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Le regole dell'ora d'aria e altri spazi in comune




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Le regole dell'ora d'aria e altri spazi in comune


Il cortile è uno dei spazi in comune in cui si svolge la vita carceraria. Il periodo di tempo in cui tutti i detenuti possono uscire dalla struttura muraria è comunemente conosciuto come ora d'aria, in realtà sono, solitamente, due ore la mattina e due ore il pomeriggio. Altri spazi in comune possono essere la saletta, una stanza a cui si accede per circa un'ora al giorno, di solito tra le 17 e le 19, dove si può giocare a calciobalilla, dama o scacchi, carte. È l'ora di socialità. Se la struttura carceraria non permette un luogo in comune, spesso si usa il corridoio dei piani per l'ora di socialità (come nel carcere di Bari). In questo caso è solo una semplice uscita in massa dalle celle, in quanto non è possibile avere alcun tipo di svago, se non chiacchierare con compagni chiusi in celle diverse. In qualche carcere è possibile accedere a palestre per l'attività fisica, anche se non tutti i detenuti possono parteciparvi per via di regole istituzionali che limitano l'accesso ad un numero specifico di persone. Altri spazi in comune sono le aule adibite alle lezioni scolastiche. Tutti i carceri hanno i corsi per scuola elementare e media, molti per scuola superiore, altri per corsi universitari. Un altro spazio è il locale delle docce, a cui si accede pochi per volta.

Lo spazio più sottoposto alle regole comunitarie è quello previsto per l'ora d'aria. Spesso nello stesso cortile scendono detenuti di più padiglioni, che non hanno contatti personali durante le altre ore della giornata, se non a scuola, dove questa esiste, o in Chiesa. L'aria, come è comunemente chiamato lo spazio in cui si svolge l'ora d'aria, è un luogo particolarmente importante, non solo perché è il momento in cui si respira aria "libera", in cui si fa ginnastica, si gioca a calcetto, si ha la possibilità di stare in solitudine, lontano dal gruppo della propria cella, si conoscono detenuti di altre sezioni, ma è anche il luogo dove si percepisce, paradossalmente, l'aspetto totalizzante e inglobante della vita carceraria.

Se si osservano gli atteggiamenti e i movimenti di tutti i detenuti presenti si scorge una certa somiglianza in tutti. Tutti fanno le stesse cose: passeggiano, parlano, gesticolano, guardano allo stesso modo, secondo uno schema comportamentale fisso. Esiste una conformità pazzesca e solo un occhio "esperto" coglie la differenza di atteggiamenti tra l'uno è l'altro detenuto. Alla base di tale conformismo ci sono delle consuetudini, diventate poi delle regole comunitarie ben precise, che provengono da molto lontano nel tempo e che sono diventate delle vere e proprie "norme di rispetto".

Tutti vanno su e giù per l'aria con passo svelto, come se avessero tutti fretta. Probabilmente è un atteggiamento psicologico, una sorta di sfogo spontaneo contro le lunghe ore passate in cella. Si arriva alla parete del muro di cinta e si torna indietro fino all'altra parete. È difficile vedere che qualche gruppo compia dei giri intorno all'aria, soprattutto se essa è piccola, in quanto limiterebbe lo spazio disponibile per tutti. A prima vista sembrerebbe quasi tutto normale, ma osservando bene si vedono gesti oculati, attenti, che col tempo diventano automatismi. È necessario un esempio: immaginiamo che due compagni passeggino insieme. Quando si arriva alla parete e si deve tornare indietro, non si deve mai dare le spalle all'amico, ossia il movimento che si deve fare è sempre verso l'interno, quasi a guardarsi in faccia. Nel caso le persone che passeggiano siano tre, quelli esterni voltano sempre verso l'interno, non dando le spalle a colui che si trova al centro, mentre chi è al centro "deve" non dare le spalle una volta all'uno, una volta all'altro, ossia deve "distribuire equamente il suo gesto di rispetto" ai due compagni. Ecco che si ripresenta ancora una volta la predominanza della formalità rispetto alla sostanza, formalità ipocritamente enfatizzata.

Altro esempio di questo tipo, rimanendo nello stesso campo, è il non intralciare mai il passo di chi cammina o intersecarsi con esso; infatti, i gruppi camminano tutti nella stessa direzione e mai in modo che la loro traiettoria formi teoricamente una croce (fonte di sfortuna); tutti verso la stessa direzione, orizzontale o verticale. Se una persona dovesse attraversare, per qualsiasi motivo, da un angolo all'altro dell'aria verticalmente alla direzione di passeggio, "deve" fermarsi e "dare la precedenza" a chi passeggia e attraversare sempre alle loro spalle. Quando gli spazi sono ristretti ed è inevitabile attraversare davanti ai gruppi perché sono uno dietro l'altro, allora è necessario intuire quale dei gruppi è più importante nella gerarchia di potere ed evitarlo; comunque si chiede scusa al gruppo di cui si intralcia il passo e si attraversa. È riposta molta attenzione anche al modo di camminare stando dietro ad un altro gruppo, soprattutto quando l'aria è piccola. Si cammina a distanza di sicurezza, nel senso che, fermo restando che i discorsi di un gruppo non devono essere ascoltati da un altro gruppo, bisogna stare attenti a quando il gruppo che si ha davanti ha intenzione di tornare indietro, di modo che si possa girare prima di esso. Questo modo di camminare tende ad evitare che due persone, quelle ai lati del gruppo, si tocchino e si disturbino nel loro passeggiare. Visti gli spazi ristretti, tali regole possono sembrare inevitabili e giuste, anzi lo sarebbero, se non fosse che sono caricate di un significato, oserei dire, mafioso. Infatti la loro "giustezza" deriva esclusivamente dal fatto che sono una forma di rispetto verso i propri compagni. In realtà esso è riservato a persone altamente integrate nell'ambiente e non ai "pivelli", i quali sono tenuti a rispettare le regole più degli altri. Anzi sono proprio rivolti verso questi ultimi i numerosi "richiami al rispetto", magari ad alta voce in modo che gli altri ascoltano e si comportano di conseguenza.

Una piccola attenzione è necessario dedicarla al locale delle docce. Innanzitutto, non credo esistano abusi sessuali nelle carceri italiane, anzi è tassativamente vietato fare la doccia nudi, come è naturale in qualsiasi spogliatoio maschile ( per esempio gli spogliatoi degli stadi). Questa è una regola essenziale e particolare. Il non rispetto di essa determina a volte una pena corporale assai punitiva. La giustificazione di essa sta nel forte attaccamento al "senso del pudore", per cui è vietato mostrare qualsiasi organo che faccia riferimento al sesso. Le mutande si tolgono dopo aver indossato l'accappatoio o un grande asciugamano, magari dando le spalle agli altri. Questa abitudine viene da molto lontano negli anni e credo che l'importanza del pudore è data dal fatto che molte regole vengono da una società patriarcale dove il senso del pudore ne è una caratteristica. Comunque anche questo atteggiamento sta cambiando con gli anni, con le nuove generazioni, mentre la presenza degli stranieri non è stato un elemento di cambiamento in quanto hanno subito assimilato e fatto proprio l'atteggiamento autoctono.

In caso di fila l'entrata in doccia era gerarchica fino a qualche anno fa (almeno al sud), prima i boss e via via a scalare. Non era una regola la cui infrazione generava una sanzione punitiva, ma questo atteggiamento era rispettato da tutti per convenzione e per "rispetto" di chi deteneva il potere. Spesso si faceva la fila per ore e si finiva per fare la doccia con l'acqua fredda.

Il locale delle docce è anche il locale in cui è più facile che si eseguano molte delle pene corporali o le conserve, in quanto è quasi sempre situato in luoghi poco controllati dagli agenti di custodia.

Gli altri spazi in comune sopra menzionati non sono sottoposti a regole particolari. Valgono le regole di buona educazione, anche se è da tener presente che spesso tali regole valgono soltanto per poche persone.




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