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L'importanza di chiamarsi Ernesto




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L'importanza di chiamarsi Ernesto  


<<Il nome di un uomo non è come un mantello che gli sta penzolante e che gli si può


strappare o cacciare di dosso,ma una veste perfettamente adatta,o come la pelle


concresciutagli che non si può graffiare senza far male anche a lui>>.

Goethe




Dunque il nome proprio non è una cosa poi così relativa,o almeno così sostiene Goethe. Sembra assurdo ciò che dice,dato che il nostro nome in realtà non è che sia proprio nostro,sì perché non siamo noi a darcelo:ci viene affidato da qualcun'altro,che decide per noi,chi e come saremo. Decidono di identificarci così,e lo decidono o per caso,per piacere o per così dire "successione dinastica". A volte ci danno più nomi,a volte nomi composti,altre volte nomi bizzarri e stravaganti. Nomi che non accettiamo,con i quali non ci identifichiamo subito,spesso perché non orecchiabili,difficili da pronunciare,facili allo scherno.         

Quando invece cresciamo maturiamo,soprattutto accettandoci:certo ci sarà sempre una parte del nostro corpo alla quale non ci adattiamo(il naso,le gambe,le mani)ma è raro che questo sia il nome. Sì perché,col tempo,il nostro nome si intesse sulla nostra pelle,diventiamo ciò che indica,leoni se significa coraggio,pecore se indica codardia.  

La storia ci ha insegnato che non sempre è così:Adolf significa <<nobile lupo>> e Benito <<benedetto>>. Ma fortunatamente abbiamo casi che danno credito alla tesi contraria come Alessandro Magno,<<colui che difende>>,Riccardo cuor di leone,<<audace>>,Ernesto Che Guevara,<<valoroso,combattente come l'aquila>>.

Valoroso dunque,questo significa il nome Ernesto che,nella storia così come alle origini,tanto nella letteratura quanto nelle scienze,rispecchia il suo significato. E' dunque un nome importante e relativa importanza gli hanno conferito coloro che l'hanno portato.           

Non è un caso che Saba abbia deciso di dare al protagonista dell'opera che ha ritenuto il suo "parto" il nome Ernesto,e nemmeno che in inglese il nome Ernest si legga ugualmente all'aggettivo earnest,"onesto",onesto come l'autobiografia di Saba,come gli ideali di Guevara,onesto come non era l'aristocrazia vittoriana e come gli interessi di Wilde nel volerla rappresentare.           

E come lo si prova a strappar via,si fa del male a chi lo indossa,lo si lascia incompiuto,lo si uccide.

Ernesto però,il nome Ernesto,ancora rimbomba nelle pagine di un libro,tra le voci dei giovani e le scene di un teatro,e da tutto ciò è data "l'importanza di chiamarsi Ernesto".
















Le origini dall'onomastica latina agli influssi germanici


Ma come è arrivato a noi il nome Ernesto? Il sistema onomastico italiano attuale deriva dall'elaborazione medievale di fattori culturali e linguistici connessi col declino della civiltà romana, la diffusione del cristianesimo e le invasioni di genti germaniche .

L'insorgenza dell'onomastica personale italiana può essere riferita cronologicamente all'arco di tempo compreso tra l'inizio del IV e V sec., a quella fase della tarda e ultima età imperiale che coincide con l'affermazione del cristianesimo in Italia e in gran parte del mondo romano. La tradizionale formula onomastica romana a tre elementi (trinomia), costituita dal praenomen, nomen e cognomen, si avvia a una crisi irreversibile e alla definitiva scomparsa.

La forma trinomia si era affermata in Roma alla fine del VII sec. a.C., recepita dai Romani dal presistema modello onomastico sabino. Essa però cominciò ad essere sostituita, già a partire dal III sec.,da formule a due elementi,nelle quali scompare il praenomen, e infine del nomen unicum che costituisce, nella transizione dal sistema latino a quella italiano, la zona di saldatura tra l'ultimo sistema onomastico latino e il nuovo sistema italiano del nome individuale. Le cause che determinarono nel mondo romano la crisi del sistema onomastico a formula trinomia prima e poi binomia, e la conseguente generalizzazione del nomen unicum, sono di vario ordine, e tre sono le principali:       

la causa fondamentale è di ordine religioso: la diffusione del cristianesimo,con la sua nuova ideologia equalitaria e il nuovo spirito di umiltà,che comportano la rinuncia del cristiano a ogni distinzione che non sia quella individuale all'interno della propria comunità cristiana;

la seconda causa è di ordine sociale: l'estensione del diritto di cittadinanza romana a tutti i liberi dell'impero;

la terza causa è di ordine onomastico e insieme funzionale: con l'estensione a tutti i liberi della cittadinanza romana e con la sua ulteriore concessione a schiavi affrancati e immigrati stranieri, i nomina assunti da una nuova massa di cittadini riprendendoli dal vecchio fondo preesistente, si erano banalizzati per l'altissima concentrazione e frequenza, e avevano perso la loro capacità e funzione identificativa e distintiva.

Tra il IV  e il V sec. dunque si va progressivamente generalizzando l'uso del nomen unicum, mentre la formula trinomia si restringe sempre più fino a esaurirsi nel primo alto Medioevo. Il nome unico, in questa ultima latinità, può essere costituito da elementi nominali diversi: da un cognomen oppure per ex-schiavi, il gentilizio del padrone o imperatore che li ha affrancati.

Ma più spesso, il nome unico poteva essere costituito da un soprannome o ulteriori determinativo; infine, per i convertiti al cristianesimo, il nuovo nome cristiano conosciuto al momento del battesimo.

I nuovi nomi cristiani sono più frequentemente assunti da donne che non da uomini, fenomeno non del tutto indipendente dal fatto che nella società romana, fin dall'età monarchica, la donna era sempre stata esclusa dalla formula trinomia: il praenomen è riservato, normale è il solo nomen.

Ora, poiché la causa primaria di questa nuova situazione onomastica latina è la diffusione del

cristianesimo, e poiché la nuova situazione del"nome unico" è caratterizzata soprattutto dall'onomastica della comunità cristiana è opportuno delineare un quadro pur schematico dell'onomastica personale cristiana tra il III e V sec..

La contestazione fondamentale è che l'onomastica dei cristiani è sostanzialmente precristiana: la norma è costituita dai nomi tradizionali romani e latini, o dai molti nomi greci insieme a vari altri nomi esotici di schiavi e liberti, stanziati o immigrati in Italia e nell'Impero.

I nomi più frequenti negli ambienti cristiani sono i più tradizionali nomina o cognomina o supernomina "pagani, come Aurelius, Flavius, Iulius e quelli di origine greca Alexius, Cypranus. Tutti restano vitali anche nell'onomastica non cristiana. E, caso limite, anche i nomi formati o derivati dalle divinità pagane sono molto frequenti anche nei membri delle comunità cristiane: Apollus, Mars, Hermes, Venerius.      

Nella più antica onomastica dei cristiani hanno particolare rilevanza quantitativa due tipi di nomi, quelli augurali e/o gratulatori, che esprimono ossia un augurio per il denominato o il ringraziamento a Dio per il figlio che ha concesso, e quelli dedicatori, che dedicano, affidano e raccomandano, il figlio a Dio. Ora, sarebbe giustificato che questi tipi di nomi fossero di stampa prettamente cristiano, e invece anche questi, per la quasi totalità, sono di lunga tradizione già precristiana. Certo questi nomi sono nuovi come semantica linguistica, in questi i cristiani infatti vedono nella divinità il Dio cristiano, interpretando la pace (Irene), la felicità (Felix), la vittoria (Victor), in riferimento alla salvezza dell'anima e alla vita eterna.    

I nomi esclusivamente cristiani, formatisi solo all'interno della nuova comunità cristiana, sono decisamente in netta minoranza. Sono alcuni nomi augurali o/e gratulatori e dedicatori, quasi tutti teofori (Adeodato), sono pochi nomi ripresi dal Nuovo Testamento, come Anna e Maria, e poi di apostoli; i nomi di martiri; nomi di umiltà e mortificazione cristiana.

L'onomastica dei cristiani, anche se spesso nuova e originale nell'ideologia sottesa alla scelta di un nome per la sua semantica linguistica è tuttavia tradizionale. In questo periodo, in questa situazione dell'onomastica personale latina del tardo e ultimo Impero, si forma e si sviluppa l'embrione del sistema onomastico del nome individuale unico che si affermerà in Italia all'inizio dell'alto Medioevo. Il fatto fondamentale che determina ora la crisi dell'onomastica tradizionale latina e la prima rilevante differenziazione e caratterizzazione rispetto a questa della insorgente onomastica personale italiana è costituito dalla sempre più imponente penetrazione e affermazione dei nomi individuali germanici, conseguente allo stazionamento e al predominio in Italia di popolazioni germaniche.

Non furono però i Visigoti di Alarico né la breve occupazione di Odoacre a lasciare tracce rilevabili, bensì la popolazione degli Ostrogoti, che nel loro breve periodo di denominazione impressero alle popolazioni ex romane soggette un primo quantitativo di nomi, assumendo così una prima impronta germanica.

Dopo un breve periodo di denominazione bizantina e alemanna, si determina in Italia la seconda e più rilevante presenza germanica: i Longobardi.

La terza presenza germanica in Italia è quella franca. La profonda impronta germanica impressa nell'onomastica italiana da quest'ultimi però, è dovuta non tanto alla consistenza dell'elemento etnico e franco neppure al ruolo di egemonia politica e economica dei Franchi, quanto al prestigio e all'influsso culturale da essi esercitato.     

La quarta e ultima impronta germanica si articola negli influssi onomastici esercitati tra il X e il XIII sec. dagli imperatori o dai re di origine germanica che hanno detenuto il potere nell'Italia di questo periodo.

La penetrazione e l'affermazione nel tradizionale repertorio onomastico latino di nuovi nomi individuali germanici è così imponente da determinare una crisi e una mutazione profonda: in Italia, nell'alto Medioevo i nomi di origine germanica prevalgono numericamente su quelli di tradizione latina. I nomi che hanno quest'origine a loro volta si possono distinguere in diretti e indiretti mediati cioè da un'altra tradizione onomastica.

Quelli che possiamo elencare sono davvero tanti, che non basterebbe una semplice tesina ed è per questo che ne ricordiamo uno solo, semplice, di origine diretta, ma che nasconde una lunga storia, il nome di Ernesto.                  








Ernesto
è

un romanzo




<<una poesia è un'erezione,un romanzo è un parto>>














Ernesto

(Riassunto dell'opera)

Nella Trieste di fine Ottocento, Ernesto è un giovane tra i dodici e i diciassette anni, unico figlio di una donna intristita che da tempo è stata abbandonata dal marito. Pur essendo soprattutto amante del violino e delle letture, oltre che candidamente anarchico nel comportamento, Ernesto è impiegato nella ditta commerciale del signor Wilder, un ungherese collerico e a volte ridicolo.

Durante una pausa del lavoro, all'inizio del romanzo, Ernesto conosce «l'uomo», un bracciante ventottenne con il quale intreccia, per impulsiva curiosità e incertezza di desiderio, una relazione segreta. L'uomo, mai altrimenti nominato, concepisce presto un vero e proprio amore per il ragazzo, il quale invece ricambia con una tenerezza sempre più distratta, mista di crescente distacco intellettuale e di turbamento. Ma il loro rapporto è anche franco e ignaro delle differenze sociali, come quando, nel «Secondo episodio», in un dialetto triestino addolcito e agile Ernesto racconta al compagno le beffe da lui organizzate ai danni del signor Wilder.

Tuttavia alla 'vergognosa' relazione stringono la figura materna debolmente austera e gli zii, che incutono un certo timore al ragazzo. Ernesto è quindi in un cerchio da cui sente il bisogno di liberarsi.

L'episodio del barbiere Bernardo, che senza immaginarne le conseguenze emotive rade la prima peluria al ragazzo, fa scattare l'impulso a una nuova maturazione. Ernesto conoscerà così Tanda, una prostituta che lo accoglierà con stupita benevolenza e lo inizierà all'amore eterosessuale.

Il «Quarto episodio» è il centro del libro: Ernesto scopre che il suo principale ha assunto un nuovo praticante di contabilità, un ragazzo silenzioso e senile, e medita allora di provocare il proprio licenziamento. Oltre all'orgoglio e all'insofferenza, lo spinge la volontà di sottrarsi agli sguardi dell'uomo e ai sensi di colpa che ne derivano. Scrive dunque al signor Wilder una lettera impertinente e volutamente provocatoria, ottenendone la reazione immaginata. Tornato a casa, comincia il doloroso confronto con la madre alla quale si confida con inquiete reticenze; alle insistenze di lei, che pure riesce a farlo riammettere al suo posto di lavoro, Ernesto è costretto a svelare l'autentica ragione della sua 'fuga'; e la confessione, inaspettatamente, ottiene il difficile perdono.

Qui compare il breve inserto intitolato «Quasi una conclusione», nel quale Saba attribuisce alla vecchiaia e alla stanchezza la probabile impossibilità di continuare la narrazione.

Segue tuttavia un «Quinto episodio» che narra del concerto del violinista Ondricek durante il quale l'appassionato Ernesto conoscerà Ilio, un ragazzo dalla cui bellezza rimarrà soggiogato. Scivolando in questa nuova 'deviazione', impostagli da un incontro eccezionale, Ernesto riuscirà a ottenere la compagnia del ragazzo, al tempo stesso sconvolto e consolato da un'affinità profonda.

















Ernesto

"Intimità",o per meglio dire "Ernesto" non è una semplice autobiografia,un vero romanzo di formazione e nemmeno un testamento letterario. Ernesto è il feto che Saba ha portato in grembo per troppo tempo,una gestazione che non ha visto la luce,lasciato abortire per volere materno.

Perché lasciare incompiuto il romanzo che avrebbe potuto oscurare il "Canzoniere"? Umberto Poli sapeva benissimo che Ernesto sarebbe dovuto rimanere un libretto se non avesse voluto valicare la preistoria sabiana. Fu questo uno dei mille e più motivi che non permisero a Ernesto di vedersi completo.   

Tuttavia le pagine dell'opera sabiana propongono una forma di originale autobiografismo attraverso uno sdoppiamento di voci e di punti di vista che consente al protagonista di ritrovare l'ingenuità adolescenziale e contemporaneamente rielaborare avvenimenti e sensazioni.     

L'opera fu pubblicata solo nel 1975, redatta da Linuccia Saba, figlia dell'autore e, nel 1995, redatta in una nuova edizione curata da Maria Antonietta Grignani la quale corregge gli errori della precedente curatrice e aggiunge al testo una lettera di Ernesto a Tullio Mogno, scritta da Saba nell'autunno del 1953, che fornisce indicazioni sulla genesi dell'opera e sui nuclei tematici.         

Come osserva Grignani il romanzo presenta un doppio livello linguistico e un doppio registro narrativo:da un lato il commento in italiano,dall'altro i dialoghi in triestino. A loro volta i due piani linguistici nascondono due prospettive diverse: quella del vecchio che ricorda e che commenta, e quella del giovane che agisce. A mano a mano che l'adolescente protagonista cresce la distinzione fra le due prospettive diventa sempre più problematica, con rischi di sovrapposizione che, secondo la curatrice, inducono l'autore a interrompere la narrazione. Effettivamente, lo stesso Saba, dopo <<la crisi di maternità>> dei primi tre episodi si rende conto dell'impossibilità di continuare poiché difficilmente riesce a distaccarsi dal protagonista. Benché il quarto episodio sia stato portato a compimento,il quinto risente fortemente dello stato d'animo sabiano: l'autore è fisicamente e psicologicamente provato. L'autobiografismo disturba due volte lo scrittore: perché ha qualcosa di indiscreto nei riguardi di una persona morta (il concertista e amico Ugo Chiesa, nascosto sotto il nome di Ilio) e perché ammazza le tematiche del "Canzoniere". Tra l'altro le lettere contemporanee alla "gravidanza" scambiate con la figlia, Carlo Levi e gli amici testimoniano l'infermità di Saba,che scrive il 25 luglio(1953) all'amico Quarantotti Gambini di non avere <<la forza di proseguire>>.

Il personaggio di Ilio, in particolar modo, turba violentemente l'autore che non riesce a descriverlo semplicemente come lo vede Ernesto. Così, il brano della 'visione' di Ilio, come del resto tutto il romanzo ma in maniera più alleggerita, è appesantito da troppi commenti autoriali, che l'autore non riesce ad eliminare.       

Le esplicazioni psicologiche che pervadono il romanzo sono dunque, insieme a certi appelli al lettore, le manifestazione della coscienza transgrediente di Saba, che trasforma "l'inverosimile lettore" in un complice che segue con viva attrazione le vicende di quello<<-l'autore se ne sarà accorto fin troppo-stupidino>>(op.cit.).       

Ernesto è però, prima di tutto, Umberto: un enfant terrible, il <<verfluchte Kerl>>, un trasgressivo che <<non si sa mai cosa possa fare o dire: dire soprattutto>> Accomunati dalle stesse esperienze, situazioni, amicizie e passioni. O semplicemente, Ernesto è un ragazzo che vive nella fine ottocento ee se non fosse tutto ciò che ho detto, non sarebbe Ernesto.



Ernesto


un gioco di parole

<<L'unica cosa che valga la pena di fare, oggi, è l'essere moderni>>       

Wilde       










The Importance of Being Earnest


This is a story of two cuoples:Jack and Gwendolen and Algernon and Cecily.

Jack is a foundling that lives in a country with his pupil. In fact,mr.Cardew,who found Jack in a bag at the station,makes jack guardian to his daughter,miss Cecily Cardew,who lives under the charge of her governess,Miss Prism.      

Algernon is a young man that lives in the city with his aunt Lady Bracknell and his cousin Gwendolen.   

In order to go to the city,Jack invents a imaginary brother called Ernest,who gets into troubles.Cecily falls in love with Ernest through fictitious mails written by her to herself. Jack meets Gwendolen and he presents himself with tha name of Ernest and they fall in love each other.

Algernon pretends to have a friend in the country who requires frequent attention,so ensuring his departure to the country. In the country,he goes to Jack's house to know Cecily.When he meets her,he presents himself like jack's brother and she flirts with him.Anyway Gwendolen and Cecily want marry just a man called Ernest. Jack and Algernon decide to baptize themself,meanwhile Gwendolen goes to Jack's home and meets Cecily and both believe to love the same person(Ernest,who doesn't exist!!!).Jack and Algernon comes back to jack's house and they explain the true to the girls. They forgive them when the boy say that they will baptize Ernest. Meanwhile Lady Bracknell,Gwendolen's mother,arrives to Jack's house and decides that Cecily and Algernon can marry,Gwendolen and Jack can't marry.Jack,very irritably,doesn't consent at the marriage. Fortunatly Miss Prism arrives. In fact Lady Bracknell identifies Miss Prism that she was the Bracknell's old governess,when she lost a child,Algernon's brother,and because of vanished of the circulation. She remembers that she left the child in a bag at the station,this child was Jack, Algernon's brother. He is very happy and he wants to know his real name. Lady Bracknell remembers it,it is ERNEST!



























The Importance of Being Earnest


"The Importance of Being Earnest" is <<a trivial comedy for serious people>>. Wilde's irony reveals itself from the first page of his comedy. The comedy begins with this preamble:<<a trivial comedy for serious people>>.Wilde presents his comedy of manner in this way,disclosing the feature of his work:nonsense. Wilde represents the aristocratic society whose members are typical Victorian snobs,which lack of real moral values,that live in absolute superficiality,concerned just with money and to achieve social stature. The whole play is built on witty dialogues,amusing puns,miserunderstanding and paradoxes which help deal with the complexity of social and personal identification. All the cues haven't sense.

<<In matters of grave importance,style,not sincerity is the vital thing>>(Gwendolen,AIII)           

This is one of the many examples of superficiality and nonsense:what is important to them is not what they say but how this say it. The most important pun stays in the title with the name Ernest,that evokes the adjectives "aernest,honest and sincere",while none of characters is truthful. In fact the comedy ,the lies bring the protagonist to a succesful conclusion,when jack realises <<the vital Importance of Being Earnest>>. Therefore,the characters haven't concistency,they are only what they say. A "Earnest Ernest" doesn't exist,in the comedy like in the Victorian society. Because of this work was a success,and still it receives favourable consents. His secret is to have nothing to say,to defend no moral exactly as the Victorian aristocracy.






Ernesto


una catastrofe

<<L'emancipazione maschile fa progressi. Agli uragani danno ora anche nomi maschili,finora erano un privilegio delle donne>>

Burke     










Il ciclone Ernesto    

<<Ernesto è uscito passando dalla zona del Cayos al Nord di Cuba>>, così recita l'ultimo bollettino, risalente al 29/08/06, riguardante il ciclone Ernesto. Primo ciclone, o meglio uragano, della stagione 2006, Ernesto ha messo in guardia un ampio arco di costa sul Golfo del Messico, a un anno esatto dalla devastazione di Katrina, dalla Louisiana alla Florida, che provocò un centinaio di vittime e danni per decine di miliardi di dollari.

Fortunatamente il fenomeno non ha apportato danni né distruzioni,cosa che spesso hanno lasciato i suoi predecessori:basti ricordare l'uragano <<Mitch>> del '98,che provocò ben 30000 morti colpendo l'America Centrale, o il ciclone che nel 1876 investì il delta del Gange provocando ben 250000mila morti.


Per capire come mai questi fenomeni siano in grado di sprigionare una tale forza distruttiva, bisogna aver chiaro in che cosa consiste un ciclone.   

Esiste in meteorologia il cosiddetto tempo atmosferico, che è <<il complesso delle condizioni fisiche che caratterizzano l'atmosfera in un dato momento e in un determinato luogo>>.

Le osservazioni strumentali hanno portato alla convinzione che il tempo atmosferico non cambi in maniera disordinata, ma che anzi, sia possibile riconoscerne vari "tipi", i quali si ripetono più o meno con la stessa modalità; essi sono comunque regolati da quei <<centri d'azione dell'atmosfera>> che sono le aree di alta e bassa pressione, cioè gli anticicloni e i cicloni. Accanto a queste due aree però, si è potuto constatare che esistono anche anticicloni e cicloni temporanei che permangono solo alcuni giorni su posizioni medie determinate o addirittura cambiano la loro posizione e la loro struttura di ora in ora: mentre le prime determinano condizioni meteorologiche relativamente stabili, a questi altri sono associati frequenti mutamenti del tempo. In particolare, i cicloni danno luogo a forti venti e a moti ascendenti dell'aria con conseguente raffreddamento, formazioni di nubi e precipitazioni; pertanto, i cicloni temporanei vengono considerati come perturbazioni delle condizioni meteorologiche. La più importanti perturbazioni atmosferiche sono i cicloni tropicali ed extra tropicali. Ernesto, nella sua breve vita, è appartenuto alla classe dei cicloni tropicali. Queste perturbazioni interessano le regioni della terra poste alle basse latitudini e sono connesse a depressioni bariche molto pronunciate, le quali hanno origine in prossimità dell'equatore prevalentemente sui settori orientali degli oceani, dove l'aria è molto calda ed umida e gli Alisei dei due emisferi vengono a diretto contatto tra loro. Secondo un'accreditata ipotesi, i venti di provenienza opposta e l'elevata temperatura producono forti moti ascendenti e rotatori dell'aria facendo nascere un vortice del diametro di poche decine di kilometri, che poi si allarga progressivamente fino a raggiungere un massimo di 600/1000 km. Il sollevamento dell'aria umida marittima, che affluisce a ritmo sempre più intenso, provoca la condensazione del vapore acqueo e quindi la liberazione di grandi quantità di calore latente; l'energia che ne deriva è enorme ed i venti assumono velocità elevatissime spesso superiore ai 200 km/h.

I cicloni tropicali hanno durata che in certi casi può arrivare a due o tre settimane e si spostano con relativa lentezza dalla zona di formazione, muovendo da est verso ovest e deviando gradualmente verso NW nel nostro emisfero e verso SW nell'emisfero australe.


(aree cicloniche e anticicloniche)

In realtà questa deviazione è data dalla FORZA DI CORIOLIS, dovuta alla rotazione terrestre. Essa agisce sulle masse d'aria in movimento e le fa deviare verso destra nell'emisfero boreale (verso sinistra in quello australe), cosicché i flussi d'aria divergono dalle aree anticicloniche con andamento in senso orario e convergono nelle aree cicloniche con andamento in senso antiorario (nell'emisfero australe essi vengono deviati in modo opposte pur muovendo sempre dalle alte pressioni verso le basse), quindi i venti tendono a spirare parallelamente alle isobare. Ciò avviene perché la forza del gradiente di pressione e quella di Coriolis tendono a compensarsi.

Per avere più chiara l'azione di questa forza nell'atmosfera, possiamo spiegarla nel seguente modo: a causa della rotazione della Terra,il piano del nostro orizzonte gira intorno ad un asse verticale. Questa rotazione è massima ai poli, dove è di 15°. Viceversa è nulla all'equatore. Per i luoghi intermedi si applica una formula calcolata in base alla latitudine del punto in cui si effettua la misurazione, ottenendo la seguente formula: 15°·sen ß (ß=latitudine del luogo). Se nell'emisfero nord un oggetto viene lanciato in direzione di un osservatore che si trova sulla terra nel punto 0', tale oggetto, in riferimento allo spazio, si dirige in linea retta verso 0', dove arriverà nel momento in cui l'osservatore, trasportato dalla rotazione terrestre, sarà giunto nel punto 0. La traiettoria in riferimento alla Terra è una curva. Per l'osservatore vincolato alla rotazione terrestre, tutto è quindi avvenuto come se il mobile fosse stato deviato verso la destra della sua traiettoria da una forza D che si chiama forza di Coriolis o forza deviante. Tale forza è perpendicolare allo spostamento ed è data sia dalla velocità angolare della rotazione terrestre in radianti, sia dalla latitudine, sia dalla velocità del mobile. La deviazione è diretta verso la destra della traiettoria nell'emisfero nord e verso la sinistra nell'emisfero sud.


(Schema delle forze agenti nell'intorno ad un vortice. Il gradiente di pressione è rappresentato dalle frecce blu, mentre l'effetto Coriolis, sempre perpendicolare alla velocità, è rappresentata dalle frecce rosse

E' interessante notare che si tiene conto della forza di Coriolis nei calcoli d'artiglieria a lunga gittata e nella determinazione del punto astronomico per gli aeromobili veloci. La forza di Coriolis è massima ai poli, diminuisce col diminuire della latitudine ed è nulla all'equatore. La sua influenza sulla traiettoria dei venti è notevole, poiché le forze del gradiente di pressione che determinano il movimento dell'aria sono anch'esse piccole. Quando in un determinato luogo il vento possiede velocità e direzione costanti, il che si verifica normalmente in vaste zone della nostra atmosfera, nelle masse d'aria non vi è più accelerazione, il che secondo le leggi della meccanica, significa che vi è equilibrio tra la forza del gradiente di pressione e la forza di Coriolis. Poiché il vento e la forza di Coriolis sono perpendicolari, in quel momento il vento risulta parallelo alle isobare, quindi per una data latitudine, la velocità del vento è proporzionale al gradiente di pressione. Essa è inversamente proporzionale alla densità; quindi per un medesimo gradiente è maggiore in quota che nei bassi strati. Il vento così calcolato si chiama vento geostrofico. E più le isobare sono vicine nella carta isobarica (come nel caso delle depressioni), più il vento è forte. Nelle zone in cui le isobare sono molto distanziate fra di loro (caso degli anticicloni o di distribuzione livellata delle pressioni), il vento è debole. Teniamo conto però che la formula del vento geostrofico si applica convenientemente solo per latitudini superiori a 15° nord e sud. Presso l'equatore infatti la forza di Coriolis diventa quasi nulla e non interviene in misura apprezzabile. Il vento nelle regioni equatoriali all'inizio dovrebbe essere quindi perpendicolarmente alle isobare, ma in realtà le leggi che lo governano non sono neppure completamente chiarite.




Ernesto


un uomo

<<Soltanto l'uomo di cui viene pronunciato il nome è vivo>>                     Anonimo

















"Che"

<<Si dice che noi rivoluzionari siamo degli inguaribili romantici. E' vero, siamo disposti a dare la vita per i nostri ideali >>

Un' inguaribile romantico,così si definiva il Che,pronto a morire per i suoi ideali e morto una mattina d'ottobre del 1967,solo,in nome di un'utopia. Utopia che tentò di realizzare,dopo l'esperienza della rivoluzione cubana,in Congo e Bolivia.          

I viaggi che effettuò in gioventù per l'America Latina furono di grande importanza nella sua formazione:la povertà delle masse popolari e l'influenza delle teorie marxiste lo portarono alla conclusione che solo la rivoluzione avrebbe potuto risolvere le disuguaglianze sociali ed economiche dell'America Latina. I suoi viaggi gli fornirono anche l'idea di non vedere il Sudamerica come una somma di diverse nazioni, ma come un'unica entità, per la liberazione della quale era necessaria una strategia di respiro continentale. Cominciò ad immaginare la possibilità di una Ibero-America unita e senza confini, legata da una stessa cultura,un'idea che assumerà notevole importanza nelle sue ultime attività rivoluzionarie.                       

Pensiero filosofico


Non è sufficiente assumere il pensiero filosofico del Guevara come diretta trasposizione del marxismo-leninismo. Non è stato infatti sempre così, ed anche durante il periodo di idee più mature e formate, come accadde prima, durante e dopo la rivoluzione cubana, Che Guevara ha sempre posseduto un proprio personale punto di vista.

Sebbene simpatizzante delle idee socialiste sin dalla gioventù il Che non è stato un rivoluzionario, nel senso guerrigliero e attivo del termine, dalla nascita. Accanito lettore, infatti, scopre verso i 18 anni,tramite i suoi scritti,Ghandi che diventa molto presto uno dei suoi eroi. Il suo influsso terrà ben lontano il giovane Guevara dal marxismo almeno fino al suo primo periodo universitario.

Ernesto entrerà a far parte di una linea di pensiero più coinvolta e schierata solo dopo i suoi lunghi e ripetuti viaggi nell'America Latina. Saranno certo le vicende che incontrerà lungo la sua strada, come episodi di sfruttamento e povertà, che colpendo il suo sensibile animo modificheranno irrimediabilmente qualcosa. Dopo aver assistito a tanta miseria e influenzato dalle letture sulle teorie marxiste Guevara arriva ad una conclusione: solo la rivoluzione avrebbe potuto risolvere le disuguaglianze sociali ed economiche dell'America Latina.

Una volta acquisite le idee socialiste Che Guevara le metabolizza fino a volerle attuare ad ogni costo. Da qui alla rivoluzione il passo è breve.

Da medico di truppa, da guerrigliero, da comandante, da Ministro dell'Industria, Ernesto Guevara vivrà in modo sempre intenso e diretto il suo pensiero socialista con unico strumento necessario alla sua attuazione la rivoluzione ed ogni sua più conseguente radicale scelta. Ciò verrà messo maggiormente in evidenza anche durante i suoi vari discorsi internazionali. Famoso ad esempio quello dove egli esorta le popolazioni intere degli altri paesi in via di sviluppo a costruire non uno, ma mille Vietnam. Un pensiero così forte non nascondeva quelle che erano le necessarie idee leniniste, un trattamento che a detta del Che ogni rivoluzione richiedeva per non ricadere e difendersi dall'accerchiamento capitalista.                 


Importante fu anche l'incontro con il governo populista arbenzista in Guatemala nel 1954 e il conseguente scontro con la società capitalista americana. Infatti il colpo di stato di Armas ordito contro Arbenz fu appoggiato dalla CIA. Fu in questa occasione che Guevara incontrò Fidel Castro,esuli poi in Messico dopo Guatemala.

Con Castro e molti altri del Movimento del 26 luglio,Guevara iniziò la rivoluzione cubana come medico del gruppo prima e Comandante poi,rispettato dai compagni per il suo coraggio e temuto per la sua spietatezza e per i suoi scatti d'ira. Divenne consapevole della sua freddezza e la capacità di analisi spietate,soprattutto durante il governo di Castro,il quale salì nel gennaio del 1959 dopo la fuga di Batista.

Nel governo Guevara ebbe diversi incarichi,quali dirigente dell'Istituto Nazionale per la Riforma agraria e poi presidente della Banca Nazionale di Cuba,entrambi terminati nel giro di un anno a causa dell'incompetenza in questi settori del Che. Come ministro dell'industria riuscì invece a dare un gran contributo per la formazione del socialismo cubano. Nel suo libro Sulla guerriglia, Guevara sostenne il modello cubano di rivoluzione, iniziato da un piccolo gruppo di guerriglieri, senza la necessità di ricorrere a grandi organizzazioni che sostenessero l'insurrezione armata.

La questione dei missili a Cuba accrebbe il suo odio nei confronti degli Stati Uniti,i quali ricambiavano con gli stessi sentimenti e la dimostrazione palese fu il ruolo che giocarono in Bolivia.     

'In questa lotta fino alla morte non ci sono frontiere. Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a quanto accade in ogni parte del mondo. Una vittoria di qualsiasi nazione contro l'imperialismo è una nostra vittoria, come una sconfitta di qualsiasi nazione è una nostra sconfitta'dichiarò nel discorso tenuto nel 1965 al 'Secondo seminario economico sulla solidarietà afro - asiatica'. Fu la sua ultima apparizione in pubblico. Dopo vari discorsi e viaggi tenutisi in quegl'anni,Guevara decise di sparire dalla circolazione,rendendo note le sue intenzioni solo in una lettera priva di data letta da Castro nell'ottobre dell'65 in cui riaffermava la sua solidarietà con Cuba, ma dichiarava anche la sua intenzione di abbandonare l'isola e di andare a combattere altrove per la Rivoluzione. Spiegava che 'Altri paesi nel mondo necessitano dei miei modesti sforzi'. Nella stessa lettera Guevara annunciava di dimettersi da tutte le cariche che occupava, nel governo, nel partito e nelle forze armate. Rinunciò anche alla cittadinanza di Cuba, che gli era stata concessa nel per i suoi meriti nella rivoluzione.                                                                                                                     Durante un incontro,Guevara e Castro si trovarono d'accordo sul fatto che il Che avrebbe guidato personalmente la prima azione militare cubana in Africa. L'operazione,che sosteneva il movimento marxista dei Simba,fallì:Guevara credeva di poter far leva sulla popolazione congolese che invece non fu in grado di reagire. Guevara però,non si diede per vinto. Nel 1967,in un articolo divenuto famoso,sostenne,riprendendo le tesi di Lenin,che l'imperialismo era un sistema mondiale e che occorreva batterlo in un grande scontro mondiale. Lanciò,di conseguenza,una nuova parola d'ordine:era necessario creare <<due,tre,molti Vietnam>> e condurre una guerra totale contro l'imperialismo. Ma il Vietnam aveva ricevuto il sostegno dell'URSS e della Repubblica popolare cinese,Guevara invece aveva con sé soltanto alcuni gruppi di rivoluzionari. Non si arrese e si convinse che in America Latina avrebbe trovato le condizioni per un successo:riteneva di poter far nascere un nuovo Vietnam in Bolivia. Nel 1967,dunque,si recò in Bolivia per poter rovesciare il governo di Barrientos. Il piano di Guevara per fomentare la rivoluzione in Bolivia si basava su alcune concezioni sbagliate:

Si aspettava di dover affrontare solo il governo militare locale ed il suo esercito, male armato e poco equipaggiato. Al contrario, appena il governo statunitense ebbe confermata la sua presenza in Bolivia, inviò personale della CIA e di altre agenzie per aiutare ad organizzare la contro guerriglia. L'esercito boliviano venne addestrato da consiglieri appartenenti alle forze speciali dell'US Army, incluso un nuovo battaglione dei Rangers esperto in combattimento nella giungla. I reparti speciali statunitensi probabilmente presero parte anche a certi combattimenti.

Si aspettava di ricevere assistenza e cooperazione dai locali oppositori al governo. Queste aspettative vennero frustrate ed il Partito comunista boliviano, filosovietico e non filocubano, non lo aiutò affatto, anche se alcuni membri, come Rodolfo Saldana, Serapio Aquino Tudela e Antonio Jimenez Tardiolo lo fecero a titolo personale o si arruolarono nei suoi reparti, contro la volontà dei vertici di partito

Si aspettava di rimanere in contatto radio con l'Avana. Al contrario, le due trasmittenti ad onde corte che gli erano state fornite erano difettose, impedendo le comunicazioni con Cuba. Dopo qualche mese, il registratore a nastro che utilizzavano per registrare e decodificare i messaggi radio provenienti da Cuba fu perso durante l'attraversamento di un fiume.

Oltretutto, la sua inclinazione al confronto più che al compromesso contribuì probabilmente alla sua incapacità di sviluppare un buon rapporto di lavoro con i dirigenti boliviani, come era avvenuto anche in Congo . Questo tratto del suo carattere era emerso anche nel corso della guerriglia a Cuba, ma era stata tenuta sotto controllo dalla guida di Fidel Castro. Fu per questi motivi che l'otto ottobre del 1967 Che Guevara fu catturato da Rodriguez,un agente della CIA che era stato infiltrato a Cuba per prendere contatto con i ribelli dei Monti Escambray e con ambienti anti castristi di l'Avana prima dell'invasione alla Baia dei Porci e che era stato con successo fatto uscire dall'isola dopo il fallimento dello sbarco. Il giorno dopo fu ucciso da un sergente dell'esercito. La versione più accreditata racconta che Guevara ricevette diversi spari alle gambe, sia per evitare di deturpargli il volto ed ostacolare l'identificazione, sia per simulare ferite in combattimento, così da nascondere l'esecuzione sommaria del prigioniero.
Come colpo di grazia, gli spararono al petto: ferita che gli riempì i polmoni di sangue. Guevara pronunciò diverse parole famose prima della morte. Si è detto che avrebbe accolto così il suo uccisore: 'So che sei qui per uccidermi. Spara dunque, codardo, stai solo uccidendo un uomo'. Ed aveva ragione,Teran uccideva un uomo,non i suoi ideali. Il nome di Guevara è entrato infatti nella leggenda,come quello di un eroe romantico o di un don Chisciotte. In una lettera alla madre,egli stesso aveva scritto,paragonandosi al cavaliere errante immaginato da Miguel Cervantes: <<Ancora una volta,sento contro i talloni il costato di Ronzinante:mi rimetto in cammino col mio scudo al braccio>>. Tutt'ora Ernesto Guevara, el Che (emblema, per alcuni, della lotta per la libertà e la dignità dei popoli del Terzo Mondo), appare come la figura dell'eroe ideale, una sorta di eroe sofocleo, incapace di compromessi a costo della sua stessa vita. Anche a prescindere dalle sue convinzioni politiche, la sua immagine di eterno ribelle, di sognatore poco incline alla mediazione con un mondo pieno di ingiustizie, ha conquistato generazioni di giovani in tutto il mondo.

















Ernesto


una foto

<<Hasta la victoria siempre!>>       

Che                   


Una foto, una vita. Alberto Korda il suo nome resta legato ad un solo scatto, ad un'immagine in cui si sono riconosciute generazioni: è il volto del Che, quello sguardo così triste e intenso stampato sulle T-shirt, sulle bandiere e sui manifesti del sessantotto, sugli striscioni in testa a tutte le marce operaie e studentesche del pianeta e adesso persino sui souvenir e sulle cartoline della Cuba che piano piano si sta aprendo al libero mercato e mette un po' in soffitta i miti della rivoluzione e il modello di Stato socialista.

Era un pomeriggio del marzo 1960. All'avana c'era stato un attentato. Una nave carica di armi saltò in aria e 136 persone morirono. Il giorno dopo si celebrarono i funerali. Il Che e Fidel erano in testa al corteo. La tensione era enorme, come il dolore e la tristezza. E gli occhi del Che erano pieni di quei sentimenti. Korda fece soltanto due scatti. Il primo non era buono. Il secondo divenne famoso in tutto il mondo.

Quel giorno la sua vita cambio'. Lui, giovane fotografo di moda durante il regime di Batista, sempre circondato da bellissime modelle, star delle feste e delle notti cubane percorse con la sua Porsche gialla, venne mandato a chiamare da Fidel: 'Sei bravo' - gli disse - 'da oggi lavorerai per noi'.Il fotografo cubano mori' il 21 maggio 2001 e con la foto piu' famosa del Che, non ci guadagnò una lira.      

La foto del 'Guerrillero Heroico' fu resa famosa quando l'editore Feltrinelli ne acquisì i diritti e la pubblicò in formato poster all'interno del Diario boliviano, nel

Korda fu colui che immortalò il Che in quell'immagine che avrebbe poi rappresentato il mito,ma ovviamente non fu l'unico.

Chi ha riprodotto il Che in serigrafia è stato ovviamente Andy Warhol.  

Warhol fu il massimo esponente dell'<<arte popolare>>, o per meglio dire "Pop art",movimento artistico che si sviluppa pienamente negli anni '60 e che rivoluziona l'arte impadronendosi dello spazio circostante sostituendo l'immagine dell'oggetto con l'oggetto stesso e accentuando la dimensione grottesca della società dove la prepotenza martellante dei mass media annulla ogni giudizio personale. La rivoluzione warholiana consistette nell'uso della serigrafia,che gli consentiva di manipolare e moltiplicare a piacere le immagini,arrivando ad una produzione definita di massa. La tecnica prevede che l'artista fotografi un soggetto o un oggetto e lo sviluppi in diapositive; poi, proietta la diapositiva su una tela bianca e copia l'immagine prima a matita e in seguito con colori acrilici. Così Warhol riproduceva su grosse tele i suoi soggetti. L'intento era quello di colpire il visitatore,metterlo a disagio,sottolineando il significato che le immagini hanno nel mondo moderno,escluso il loro valore commerciale.

Inoltre,con opere come "Car Crash" e "Eletric Chair",egli tentò anche di distanziare ed estetizzare una situazione di intollerabile violenza, creando sconforto e  imbarazzo nell'uomo comune. Dunque i soggetti delle sue opere corrispondevano alle immagini di massa,da quelle pubblicitarie a quelle dei miti del suo tempo.

Nel '68 Warhol riprodusse in serigrafia la famosa foto di Che Guevara,che diventò dopo la sua morte un mito per i giovani che,alla fine degli anni '60,in nome di un volto e di giusti ideali,combatterono come "guerrilleros Heroicos".
















































Cohiba


C'è, in un'isola lontana, una favola cubana

che vorrei tu conoscessi almeno un po'
C'è un'ipotesi migliore, per cui battersi e morire
e non credere a chi dice di no
perché c'è
C'è un profumo inebriante che dall'Africa alle Ande
ti racconta di tabacco e caffè
C'è una voce chiara ed argentina, che fu fuoco e medicina
come adesso è amore e rabbia per me
C'è, tra le nuvole di un sigaro, la voce di uno zingaro
che un giorno di gennaio gridò
C'è, o almeno credo ci sia stato, un fedelissimo soldato
che per sempre quella voce cercò
e che diceva
Venceremos adelante
o victoria o muerte
Venceremos adelante
o victoria o muerte
C'è, se vai ben oltre l'apparenza, un'impossibile coerenza
che vorrei tu ricordassi almeno un po'
C'è una storia che oramai è leggenda, e che potrà sembrarti finta
e invece è l'unica certezza che ho
C'erano dei porci in una baia, armi contro la miseria
solo che quel giorno il vento cambiò
C'era un uomo troppo spesso solo, e ora resta solo un viso
che milioni di bandiere giudò
e che diceva
Venceremos adelante
o victoria o muerte
Venceremos adelante
o victoria o muerte
L'america ci guarda
non proprio con affetto
apparentemente placida ci osserva
ma in fondo, lo sospetto
che l'america, l'america ha paura
altrimenti non si spiega come faccia
a vedere in uno stato in miniatura
questa orribile minaccia
por esto
Venceremos adelante
o victoria o muerte
Venceremos adelante
o victoria o muerte

D.Silvestri







Bibliografia


U.S. Department of State, 'Foreign Relations, Guatemala, 1952-1954


U.S. Department of State, 'Foreign Relations, Guatemala, 1952-1954


Defensa Nacional, 'SABOTAJE AL BUQUE LA COUBRE'


The Miami Herald, 'Dockworker set ship blast in Havana, American claims


Guaracabuya.org, 'Recuento Histórico:El porque el PCC ordenó volar el barco 'La Coubre'


Anderson, Jon Lee. Che Guevara: A Revolutionary Life, New York: 1997, Grove Press, p. 545: 'In an interview with Che a few weeks after the crisis, Sam Russell a British correspondent for the socialist Daily Worker, found Guevara still fuming over the Soviet betrayal. Alternately puffing on a cigar and taking blasts from an inhaler, Guevara told Russell that if the missiles had been under Cuban control, they would have fired them off. Russell came away with mixed feelings about Che, calling him 'a warm character whom I took to immediatelyclearly a man of great intelligence though I thought he was crackers from the way he went on about the missiles.''


Montreal Gazette, 'Liberals picked the wrong issue'


Ernesto Che Guevara, 'English Translation of Complete Text of Algiers Speech'


BBC News,'Profile: Laurent Kabila', 26 May 2001


African History Blog, 'Che Guevara's Exploits in the Congo'


Taibo, Paco Ignacio II. Ernesto Guevara, también conocido como el Che, Barcelona, 1999: Editorial Planeta, p 726


Ernesto Che Guevara, 'Excerpt from Pasajes de la guerra revolucionaria: Congo'


Castañeda, Jorge G. Che Guevara: Compañero, New York: 1998, Random House, pp 107-112; 131-132

Aurelio Lepre, La storia 3,seconda edizione,pag.428

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