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Dal 25 luglio 1943, data della caduta di Mussolini determinata dal voto contrario espressogli a maggioranza del Gran Consiglio del Fascismo, al 1° gennaio 1948, data dell'entrata in vigore della costituzione repubblicana, corre un periodo che Piero Calamandrei definisce "quinquennio rivoluzionario", perché in esso, dopo molti contrasti, si delinea il superamento dello statuto e , con l'aprirsi del processo di formazione della nuova carta, si attua la vera e propria rivoluzione costituzionale italiana.
Nel quinquennio considerato si distinguono quattro diverse fasi. La prima di esse va dal 25 luglio (quando il sovrao, dopo il voto del gran consiglio, convoca colui che è pur sempre il suo primo ministro e lo fa arrestare) all'8 settembre 1943 (data dell'armistizio con gli alleati e della fuga da Roma del re e della sua famiglia, compreso il principe ereditario). La seconda va dall'8 settembre 1943 al 4 giugno 1944 (data della liberazione di Roma). La terza fase va dalla liberazione di Roma al 2 giugno 1946 (referendum istituzionale). L'ultima comprende il periodo costituente ed è conclusa dall'inizio della vita della costituzione.
Nella prima fase, sembra che il re riesca ad avviare positivamente il tentativo di restaurazione statuaria che lo ha visto coprotagonista del "colpo di Stato" del 25 luglio. Gli ambienti di corte si illudono di scindere la posizione politica e morale del sovrano da quella del duce, e Vittorio Emanuele 3°, contando di accreditare una propria irresponsabilità costituzionale per l'operato dei governi fascisti, scioglie la camera dei fasci e delle corporazioni promettendo di ricostituire in sua vece la camera elettiva entro quattro mesi dalla fine della guerra.
Il tentativo regio fallisce, dopo la fuga da Roma, per il precipitare della situazione politico - militare dell'Italia divisa in due e occupata da eserciti stranieri. Al nord, sotto la vincolante tutela tedesca, viene costituita la Repubblica sociale italiana. Al sud le istituzioni monarchiche sopravvivono fisicamente nella persona del sovrano. Dopo la dichiarazione di guerra alla Germania decisa dal governo regio, I governi alleati riconoscono al popolo italiano il diritto di decidere, a guerra conclusa, quale forma di governo esso voglia scegliere. I partiti antifascisti attivi nel sud attengono l'impegno di Vittorio Emanuele a ritirarsi definitivamente dalla vita pubblica e a nominare luogotenente generale del regno il figlio Umberto all'atto della liberazione di Roma. Questo impegno segna la capitolazione del vecchio sovrano e la sua rinuncia a cercare di ottenere una soluzione del problema politico italiano ancora nell'ambito dello statuto, giacché la luogotenenza così configurata non è in esso prevista e il ritiro di fatto di Vittorio Emanuele, non equivalente alla sua abdicazione, non consente all'erede di assumere le piene funzioni. La flessibilità della costituzione monarchica, che si spera inutilmente di poter forzare fino a farla sopravvivere alla caduta del fascismo, mostra a questo punto di non essere illimitata.
Con la liberazione di Roma Vittorio Emanuele 3° firma a Ravello il decreto di nomina del luogotenete. Si costituisce un nuovo governo, presieduto da Ivanoe Bonomi, che iene designato dal Comitato di liberazione nazionale (organo di governo provvisorio e di comando militare costituito a Roma prima dell'ingresso degli alleati e attivo in tutte le zone sotto controllo tedesco). Al governo partecipano ministri che rappresentano I partiti antifascisti. Esso fonda la costituzione provvisoria dello Stato destinata a dare l'avvio al processi di formazione della nuova costituzione. Con tale decreto, infatti, si stabilisce che al termine della guerra e alla completa liberazione del territorio nazionale il popolo italiano sia chiamato ad eleggere a suffragio universale un'assemblea costituente per deliberare la nuova costituzione dello Stato; che fini a tale elezione luogotenente e governo si astengano dal compiere atti che comunque pregiudichino la soluzione della questione istituzionale; che il governo eserciti il potere legislativo mediante decreti sanzionati e promulgati dal luogotenete.
Il regime costituzionale transitorio così stabilito è già fuori dallo statuto e, orientato com'è alla successiva fase costituente, può definirsi precostituente. Esso si protrae oltre la liberazione del nord (25 aprile 1945), e vede il riconoscimento, da parte del governo sedente a Roma, del ruolo di governo legittimo esercitato del Comitato di liberazione nazionale per l'Alta Italia nelle zone occupate dai tedeschi fra la data della loro resa e quella dell'ingresso degli alleati.
Nello stesso periodo, e in attesa della convocazione dei comizi elettorali per l'assemblea costituente ritardata da contrasti fra le forze politiche sui modi e le procedure da scegliere per formarla, viene istituito un organo assembleare non elettivo composto di membri di nomina governativa su designazione dei partiti, o scelti fra esponenti dell'antifascismo o appartenenti a diverse particolari categorie fra le quali I partigiani combattenti. Pur non essendo elettiva, questa assemblea, denominata consulta nazionale, assolve dignitosamente I compiti assegnatile dalla legge, che consistono nel dare pareri al governo sulle materie oggetto di provvedimenti legislativi di maggior peso, e particolarmente in materie elettorali, di bilancio e di imposte. In attesa dell'elezione della costituente, la consulta costituisce un organo di tipo parlamentare, che opera in sedute plenarie e suddivisa in dieci commissioni, svolgendo I suoi lavori dal 25 settembre 1945 al 9 marzo 1946.
Col decreto 16 marzo 1946 si decide di indire un referendum istituzionale, chiamando il popolo a pronunciarsi direttamente sulla forma monarchica o repubblicana dello Stato, e, insieme ad eleggere l'assemblea costituente incaricata di redigere il testo della nuova costituzione, vincolata, quanto alla forma predetta, dall'esito del referendum. Lo stesso decreto reca disposizioni sulla forma di governo provvisorio destinato a protrarsi durante I lavori della costituente: in caso di affermazione referendaria della monarchia, si prevede che continui il regime luogotenenziale, fino alle decisioni dell'assemblea in ordine alla struttura da dare alla forma monarchica dello Stato; in caso di affermazione della repubblica, si prevede che il presidente del consiglio assuma le funzioni di capo dello Stato, in attesa dell'elezione di un capo provvisorio dello stato da parte dell'assemblea, destinato a restare in carica fino all'elezione del presidente della repubblica a norma della costituzione da redigere.
Mentre si preparano referendum e elezioni della costituente (a suffragio universale, maschile e femminile, con voto diretto, libero e segreto attribuito a liste concorrenti e con rappresentanza proporzionale), Vittorio Emanuele 3° contravviene all'impegno di ritirarsi definitivamente dalla vita pubblica all'atto della nomina del luogotenente, e compie un atto di rilievo politico - costituzionale abdicando in favore del figlio, che in tal modo può per breve tempo (9 maggio - 2 giugno 1946) fregiarsi del titolo di re come Umberto 2°. L'atto di abdicazione contravviene alla costituzionalità provvisoria dello Stato italiano, in quanto contrasta con la rinuncia già formulata da Vittorio Emanuele ad esercitare qualsiasi prerogativa regia. L'assunzione al trono di Umberto contravviene alla costituzionalità formale regolata dallo statuto, in quanto contrasta con l'art. 22 che impone a ogni nuovo sovrano di prestare in presenza delle camere il giuramento di fedeltà alla legge fondamentale. L'abdicazione di Vittorio Emanuele, peraltro, viene consacrata in un comune foglio di carta bollata come semplice atto interno di famiglia, senza alcuna delle formalità che la prassi costituzionale richiede fin dai tempi di Carlo Alberto. Si spiega così come l'operazione possa essere definita da Togliatti, allora guardasigilli, "l'ultima fellonia dei Savoia".
Svoltosi il referendum (con esito favorevole alla repubblica) ed eletta la costituente, questa riunisce per la prima volta il 25 giugno e il 28 elegge il capo provvisorio dello Stato nella persona di Enrico De Nicola. Con questi atti si conclude la fase precostituente e, cessata la monarchia, allontanata la dinastia sabauda, si apre la fase costituente vera e propria, destinata a concludersi il primo giorno del 1948 con l'entrata in vigore del nuovo testo costituzionale.
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