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1 L'omosessualità femminile
1.1 Il complesso edipico
1.2 Evoluzione storica e psicologica dell'omosessualità
L'omosessualità femminile ha da sempre avuto delle evidenti connotazioni culturali. Testimonianze riguardo ad essa, ci sono giunte dall'antica Grecia dove i rapporti omosessuali tra donne rappresentavano un rito d' iniziazione sessuale. Le ragazze in età da marito si riunivano nei tiasi, gruppi femminili dove si imparava il canto, la danza, la musica e attendevano così il matrimonio, legandosi tra loro in rapporti omosessuali. Le relazioni amorose tra le allieve dei tiasi e la loro maestra, facevano parte dell'insegnamento introduttivo al matrimonio, di iniziazione alla sessualità. D'altronde la pederastia cioè la relazione erotica tra il giovane allievo e il suo maestro, era ampiamente diffusa in Grecia e considerata di alto valore pedagogico.
In Cina, tra il 960 e il 1127 d.C., il lesbismo era considerato come una naturale conseguenza della vita in comune di mogli e concubine, il cosiddetto effetto 'harem'. Non era considerato una pratica pericolosa tranne che per l'uso indiscriminato di falli artificiali talvolta usati. Nei libri dell'epoca infatti venivano riportati i danni che questi mezzi potevano apportare ai tessuti, in particolare il tipo doppio, dotato di un'asta a nervature di legno e avorio.
In epoche successive, in particolare in seguito alla formazione degli Stati nazionali e dopo il periodo illuministico, la questione dell'omosessualità ha destato l'interesse della scienza in particolare della psichiatria, criminologia, medicina, biologia ecc.
Il doppio interrogativo a cui si cercava risposta era: 'Qual è la causa dell'omosessualità?' e: 'Si può uscire dall'omosessualità?' Ciò che era importante dal punto di vista terapeutico era la possibilità di riportare l'individuo entro i canoni dell'eterosessualità. Secondo la psicanalisi l'omosessualità femminile sarebbe dovuta ad un attaccamento troppo forte della ragazza al genitore del sesso opposto e ad uno troppo debole verso quello dello stesso sesso. Il lesbismo veniva visto come una nevrosi, dovuta alla mancata risoluzione del complesso edipico con relativo rifiuto della propria femminilità.
Oggi il lavoro psicoterapeutico con gli omosessuali non prevede più il ripristino
dell'eterosessualità. Già dal
Il lesbismo presenta variazioni e sfaccettature diverse. Beverly Greene in 'Lesbian and Gay Sexual Orientation sostiene che le lesbiche non possono essere racchiuse in categorie determinate perché ognuna di loro si identifica con la propria sessualità in modo diverso e soggettivo rispetto ad ogni altra donna.
Molte lesbiche si sottopongono a terapia individuale a causa delle pressioni sociali di cui si sentono vittime, pressioni che le imprigionano spesso in ruoli di madri, mogli ed eterosessuali. L'opinione pubblica dipinge quasi sempre queste donne con stereotipi negativi o come persone non equilibrate. Si viene così a creare una colpevolizzazione per le proprie preferenze sessuali. I famosi studi di Kinsey, evidenziano invece un'elevata incidenza del comportamento omosessuale, favorendo l'ipotesi secondo cui l'omosessualità sarebbe da considerarsi come una variante del comportamento umano. La tendenza a considerarla patologica rappresenta quindi solo il frutto di pregiudizi culturali.
1.3 Rapporto terapeutico
Il rapporto terapeutico consente alla donna di esplorare il proprio orientamento sessuale, individuando emozioni, sentimenti e impulsi nei confronti delle donne del proprio sesso. La presa di coscienza della propria omosessualità è spesso difficoltosa e conflittuale: soprattutto durante l'adolescenza, possono essere presenti sentimenti di alienazione e solitudine in seguito alla percezione dell'attrazione per il proprio sesso, che possono anche essere accompagnati da vissuti depressivi su cui bisogna intervenire in modo adeguato attraverso l'invio medico.
Il sostegno terapeutico cerca di facilitare il raggiungimento del COMING-OUT la fase cioè in cui la persona riconosce la propria identità omosessuale e la accetta arrivando anche a comunicarla agli altri (parenti, amici, ecc).
Ogni persona ha dei tempi soggettivi per raggiungere la consapevolezza di sé e con un sostegno terapeutico è possibile tollerare le pressioni causate dal contesto culturale in cui la donna si trova. Può rivelarsi molto utile anche un supporto psicologico di gruppo: il fatto stesso di poter condividere con altre la propria storia, può far capire alla donna che non è isolata o con problemi irrisolvibili. Tra l'altro il raccontare i propri vissuti personali o ascoltare quelli delle altre può facilitare il coming out , l'autoaccettazione e la crescita reciproca.
Essere consapevoli di sé significa poter esprimere i propri desideri ed essere in grado di progettare la propria esistenza in modo responsabile e autonomo. Questa concezione di sé è importante soprattutto se si intende costruire un rapporto di coppia duraturo e solido. Le donne lesbiche devono tra l'altro anche scontrarsi con l'idea comune che gli omosessuali non ricercano o non sono in grado di avere relazioni stabili e lunghe. Molte lesbiche chiedono sostegno nella relazione di coppia che si può attuare fornendo loro, ad esempio, le abilità di comunicazione interpersonale necessarie per la risoluzione dei conflitti con la partner. Le problematiche evidenziate dalle coppie lesbiche sono quindi comuni alla maggior parte delle coppie eterosessuali.
Si configurano almeno quattro alternative corrispondenti a quattro diversi modi di considerare l'omosessualità:
1) il rapporto omosessuale viene considerato come la conseguenza, come il sintomo di un disturbo di personalità; in tal caso ad esso va riservata tolleranza e comprensione, va ribadita la legittimità della sua derubricazione come reato (potrebbe persino costituire, in certi casi, una attenuante); ma l'omosessuale non assume in quanto tale, dignità di soggetto di diritti civili se non in maniera limitata (convivenza omosessuale, agevolazioni abitative ecc.), in quanto non si tratta di persona i cui rapporti interpersonali sessuali siano da considerarsi «naturali».
2) il rapporto omosessuale viene considerato non patologico ma coscientemente e responsabilmente perverso e quindi disdicevole. In tal caso va trattato alla stregua di tutto ciò che offende il comune senso del pudore, e va perseguito dalla Legge ogni qualvolta risulti «notorio» e l'omosessuale diventi responsabile di «pubblico scandalo»; così come accade in riferimento al reato di incesto.
3) il rapporto omosessuale pur ritenendosi una forma di sessualità alternativa, si ritiene non sia compatibile con le qualità e le caratteristiche personologiche richieste per l'esercizio delle funzioni genitoriali, ne positivamente compatibile con i processi psicologici di sviluppo della prole. In tal caso, all'omosessuale può essere riconosciuto il diritto alla libera espressione, ma non l'accesso ad istituti giuridici che presuppongono pregiudizialmente tra i criteri di «assegnazione» una sorta di «status» di eterosessuale e una conseguente modalità di relazione eterosessuale; la sola ad essere considerata naturale nel senso della idoneità a promuovere naturali processi identificatori.
4) il rapporto omosessuale si ritiene abbia diritto al riconoscimento di forma legittima di sessualità alternativa, vale a dire gli si riconosce il diritto di libera espressione e piena realizzazione affettivo-pulsionale. In tal caso le relazioni e le unioni che lo riguardato sono da considerarsi naturali e allora l'omosessualità, sia come modus vivendi, sia come tipo di relazione di coppia, può pretendere la stessa tutela riservata alle famiglie di fatto eterosessuali.
Oggi le omosessuali sono impegnate politicamente nella conquista della loro identità e dei loro diritti, in nome di una sessualità che vede come principio etico la felicità di sé e dell'altra persona, indipendentemente dall'orientamento sessuale.
Appunti su: alcolismo pulsionale e relazione si coppia, complesso di elettra lesbismo, complesso di elettra lesbica, il lesbismo secondo jung, |
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