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UNGARETTI: La centralità della parola




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UNGARETTI: La centralità della parola


Vita.

Ungaretti è questo qui: https://it.youtube.com/watch?v=6EerTTC-YO8

Personaggio curioso, non trovate?

È  più giovane di Saba. Nasce nel 1888 ad Alessandria d'Egitto, da genitori lucchesi. Il padre lavorava come operaio al Canale di Suez e morì quando Giuseppe aveva 2 anni.

La madre invece gestiva un forno alla periferia della città, ai confini del deserto.

Da premesse come questa non poteva che saltar fuori un poeta dalla vita molto avventurosa.

Nel 1912 si trasferisce a Parigi dove studia per due anni alla Sorbona, seguendo le lezioni di Bergson (il filosofo dello "slancio vitale" ricordate?).

Frequenta Apollinaire, Picasso e Boccioni.

Nel 1914 torna in Italia e si arruola come volontario. Combatte prima al Carso e poi in Francia.

1918 - 1921: Vive a Parigi, lavorando all'ambasciata italiana e scrivendo per "Il popolo d'Italia" (giornale fondato da Mussolini).

Nel 1931 è corrispondente per la "Gazzetta del Popolo" e viaggia per l'Europa e l'Egitto.

Nel 1936 va a vivere in Brasile a S. Paolo per insegnare letteratura italiana. Rimarrà lì fino al 1942.

Con la fine della guerra, la sua attività poetica rallenta un poco. Continuerà invece per tutta la vita a insegnare, collaborare con i quotidiani e a prendere parte a conferenze.

Muore a Milano nel 1970.


Poetica.

Nella vita di Ungaretti, la guerra, la prima guerra mondiale, è senz'altro l'avvenimento che segnerà di più il suo modo di scrivere. Egli saprà mischiare le esperienze culturali degli anni di Parigi con quelle militari degli anni della prima grande guerra. Ungarettti sente il bisogno di innovare la poesia, ma senza cadere nello sperimentalismo di uno come Apollinaire. Per darvi un'idea di chi era Apollinaire, poeta della cosiddetta avanguardia, date un'occhiata a questa poesia, il pleut.

Si tratta di "Calligrammi", letteralmente "Belle scritture". Carini vero? Beh, Ungaretti non arriva a tanto, sebbene sarà anche lui interessato alla veste grafica, solo in un altro modo.

Ungaretti vuole che il centro della sua poesia sia la parola. Questo è il suo ideale poetico. L'esperienza della guerra gli fornirà il materiale umano per rendere questo ideale realizzato.

Nella guerra infatti l'uomo si trova ad affrontare situazioni e soprattutto bisogni elementari, riscopre il suo attaccamento alla vita nonostante la morte che lo circonda. La condizione esistenziale che vive Ungaretti è legata in quegli anni a lunghi periodi di silenzio. Quando si parla lo si fa per esprimere solo concetti necessari. Bene, è questa la poesia di Ungaretti, almeno la poesia dell' Allegria, la sua prima raccolta. È la poesia in cui le parole utilizzate sono quelle necessarie, né più né meno. Per questa ragione i versi e le poesie di questo poeta sono brevi, essenziali. La sintassi è scardinata, la punteggiatura eliminata. Non c'è tempo, in guerra per la sintassi e la punteggiatura. Queste poesie sono quasi la trascrizione dei pensieri prima che passino attraverso l'elaborazione linguistica. Mi spiego meglio. Quando ho fame penso alla pasta, non penso Oh, come vorrei mangiare un bel piatto di pasta (che esempio da italiano!). La verbalizzazione del pensiero arriva quando devo comunicare quel pensiero o quel desiderio a qualcun altro. L'effetto che Ungaretti vuole ottenere è invece quello dell'immediatezza del pensiero. Non bisogna però pensare che le poesie dell'Allegria siano ingenue e semplici. Bisogna parlare più di poesie semplificate, che di poesie semplici. Sono cioè poesie che presuppongono un lavoro di semplificazione e non sono semplici in partenza. Vabbé.

Negli anni del dopoguerra, la poetica di Ungaretti si adegua al nuovo clima culturale, più disteso. Nasce in questo clima Il Sentimento del tempo. Ungaretti recupera dunque i versi tradizionali e rinuncia alla frantumazione in versicoli e li organizza in strofe costruite su una sintassi.

Inoltre mentre L'Allegria è scritta perlopiù in prima persona e al presente indicativo, nel Sentimento del tempo invece Ungaretti usa l'imperfetto, tempo più evocativo.

L'ultima poetica di Ungaretti è quella de Il Dolore dove Ungaretti continua il cammino del Sentimento del tempo.

Qualche data.

L'allegria è del 1931

Il sentimento del tempo del 1933

Il dolore del 1947.

Una nota chiarificatrice: c'è stata spesso la tendenza a etichettare Ungaretti come poeta ermetico, per la brevità di alcune sue poesie. Quest'etichetta è però da attribuire a un piccolo gruppo di poeti attivi a Firenze negli anni '30-'40. 'Ermetico' indica un linguaggio oscuro, difficile e la breve lunghezza dei componimenti. Il riferimento è al dio Hermes, tradizionalmente messaggero degli dèi e ispiratore agli uomini di libri esoterici e sapienziali. Per quanto Ungaretti e poi anche Montale non siano poeti facili non si può dire che rientrino nella definizione appena data. Questi due poeti sono piuttosto dei parziali precursori di questa corrente, il cui esponente più famoso è senz'altro Salvatore Quasimodo.


L'allegria.

Le vicende editoriali dell' Allegria sono complesse. Prima c'è la pubblicazione di Allegria di Naufragi (1919), poi rielaborato in Porto Sepolto (1923), uscito in 500 copie con prefazione di Mussolini (sì, Ungaretti aderì per lungo tempo al Fascismo). Infine arriva l'edizione del 1931, col titolo di L'allegria.

Nel '42 finisce la vicenda editoriale con l'edizione definitiva con titolo di Allegria. Vedete anche in questo percorso c'è un po' di Ungaretti, la sua precisione per i particolari. Nell'ultima edizione toglierà ancora l'articolo L' per far emergere ulteriormente la parola, Allegria (questo avvenne perché non sospettava che anni dopo quella parola sarebbe diventata il tormentone di Mike Bongiorno, altrimenti sono sicuro che avrebbe tenuto l'articolo!)

Particolarità di questa raccolta e filo conduttore della poesia, ma direi anche di parte della prosa della prima metà del Novecento, è l'impostazione diaristica e autobiografica, un po' come per Saba.

L'allegria può essere considerata una sorta di diario di guerra del poeta-soldato Ungaretti. A confermarlo ci sono il luogo e la data al termine di ogni poesia, proprio come i pensieri annotati in un diario.

Per quanto riguarda infine la veste grafica, Ungaretti prediligerà una pagina bianca, al cui centro è incastonata, come una pietra, la sua poesia. Il bianco della pagina può simboleggiare il silenzio disarmante, il silenzio della ragione, il silenzio della civiltà, ma anche il silenzio degli uomini di fronte alla paura della guerra. In questo senso, Ungaretti utilizza anche la pagina bianca come parte integrante delle sue poesie.



                                        - Veglia -


                                                Un'intera nottata
                                                buttato vicino
                                                a un compagno
                                                massacrato
            5                                  con la sua bocca
                                                digrignata
                                                volta al plenilunio
                                                con la congestione
                                                delle sue mani
            10                                penetrata
                                                nel mio silenzio
                                                ho scritto
                                                lettere piene d'amore

                                                Non sono mai stato
            15                                tanto
                                                attaccato alla vita


Dapprima nel Porto sepolto, poi in Allegria.

Il tema bellico è raccontato in questa pagina di diario di guerra. Ungaretti scrive a questo proposito:


«Ero in presenza della morte, in presenza della natura, di una natura che imparavo a conoscere in modo nuovo, in modo terribile. [.] Nella mia poesia non c'è traccia d'odio per il nemico, né per nessuno: c'è la presa di coscienza della condizione umana, della fraternità degli uomini nella sofferenza, dell'estrema precarietà della loro condizione».


I punti chiave della poesia sono senz'altro i participi passati, buttato, massacrato, digrignata, volta, penetrata. Il participio passato è infatti una forma verbale congeniale a Ungaretti: è una forma compatta, la forma verbale più vicina al sostantivo. Non è un caso che molti participi passati siano diventati anche in italiano dei veri e propri sostantivi o si prestino comunque ad essere sostantivati (l'amato; il pescato; un estratto; la scelta, ecc.). In questo caso il participio passato riveste il significato (altro ptc. passato) di rimandare a un'azione conclusa per sempre. L'azione conclusa è la vita del compagno morto che giace vicino a Ungaretti. Inoltre di questi participi, ben tre costituiscono da soli i versi 4, 6 e 10. Infine l'insistenza sul participio porta a sottolineare il suono dentale -ta / -to che rende la poesia ancora ancora più dura e fredda.

Il procedimento narrativo della poesia è invece piuttosto chiaro. Alla morte del compagno, descritta attraverso particolari anche un po' raccapriccianti (vedi la congestione delle mani che rimanda al sangue che ha smesso di scorrere) si oppone il forte desiderio di vita che anima Ungaretti, desiderio che passa attraverso le lettere piene d'amore.



                    - San Martino al Carso -


                                    Di queste case
                                    Non è rimasto
                                    Che qualche
                                    Brandello di muro
5                                  Di tanti
                                    Che mi corrispondevano
                                    Non è rimasto
                                    Neppure tanto
                                    Ma nel cuore
10                                Nessuna croce manca
                                    È il mio cuore
                                    Il paese più straziato

È una delle poesie più famose della raccolta.

È  stata rivista più volta da Ungaretti. Esiste infatti una versione del 1916, decisamente più lunga, fatta di ben sei strofe contro le quattro dell'ultima versione.

È chiaro il parallelismo che Ungaretti. Al lettore vengono proposti due paesaggi: quello esterno e quello interno. Il primo fatto di case ridotte in brandelli e di amici che non esistono più. Il secondo fatto di croci simboliche che segnano il cuore del poeta e lo rendono un paese straziato. La struttura è circolare: comincia e finisce con l'immagine di un paese. Inoltre è presente un chiasmo: la prima e la quarta strofa sono legate dall'immagine della casa, la seconda e la terza dalla morte degli amici.



                              - Soldati -


Si sta come

d'autunno

sugli alberi     

le foglie


È una sorta di variazione su un tema famosissimo: quello della caducità della vita, già presente nella Bibbia e poi in Omero. Questa fragilità viene espressa anche dallo scardinamento sintattico. Uno degli ordini logici possibili di questi versi è infatti: D'autunno /  si sta come / le foglie / sugli alberi.

La rottura di quest'ordine sostiene però a livello grafico e sintattico il significato della poesia: appunto la caducità. Senza ordine c'è squilibrio e nello squilibrio c'è il rischio di cadere.

Da aggiungere inoltre c'è la funzione integrativa del titolo. Senza titolo infatti la similitudine della poesia non sarebbe pienamente comprensibile.


                              - Mattina -


M'illumino

                                    d'immenso


Poesia di esemplare brevità. Si tratta di una sinestesia: non è infatti proprio dell'immenso illuminare.

Viene rimarcata l'individualità del poeta e l'immensità che lo circonda.


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