
peccato, rendendo così impossibile una confessione che desse certezza alla sua
misera anima: si sentiva perciò dannato e penasava a Dio come a un giudice
implacabile, signore dell'ira e della vendetta. Nel 1510 compì un viaggio a
Roma per conto del suo ordine e, divenuto dottore in teologia, iniziò
l'insegnamento universitario a Wittenberg nel 1513. E' nel corso di questi anni
che la soluzione al suo problema si farà strada nella sua coscienza, mentre
commentava agli studenti la Lettera di San Paolo ai Romani, dove si poteva
leggere la frase 'I giusto vivrà della fede'. Il senso del
cristianesimo cambiò completamente ai suoi occhi: inutile è cercare la salvezza
attraverso l'adempimento della legge di Dio, perché l'animo umano è troppo
malvagio. Gesù è morto sulla croce per tale salvezza, dunque basta avere fede
in lui. La fede però è un dono divino, che non si può cercare di ottenere in
alcun modo: è la vera accettazione della promessa di salvezza di Dio.
ERASMO DA ROTTERDAM
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Nato nel 1467 e
morto nel 1536. Umanista di fama mondiale, pensò di poter incanalare la
polemica sollevata da Lutero
in funzione di una riforma della Chiesa che non arrivasse però ad una rottura
lacerante con il papa.
Nel corso del 1520, in attesa della dieta imperiale, Lutero pubblicò quattro brevi trattati sui
problemi della riforma ecclesiastica, rapidamente diffusi dalla stampa presso
il pubblico colto. Essi dimostravano che tra le idee di Erasmo - e quindi il
tipo di riforma a cui pensavano gli umanisti - e quelle di Lutero vi era una qualche concordanza. Nel primo
di questi (Del papato romano) si affermava che il papa non può essere
considerato superiore alle Scritture, che essere cristiano è fatto
dell'interiorità e non ha niente a che fare con la sudditanza a un corpo
politico come la curia romana. Nel 1516 Erasmo aveva pubblicato un'accurata
edizione a stampa del Nuovo Testamento, che includeva il testo originale in
greco e la sua traduzione in latino: non poteva esistere religiosità cristiana
senza un contatto diretto con la parola di Dio. Il significato del
cristianesimo si dispiega a chiare lettere senza bisogno della mediazione
dell'opera o della mente di altre persone: questa era l'idea di fondo di
Erasmo, che doveva condurre ad esaltare la fede spontanea, pura, fondata
sull'esperienza tutta individuale della parola divina, pronunciata per essere
ascoltata da tutti e non da pochi privilegiati. Come il messaggio di Gesù
andava ricondotto alla sua purezza liberandolo dalle sovrapposizioni
dottrinarie, allo stesso modo la vita del cristiano aveva bisogno di essere
liberata da tutto ciò che di estraneo e deformante vi aveva aggiunto il corso
dei secoli. E così Erasmo scriveva pagine dense di ironia contro tutto ciò che
sapeva di superstizione, feticismo, formalismo e che era stato abusivamente
scambiato con il vero cristianesimo: dal culto delle reliquie a quello dei
santi, con i loro eccessi e le stravaganze.
La divergenza di fondo tra l'umanesimo di Erasmo e la riforma di Lutero appare con evidenza nel 1525. Non solo la concezione dell'uomo era diversa nei due casi, ma ancora di più ciò era vero per l'immagine della storia, della società e del destino umano. Erasmo credeva a una società umana capace di migliorare e vedeva nei principi dei funzionari che dovevano promuovere il bene sociale; per Lutero lo stato era solo la spada dell'ira di Dio, nato per colpire la malvagità congenita dell'uomo. Certezza e libertà abitano solo nella sfera interiore della fede, che non ha nessuna possibilità di influire sulla realtà umana esteriore. L'evoluzione del clima spirituale europeo dette ragione, a conti fatti, a Lutero. La possibilità di vittoria del progetto culturale così ben rappresentato da Erasmo, e che influenzò certamente sia Carlo V che un Papa come Leone X, non fece che declinare dopo il 1525. La concezione pessimistica dell'uomo di Machiavelli, scrittore disincantato e del tutto privo di interessi religiosi, sembra dar ragione a Lutero contro Erasmo.
Lutero e i sacramenti
Il pensiero di Lutero circa i sacramenti è contenuto nel trattato del 1520 intitolato La cattività babilonese della Chiesa, la cui tesi di fondo è che la continua moltiplicazione dei sacramenti li ha portati al numero di sette, ma a ben guardare si riducono ad uno solo : l'accettazione attraverso la fede delle promesse di Dio. Senza il primato della fede i sacramenti si riducono a 'sacrileghe superstizioni di opere'. Saranno perciò conservati solo quei segni sacramentali nei quali siamo noi ad accogliere ciò che Dio ci offre, mentre verranno aboliti o riformati quelli dove noi compiamo un'opera buona perché venga accettata da Dio (estrema unzione, cresima, ma anche il matrimonio, che è per Lutero un atto pieno di sacralità in tutti i popoli, ma non un sacramento).
Il sacerdozio universale
Attraverso il battesimo tutti gli uomini sono ordinati sacerdoti. La distinzione tra clero e laici non ha alcun fondamento nel nucleo della fede cristiana e i preti possono essere solo dei ministri, dei funzionari delle comunità di fedeli, eletti con il compito di predicare e insegnare, non possono intromettersi nel mio rapporto con la parola divina: perciò i due principi di Lutero, il sacerdozio universale e il libero esame delle scritture, sono strettamente connessi tra loro.
La vita del cristiano
La fondamentale importanza assegnata alla fede conduceva Lutero a diffidare di tutto ciò che tendeva a realizzare il cristianesimo in una forma di vita eccezionale, si trattasse anche di ascetismo e misticismo monacale. Le opere dei frati e dei preti non differiscono in niente 'dalle fatiche del contadino che lavora i campi o della donna che attende alle faccende di casa'. Anzi, il monachesimo che invita all'ozio e all'accattonaggio andava del tutto contro l'esaltazione della vita laboriosa che Lutero veniva scoprendo: l'uomo deve sposarsi, avere figli, produrre, adempiere al proprio ufficio, qualunque esso sia.
Lutero e i sacramenti
Il pensiero di Lutero circa i sacramenti è contenuto nel trattato del 1520 intitolato La cattività babilonese della Chiesa, la cui tesi di fondo è che la continua moltiplicazione dei sacramenti li ha portati al numero di sette, ma a ben guardare si riducono ad uno solo : l'accettazione attraverso la fede delle promesse di Dio. Senza il primato della fede i sacramenti si riducono a 'sacrileghe superstizioni di opere'. Saranno perciò conservati solo quei segni sacramentali nei quali siamo noi ad accogliere ciò che Dio ci offre, mentre verranno aboliti o riformati quelli dove noi compiamo un'opera buona perché venga accettata da Dio (estrema unzione, cresima, ma anche il matrimonio, che è per Lutero un atto pieno di sacralità in tutti i popoli, ma non un sacramento).
Il sacerdozio universale
Attraverso il battesimo tutti gli uomini sono ordinati sacerdoti. La distinzione tra clero e laici non ha alcun fondamento nel nucleo della fede cristiana e i preti possono essere solo dei ministri, dei funzionari delle comunità di fedeli, eletti con il compito di predicare e insegnare, non possono intromettersi nel mio rapporto con la parola divina: perciò i due principi di Lutero, il sacerdozio universale e il libero esame delle scritture, sono strettamente connessi tra loro.
La vita del cristiano
La fondamentale importanza assegnata alla fede conduceva Lutero a diffidare di tutto ciò che tendeva a realizzare il cristianesimo in una forma di vita eccezionale, si trattasse anche di ascetismo e misticismo monacale. Le opere dei frati e dei preti non differiscono in niente 'dalle fatiche del contadino che lavora i campi o della donna che attende alle faccende di casa'. Anzi, il monachesimo che invita all'ozio e all'accattonaggio andava del tutto contro l'esaltazione della vita laboriosa che Lutero veniva scoprendo: l'uomo deve sposarsi, avere figli, produrre, adempiere al proprio ufficio, qualunque esso sia.
LUTERO CONTRO LA CHIESA
La condanna di Lutero delle indulgenze aveva solidi
fondamenti teorici che egli espose in 95 brevi enunciati da discutere
probabilmente in università, dato che erano scritti in latino. Era la fine di
ottobre del 1517 quando qualcuno tradusse in tedesco, stampò e diffuse in
Germania le tesi di Lutero. Le tesi dicevano che il papa non può rimettere
nessuna pena, se non quelle imposte dalla Chiesa stessa, che sarà dannato in
eterno chi spera di procurarsi la salvezza con le indulgenze e che il papa non
doveva procurarsi denaro con questi mezzi empi. Molti erano già persuasi della
giustezza di tali parole e, vedendole scritte con tanta chiarezza e grazie alle
eccellenti doti di polemista di Lutero, le appoggiarono con forza, a partire
dal religiosissimo duca di Sassonia, Federico il Savio. Le tesi furono inviate
a Roma, mentre in Germania si moltiplicarono opuscoli, libelli, vignette
satiriche.
Nell'estate del 1518 partì la prima condanna delle tesi di Lutero, che si
accorse però di aver trovato in Federico il Savio un protettore in quanto si
rifiutò di mandarlo a Roma per essere processato come eretico. Nel 1520 la
curia romana elaborò una nuova e più articolata condanna, in una bolla che
cominciava con le parole Exurge Domine. Ancora una volta Federico
intervenne a favore del suo protetto e chiese che Lutero fosse ascoltato nella
prima dieta che si teneva dopo l'elezione imperiale di Carlo V,
eletto nel 1519. La dieta doveva tenersi nella primavera del 1521. Il 6 gennaio
1521 Lutero viene ufficialmente scomunicato e il 27 gennaio si apre la dieta a
Worms, nella quale Carlo
V avrebbe incontrato i sette principi elettori, gli altri principi
ecclesiastici e laici, i rappresentanti delle città libere. Se solo Lutero avesse accettato
di attenuare alcune delle sue tesi, la dieta sarebbe stata l'occasione per una
grande sconfitta delle pretese romane di ingerire nelle cose tedesche. In
questa speranza nutrita da molti c'è però un equivoco: l'essenziale
dell'attacco di Lutero
non erano gli abusi, ma le questioni dottrinarie, egli vuole aver ragione non
sul piano della condanna morale e politica della Chiesa, ma sul piano della
fede. Il 17 e 18 aprile 1521 egli si presenta di fronte alla dieta e non
ritratta nulla di quanto contenuto nei suoi scritti. Carlo V
aveva atteso quell'occasione prima di scagliare il suo bando contro quel frate,
ma la sua pazienza era stata inutile, pronuncia pertanto il suo editto contro
Lutero l'8 maggio. Quattro giorni prima Federico il Savio aveva fatto rapire il
frate che stava tornando a Wittenberg e lo aveva posto in salvo nel castello di
Wartburg.
Carlo V a
sua volta era oramai in guerra contro Francesco I, nel marzo del 1522 Lutero ritorna a
Wittenberg e sei mesi dopo viene stampata la sua traduzione tedesca, la prima,
del Nuovo Testamento.
GLI ANABATTISTI
Già dopo Worms appare chiaro che il luteranesimo è troppo stretto per contenere la massa di energie umane che erano state risvegliate in quegli anni. La rivolta dei contadini del 1525 deriva in buona parte dalle convulsioni del medioevo declinante, ma tra i capi della rivolta c'è quel Thomas Münzer che aveva dato un tono di esaltato radicalismo ad alcuni principi luterani. Legate o meno con le idee di Münzer già dal 1523 sorgono ovunque schiere di riformati che non si riconoscono in Lutero e negano risolutamente il valore del battesimo impartito ai bambini. Questi settari impugnano la fede come una spada che deve rigenerare da cima a fondo l'umanità e per prima cosa si fanno ribattezzare, venendo perciò chiamati con il nome dispregiativo di anabattisti. Predicare con toni accesi l'imminente apocalisse, testimoniare con impavido coraggio la loro certezza ritrovata, affrontare il martirio e la morte: di questo sono capaci gli anabattisti, che nessun principe protegge e che nessuno invita alle conferenze teologiche presso le diete imperiali e che ciò nonostante si diffondono con estrema rapidità nei dieci o quindici anni successivi al 1523. All'inizio li rintracciano a Zurigo e in altri cantoni svizzeri, ma subito compaiono nel Tirolo, in Moravia, in Renania, a Strasburgo, in Olanda, in Westfalia. Gli anabattisti, che sono reclutati in massima parte tra le classi popolari urbane, appaiono dei fanatici perturbatori dell'ordine sociale e suscitano lo stesso orrore nei cattolici e nei protestanti: torturati, portati al rogo, annegati, essi riescono a un certo punto a prendere il potere nella città westfalica di Münster e lo tengono dal 1533 al 1535. Indemoniati e immorali gli anabattisti di Münster vengono accusati di aver introdotto la poligamia e il comunismo e la loro avventura finisce in un massacro generale. Negli anni successivi sembra che nella sola Olanda, dove essi erano più numerosi, 30.000 anabattisti trovarono la morte.
LA RIVOLTA DEI CONTADINI
Sebbene non si possa dire che la rivolta contadina tedesca
sia direttamente legata alla Riforma protestante, le infiammate prediche di due
ex preti, Andreas Carlostadio
e Thomas Münzer, ne
sono comunque un elemento importante.
La rivolta contadina è in parte un aspetto della società signorile: la piccola
e grande società fondiaria, già segnata dall'inflazione, non sapendo
trasformare in modo moderno la sua gestione della terra rispondeva aumentando i
gravami feudali sui contadini. I contadini rispondono con i Dodici articoli
dei ribelli della Svevia, pubblicati nel febbraio 1525. In essi si chiedeva che
le comunità potessero eleggersi da sè i loro parroci, ma anche che fosse
abolita la servitù della gleba, il che appare come elemento di forte modernità.
Se però si entra nel complesso degli articoli, si nota che i contadini avevano
obiettivi molto ragionevoli, anche se tutti interni ad una società che si
andava dissolvendo. La preoccupazione per la proprietà comune nei villaggi
viene in primo piano: i boschi dovranno tornare beni collettivi e le terre
comuni che erano state ingiustamente appropriate dovranno essere restituite. I
contadini quindi si opponevano sia alla reazione feudale che alla
privatizzazione della terra, due processi che era difficile combattere
contemporaneamente. Quando nel 1525 la rivolta tocca il suo momento più acuto,
Lutero la giudica come un flagello di Dio che si abbatte sui signori fondiari,
ma invita allo stesso tempo i contadini a guardarsi dai fanatici e a non cadere
in un male peggiore dello sfruttamento, l'anarchia. Lutero vuole in realtà
sottrarsi all'accusa di essere la causa della rivolta e incita i principi
tedeschi alla carneficina, chiamando i contadini 'cani rabbiosi' da
ammazzare, scannare, strangolare in quanto 'la sedizione è cosa
insopportabile'.
Nel maggio del 1525 i contadini turingi vengono sconfitti, alcune migliaia di ribelli massacrati e Münzer processato e torturato come eretico prima di essere ucciso. Il bilancio finale di questa sconfitta è di circa 100.000 morti e il feudalesimo avrebbe signoreggiato nelle campagne per altri tre secoli.
Andreas Carlostadio
Uno tra i primi compagni di Lutero, trae dalle dottrine evangeliche conseguenze più radicali, negando la presenza reale di Cristo nell'eucarestia, affermando che il battesimo somministrato ai bambini non ha alcun valore, spingendo i suoi seguaci alla violenza contro il clero cattolico. Carlostadio viene ridotto al silenzio da Federico il Savio in una piccola parrocchia rurale.
Thomas Münzer
Afferma non solo, come Carlostadio, che le comunità dei fedeli potevano
fare del tutto a meno del clero e amministrare da sé le cose sacre, ma sostiene
anche che il vero cristiano è continuamente ispirato da Dio: la rivelazione non
termina nel Vangelo, ma continua direttamente nello spirito del credente, il
quale può saltare quindi anche questa mediazione ed entrare direttamente in
contatto con Dio. Con questo si esce del tutto dal luteranesimo, che non è
disposto a sostituire la solida base delle Scritture con l'esaltazione mistica
individuale.
Münzer si viene a trovare al centro della rivolta contadina: nelle sue prediche
incita i contadini turingi a distruggere gli empi senza pietà perché è una
guerra che non appartiene a loro, ma a Dio. 'Presentatevi pure e state
fermi e voi vedrete ciò che il Signore farà per voi. Anche quando foste solo in
tre che avete fiducia in Dio e cercate solo il suo nome e la sua gloria, non
avrete paura di centomila'.
LA RIVOLTA DEI CAVALIERI RENANI
Nel 1522 - 1523 i cavalieri renani assaltano l'arcivescovo di Treviri: in questa avventura guidata dall'umanista Ulrich von Hutten e dal cavaliere Franz von Sickingen la piccola nobiltà feudale viene travolta dall'intervento armato dei maggiori principi tedeschi. In questa occasione Lutero si schiera dalla parte dei principi, abbandonando i due capi ribelli che erano stati nel 1520 fra i suoi maggiori protettori. La rivolta dei Ritter gli consente, anzi, di estrarre un vero pensiero politico teorico dai suoi insegnamenti teologici. Dio ha istituito il potere politico, la spada, per consentire la vita sociale, senza il quale ciascuno divorerebbe l'altro. La ribellione contro il potere politico è dunque empia. Questo non è un voltafaccia conservatore di Lutero, ma solo una deduzione inevitabile dalla postulata malvagità essenziale dell'uomo e della netta divisione tra opere e fede. Anche Lutero si pone il problema del potere tirannico esercitato illegittimamente, ammettendo qualche volta la giustezza della ribellione, ma in linea di principio ritiene che il rischio dello scatenamento anarchico della brutalità umana giustifichi in pieno l'esistenza di un potere severo, duro, anche spietato.
LA RIFORMA IN GERMANIA
Nell'opuscolo del 1525 Alla nobiltà cristiana di nazione tedesca Lutero attacca direttamente il potere del papa e la sua ingerenza nelle cose secolari, trovando il più attento ascolto nei principi tedeschi, ai quali si chiedeva di intervenire in virtù del loro ufficio nell'opera di riforma della Chiesa.
Nobili principi e signori, per quanto tempo ancora lascerete che la vostra terra ed il vostro popolo siano preda dei lupi rapaci?
E il tono diviene via via più aspro mentre Lutero descriveva i vizi della curia romana:
Là vengono infranti i voti, la concessa licenza ai monaci di abbandonare gli ordini, là è in vendita ai sacerdoti il matrimonio, là i figli di puttana possono diventare legittimi, là ogni vergogna e disonore può assurgere a dignità e ogni vizio e inclinazione iniqua esser consacrato cavaliere e diventare nobile
Tutta la rete degli assurdi divieti creata dai papi e imposta contro la libertà del cristiano non è solo un diabolico espediente per cumulare potere e spremere denaro, visto che non c'è divieto da cui il papa non possa esentare dietro congruo pagamento? Era dunque un bene che tutte le ricchezze della Chiesa fossero depredate.
A partire da Wittenberg in molti centri i preti cominciarono a celebrare una messa riformata, pronunciata in tedesco, senza paramenti sacri, con i fedeli che si comunicavano senza essersi confessati. Quando, nel 1534, esce la prima Bibbia in tedesco, mezza Germania è già luterana. L'onda travolgente non sconvolge solo gli spiriti: molti preti prendono moglie, i conventi si vuotano di frati e monache, e sul clero che non si piega ai principi della riforma si abbatte l'ira popolare e i Ritter renani attaccano l'arcivescovo elettore di Treviri.
Alla repressione della rivolta contadina del 1525
partecipano attivamente anche quei principi tedeschi che avevano accolto o
stavano per accogliere la riforma luterana. Il braccio armato dell'autorità
secolare si pone ora apertamente a difesa della Riforma, sia contro i radicali
come Münzer
sia contro i papisti e lo stesso imperatore. Ai principi della Sassonia e
dell'Assia si aggiungono quelli del Brandeburgo, del Palatinato, della Prussia
e di molte altre città tedesche; per le autorità politiche accettare la Riforma
significa non soltanto andare incontro alla volontà dei tedeschi, ma anche
abolire il clero secolare e regolare e impossessarsi dei loro beni.
Mentre la dieta imperiale del 1526 riconosce il valore delle scelte dei
principi in fatto di fede, quella del 1529 fa un passo indietro su questo punto
provocando la protestatio di Filippo d'Assia, che non è solo una
rimostranza contro tutto ciò che è giudicato ingiusto, ma una solenne
affermazione: in ciò che riguarda la salvezza ciascuno deve rendere conto a Dio
per se stesso. Ecco che i protestanti avevano trovato il loro nome.
Alla nuova dieta di Augusta del 1530 i protestanti presentano la loro
confessione di fede redatta in modo che meglio favorisse una discussione
conciliatrice con i cattolici. Ad Augusta è presente anche Carlo V, che
dopo l'assedio turco a Vienna pensava si dovesse procedere in fretta a una
riunificazione della cristianità per combattere contro il comune nemico. Ma i
punti su cui l'accordo era impossibile sono troppi e Carlo V
decide di tagliar corto e chiede ai protestanti di abbandonare le loro
dottrine.
Per tutta risposta, nel dicembre 1530 i principi luterani creano la Lega di Smalcalda
(cittadina al confine tra Sassonia ed Assia), dandosi una organizzazione e una
forza difensiva che lascia del tutto nelle loro mani le sorti del
protestantesimo.
LA RIFORMA IN INGHILTERRA
Anche in Inghilterra, come nel resto dei paesi interessati,
l'apparizione del calvinismo risale agli anni 1545-60, ma a questa data la
Chiesa inglese aveva già preso una propria strada molto diversa da tutte quelle
del continente.
Nel 1527 il re Enrico
VIII (1509 - 1547) chiede al papa l'annullamento del suo matrimonio
(che risaliva al 1510) con Caterina d'Aragona, zia di Carlo V. Clemente VII
rifiuta e la questione si trascina per vari anni, finché nel 1533 Enrico si
rivolge al Parlamento inglese per cancellare quel matrimonio. Con una serie di
misure legislative che vanno dal 1529 al 1534 Enrico VIII si impadronisce della Chiesa
inglese, nazionalizzando i suoi beni e attribuendosi il diritto di nomina dei
vescovi. I monasteri vengono aboliti e con l'Atto di Supremazia del 1534 il re
diviene il solo capo della Chiesa nazionale; Thomas More,
uno dei grandi nome della cultura umanistica europea, che era allora
cancelliere della corona, rifiuta di approvare la scelta del re ed è condannato
a morte. La creazione della Chiesa nazionale comporta, oltre alla rottura con
il Papa, pochi ritocchi alla dogmatica cattolica Enrico VIII
conserva la sua scarsa simpatia per il luteranesimo. L'Atto di Supremazia era
solo una faccenda politica, una via verso l'assolutismo regio.
Enrico
può sposare Anna
Bolena, la donna che ha affrettato la nascita della Chiesa anglicana
e collezionare sei mogli da cui ha due figlie e un figlio che gli succede al
trono all'età di dieci anni nel 1547. Durante il regno di Edoardo VI (1547 -
1553), che riesce appena a raggiungere la maggiore età, il calvinismo penetra
in Inghilterra e ancora di più nel vicino Regno di Scozia. La Chiesa di stato
anglicana acquisisce rapidamente alcuni dei maggiori principi protestanti,
dalla riforma della messa e dei sacramenti all'abolizione definitiva del
celibato ecclesiastico, ma la precoce morte del re rimette tutto in
discussione. Nel 1553 la corona passa a Maria, alla figlia maggiore di Enrico (e
Caterina d'Aragona), che era intenzionata a restaurare il cattolicesimo e che
doveva superare l'opposizione della Chiesa di stato, contraria a tornare sotto
l'autorità del papa, ma anche degli acquirenti dei beni ecclesiastici, che
temevano di perdere le terre acquistate dopo il 1534, e dei calvinisti, una
minoranza forte e compatta in continua espansione.
LA RIFORMA IN SVIZZERA
Mentre il luteranesimo progrediva, nuovi riformatori predicavano una riforma più radicale.
ZWINGLI
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Parroco della cattedrale di Zurigo, Ulrich Zwingli fin dal 1522 respinge il concetto di sacramento e si propone di ricondurre la Chiesa alle sue istituzioni originarie. Nel 1525 ottiene l'abolizione della messa, sostituita da una commemorazione eucaristica di assoluta semplicità. Il suo cristianesimo riformato andava più a fondo nell'eliminazione dei riti esteriori e superstiziosi. Così egli esclude assolutamente che la grazia divina possa trasmettersi attraverso oggetti materiali ed i sacramenti diventano per lui simboli delle promesse di Dio: in particolare Zwingli condanna la tesi della presenza reale di Cristo nell'eucarestia. Su questo punto la divergenza con Lutero è insuperabile, ma più in generale nei riformatori di Zurigo è assente l'immagine luterana di totale corruzione dell'uomo: per loro la convinzione che Dio era dalla parte dei veri cristiani è capace di infondere una grande energia e senso di sicurezza. Se si pensa poi che Zwingli non ha la deferenza luterana per l'autorità politica, ma pensa al contrario che le autorità cittadine siano da considerarsi come dei magistrati della Chiesa militante, si capisce bene perché non esiterà a portare Zurigo in guerra contro le città svizzere rimaste cattoliche. Lutero lo condanna per aver impugnato la spada e quando nel 1531 Zurigo viene sconfitta dai cattolici nella battaglia di Kappel e Zwingli stesso vi trova la morte, ciò appare come un vero giudizio di Dio.
CALVINO
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La Riforma di tipo svizzero corre il rischio di esaurirsi a Zurigo, ma pochi anni dopo viene rilanciata fino a diventare il vero veicolo della trasformazione del movimento riformatore da fatto tedesco a fatto europeo. Il ruolo principale in questa seconda fase della storia della riforma è tenuto da un francese, Giovanni Calvino (1509-1564), figlio della borghesia togata (suo padre era notaio) ed egli stesso studente di diritto all'università di Orléans.
Compie i suoi studi a Parigi, dove il suo avvicinamento
alla Riforma muove da una doppia esperienza culturale, il diritto e la
filologia umanistica, e in ciò Calvino si differenzia nettamente da Lutero, che
era stato scosso da una forte crisi religiosa personale. Alla fine del 1533
risulta chiaramente che lo spirito della Riforma era entrato nell'ambiente
dell'università di Parigi e che il re Francesco I lo avrebbe represso con la
forza. Calvino fugge in Svizzera: Basilea, Ginevra, Strasburgo e poi nuovamente
e definitivamente a Ginevra nel 1541. In questi anni Calvino ha già scritto e
pubblicato la prima edizione latina del suo grande trattato Institutio
christianae religionis, che dopo la prima stampa nel 1536 ha altre otto
edizioni durante la vita di Calvino e nel 1541 viene pubblicato in francese.
Nonostante l'acquisita sicurezza nella fede, Lutero aveva mantenuto nelle sue
opere alcuni tratti della sua tormentata vita di monaco con l'immagine
medievale del diavolo che spunta continuamente e la sua visione cupa della
società e della politica porta tutti i segni dell'arretratezza politica della
Germania, dove si continuava a ragionare in termini di fedeltà e dedizione feudale
al proprio superiore. Nulla di questo in Calvino, per il quale la Riforma può
liberarsi del tutto da ogni traccia di sottomissione al pessimismo e
all'autorità dei detentori della spada. Il principio di superiorità della fede
sulle opere resta per Calvino, come per Lutero, il punto di partenza da cui
depurare il cristianesimo da ogni traccia di superstizione (anche Calvino, come
Zwingli, nega la presenza reale del corpo e del sangue di Gesù durante
l'eucarestia). La fede di Calvino ha però delle connotazioni diverse da quella
della dottrina luterana: essa può derivare solo dalla grazia irresistibile di
Dio e resta completamente sottratto alla ragione umana il motivo che conduce
alcuni uomini a credere. Gli uomini di fede sono eletti da Dio ed ogni uomo è
predestinato dall'eternità alla salvezza o alla dannazione. L'insistenza sul
tema della predestinazione è tipica più degli sviluppi del calvinismo che di
Calvino stesso, me è evidente che la svalutazione delle azioni nel riformatore
di Ginevra è assai più radicale che in Lutero.
Nonostante la scarsa rilevanza assegnata alle opere, il calvinista, che è certo
della sua fede e del suo stato di eletto, non ha bisogno di disprezzare le
opere, di vederle come inesorabilmente malvagie e di cercare rifugio solo
nell'interiorità. Anche Lutero sosteneva la dignità del lavoro, ma Calvino va
molto oltre perché trasforma i una vocazione divina il proprio stato sociale e
fa del lavoro un modo per glorificare Dio e per esprimere visibilmente la
saldezza della fede e del suo fondamento nella grazia. Il lavoro produttivo
diventa una forma di preghiera: il fine esclusivo dell'arricchimento continuava
ad essere malvagio, ma non il fatto in sé della produzione attraverso il
lavoro.
Questo diverso modo di articolare il rapporto tra la fede e le opere ha un
preciso corrispettivo nel ruolo attribuito da Calvino all'autorità civile.
Lutero aveva legittimato la totale delega del potere alla funzione repressiva
dei principi, mentre Calvino non soltanto ammette, pur con molte cautele, il
diritto di ribellarsi all'autorità che si allontana dalla legge di Dio, ma che
la vita religiosa deve improntare la stessa comunità civile. Lo stato non è
solo violenza, una conseguenza del peccato, ma serve a valorizzare la vita
associata.
A partire dal 1541, dunque, la Riforma si presenta come una doppia forza espansiva con due anime, la luterana e la calvinista. A questa data la diffusione della dottrina di Lutero era oramai definita: la Germania, specie nelle regioni orientali e settentrionali, la Danimarca e la Svezia. Al di fuori di questi paesi, dove vi era stata una convergenza tra la scelta dei principi e la volontà dei popoli, l'iniziativa dal basso ebbe un peso sempre maggiore e dopo il 1545 il modello calvinista sembra essere destinato a prevalere.
LA RIFORMA IN FRANCIA
La diffusione della Riforma in Francia è un caso un po' più
complesso. Inizialmente lo spirito del luteranesimo, ma non tutte le sue
singole tesi, trova quasi una naturale accoglienza negli ambienti colti
dell'umanesimo cristiano e della devozione spirituale che aspiravano ad una
riforma della Chiesa non traumatica e che non comportasse la rottura con Roma.
La Chiesa francese in effetti gode di una larga autonomia dal papa e il
concordato del 1516 tra Leone X e Francesco I aveva trasferito al re una gran
quantità di poteri in fatto di nomine alle più alte cariche ecclesiastiche e
controllo dei relativi benefici, cioè i patrimoni terrieri che dipendevano dai
vescovadi e dalle abbazie. La situazione era esattamente inversa a quella
tedesca, dove i principi si servirono della Riforma per mettere le mani sui
patrimoni della Chiesa. Francesco I, specie dopo il 1528, aveva molte
ragioni per appoggiare i protestanti tedeschi sia contro Carlo V che
contro il papa, alleatosi con l'imperatore. Dubbio è invece il suo
atteggiamento verso la penetrazione della Riforma in Francia. Fino all'inizio
degli anni Trenta i libri luterani circolano liberamente, insieme a quelli di Erasmo e degli umanisti
francesi. In generale la cultura umanista francese si rifiutò di seguire gli
sviluppi della polemica luterana, ma verso il 1530 i principi protestanti si
erano diffusi negli ambienti popolari urbani, fra gli artigiani e i bottegai.
Alla fine anche Francesco
si decide a combattere la propaganda dei riformatori: in fondo controllava a
sufficienza la Chiesa per non avere bisogno di loro, senza contare che gli
attacchi dei riformati alle autorità ecclesiastiche tendevano a sconfinare un
po' troppo nella contestazione globale. La notte tra il 17 e il 18 ottobre 1534
Parigi e altre città furono invase da violenti manifesti protestanti e Francesco I
ne trovò uno attaccato alla porta della sua camera da letto. Gli uomini della
cultura avevano già da anni fatto un passo indietro e la durissima repressione
colpì soprattutto le classi popolari.
I roghi continuarono ad accendersi a decine finché Francesco I
fu vivo e le persecuzioni furono ancora più dure sotto Enrico II.
La Riforma continua tuttavia ad estendersi, anche se dalla metà degli anni
Quaranta era il calvinismo a guidare la partita. Sfidando le fiamme e la morte
i predicatori di Ginevra diffondono in Francia idee e libri clandestini, mentre
la città di Calvino
accoglie i profughi sfuggiti alla repressione. Nel 1561, secondo una stima
attendibile, c'erano ormai nel paese più di 2.000 chiese calviniste. In questo
stesso periodo il calvinismo si è diffuso in misura anche maggiore nei Paesi
Bassi, soprattutto nelle grandi città.
LA RIFORMA IN FRANCIA
La diffusione della Riforma in Francia è un caso un po' più
complesso. Inizialmente lo spirito del luteranesimo, ma non tutte le sue
singole tesi, trova quasi una naturale accoglienza negli ambienti colti
dell'umanesimo cristiano e della devozione spirituale che aspiravano ad una
riforma della Chiesa non traumatica e che non comportasse la rottura con Roma.
La Chiesa francese in effetti gode di una larga autonomia dal papa e il concordato
del 1516 tra Leone
X e Francesco
I aveva trasferito al re una gran quantità di poteri in fatto di
nomine alle più alte cariche ecclesiastiche e controllo dei relativi benefici,
cioè i patrimoni terrieri che dipendevano dai vescovadi e dalle abbazie. La
situazione era esattamente inversa a quella tedesca, dove i principi si
servirono della Riforma per mettere le mani sui patrimoni della Chiesa. Francesco I,
specie dopo il 1528, aveva molte ragioni per appoggiare i protestanti tedeschi
sia contro Carlo V
che contro il papa, alleatosi con l'imperatore. Dubbio è invece il suo
atteggiamento verso la penetrazione della Riforma in Francia. Fino all'inizio
degli anni Trenta i libri luterani circolano liberamente, insieme a quelli di Erasmo e degli umanisti
francesi. In generale la cultura umanista francese si rifiutò di seguire gli
sviluppi della polemica luterana, ma verso il 1530 i principi protestanti si
erano diffusi negli ambienti popolari urbani, fra gli artigiani e i bottegai.
Alla fine anche Francesco
si decide a combattere la propaganda dei riformatori: in fondo controllava a
sufficienza la Chiesa per non avere bisogno di loro, senza contare che gli
attacchi dei riformati alle autorità ecclesiastiche tendevano a sconfinare un
po' troppo nella contestazione globale. La notte tra il 17 e il 18 ottobre 1534
Parigi e altre città furono invase da violenti manifesti protestanti e Francesco I
ne trovò uno attaccato alla porta della sua camera da letto. Gli uomini della
cultura avevano già da anni fatto un passo indietro e la durissima repressione
colpì soprattutto le classi popolari.
I roghi continuarono ad accendersi a decine finché Francesco I
fu vivo e le persecuzioni furono ancora più dure sotto Enrico II.
La Riforma continua tuttavia ad estendersi, anche se dalla metà degli anni
Quaranta era il calvinismo a guidare la partita. Sfidando le fiamme e la morte
i predicatori di Ginevra diffondono in Francia idee e libri clandestini, mentre
la città di Calvino
accoglie i profughi sfuggiti alla repressione. Nel 1561, secondo una stima
attendibile, c'erano ormai nel paese più di 2.000 chiese calviniste. In questo
stesso periodo il calvinismo si è diffuso in misura anche maggiore nei Paesi
Bassi, soprattutto nelle grandi città.
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