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La beat generation
Si deve, la definizione beat generation, da Jack Kerouac, poiché è lui che la ha inventata e individuata e poi l'ha descritta nei suoi libri.
Il termine deriva da un'espressione di Hunke, scrittore amico di Ginsberg, che era solito dire "I'm beat", ovvero "ragazzi sono fatto, sono stanco".
I possibili significati della parola affascinarono Kerouac al punto che nel '52, pubblicò sul New York Time un articolo intitolato "Questa è la beat generation" e da quel momento beat divenne l'etichetta di chiunque facesse uso do droghe o portasse i capelli lunghi.
Il termine beat generation appartiene alla sfera del costume, oltre che a quello della cultura, in cui dominano le figure degli scrittori J. Kerouac e W. Burroughs e dei poeti A. Ginsberg e Cassady, dissacranti ma lirici cantori del malessere del loro tempo. La loro esperienza, cresciuta nel clima di incertezza e delusione del secondo dopoguerra, fu punto di riferimento per molti giovani che non si riconosceva nel perbenismo della vita americana e nei valori tradizionali. Infatti i beat, alla civiltà della tecnologia e dei consumi rigidamente conservatrice, che era l'America, opponevano il rifiuto della società e del sistema di valori vigente, e l'esaltazione dei comportamenti che la società borghese metteva al bando: l'ozio, il vagabondaggio, la droga, insieme alla spontaneità, le emozioni e l'istinto.
A partire dagli anni '50, gran parte dei giovani, arrabbiati e insicuri, considerati inattivi dagli "adulti" e improduttivi dalla "società dei consumi", scelsero un'esistenza libera ed incondizionata: il prototipo di tutto questo è contenuto nel romanzo di Kerouac Sulla strada, dove l'inquieto girovagare dei personaggi e la loro ricerca continua di compagnia, non sono mezzi che per ritrovare se stessi rispetto al diffuso conformismo. Su quest'individualismo e sull'insoddisfazione giovanile, va letto l'atteggiamento dei ragazzi della "generazione beat": il linguaggio volgare, l'abbigliamento trasandato, l'alcool e la droga, fattori che guadagnarono la nomina di "gioventù bruciata", che ebbe come idolo James Dean ed il rock and roll, un ballo fuori dai canoni fissi in cui ognuno poteva inventare i propri passi.
La cultura della beat generation si irradiò nella città più anticonformista d'America, San Francisco che ne fu il centro.
Il rifiuto di una civiltà gravida di razionalismo, caratterizzò il movimento di una ricerca delle profonde ragioni dell'uomo e del mondo, che portò molti dei sui rappresentanti, compreso K, a aderire alle religioni orientali come lo Zen, una variante giapponese del buddismo, diffusa in America. Così, l'aggettivo beat, che assume il doppio significato di "battuto, sconfitto" e di "beato", attraverso la percezione di Dio e l'abbandono di tutti i valori della società.
Negli anni '70 il violento impatto della realtà e della guerra nel Vietnam, mise fine all'esperienza beat, nella ricerca di un nuovo impegno politico e pubblico che superasse l'individualismo e la fuga dalla storia.
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