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Istituto Professionale di Stato
Luigi Einaudi
Anno scolastico 2006/07
Storia del movimento sindacale in Italia
Introduzione
Può essere definito come un'organizzazione di rappresentanza e di tutela dei lavoratori dipendenti nelle società industriali.
Il sindacato è un'organizzazione che associa i membri di una o più categorie di lavoratori, o di datori di lavoro. Il compito del sindacato è quello di curare e difendere gli interessi economici e professionali degli associati.
Nel linguaggio corrente il termine è riferito sempre più spesso all'associazione sindacale dei lavoratori.
1. Le origini
1.1 In Gran Bretagna, Francia e Germania
I primi sindacati comparvero nella Gran Bretagna del XVII secolo come società di assistenza e di mutuo soccorso (friendly associations); successivamente si potenziò l'aspetto di contrattazione salariale e di tutela della forza-lavoro. Verso la metà dell'Ottocento il movimento si inquadrò in organizzazioni nazionali (Grand National Consolidated Trade Union, 1834, e Amalgamated Society of Engineers, 1852), dapprima riservate agli operai qualificati e poi aperte a tutti. Questo processo complesso e articolato incontrò l'opposizione conservatrice, che tentò di bloccare le rivendicazioni ricorrendo a leggi contro l'attività cospirativa (Combination Acts, 1799-1824); la rivendicazione dei diritti sindacali si intrecciò per tutto l'Ottocento con rivendicazioni politiche o con disegni cooperativi, quali quello di Robert Owen. Nel 1868 venne convocato per la prima volta il Trade Union Congress che divenne l'organizzazione permanente dei sindacati inglesi. Nel 1870 essi escludevano ancora i lavoratori non specializzati, a basso salario e le donne. Nell'Europa continentale il movimento sindacale, per la più tarda industrializzazione, ricevette impulso decisivo dal movimento politico socialista e dalle Internazionali, stabilendo con le esperienze politiche un legame determinante. In Francia fin dalla rivoluzione era stata approvata la legge Le Chapelier (1791) contro le coalizioni, seguita da altri provvedimenti contro le convenzioni in materia di salari.
Negli anni seguenti si verificarono agitazioni molto violente (rivolta dei tessitori di Lione nel 1831 e 1834) cui venne data una risposta repressiva. Il diritto di coalizione per il mantenimento dei livelli salariali fu riconosciuto per legge nel 1864 dopo un periodo di intense lotte. Nei principati tedeschi le coalizioni operaie emersero solo attorno agli anni 1830-1840. Nel 1862 F. Lassalle promosse l'Associazione generale degli operai tedeschi che mirava al suffragio universale. Su questo tema le forze operaie si orientarono verso organizzazioni autonome e ottennero nel 1869 un'ordinanza industriale che riconosceva anche il diritto di sciopero.
1.2 La diffusione in tutti i paesi
In tutta Europa la paura dell'eversione socialista era forte, ma la diffusione dei sindacati impose il loro riconoscimento giuridico (Belgio 1866; Austria 1870; Spagna 1881; Francia 1884). In Gran Bretagna la riforma legislativa in favore delle Trade Unions nel 1870-1876 fu accompagnata dalla formazione di un comitato parlamentare, primo passo per la costituzione del Partito laburista. Negli ultimi decenni dell'Ottocento si delineò in tutta Europa un nuovo tipo di sindacalismo aperto a tutti i lavoratori, qualificati e non, su scala nazionale e per grandi settori industriali. Nacque così la Cgt in Francia (Limoges 1895). In Germania le Federazioni, ottenuto il riconoscimento nel 1890 alla fine della repressione bismarckiana, associarono tutti i sindacati dello stesso mestiere. Anche nei Paesi bassi e in Norvegia, Svezia e Danimarca alla fine del secolo si affermarono organizzazioni sindacali nazionali. Nel 1901 nacque la Federazione sindacale internazionale, con sede ad Amsterdam. L'esperienza italiana ebbe le caratteristiche di forte politicizzazione del sindacalismo continentale e rifletté a lungo i contrasti interni al movimento operaio fino alla nascita della Confederazione generale del lavoro (vedi Cgl) e delle Federazioni di mestiere (Fiom e Federterra) che non ricevettero uno specifico riconoscimento legale. Assolutamente illegale e clandestina era frattanto ogni organizzazione operaia nell'impero zarista. Nella Spagna e nei paesi dell'America latina l'organizzazione dei sindacati fu sollecitata dagli anarchici: nel 1891 e 1892 sorsero le federazioni sindacali in Argentina e in Messico e al 1897 risalgono le prime associazioni tra i minatori cileni. Negli Stati uniti d'America emerse invece la American Federation of Labour (vedi Afl-Cio) che raggruppò i sindacati di Usa e Canada e che puntò sui lavoratori qualificati, sulla integrazione nei valori della società borghese e sulla pace sociale. Con ciò si ponevano le basi della prassi tradizionale statunitense, che delega allo stato la regolamentazione delle procedure contrattuali e decentra tutte le attività sindacali a livello d'impresa. Altre forme di associazionismo operaio negli Usa si ispirarono al sindacalismo rivoluzionario, come gli Industrial Workers of the World (1905) che reclutavano soprattutto minatori e braccianti. Verso la fine dell'Ottocento cominciarono anche a delinearsi nei vari paesi europei organizzazioni sindacali padronali. In Germania monsignor Wilhelm Ketteler promosse (1864) Unioni cristiane sociali che rifiutarono la conflittualità sociale e sostennero un indirizzo paternalistico (che trovò espressione dottrinaria nell'enciclica Rerum novarum del 1891). Anche in Italia e in Francia si organizzarono allora sindacati di ispirazione cattolica. Nella crisi della prima guerra mondiale i sindacati 'rossi' si adeguarono alla linea dei riformisti socialdemocratici, e talora conseguirono (come in Gran Bretagna) buoni successi contrattuali e normativi.
2. Il sindacalismo in Italia
2.1 Le Società di Mutuo Soccorso
Per capire che cosa è
il sindacato oggi è necessario conoscere la storia, partendo dai primi
tentativi associativi che nel 19° secolo diedero vita alle prime esperienze
sindacali che generarono la costituzione delle Società di Mutuo Soccorso (SMS).
Queste ebbero sin dall'inizio una composizione interclassista (composta da
diverse classi sociali).
Cionostante si definissero come associazioni 'apolitiche' era elevata l'influenza esercitata dal pensiero borghese (appartenente cioè alla classe formata dai proprietari terrieri, dai commercianti, dagli artigiani, dai dirigenti industriali, dai liberi professionisti, dai gruppi, che detenevano la ricchezza e i mezzi di produzione) in tutte le sue varianti: moderato-costituzionale, democratico - radicale e mazziniano repubblicano. Alcune società erano di carattere confessionale, riferite cioè alla Chiesa.
Le prime SMS erano
concentrate nel Regno di Sardegna, la loro diffusione nazionale avvenne dalla
seconda metà del XIX secolo.
Comunque il mutualismo (aiuto vicendevole fra più persone) attecchì nel Centro
Nord, soprattutto in Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Emilia e Toscana.
Gli scopi delle Società di Mutuo Soccorso erano:
Tra le attività secondarie vi furono anche l'assistenza morale, l'istruzione e l'educazione.
Dalle 113 SMS del
1862, si arrivò alle oltre 5000 di fine secolo.
L'impostazione dei primi dirigenti era filantropica (caritatevole altruista e
solidale verso gli altri senza interesse personale) e paternalistica (cioè il
vedere tutte le azioni come elargizioni dovute ad illuminata bontà).
Nel 1886 si costituì
a Milano la Federazione Nazionale delle Cooperative.
Questo fu un passaggio che segnò una maturazione del movimento operaio.
L'evoluzione del sistema industriale, il diffondersi delle idee socialiste e anarchiche,
misero in crisi le società di Mutuo Soccorso, ormai non più in grado di
soddisfare i nuovi bisogni e le esigenze nascenti del nuovo proletariato
industriale.
2.2 Le Leghe di Resistenza
Queste
rappresentarono un salto di qualità notevole , perché si sganciarono dalla
vecchia tutela borghese (benestante) per diventare strumenti di tutela di
classe autonoma , gestita dal basso.
L'atto costitutivo prevedeva una sorta di manifesto politico con obiettivi
sociali ben precisi.
Ma una delle novità
principali stava nella possibilità di organizzare agitazioni (scioperi) contro
i padroni per denunciare lo sfruttamento operaio e per avere riconosciuti i
diritti della persona.
Negli ultimi decenni del XIX secolo il rapporto di lavoro era individuale, le
paghe basse, gli orari di lavoro lunghi, la fatica immensa.
La produzione irregolare generava una disoccupazione alta che strideva con il
largo impiego di lavoro femminile e minorile.
La cronica mancanza di lavoro e la miseria diedero luogo al fenomeno dell'emigrazione
che, tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, coinvolse milioni di
italiani.
Questo fiume umano
venne indirizzato verso gli Stati Uniti, Francia e Belgio, ma l'emigrazione non
allentò le strozzature del mercato del lavoro italiano. La crisi delle campagne
colpì migliaia di braccianti.
Fu in questa fase che si ebbe una diffusione capillare delle idee socialiste ed
anarchiche.
Alle Società di Mutuo
soccorso si affiancarono le prime Leghe di Resistenza caratterizzate da una
forte impronta classista che escludeva quasi sempre i piccoli proprietari
terrieri.
Nella Bassa Padana, in Veneto, Romagna, Emilia e nel Mantovano, si
intensificarono le lotte. Mantova fu il fulcro di queste agitazioni.
Nel campo industriale, nel settore tessile, dove maggiore era lo sfruttamento
minorile e femminile, tra il 1861 e il 1877, vi furono A Biella una serie di
scioperi che originarono anche una Commissione parlamentare di inchiesta. Le
lotte di quel periodo erano frammentarie e disorganizzate.
Andrea Costa,
socialista, fu uno dei maggiori uomini di spicco di quegli anni. I primi
partiti politici in Italia (Partito Socialista Rivoluzionario e Partito Operaio
Italiano) ebbero una vita limitata ed una scarsa influenza sulle agitazioni
operaie. Il movimento mantenne un carattere spontaneo ed estraneo a qualsiasi
centro istituzionale. Infatti le più significative Leghe nacquero sulla spinta
di importanti scioperi come quello dei metallurgici di Genova e di Milano del
1890 e del 1891, dei muratori di Milano nel 1893.
Seguirono quello dei tipografi, dei panettieri, dei setaioli, dei cappellai ed
infine dei ferrovieri.
Si trattava comunque di una aristocrazia (élite) operaia, perché la gran parte erano operai di mestiere che svolgevano mansioni praticamente artigiane e che avevano uno spirito fortemente corporativo.
2.3 Le Camere del Lavoro
All'inizio degli anni
Novanta fecero la loro comparsa le CAMERE DEL LAVORO, destinate a rappresentare
organismi centrali e specifici del movimento sindacale.
Le prime Camere del Lavoro nacquero nel 1891 a Milano, Torino e Piacenza.
Nel capoluogo lombardo lo Statuto costitutivo redatto da Osvaldo Gnocchi-Viani,
fine conoscitore dell'esperienza sindacale francese, divenne ben presto il
modello di riferimento delle nascenti organizzazioni camerali.
Queste assunsero
all'inizio un carattere moderato.
Gli scopi principali delle Cdl erano:
Il collocamento
L'istruzione
L'assistenza
Il fine ultimo restava il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro della classe operaia, da raggiungersi senza il ricorso alla resistenza anticapitalistica.
Durante le prime
esperienze' sindacali' i dirigenti camerali ricorsero spesso
all'arbitrato, soprattutto su materie quali il salario e l'orario di lavoro.
Proprio nel 1891, anno di nascita delle prime Camere del Lavoro, Papa Leone
XIII scrisse l'enciclica (lettera papale) intitolata Rerum Novarum, che è stata
poi alla base di tutta la successiva dottrina sociale della chiesa.
Nel documento tutti i
punti salienti ruotavano attorno al principio cristiano della difesa e della
dignità del lavoro umano.
Da questo ne discendeva anche il riconoscimento della proprietà privata, la
condanna del marxismo ateo, ma anche del liberalismo (concezione politica che
sosteneva le libertà personali del cittadino ed affidava allo Stato il compito
di garantirle) che produceva, secondo la Chiesa, sfruttamento e generava un dissidio
stridente fra ricchi e poveri.
Negli anni Novanta, sotto la spinta dell'interessamento papale, i cattolici
iniziarono un cammino di rinnovamento delle proprie strutture sindacali e
costituirono, accanto alle società di Mutuo Soccorso, le Unioni professionali,
costituite da datori di lavoro e operai.
Tuttavia tali strutture, alla luce della radicalizzazione dello scontro di
classe, non andarono avanti.
Nel 1893 si riunì a
Parma il 1° Congresso Nazionale delle Camere del Lavoro.
Accanto alle già citate : Milano, Torino e Piacenza, parteciparono all'assise
le strutture di altre nove città italiane: Bologna, Brescia, Cremona, Firenze,
Parma, Pavia, Padova, Roma e Venezia.
Da questo incontro nacque l'idea di dotarsi di un coordinamento permanente da
realizzarsi attraverso la costituzione della Federazione Italiana delle Camere
del Lavoro, che non ebbe vita facile fino al 1901, (IV Congresso camerale di
Reggio Emilia), quando la Federazione incominciò a svolgere un efficace ruolo
di coordinamento e unificazione delle strutture.
Tra il 1893 e il
1901, si sviluppò un processo di graduale trasformazione dei compiti delle
Camere del Lavoro.
A poco a poco, la loro specificità di strutture organizzate su base
territoriale e interprofessionale, fece sì che le funzioni originali del
collocamento e dell'assistenza passassero ad una tutela più ampia e generale
degli interessi del proletariato. Questo comportò un rapporto ambiguo col
Partito Socialista.
A Genova nel 1892, al Congresso costitutivo del Partito dei Lavoratori Italiani, (dal 1893 Partito Socialista dei Lavoratori e dal 1895 Partito Socialista Italiano), le Camere del Lavoro vennero riconosciute come strumenti di lotta sindacale.
La crisi economica
del 1887, culminata nel 1894 con il crollo del sistema bancario italiano, causò
un evidente peggioramento delle condizioni di vita della classe lavoratrice , a
cui fece seguito una radicalizzazione dello scontro sociale. I primi a muoversi
furono gli edili a Roma nel 1887 e a Milano nel 1889.
Ma il primo sciopero di una certa efficacia fu quello di Milano del 1891,
promosso dai metallurgici contro gli arbitri padronali legati all'utilizzo
indiscriminato del cottimo.
Uno dei movimenti più
intensi si verificò in Sicilia.
I cosiddetti Fasci siciliani nacquero ufficialmente nel maggio 1891.
Questi erano un'organizzazione unitaria che legava le grandi masse dei
braccianti proletarizzati, con i pastori e i lavoratori delle miniere, ridotti
alla fame da una violenta crisi economica.
La causa principale delle difficoltà risiedeva nella guerra commerciale con la
Francia.
Era una guerra che
paralizzava i tre prodotti principali dell'isola e cioè: zolfo, vino e agrumi.
Una ulteriore mutazione dei Fasci fu rappresentata dal diffondersi delle idee
socialiste.
Questa connotazione politica e l'asprezza delle lotte scatenarono una
violentissima reazione statale.
Il 20 gennaio del
1893 i militari spararono su centinaia di contadini che stavano occupando le
terre di Caltavuturo. Fu una vera strage; 11 morti e decine di feriti.
L'eccidio si ripeté qualche mese dopo a Serradifalco. Il Governo Giolitti,
proibì manifestazioni e comizi.
Il successore di Giolitti, Crispi colpì ancora più duramente ordinando lo
scioglimento dei Fasci e l'occupazione militare, dallo stato d'assedio agli
arresti di massa.
Fu un crescendo di ferocia che culminò con le condanne nel processo di Palermo, comminate dal Tribunale militare.
Le lotte comunque
continuarono non solo in Sicilia, ma in tutta Italia .
Nel 1896 i tipografi di Milano scesero in piazza per rivendicare le nove ore di
lavoro giornaliere e minimi di salario ed un freno al cottimo. A Milano nel
1898 iniziarono i moti del pane.
La lotta iniziò a seguito del forte aumento del prezzo del grano.
Seguirono tumulti in molte regioni italiane.
A maggio il moto assunse a Milano un carattere più ampio e popolare.
Il Primo ministro di allora Rudinì ( leader della Destra) mise in atto una reazione
spropositata, Bava Beccaris fa sparare con i cannoni sulla folla: i morti
furono decine e moltissimi i feriti.
Pesanti condanne colpirono tutti i capi politici e sindacali del movimento
operaio La locale Camera del Lavoro venne sciolta.
Le lotte del decennio successivo legarono sempre di più le organizzazioni
sindacali al movimento operaio. Questo fu un processo lungo e non sempre
lineare che produsse una mutazione di rilievo.
Le Camere del Lavoro andarono sempre più consolidandosi per diventare più
proletarie (operaie) e più popolari rappresentando un punto fermo, una specie
di argine di sicurezza del movimento operaio.
Esse furono uno strumento di coordinamento e di direzione della resistenza, ma
soprattutto diventarono il presidio più saldo a difesa dei diritti e della
dignità della classe lavoratrice.
Non a caso, infatti, che dal 1898 al fascismo, gli avversari e i nemici del
sindacato pensarono di colpirlo proprio attaccando le Camere del Lavoro,
attraverso gli scioglimenti, le condanne ed arrivando persino a bruciarle e a
devastarle.
2.4 Il sindacalismo federale
Tra il 1893 e il
1901, proprio durante la fase di maturazione camerale, iniziò la parabola del
sindacalismo federale.
Le Federazioni di mestiere, accanto alle Camere del Lavoro, si imposero come le
più grandi organizzazioni del proletariato italiano.
Lo sviluppo, badate come abbiamo visto, non fu semplice e andò avanti in
maniera lenta.
IL 1901 fu l'anno di
nascita della principale federazione dell'industria la FIOM (Federazione Italiana
Operai Metallurgici).
Lo statuto prevedeva il definitivo collegamento con le altre associazioni.
Nel 1902 contava più di 50.000 aderenti; successivamente seguirono, a partire
dal 1901, i tessili, i vetrai, i chimici e i lavoratori del legno.
Ma il 1901 fu soprattutto l'anno di nascita della FEDERTERRA, In quel periodo l'Italia era ancora un paese a forte prevalenza agricola.
L'Organizzazione era concentrata soprattutto al Nord; ma anche al SUD si registravano numerose adesioni.
La linea rivendicativa era incentrata sul tema della socializzazione della terra.
Le sconfitte del
1903-1904 crearono le condizioni per lo scioglimento della Federazione
sostituita da un semplice Segretario.
Nel 1906, sotto la guida autorevole di Argentina Altobelli, la FEDERTERRA
risorse su basi riformiste.
Questa volta gli obiettivi furono il controllo del collocamento e l'imponibile di manodopera.
Tale sarebbe rimasta la linea fino al biennio rosso, quando si ebbero momenti significativi e drammatici soprattutto nelle campagne della Bassa Padana. Il supporto dei riformisti al consolidamento delle Camere del Lavoro fu decisivo.
Questi proponevano
innanzitutto l'accettazione dello Stato e la lotta politica dentro le
istituzioni, e una più equa ridistribuzione della ricchezza nazionale e il
miglioramento della legislazione sociale.
L'altra corrente di pensiero, presente all'interno del movimento, era quella
rivoluzionaria che prevedeva invece l'abbattimento dello Stato borghese.
Alcune lotte trovarono il punto più alto di sintesi nello sciopero generale
cittadino, che venne sperimentato con successo a Genova nel 1902 e
successivamente a Torino.
Vi furono comunque in quegli anni anche dei contrasti tra movimento camerale ed organizzazione federale.
Per sanare questi
contrasti, che rischiavano di indebolire il movimento operaio, si costituì a
Milano il Segretariato Nazionale della Resistenza, avente come obiettivo la
promozione dell'azione e dell'Organizzazione Sindacale.
La guida venne affidata a Rinaldo Rigola, che nonostante l'esperienza non
riuscì a sanare i forti contrasti maturati in seno all'organismo.
Le contraddizione raggiunsero l'apice nel 1904 in occasione dello sciopero
generale.
Gli eccidi proletari del settembre 1904, basta pensare alla lotta dei minatori sardi di Buggerru che finì in un bagno di sangue con tre morti, spinsero il movimento operaio italiano ad un moto di protesta spontaneo che raggiunse vaste dimensioni sorprendendo gli stessi capi delle organizzazioni operaie.
Il Segretario
Generale della Resistenza non fu neanche avvertito dai promotori.
I sindacalisti rivoluzionari si inserirono all'interno di questi scioperi,
diventandone dirigenti, in modo da non mancare all'appuntamento del primo
sciopero generale nazionale.
Tra il 16 e il 17 settembre lo sciopero si allargò a gran parte dell'Italia settentrionale e centrale.
A Como, Varese,
Alessandria, Torino, Bologna, Parma, Piombino, Ancona,Terni, Roma, solo per
citare alcune delle città più importanti coinvolte.
L'agitazione generale raggiunse anche il meridione e così Napoli, Bari,
Palermo, Foggia, Taranto, e altre città contribuirono affinché questo assumesse
una dimensione nazionale.
La lotta si diffuse
quindi nel Paese, ma il clima stava ormai cambiando.
Le agitazioni del 1905-06, pure profonde, sarebbero state senza guida, prive di
coordinamento, in balia dell'attacco padronale che preludeva alla svolta
autoritaria degli anni successivi.
I rivoluzionari che avevano preso le redini del Segretariato dimostrarono la
totale incapacità a dirigere con successo il movimento.
Tutto questo spinse i riformisti, che erano stati soprafatti come ho detto
prima dagli eventi, a creare una nuova struttura unitaria del movimento di
classe.
Su proposta della FIOM, si tenne a Milano dal 29 settembre al 1° ottobre del 1906, il Congresso costitutivo della Confederazione Generale del Lavoro (Cgl).
2.5 La Confederazione Generale del Lavoro
Nel 1906 nasce la
Confederazione Generale del Lavoro (Cgl) come struttura capace di raccogliere
tutte le forze operaie.
All'atto delle fondazione partecipano 700 delegati in rappresentanza di oltre
80 camere del lavoro e di circa 200.000 aderenti.
Viene confermata una doppia struttura, verticale o federazioni di categoria,
orizzontale attraverso le camere del lavoro.
Funzione delle federazioni è occuparsi degli interessi della categoria, mentre
le singole camere del lavoro si occupano delle questioni locali.
Spetta alla Confederazione, secondo lo statuto, assumere la direzione generale del movimento.
In questo periodo nascono nelle aziende le commissioni interne che attendono un riconoscimento ufficiale: la prima legittimazione si avrà all' Itala di Torino nel 1906, successivamente alla Borsalino nel 1908 e alla Fiat nel 1912.
Sempre nel 1912, in posizione critica rispetto alla Cgl, nasce l'Unione sindacale italiana (Usi), nella quale trovano collocazione le aree operaie che non si riconoscono nella Cgl.
La guerra del 1914 cambia molti aspetti dell'economia italiana: viene decretata la "mobilitazione industriale" e negli stabilimenti vengono vietati gli scioperi, mentre vengono fatte molte assunzioni nelle officine, negli uffici, nei trasporti pubblici, allo scopo di assicurare il massimo della produzione.
Il potere contrattuale dei sindacati diminuisce, non c' è modo di avanzare richieste, né si possono effettuare manifestazioni o scioperi.
Torino diventa un
centro attivo di protesta operaia. Gli operai protestano perché i contratti
scaduti sono prorogati fino alla fine del conflitto. Si hanno veri e propri
atti insurrezionali per tutta la città. Alla fine della guerra i primi a far
sentire la loro voce sono i contadini poveri che occupano terre demaniali o
incolte in Lazio, Puglia, Calabria, Sicilia. La protesta si diffonde in tutta
Italia.
In Toscana, Umbria e Marche dove i mezzadri chiedono una ripartizione più
favorevole dei prodotti. Il sindacato si rafforza.
A livello nazionale la Cgl conta nei primi mesi del dopoguerra 600.000 iscritti
che arrivano a 2 milioni e 100.000 nel 1920.
Nel gennaio del 1919 la FIOM avanza la richiesta di ridurre l'orario
giornaliero a 8 ore ( 48 settimanali) a parità di salario. In poco più di un
mese l'accordo viene raggiunto senza scioperi.
3. Sindacati e Fascismo
3.1 Le Corporazioni
Nel frattempo a marzo
1919 si costituisce il movimento fascista e incominciano le azioni violente
degli squadristi contro il sindacato. Nell' aprile del 1921 a Torino viene
incendiata la Camera del lavoro. Nel Polesine vengono uccisi capi lega, sedi
della Cgl vengono distrutte in Emilia e in Toscana. Tra il 1921 e il 1922 i
fascisti danno vita a proprie organizzazioni sindacali. Nel 1922 i fasci creano
la Confederazione nazionale delle Corporazioni sindacali.
Nel 1923 la Confindustria stipula un patto (detto di Palazzo Chigi) con le
Corporazioni fasciste, in base al quale i due organismi si impegnano a
collaborare per ridurre la conflittualità sociale.
Il 2 ottobre 1925 viene stipulato il patto di Palazzo Vidoni: la Confindustria
riconobbe i sindacati fascisti come unici rappresentanti dei lavoratori,
delegittimando la Cgl.
Fu il primo passo del regime fascista verso il completo controllo e la disciplina delle attività sindacali.
Nell' aprile 1926 venne promulgata la legge, presentata in parlamento da Alfredo Rocco, che regolava i rapporti collettivi di lavoro: essa fissava il riconoscimento giuridico obbligatorio di un solo sindacato la Confederazione delle Corporazioni Fasciste (organi che comprendevano sia datori di lavoro, sia lavoratori).
Era altresì previsto che i sindacati liberi potessero continuare ad esistere, ma solo come associazioni di fatto e quindi prive di ogni potere contrattuale; erano vietati, inoltre, come strumenti di lotta, lo sciopero e la serrata prescrivendo, in caso di conflitti, l'intervento della magistratura.
3.2 Lo Stato Corporativo
In ottobre dello stesso anno, sempre Rocco, fa promulgare le leggi "fascistissime" con le quali si dichiara l'illegalità di tutti i partiti politici e dei sindacati ad eccezione di quelli fascisti.
Bruno Buozzi, segretario nazionale della Cgl, trovandosi all' estero, avvertito del pericolo di arresto al suo rientro in patria, decise di rifugiarsi in Francia.
Il 10 dicembre 1926 gli squadristi distrussero la sede della Cgl di Milano e quella della FIOM di Torino.
I dirigenti confederali furono perseguitati ed arrestati, chi potè sfuggire agli arresti si unì a Buozzi, rifondando la Cgl in clandestinità.
Il 26 maggio 1927, in quello che divenne noto come il "discorso dell' Ascensione", Mussolini proclamò che il fascismo aveva dato vita allo Stato Corporativo, dichiarando il regime "totalitario" e chiudendo il suo intervento con la frase: "tutto nello stato, niente contro lo stato, nulla al di fuori dello stato".
Negli anni a seguire l' inesorabile fascistizzazione di tutti i settori dello stato e la connivenza tra i grandi capitali e il PNF, decreteranno la fine delle libertà costituzionali e la conseguente fine delle libere associazioni e del sindacato.
4. La rinascita
4.1 Il Patto di Roma e la nascita di Cisl e Uil
Il sindacalismo democratico si ricostituisce solo con il Patto di Roma (3 giugno 1944). Esso stabilisce che vi sarà un solo organismo su tutto il territorio nazionale, la CGIL (CONFEDERAZIONE GENERALE ITALIANA DEL LAVORO).
Anche la Confederazione generale italiana dell' industria si ricostituisce nel settembre 1944.
L' attentato a Togliatti del 1948 sarà l'occasione per provocare una scissione e per la nascita di Cisl e Uil; appena appresa la notizia, l'esecutivo nazionale della Cgil si pronuncia per uno sciopero generale prolungato, mentre i membri democristiani del direttivo sollecitano la fine dello sciopero.
Si prende atto della "rottura dell' unità sindacale" e il 16 ottobre dello stesso anno nasce la Libera Confederazione Generale Italiana del Lavoro (Lcgil).
Anche i repubblicani escono dalla Cgil ed il 1 maggio 1950 insieme alla Lcgil,costituiranno la Confederazione Italiana Sindacato lavoratori (Cisl). Successivamente si costituirà l'Unione Italiana del Lavoro (Uil).
Nei primi anni 60
l'azione sindacale è intensa. A fine anni 60 i sindacati sollevano, in sede
contrattuale, il problema delle gabbie salariali in una vertenza condotta
unitariamente. Le differenze tra zona e zona sono consistenti, anche se ridotte
da due accordi nel 1953 e nel 1961. L'obiettivo di eliminare del tutto le
sperequazioni geografiche viene raggiunto in base ad un accordo concluso tra
Fiom e industriali. In quegli anni, a livello parlamentare, viene discusso e
approvato lo ''STATUTO DEI LAVORATORI'' (Legge n. 300/1970).
Nel giugno del 1969 il Congresso della CGIL a Livorno, nel riconfermare la
linea della contrattazione aziendale, decide di attivare le sezioni sindacali
come sede per la contrattazione, sollecitando il riconoscimento del diritto di
assemblea sul luogo di lavoro.
In questi anni le lavoratrici conquistano una serie di garanzie sia a livello
contrattuale che legislativo, dalla parità salariale alla legge n. 1204 del
1971 che assicura la conservazione del posto di lavoro nei periodi pre e
post-maternità.
Nel 1972 nasce la Federazione Unitaria CGIL, CISL, UIL.
Nel 1975 la CGIL, affiancandosi a CISL e UIL, aderisce alla Confederazione Europea dei Sindacati.
5. Cenni legislativi
5.1 Il concetto di sindacato in generale e la previsione costituzionale
In quello italiano, a differenza di altri ordinamenti ( ad es. quello francese o inglese ), manca una definizione legislativa di sindacato: in base, tuttavia, alle formulazioni dottrinali e giurisprudenziali, il sindacato professionale può definirsi l'associazione libera e spontanea di singoli individui nel particolare status di prestatori di lavoro subordinato o in quello di datori di lavoro; è un'associazione che rappresenta, attraverso i suoi organi elettivi interni, tutti gli individui che lo compongono nella loro qualità di soci; è una associazione che agisce collettivamente al fine di tutelare i comuni interessi professionali nei confronti degli stessi soci, delle altre associazioni, di altri soggetti giuridici"( Mazzoni ).
L'articolo 39 della Costituzione sancisce, al comma 1, il principio della libertà di organizzazione sindacale e nei commi successivi dispone che:
5.2 Il sistema attuale: i sindacati come enti di fatto
La mancata attuazione dell'art. 39 della Costituzione fa sì che ancora oggi le associazioni sindacali siano disciplinate dalla normativa di diritto comune, e più precisamente dagli artt. 36,37 e 38 del Codice Civile: esse costituiscono attualmente delle mere associazioni non riconosciute, e cioè enti di fatto privi di personalità giuridica.
E' opinione dominante, comunque, che pur nella mancata attuazione dell'art. 39 Cost. ed inquadrandosi attualmente i sindacati come associazioni non riconosciute, l'ordinamento statutario interno del sindacato debba possedere quelle stesse caratteristiche strutturali di democraticità, richieste dal costituente per la registrazione e sancite in via generale dall'ordinamento giuridico e che, per tanto, devono trovare riscontro in tutti gli assetti organizzativi in cui si manifesta la libertà di associazione consacrata dall'art. 18 Cost.
5.3 Lo Statuto dei Lavoratori
La fonte normativa più importante dopo la Costituzione, in materia di libertà sindacale, è oggi L. 20/5/1970, n. 300, meglio nota come Statuto dei Lavoratori,che ha recepito i principi fondamentali fissati dalla Costituzione stessa, tendendo non a disciplinare la libertà sindacale ( ciò costituirebbe una illegittima interferenza del legislatore), bensì a garantire l'esercizio della medesima all'interno delle unità produttive ( i luoghi di lavoro ), predisponendo, al riguardo, anche un'efficiente apparato sanzionatorio.
Nei vari articoli di cui è composto sono enunciati, oltre al diritto a svolgere attività e propaganda sindacale nei luoghi di lavoro e il diritto di assemblea aziendale, anche i doveri e i divieti imposti al datore di lavoro atti a garantire la libertà sindacale.
Conclusioni
La storia dei sindacati "ufficiali", dal dopoguerra ad oggi, è sempre stata caratterizzata da un forte collateralismo sindacati-partiti.
Nel 1944 la CGIL veniva ricostituita, con una operazione di vertice, dai partiti del CNL come sindacato unico dei lavoratori e nel '48 con la fine dell'unità antifascista, si rompeva anche l'unità sindacale; la CGIL diventava il sindacato di riferimento del PCI e nascevano la CISL (Democrazia Cristiana) e la UIL (Socialdemocratici e Repubblicani).
I vertici delle organizzazioni dei lavoratori venivano occupati da sindacalisti di mestiere che nulla avevano più da spartire con la classe operaia e gli interessi dei lavoratori sono stati (allora ed in seguito) sacrificati alle esigenze "politiche" del momento.
Significativi di questa trasformazione sono gli innumerevoli casi di dirigenti che dopo anni di servizio ai massimi vertici del sindacato, sono transitati, senza soluzione di continuità, ad alti incarichi di Governo e/o nei partiti di riferimento.
Bibliografia
Sitografia
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