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TOMMASO CAMPANELLA
Tommaso Campanella nacque a Stilo in Calabria nel 1568. Entrato nell'ordine domenicano, manifestò mente acuta e personalità spiccatissima. Accusato di eresia venne prosciolto dall'accusa ma nel 1599 fu arrestato dal governo spagnolo sotto l'accusa di cospirazione e rinchiuso in carcere per 27 anni. In questo periodo il suo spirito non si lasciò piegare, ma preparò durante la prigionia tutto lo sviluppo del suo pensiero. Più volte i suoi scritti furono distrutti dai suoi ottusi carcerieri, ma egli ebbe sempre la costanza di riscrivere le sue dottrine aiutato dalla tenacia, volontà e dalla prodigiosa memoria. Nel 1626 fu trasferito a Roma nelle carceri del santo uffizio in blanda prigionia. Liberato nel 1629 si reca in Francia accolto cordialmente da quella corte e in un decennio ricompone le opere perdute e dà forma definitiva alla sua dottrina. Muore a Parigi nel 1639. Delle molte sue opere ricordiamo: "La città del sole" (1602-1637). Campanella rimase sempre fedele alla chiesa cattolica e all'ordine domenicano. A differenza di Bruno non si preoccupa di costruire una scienza autonoma della fede ma vuole proporre una nuova inquadratura della filosofia cristiana più aderente alla tradizione agostiniana diversa dall'aristotelismo scolastico. La trama di tutta la dottrina di Campanella è data dal trinitarismo agostiniano. Egli vuole sviluppare la dottrina del vestigio trinitario nel mondo con metodo originale inquadrandolo con l'insieme delle altre sue teorie. Il tema fondamentale della sua filosofia rimane quello trinitario; come Dio creatore è trinità, padre (potenza), figlio (sapienza), spirito santo (amore), così ogni essere creato deve esprimere in se potenza, sapienza e amore.
DOTTRINA DELLA CONOSCENZA
La conoscenza è attività essenziale dell'uomo. Cognioscere est essere, perché la conoscenza consiste nella conoscenza del proprio stato interno e delle sue modificazioni cioè del proprio essere. Il processo conoscitivo si svolge in tre momenti:
In altre parole, la percezione primaria e fondamentale dell'uomo è quella del proprio essere, il sentire di esistere e la coscienza di esistere, sia pure spontanea e non ancora riflessa e filosofica. La conoscenza delle altre cose è condizionata dalla conoscenza di sé, poiché avviene per la modificazione del senso indito, conseguente alla modificazione fisiologica che le cose operano nella facoltà sensitiva. Sotto l'influsso delle riflessioni sensoriali e quindi del senso addito l'uomo sì estranea da sé e si disperde nella conoscenza oggettiva nella quale egli si considera un oggetto come gli altri perdendo la consapevolezza della propria superiorità. La conoscenza di sé si oscura, il senso indito diventa addito o nascosto e l'uomo crede di potersi conoscere attraverso la riflessione sulle cose invece che riflettendo su se stesso. La sapienza filosofica consiste nel riprendere coscienza di sé, mediante la riflessione interna che riporta alla luce il senso indito. La certezza filosofica non è basata sull'evidenza delle cose ma sull'indubbitabilità della coscienza del proprio essere. Dubitando della validità della conoscenza oggettiva arrivo alla sorgente della conoscenza e della certezza. Il senso inditus. Principio di essenza del mio sapere è conoscenza certa del mio essere cioè è autocoscienza. L'autocoscienza è intuizione del proprio essere nelle sue proprietà fondamentali. Io mi colgo come essere, sentire e volere: sono, sento e voglio. Questa triplice coscienza di sé che costituisce l'atto unico dell'autocoscienza mi rivela l'intima mia costituzione, le mie proprietà fondamentali; il mio essere è potenza, sapienza, amore. L'autocoscienza mette perciò in luce la primalità dell'essere che lo costituiscono essenzialmente: posse, nosse, velle. Esse si implicano vicendevolmente e sono irriducibili tra di loro, sono originarie.
LIMITI DELLA CONOSCENZA
L'autocoscienza porta all'eterocoscienza, cioè alla conoscenza delle cose distinte da noi in quanto ci sentiamo modificati interiormente da un'agente esteriore; il senso addito percezione delle cose distinte da noi, c'è dato da un ragionamento istantaneo mediante il quale noi arguiamo l'esistenza reale delle cose in seguito alle modificazioni seguite. Tale ragionamento implicito ci rende certi dell'esistenza delle cose ma non ci fa conoscere direttamente la loro essenza. Questo è il limite della certezza umana in opposizione all'aristotelismo che pretende di conoscere nei concetti l'essenza delle cose. La ragione ci permette mediante giudizio e ragionamento esplicito di ampliare l'ambito della nostra conoscenza. Il grado minimo di certezza c'è dato dall'intelletto; secondo Campanella il concetto non è la rappresentazione ideale dell'essenza delle cose ma un senso inlanguidito, il ricordo generico è talvolta confuso di esperienze dirette.
DELLA CONOSCENZA DI DIO E QUELLA DEL MONDO
L'autocoscienza principio della nostra conoscenza ci fa percepire il nostro essere come sintesi di posse, nosse e velle. Essa, però, ci dà anche la percezione della nostra limitatezza e per opposizione la percezione del perfetto, dell'infinito. La finitudine dell'uomo postula l'esistenza dell'infinito cioè di Dio. Se l'uomo è creato da Dio, il suo essere deve riprodurre l'immagine della divinità perché l'effetto partecipa sempre le perfezioni della causa. Le primalità dell'essere che costituiscono l'essenza dell'uomo sono partecipazioni dell'essenza stessa di Dio e quindi Dio è somma potenza, somma sapienza, sommo amore. La conoscenza filosofica di Dio ci porta a quella perfetta dataci dalla fede, la quale insegna che Dio è trinità. Ne consegue che gli esseri creati rispecchieranno in sé la trinità divina nella loro essenza che risulterà dalla diversa partecipazione delle tre primalità. La dottrina delle primalità dell'essere costituisce la metafisica di Campanella. Campanella oppone all'essere (Dio) il non essere (nulla, negazione) e alle primalità dell'essere le primalità del non essere. L'essere è potenza, sapienza, amore; il non essere è impotenza, insapienza, disamore. Gli enti creati risultano limitati perché sono composti di essere e di non essere; il nulla dal quale sono stati creati pesa sulla loro costituzione metafisica.
L'ente finito è sospeso tra l'essere di Dio e il non essere cioè il nulla originario. Questo spiega la presenza di due tendenze contrastanti nell'uomo:
La religione naturale, intima inclinazione verso Dio, tendenza dell'anima all'unione col suo principio si esplica storicamente nella religione positiva secondo l'inclinazione dei diversi popoli e lo sviluppo della civiltà. Il cattolicesimo è una religione positiva ma è l'unica espressione autentica della religione naturale perché è stata rivelata da Dio stesso.
Campanella propone un ideale politico di organizzazione della società, egli aspira ad una società universale perfettamente comunistica nella quale non ci sia più la proprietà privata e vengano abolite le guerre e le contese. Il governo dovrebbe essere teocratico con perfetta fusione del potere politico con quello religioso. La dura lunga prigionia al quale il governo spagnolo aveva condannato Campanella non impedì al filosofo di affidare il governo della sua città ideale alla corona di Spagna. L'ideale della città del sole come l'utopia di Tommaso Moro è ispirato dall'influsso di Platone e di sant'Agostino.
IL COSTITUIRSI DELLE SCIENZE POSITIVE
Il rinascimento vede il decadere della filosofia aristotelico-scolastica, al sorgere delle nuove correnti di pensiero, ma gradatamente anche l'autorità scientifica di Aristotele decade sotto l'influsso di nuove scoperte. Le stravaganze dell'astrologia e dell'alchimia non sono del tutto sterili, e preponevano il posto dello studio più razionale dei dati empirici, mentre si accentua sempre più la tendenza positiva degli studiosi, specialmente matematici e fisici del diciassettesimo secolo. Si pone quindi il problema concreto dell'autonomia delle scienze significava cercare un metodo d'indagine che le diversificasse dalla filosofia e ne determinasse l'oggetto proprio specifico; poiché l'oggetto comune o materiale doveva necessariamente coincidere con quello della filosofia. La filosofia, infatti, studiava ogni realtà di cui l'uomo può aver coscienza e quindi anche le realtà sperimentali che le scienze volevano indagare con criteri diversi. Aristotele e i suoi discepoli non avevano trascurato l'esperienza ma era mancato nell'aristotelismo un metodo preciso e ben definito all'indagine sperimentale alla quale venivano applicate le regole generali del metodo deduttivo razionale, poiché secondo Aristotele l'esperienza ha valore scientifico (filosofico) soltanto se permette alla ragione di giungere ad un principio universale incanalandosi nel procedimento logico deduttivo. Era necessario, quindi, rivalutare l'esperienza e le sue possibilità organizzandola e dandole forma coerente e logica, cioè si doveva costituire un vero metodo induttivo sperimentale organizzato scientificamente con la stessa cura e precisione con la quale Aristotele aveva organizzato il metodo deduttivo. Sarà questo l'intento di Bacone e Galileo.
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