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Le ripercussioni sul rapporto coi figli all'interno della relazione detenuto - famiglia. Le realtà di sostegno estere e italiane




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Le ripercussioni sul rapporto coi figli all'interno della relazione detenuto - famiglia. Le realtà di sostegno estere e italiane



1. La normativa internazionale e comunitaria

Sull'assunto che l'infanzia di un individuo, nonché i legami affettivi coltivati nell'ambiente familiare e sociale svolgano un ruolo insostituibile per lo sviluppo armonioso ed equilibrato del bambino, condizionando la sua futura vita di adulto, viene sancito sia a livello internazionale che comunitario il diritto al recupero e al mantenimento della relazione spezzata dall'esperienza carceraria, tra i genitori detenuti e i propri figli.

Ai sensi dell'art.9 della Convenzione Internazionale sui diritti del fanciullo (New York, 20 novembre 1989), ratificata in Italia con la l.27 maggio 1991, n.176, "gli Stati rispettano il diritto del fanciullo separato da entrambi i genitori o da uno di essi di intrattenere regolari rapporti personali e contatti diretti con entrambi i genitori, a meno che ciò non sia contrario all'interesse preminente del fanciullo".

La Carta europea dei diritti del fanciullo (1992) così stabilisce: "Ogni fanciullo i cui genitori, o uno di essi, si trovino a scontare una pena detentiva, deve poter mantenere con essi gli adeguati contatti; i fanciulli in tenere età che convivono con la madre nelle carceri devono potersi avvalere di infrastrutture e cure adeguate" (art.8.15). Nell'affrontare le responsabilità dei genitori con riferimento alle loro vicende processuali, non va tuttavia dimenticato che i figli sono innocenti e come tali vanno considerati e trattati

Il mantenimento di questo legame consente al bambino di costruire la sua identità e di intessere relazioni positive. Essa costituisce inoltre una risorsa socializzante eccezionale per il genitore che si trova in carcere: un figlio può essere fonte di nuove risorse affettive, di disponibilità al cambiamento e all'assunzione di responsabilità.

Tale relazione va quindi riconosciuta quale diritto fondamentale del bambino e quale diritto-dovere del genitore, affinché il suo allontanamento dovuto allo stato detentivo non porti ad una rottura che comprometterebbe lo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale del figlio: è indispensabile garantire al bambino la continuità dei rapporti con i propri affetti perché egli non può crescere senza una relazione parentale fondante.

Tuttavia, la realtà del carcere è molto diversa.

In quanto Istituzione totale, esso evidenzia le difficoltà della realizzazione degli obbiettivi suddetti. Come abbiamo già rilevato, la detenzione costituisce spesso un fattore fortemente disadattivo a carico dei figli, soprattutto per coloro che vivono in famiglie socialmente isolate e disgregate (pensiamo, in particolare, alle famiglie immigrate).

In realtà, la carcerazione di un genitore comporta il più delle volte la sua "sparizione", corrispondendo ad un vero e proprio lutto per il bambino e causandone il disorientamento, la perdita dell'equilibrio psichico e il pregiudizio per la sua stessa identità personale.

Secondo una ricerca francese , in Europa vi sono 800.000 bambini di genitori detenuti, dei quali 43.000 sono italiani e il 30 % ha un destino di carcere assicurato.

Sui figli, infatti, si riflettono spesso gli effetti più gravi della detenzione dei genitori: essi sono costretti a vivere durante la fase evolutiva una situazione altamente traumatizzante che può provocare carenze nello sviluppo psico-sociale, manifestazioni di irrequietezza o di aggressività sul piano comportamentale, disadattamento scolastico e lavorativo, talvolta anche condotte devianti.

Tali dati provano lo stato di abbandono delle famiglie che vivono sulla pelle l'esperienza della detenzione.

Secondo un'inchiesta della rivista "Terre di mezzo" , sino al 2001 a Milano il 35,4 % dei detenuti ha avuto o ha un parente in carcere. Del 22 % che ha attualmente un familiare recluso , il 43,1 % ha un congiunto nello stesso carcere, mentre il 42,1 % in un altro carcere.

Tutto questo significa che intere famiglie sono in carcere.

Fondamentale diviene in tale panorama l'attività di associazioni nate in Italia sull'esempio delle esperienze europee, in particolare francese. Essa va apprezzata anche in una prospettiva di prevenzione sociale per tentare di interrompere un destino di carcere che il più delle volte pare ripetersi inesorabilmente.

2. La separazione come trauma

Secondo Alain Bouregba , in generale l'evento della separazione rappresenta una fase fondamentale nel percorso di individualizzazione della persona, in quanto contribuisce a formarne la personalità. Essa favorisce la simbolizzazione dei propri legami affettivi: una volta interiorizzati, è possibile tollerare la separazione dagli stessi e sopportarne l'allontanamento.

Tuttavia, se intesa nel senso di una rottura dei rapporti, può configurare un vero e proprio trauma: in tal caso, invece che stimolare lo sviluppo psicologico del bambino, lo ostacola con conseguenze spesso disastrose. Sostenere il legame con il genitore detenuto, ovvero lavorare per prevenire la sua rottura contribuisce a salvaguardare la capacità interna del bambino di allontanarsi dal genitore senza perderlo, ovvero di separarsene a livello psichico in modo non

traumatico, grazie alla sua capacità di rappresentarsi separatamente.

Il comportamento umano è determinato dal modo in cui un soggetto si rappresenta un dato evento: se questo non può essere interpretato, se non è possibile attribuirgli un significato, allora le strutture psichiche interne di rappresentazione vengono sconvolte provocando un trauma, il quale impedisce di restituire al soggetto l'immagine elaborata, simbolizzata del suo vissuto.

In questo senso, nel contesto della separazione dovuta alla detenzione di un genitore, fondamentale è la sua capacità di rassicurare, sostenere con la propria presenza le debolezze della struttura psichica interna del bambino. Diversamente le angosce e le paure si depositeranno durevolmente nel suo inconscio.

La precoce separazione costituisce così un trauma ove sia accompagnata da silenzi, omissioni, menzogne su quanto sta vivendo il genitore del bambino: è indispensabile al contrario, parlare con lui per mantenere viva la presenza della madre o del padre lontani; la "parola" infatti, gli consente di maturare e di rappresentarsi l'esperienza del genitore, la sua simbolizzazione. Sostenere questa relazione, significa pertanto evitare di nascondere la verità sulla condizione del genitore detenuto, dire con tutta la delicatezza possibile, dove si trova, per quale motivo, quanto starà via.

La mancata conoscenza della verità, rischia di provocare ulteriori ansie, alimentando fantasie e paure che turbano il sereno sviluppo della personalità.

Racconta un padre detenuto:

I bambini, non vedendomi tornare a casa, chiedevano alla mamma dov'ero, e lei gli rispondeva: "Papà ha ripreso a lavorare con il camion, e non si sa quando rientra". Pensai al momento di non farmeli portare al colloquio, perché non volevo che subissero un trauma, e soprattutto speravo che la cosa si risolvesse in breve tempo. Poi però il desiderio di vederli era troppo forte, e così decisi di incontrarli in carcere.i bambini, presi dalla curiosità di quello che si trovavano intorno, mi tartassavano di domande; io cercavo di persuaderli che in quel luogo ci lavoravo, ma nei loro occhi si leggeva un forte dubbio, e a un certo punto il più piccolo mi chiese: "Papà, come mai c'è la polizia?". A quella domanda restai senza parole, poi gli risposi con qualche frase senza senso, che non ricordo neppure più. (.)

.mia moglie ha cominciato a dirmi che il bambino più piccolo mi nominava sempre, sentiva la mancanza del padre. Alla fine ha dovuto portarlo da uno psicologo, che ha riscontrato che il bambino è affetto da enuresi notturna e da disturbi comportamentali.


Se la separazione si accompagna alla "sparizione" del genitore, non potendo conservarne l'immagine con le parole o con un simbolo, il bambino tenderà a farlo con l'immaginazione, ingrandendolo sino a deificarlo o demonizzarlo, conservandone un'immagine immatura e non suscettibile di evoluzione.

Il fenomeno di sparizione è particolarmente rilevante per i padri detenuti : essi non si allontanano solo dal figlio, ma anche dalla rete sociale di riferimento, come la scuola, i servizi sociali, tutti i soggetti coinvolti nella sua storia genitoriale . Questo comporta per il bambino la perdita di punti di riferimento, di radici, di storia personale, nonché in taluni casi, l'emarginazione e alla discriminazione sociale che può portare a ripetere lo stesso percorso di carcere.

Quando il genitore detenuto e la madre, la situazione è davvero drammatica.

Le donne tendono infatti, in casi frequenti, a seguire il destino carcerario del partner: secondo l'inchiesta di Terre di Mezzo, ben il 75% delle detenute intervistate aventi un parente in carcere, condivide la pena con il coniuge . In altri casi si tratta di ragazze madri o separate, in condizioni economiche precarie. I figli si trovano in tali casi, praticamente senza genitori.

Proprio in questo contesto, dopo un'attività di ricerca e intervento nei diversi paesi dell'unione europea attraverso conferenze, giornate studio, visite nelle carceri al fine di sensibilizzare sul problema dell'affettività, è nata EUROCHIPS (European Committee for Children of Imprisoned Parents): un'organizzazione a rete europea con sede a Parigi, fondata nel 2000 dal Relais Enfants Parents e dalla Federazione dei Relais con il sostegno della Fondazione olandese Bernard van Leer, che finanzia i programmi per i bambini in 40 paesi nel mondo; l'obbiettivo principale è lavorare per approfondire la conoscenza del problema dei bambini separati dai genitori detenuti: a tal proposito, promuove iniziative e lo scambio di idee a livello nazionale ed europeo, offre un collegamento tra le realtà impegnate nel campo, al fine di creare un centro di ricerca e documentazione per raccogliere e coordinare l'informazione, per capire l'impatto dell'incarcerazione del genitore sullo sviluppo del bambino e l'incidenza nel determinarne l'affidamento in istituto, nonché sul deterioramento dei lei legami familiari e le ripercussioni sulla recidività. Affronta i bisogni specifici dei bambini, per favorire il mantenimento del legame con il genitore recluso. Attualmente è presente oltre che in Italia (attraverso Bambini senza sbarre), in Francia, in Belgio, in Gran Bretagna e in Olanda.


Oltre alla già citata attività promossa in Francia dal Relais Enfants Parents, anche in altri paesi si distinguono interessanti iniziative. I bambini sono spesso testimoni dell'arresto del genitore e del conseguente allontanamento, tuttavia, i funzionari di polizia sono raramente informati sulla condotta da tenere: in Olanda è stata promossa la "Squadra d'emergenza di Amsterdam" composta da cinque membri che al momento del distacco contatta le varie istituzioni di aiuto all'infanzia e incarica l'organizzazione interessata di occuparsi del bambino nei giorni immediatamente seguenti.

In Inghilterra nell'istituto "Halloway Prison" le visite sono consentite durante tutto l'arco della giornata; inoltre è prevista la possibilità per le madri detenute di nuotare insieme ai propri figli in una piscina all'interno del carcere, in base alla considerazione che l'acqua favorisce un contatto intimo non verbale, una comunicazione che allevia e rasserena il bambino.

In Scozia, i genitori detenuti possono farsi fotografare in abiti civili durante le festività natalizie e per il compleanno dei figli, per poi spedire agli stessi le loro foto.

L'organizzazione EUROCHIPS ha l'obbiettivo di promuovere dinanzi agli Stati membri

dell'Unione Europea una serie di raccomandazioni, al fine di delineare un progetto comune che affronti le necessità dei bambini di genitori detenuti:

migliorare l'accoglienza all'interno delle carceri con la costruzione di spazi attrezzati e adatti all'infanzia;

favorire la comunicazione tra il bambino e il genitore, sollecitando gli Stati ad impegnarsi nel finanziamento dei programmi di sostegno specifico alla relazione ad alla comunicazione; favorire tale legame a livello comunitario e secondo le possibilità offerte dal sistema giuridico e su richiesta del detenuto, fornire carte telefoniche ed ogni altro mezzo utile per consentire i contatti tra genitori extracomunitari e i loro figli residenti nei loro paesi di origine;

dare la possibilità ai detenuti di esercitare le loro responsabilità parentali permettendo loro, quando è compatibile con il sistema giuridico, di effettuare la pena all'esterno del carcere per mantenere i legami familiari; favorire il sistema progressivo dell'esecuzione della pena affinché la responsabilità parentale possa esercitarsi, nonché ogni misura che

individualizzi la pena;

migliorare le competenze dei professionisti;

evitare le rotture dei legami familiari.


I sentimenti di deprivazione crescente, di abbandono e di rifiuto, comuni a molti figli di detenuti, sono accentuati dalle pessime condizioni nelle quali vengono effettuati i colloqui in carcere, spesso concepiti senza tener conto della delicata sensibilità infantile

Si è distinta, nello sforzo di migliorare tale situazione, l'associazione Relais Enfants Parents.


3. L'esperienza francese: Relais Enfants Parents

In Francia sin dal 1985 opera il Relais Enfants Parents: attraverso una federazione di 15

associazioni regionali (su 22 regioni) opera in generale per aiutare i bambini a riannodare la relazione con i loro genitori, da cui sono stati separati a causa della malattia, della tossicodipendenza, di ogni altro genere di disagio, ed in particolare a causa della detenzione. A tal proposito ciò che si offre è un sostegno psico-affettivo sino a quando i figli compiono 15 anni, atto a mantenere il legame in modo che la separazione non sia vissuta come un abbandono. Il Relais è formato da 600 volontari qualificati, diretti da 70 professionisti che intervengono in 48 carceri francesi (più di un quarto degli istituti di pena).

Le diverse equìpe di volontari svolgono un ruolo di mediatori in situazioni in cui le relazioni sono compromesse da conflitti tra il genitore detenuto con l'altro non detenuto, con l'istituzione cui è affidato il bambino, con il figlio stesso o tra il genitore imputato e le autorità giudiziarie.

I legami familiari e soprattutto quelli che coinvolgono i bambini non possono essere strumentalizzati dalle politiche penali: proprio per questo, il Relais - che significa "staffetta"

di affetti - contribuisce a ridurre gli effetti dell'emarginazione sociale carceraria.

La Federazione vive di autofinanziamento o grazie all'aiuto di privati: l'amministrazione penitenziaria non da alcun sostegno economico, ma collabora nonostante l'ostilità iniziale, consentendo di accedere agli istituti conscia dei buoni risultati ottenuti: il detenuto che mantiene i legami affettivi è più sereno, si inserisce più facilmente nella società e ne tra beneficio anche il comportamento carcerario (il rischio di recidiva è in percentuale tre volte inferiore).


3.1 Attività

Concretamente il lavoro dell'organizzazione, si articola nei seguenti interventi:

accompagnamento dei bambini in carcere e sostegno, anche attraverso una consulenza psicologica specializzata, per facilitare il colloquio con il genitore;

preparazione dello spazio per il colloquio in modo da rendere i locali più gradevoli e meno traumatizzanti;

organizzazione di laboratori dove madri e padri, riuniti in gruppo possano parlare delle loro difficoltà a mantenere vivi i legami familiari;

iniziative volte a favorire i rapporti affettivi dei detenuti stranieri, in considerazione del fatto che la lontananza aggrava ulteriormente le difficoltà relative al loro mantenimento. Nelle carceri francesi quindi, si stanno attivando nuove modalità di comunicazione con i familiari attraverso l'utilizzo di Internet: un servizio più economico rispetto ai costi delle telefonate all'estero, e che offre l'opportunità di poter vedere anche il viso dei propri cari applicando un monitor al computer. Le madri detenute nell'ambito di appositi laboratori ricreativi, possono confezionare dei regali per i figli, ovvero degli "oggetti-messaggio" con cui comunicare la loro presenza, nonostante la forzata lontananza; il Relais si preoccupa della spedizione che può anche includere cassette con la voce registrata del genitore.


4. Le esperienze di sostegno in Italia

Nonostante la normativa penitenziaria nulla preveda in merito agli spazi ove consentire incontri tra i partners in condizioni di intimità, in Italia sull'esempio di altri paesi europei, qualcosa si sta muovendo sul fronte della tutela del rapporto genitori detenuti-figli, ovvero l'altra delicato aspetto relativo al problema dell'affettività in carcere: la detenzione infatti, comporta il più delle volte una rottura non solo nei rapporti con il coniuge o convivente, ma altresì con i figli.

Le associazioni che operano nel campo, partono innanzitutto dall'osservazione di quei fattori che incidono negativamente sulla salute psichica del detenuto, ovvero:

il distacco dai propri affetti e la normativa insufficiente sui colloqui; il trasferimento in carceri lontane dalla residenza dei congiunti; gli incontri mortificanti per la limitatezza e la promiscuità degli ambienti concessi; il coinvolgimento emotivo che porta ad una traumatizzazione dei figli per lo stato detentivo dei genitori.

La relazione va sostenuta nella mente e nei gesti delle persone coinvolte: per questo i volontari si preoccupano di mantenerla viva sollecitando nel detenuto la consapevolezza di avere ancora un ruolo nella titolarità dell'educazione dei figli, dei quali è comunque responsabile, e coltivando la sua capacità di comunicare. Fondamentale in questo senso, è stata l'iniziativa dell'associazione "Bambini senza sbarre" che ispirandosi all'esperienza dei Relais Enfants Parents, offre un sostegno psicopedagogico alle famiglie, svolgendo un lavoro

di mediazione all'interno delle carceri.


4.1."Bambini senza sbarre"

Nasce nel 1997, nell'ambito dell'attività svolta dall' "Associazione Gruppo Carcere Mario Cuminetti", legata alla gestione ed organizzazione delle biblioteche nel carcere di San Vittore a Milano, ove opera dal 1985; in Italia, è stata la prima realtà a chiedere ed usufruire dell'art.17ord.penit., integrato dalla legge Gozzini, per poter svolgere in carcere attività culturale e creare un collegamento con la comunità esterna ai fini dell'azione rieducativa ("La finalità del reinserimento sociale dei condannati e degli internati deve essere perseguita anche sollecitando ed organizzando la partecipazione di privati e di istituzioni o associazioni pubbliche o private all'associazione rieducativa. Sono ammessi a frequentare gli istituti penitenziari con l'autorizzazione e secondo le direttive del magistrato di sorveglianza, su parere favorevole del direttore - e sotto il suo controllo -, tutti coloro che avendo concreto interesse per l'opera di risocializzazione dei detenuti dimostrino di potere utilmente promuovere lo sviluppo dei contatti tra la comunità carceraria e la società libera").

Durante le diverse attività promosse in San Vittore è emersa sempre più forte, l'esigenza dei detenuti di far fronte al problema della separazione dalla propria famiglia e dagli affetti in generale: in seguito ad un'indagine-questionario e sulla base delle proposte avanzate dagli stessi detenuti in un ciclo di incontri con volontari, magistrati e operatori sociali, sono state organizzate una serie di iniziative volte a sensibilizzare la società sulla delicata questione; è stato inoltre istituito uno sportello di consulenza legale in collaborazione con il "Centro donna" del comune di Milano e si sono organizzate nel carcere le prime "Feste dell'affettività". In particolare, in seguito ai seminari dedicati ad "Affettività, Paternità, Maternità", si è svolto nel 1997 un Convegno dal titolo "Bambini senza sbarre" (da cui il nome dell'associazione operante dal 2000), il quale ha dato avvio all'elaborazione di un

importante progetto.

Il progetto "Incontri senza sbarre" (1998/1999), aveva l'obbiettivo di evitare al bambino di dover entrare in carcere per incontrare i genitori, organizzando i colloqui all'esterno, almeno per coloro che potevano usufruire di permessi: essendo il colloquio momento centrale della relazione, ma disagevole per le modalità e lo spazio in cui si svolge, si è cercato uno spazio neutro e protetto all'esterno ove incontrarsi settimanalmente. Tuttavia, nonostante l'appoggio della direzione del carcere di San Vittore, del dipartimento di Amministrazione Penitenziaria, dell'Assessorato ai servizi Sociali della Provincia e del Comune di Milano, il progetto dopo un anno e mezzo di assiduo lavoro, non è mai divenuto operativo.

Dato l'insuccesso, Bambini senza sbarre ha così deciso di operare nel campo degli affetti mirando a migliorare gli spazi interni al carcere, influendo sulla prassi dei colloqui e concentrandosi sul sostegno psico-pedagogico alla relazione tra i genitori detenuti e i loro figli.

Confrontandosi con i colleghi francesi, dopo incontri con i direttori della Federazione Relais Enfants Parents e l'invito a seguire il lavoro dei volontari negli istituti penitenziari di Parigi, è nato un rapporto di collaborazione sulla base di un progetto comune, includendo l'associazione italiana nella rete europea EUROCHIPS, a partire dal 2001.

I principi che guidano l'attività dei volontari di Bambini senza sbarre, professionisti nel campo psicologico, psicopedagogico e legale, riguardano in particolare:

un lavoro di sostegno e di accompagnamento del bambino durante l'esperienza della separazione dovuta alla detenzione del genitore, con lo scopo di migliorarne lo sviluppo psicologico e sociale, nonché le capacità di adattamento per limitarne le sofferenze psico-

affettive;

un lavoro di accompagnamento per il detenuto , al quale ci si rapporta al fine di

recuperare la sua identità genitoriale. Ciò che importa è uno sforzo di comprensione e accettazione dei propri diritti e doveri rispetto al problema dell'affidamento dei figli, per un miglior reinserimento sociale al termine della pena.

L'associazione organizza:


a)     "Gruppi d'incontro" con le madri e i padri reclusi

Con cadenza mensile, hanno lo scopo di favorire una presa di coscienza del problema, affinché il carcere non sia vissuto soltanto come un luogo di reclusione, ma possibilmente anche come spazio progettuale. I temi approfonditi concernono in genere, i diritti e i doveri dei genitori nei confronti del bambino, quale soggetto di diritto; le modalità con cui comunicare ai figli il loro stato di detenzione; il mantenimento dei legami affettivi durante la lontananza nella prospettiva di un domani di libertà, tenendo conto del tempo e dello spazio concessi dall'ordinamento penitenziario; la genitorialità in culture diverse attraverso le testimonianze dei detenuti stranieri; il confronto con professionisti di varia competenza nel campo (avvocati, giudici, rappresentanti istituzionali, medici e psicoanalisti). In particolare si distinguono:

gruppi d'incontro con le detenute madri (con due o tre operatori e 10-15 donne), in cui lo specifico femminile può trovare un luogo di riflessione, soprattutto per quanto riguarda la separazione dai figli;

gruppi d'incontro misti con entrambi i genitori detenuti (circa 25 persone) nella sezione penale maschile, i quali consentono lo scambio di esperienze e il confronto su come affrontare i problemi del rapporto con i figli;


b) Colloqui individuali con le operatrici, nelle sezioni maschile e femminile

Non si tratta di incontri terapeutici, ma di counseling e sostegno psicopedagogico, tramite i

quali il genitore può esprimere le sue esigenze in merito all'educazione dei figli, alle difficoltà con la famiglia affidataria o l'istituto dove si trovano, ai rapporti con i servizi sociali e il Tribunale dei minori. Dal colloquio può nascere un percorso di accompagnamento per facilitare l'inserimento nella rete di queste relazioni.

c)     I colloqui domenicali delle detenute madri

Esemplare degli sforzi fatti per migliorare le condizioni in cui le famiglie sono costrette a vivere i propri affetti, è il colloquio domenicale in San Vittore, che l'associazione è riuscita ad ottenere dal 2000, grazie alla collaborazione della direzione del carcere. Risultato delle richieste nate all'interno del gruppo d'incontro nella sezione femminile, i colloqui sono concessi ogni 15 giorni, dalle 10 alle 12 della domenica, con i figli di età compresa tra 0 a 15 anni, evitando loro di subire le estenuanti ore d'attesa in luoghi affollati e inadeguati; si svolgono con l'ausilio dei volontari in uno spazio interno all'istituto, dotato di giochi e affrescato dalle stesse madri per renderlo più piacevole, nel quale possono divertirsi con i bambini e consumare insieme una merenda. Vi è inoltre la presenza discreta di un'operatrice dell'associazione per sostenere i bambini nella loro socializzazione e per ogni eventuale richiesta d'aiuto. Dalle testimonianze delle detenute si coglie quanto queste iniziative infondano speranza e coraggio:

"durante questi colloqui, vediamo i nostri figli più sereni, non siamo più separati da quel famoso tavolo di marmo che ci divideva e che non ci permetteva nemmeno di allungare una mano per dar loro una carezza o stringerli a noi; era tutto molto freddo e distaccato. I nostri bambini ora si conoscono tra loro e possono condividere con altri la brutta esperienza di entrare in carcere per vederci".

d) Sportello sul diritto di famiglia

I genitori detenuti hanno la possibilità - decisiva nel percorso di responsabilizzazione

genitoriale - di consultarsi periodicamente con uno specialista in materia di diritto di famiglia, soprattutto per ciò concerne i diritti e doveri rispetto alla tutela dei figli. Tale esigenza è preminente nei casi in cui la detenzione sia stata accompagnata da procedimenti di separazione o di divorzio tra coniugi, o da provvedimenti del Tribunale dei minori.

e) "Atelier di mediazione" per la confezione di oggetti relazionali

Sull'esempio dell'attività svolta da Relais Enfants Parents, questo atelier è nato per la confezione di oggetti di stoffa destinati ai figli. E' un'esperienza pensata, in particolare, per le madri straniere che a San Vittore rappresentano più del 60% delle detenute: lontane dalle loro famiglie, alle quali spesso non possono neppure telefonare per la differenza di fuso orario, queste donne soffrono ancor più l'isolamento carcerario; l'invio al figlio di un oggetto preparato con le proprie mani rappresenta uno strumento concreto di mantenimento del legame.

L'attività è collegata al lavoro dei gruppi d'incontro, in quanto costituisce uno spazio mentale dedicato agli affetti, dove l'ansia può decantare lasciando posto alla riflessione, alla memoria, al confronto con le altre donne e con il ruolo di madre.


Altre realtà di sostegno

Interessante è inoltre l'attività promossa da altre due realtà operanti nelle carceri italiane, le quali ai fini del mantenimento del rapporto affettivo detenuto - figli utilizzano il gioco, il

giocattolo come strumento comunicativo.

Attraverso l'incentivazione della cultura ludica, il bambino può stimolare i suoi processi creativi   ed espressivi vivendo in maniera meno traumatizzante la detenzione dei suoi

familiari.

4.2. Progetto "Tonino"

Nel 1999, nel centro penitenziario di Secondigliano, alla periferia nord di Napoli, è nato

un progetto per la tutela dei rapporti tra il detenuto e la sua famiglia, finalizzato al miglioramento di questa relazione come previsto dalla normativa penitenziaria e finanziato con la legge 28 agosto 1997, n.285 ("Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza") la quale include tra i suoi obbiettivi anche "l'integrazione sociale per i figli dei detenuti". Tale normativa prevede l'istituzione di un Fondo nazionale "finalizzato alla realizzazione di interventi a livello nazionale, regionale e locale per favorire la promozione dei diritti, la qualità della vita, lo sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dell'infanzia e dell'adolescenza, privilegiando l'ambiente ad esse più confacente ovvero la famiglia naturale, adottiva o affidataria, in attuazione dei principi della Convenzione sui diritti del fanciullo" (art.1.1). Tra i progetti ammessi al finanziamento sono inclusi quelli volti alla realizzazione di "servizi di preparazione e di sostegno alla relazione genitore-figli", nonché di "servizi ricreativi ed educativi per il tempo libero" (art.3 comma 1, lettera a), c); fondamentali in questo senso risultano le "azioni di sostegno al minore ed ai componenti della famiglia al fine di realizzare un'efficace azione di prevenzione delle situazioni di crisi e di rischio psico-sociale" e i "servizi di mediazione familiare e di consulenza per famiglie e minori al fine del superamento delle difficoltà relazionali" (art.4, comma1 lettera c), i).

Le finalità sono:

Rendere attivo, attraverso il monitoraggio e la valutazione dei servizi, un Osservatorio Permanente dei disagi connessi alla realtà carceraria, al fine di migliorarne le

condizioni;

Offrire sostegno e consulenza ai familiari dei detenuti;

Promuovere nelle famiglie e nei minori fiducia nelle istituzioni, attraverso la cultura della legalità e l'integrazione nel contesto sociale di riferimento;

Favorire condizioni di maggiore vivibilità ed umanità per i familiari del detenuto all'interno delle strutture penitenziarie, al fine di un'unità familiare più armoniosa.

L'attività del progetto Tonino si muove in due direzioni, attraverso:

a)     la creazione di un'area ludico-ricreativa e di studio per favorire il momento del colloquio: il bambino, una volta giunto in carcere, trascorre con i volontari il tempo che lo separa dall'incontro col genitore in uno spazio di gioco che lo mette a suo agio e gli consente di avere uno stato d'animo più rilassato;

b)     l'istituzione di uno sportello di orientamento ed informazione per le famiglie, in cui opera un mediatore sociale e a cui il detenuto stesso può rivolgere le sue richieste, al fine di creare una rete di interventi per risolvere le reciproche difficoltà. Si tratta di un centro che offre consulenza legale, indicando in particolare come ottenere le misure alternative alla detenzione e che si preoccupa di segnalare i servizi sociali e assistenziali, le scuole del quartiere o comune dove le famiglie dei detenuti abitano, le varie attività educative, sportive e di gioco, i possibili interventi di sostegno a domicilio, i servizi sanitari e le offerte di lavoro di cui tenere conto.

Si affrontano quindi i disagi legati alla realtà carceraria cercando di agevolare, all'interno del carcere, condizioni di migliore vivibilità e umanità per i familiari.

Le attività sono svolte nelle stesse mattine in cui avvengono i colloqui e coinvolgono insieme il Comune di Napoli, il Centro di Accoglienza "Regina Pacis", la Comunità di recupero per

tossicodipendenti "La tenda" e il Consorzio di Cooperative CO.RE.

4.2. Progetto "Carcere"

Nel carcere di Monza, a fronte del disagio emerso dalle telefonate di richiesta d'aiuto da parte dei bambini, nell'ambito dell'associazione TELEFONO AZZURRO, è partita nel 1998 un'iniziativa volta a consentire l'incontro tra genitori detenuti e figli, non più nelle squallide sale adibite ai colloqui, ma in un ambiente più gradevole in cui i bambini possono attendere di incontrare la loro famiglia giocando: uno spazio apposito di socializzazione adibito a ludoteca.

Salve le difficoltà per trovare questo spazio all'interno del carcere (in genere infatti, ciò comporta spesso di doverlo togliere ad altre attività: a Monza, gli avvocati e i magistrati hanno rinunciato alla loro stanza) essa viene allestita ove possibile, in una stanza attigua alle sale colloqui.

Il giorno del colloquio, i bambini vengono così accolti nella ludoteca ove viene svolta attività di animazione nell'attesa dell'arrivo del genitore: il tutto è gestito da volontari qualificati, che si incontrano ogni due mesi per verificare l'andamento dell'attività, e il cui compito è aiutare a rileggere un ambiente che difficilmente un bambino riesce a vivere in modo non traumatico. Il genitore detenuto può così trascorrere il tempo giocando col proprio figlio e ritrovando con lui una complicità ed un'intimità rigeneranti per entrambi; egli può inoltre chiedere in prestito un gioco a scelta, per impararlo ed insegnarlo al bambino nell'incontro successivo.

Nel caso in cui non sia possibile effettuare il colloquio all'interno della ludoteca, il bambino può comunque aspettare tale momento giocando con i volontari, senza esser costretto a penare l'attesa nelle sale d'aspetto, e potendovi tornare se lo vuole, anche al termine dell'incontro: in questo modo è per lui meno difficile doversi staccare dal genitore.

Iniziative di q uesto genere, considerati i risultati positivi ottenuti, si stanno estendendo

anche in altre carceri, in particolare nelle città di Milano, Torino, Prato, Firenze, Roma e prossimamente sono previste anche a Padova e Napoli.
























Note:

U. LOI, Apertura dei lavori, in Atti del Seminario: "Il tempo e lo spazio della relazione figli-genitori detenuti in carcere", Milano (San Vittore), 8 giugno 2001.


S. MANTOVANI, Sostenere le relazione figlio - genitore, in Atti del Seminario: "Il tempo e lo spazio della relazione figli-genitori detenuti in carcere", Milano (San Vittore), 8 giugno 2001.


L. SACERDOTE, Quattro anni dopo, in Atti del Seminario: "Il tempo e lo spazio della relazione figli-genitori detenuti in carcere", Milano (San Vittore), 8 giugno 2001.


C. GIORGI (a cura di), La nostra inchiesta. Famiglie in carcere, "Terre di Mezzo", giornale di strada di Milano, n.80, giugno 2001; O. FAVERO, Da Milano, Padova, Roma, Venezia, un'inchiesta sulle "famiglie incarcerate", https://www.ristretti.it/.


A. BOUREGBA, Dalla rottura al mantenimento dei legami familiari, in Atti del Seminario: "Il tempo e lo spazio della relazione figli-genitori detenuti in carcere", Milano (San Vittore), 8 giugno 2001.


F. LAROSA, Padri in viaggio, padri in ospedale, padri all'estero: storie di padri detenuti e di pietose bugie raccontate ai figli, https://www.ristretti.it/.


A. BOUREGBA, La difficoltà di assumere ruoli e funzioni familiari per i padri detenuti, in Atti della Giornata di Studi: "Carcere: salviamo gli affetti", Casa di Reclusione di Padova, 10 maggio 2002.


L. SACERDOTE, Il genitore dimenticato, in Atti della Giornata di Studi: "Carcere: salviamo gli affetti", Casa di Reclusione di Padova, 10 maggio 2002.


C. GIORGI (a cura di), La nostra inchiesta. Famiglie in carcere, "Terre di Mezzo", giornale di strada di Milano, n.80, giugno 2001.


(10) R. PAMPALON (a cura di), Intervista ad Alain Bouregba, in Atti della Giornata di Studi: "Carcere: salviamo gli affetti", Casa di Reclusione di Padova, 10 maggio 2002, https://www.ristretti.it/.


(11) ASSOCIAZIONE GRUPPO CARCERE "MARIO CUMINETTI", Bambini senza sbarre, https://www.ristretti.it/.


(12) AA.VV., Siamo ancora madri e non dobbiamo perdere il coraggio di esserlo, in Atti del Seminario: "Il tempo e lo spazio della relazione figli-genitori detenuti in carcere", Milano (San Vittore), 8 giugno 2001.


(13) ANNUNZIATA A., Il progetto "Tonino", in Atti della Giornata di Studi: "Carcere: salviamo gli      affetti", Casa di Reclusione di Padova, 10 maggio 2002, https://www.ristretti.it/.


(14) M. OCCHIPINTI (a cura di), Bambini a colloquio: aspettare giocando. Intervista ad Anna Maria Pensa, in Atti della Giornata di Studi: "Carcere: salviamo gli affetti", Casa di Reclusione di Padova, 10 maggio 2002, https://www.ristretti.it/.








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