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Umanesimo e Rinascimento: sintesi




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Umanesimo e Rinascimento: sintesi


Umanesimo e Rinascimento: sintesi Il periodo che intercorre tra l'inizio del
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Umanesimo e Rinascimento: sintesi


Il periodo che intercorre tra l'inizio del Quattrocento e la fine del Cinquecento è solitamente definito Età della Rinascenza e rappresenta una tappa importante della civiltà. Nasce, infatti, e si afferma proprio nel Quattrocento (per poi giungere a maturazione nel secolo successivo) un vasto movimento di pensiero che coinvolge le varie attività dello spirito, da quelle speculative ed artistiche a quelle morali e politiche.

Esso sorge come coscienza riflessa della civiltà europea rinata intorno all'anno Mille; non è un prodotto delle corti, ma vi trova un ambiente proprio, giacché esse rappresentano dei floridi centri di cultura, molto più dell'università, che già a partire dal Trecento avevano invece perso tale funzione, subendo progressivamente l'influenza delle varie forze politiche (il Papato ad es.).

La fase preparatoria del Rinascimento, specialmente nel suo aspetto filologico, è solitamente designata col nome di Umanesimo, termine che deriva dal latino "humanae litterae" (letteratura filosofica dell'antichità classica); "humanistae" erano infatti detti i maestri di discipline letterarie, in opposizione a quelli che insegnano medicina, giurisprudenza, teologia e "Studia Umanitatis" erano definite, già presso i romani, le discipline letterarie, perché si riteneva che fossero più adatte a educare l'uomo e a perfezionarne la natura, prescindendo da qualsiasi utilità pratica e professionale.

L'Umanesimo quindi si configura inizialmente come un indirizzo di studi che continua a svolgersi contemporaneamente ad un altro, vantando polemicamente ognuno dei due la propria superiorità.

Petrarca e Boccaccio avevano ricercato nell'antichità motivi di acquetamento alle loro inquietudini religiose e morali. Solo però i primi umanisti guardano al mondo classico come al regno ideale della bellezza, della verità e della perfezione, ricavandone la sollecitazione ad un profondo rinnovamento spirituale e culturale; tale rinnovamento assumerà ben presto carattere unitario e nazionale.

Non vi è centro politico da Firenze a Bologna, ad Urbino, a Ferrara, a Milano, che non conosca l'entusiasmo della ricerca di antichi codici e non contribuisca al sorgere del metodo filologico; si raffrontano storicamente, linguisticamente i testi per liberarli dai travisamenti delle trascrizioni medievali.

Firenze è inizialmente il centro irradiatore del movimento umanistico.


Per quanto oggi non si consideri più rilevante la tradizionale distinzione tra Umanesimo e Rinascimento, in quanto si tratta di uno stesso processo di rinnovamento, vale la pena precisare meglio la natura dei due termini.

q      Per Umanesimo si intende la fase iniziale del Rinascimento, e come abbiamo già detto, la parte teorica, filologica, di studio. L'Umanesimo quindi caratterizza la fine del Trecento (come abbiamo visto con Petrarca e Boccaccio e i loro "discepoli") e la prima metà del Quattrocento, ma continua ad esistere successivamente. Per fare un esempio, uno studioso di filologia sarà sempre un Umanista, anche nel Cinquecento. Quindi tra Umanesimo e Rinascimento non vi è una distinzione semplicemente cronologica.

q      L'Umanesimo diviene progressivamente una vera e propria rivoluzione di pensiero, che travolge ogni aspetto della società, la quale si avvia così ad un completo rinnovamento, aprendo le porte all'Età Moderna. E' in tal senso che si può parlare quindi di Rinascimento: quando l'applicazione del rinnovamento culturale apportato dall'Umanesimo trova spazio in tutti gli ambiti della civiltà, producendo un significativo mutamento della civiltà stessa.



A tale rinnovamento concorrono importanti avvenimenti storici, strettamente connessi alle vicende culturali.

L'Italia è la patria del Rinascimento eppure paradossalmente, proprio mentre conquista il dominio assoluto su tutta l'Europa in campo artistico e culturale, essa va perdendo la propria indipendenza politica

Agli scontri tra stati regionali che caratterizzano (come vedremo) la prima metà del secolo,  consegue un periodo di pace, che crea le condizioni propizie per una rifioritura delle arti e di ogni attività culturale, le città italiane si abbelliscono di monumenti; è in tale contesto che propriamente fiorisce il Rinascimento. Firenze che nella prima metà del secolo era il centro propulsore dell'arte e dell'Umanesimo, vantando il genio creativo di Masaccio, Donatello o Brunelleschi, ora perde il suo primato; sorgono così importanti altri centri artistici e culturali in tutta la penisola (Urbino, Ferrara, Venezia, Mantova, Roma, ecc).

Gli scambi culturali tra le varie corti poi s'intensificano; lo stesso Lorenzo il Magnifico invia suoi artisti presso altre corti.


Il Quattrocento è però anche il secolo delle invenzioni e delle scoperte: nascono le prime macchine, che possono alleviare in parte le fatiche dell'uomo; Gutemberg inventa nel 1450 la stampa a caratteri mobili: essa consente una più rapida produzione dei libri, abbassandone i costi favorendo così una più ampia diffusione della cultura.

Viene inoltre rinnovata la tecnica guerresca con l'invenzione delle armi da fuoco, che vanificavano l'importanza della cavalleria su cui si fondava il primato militare della nobiltà, contribuendo così ad accelerare il processo di decadenza di tale classe sociale.

Tutte le tecniche si sviluppano in maniera massiccia, ma cosa ancora più importante è che ora si tenta di elaborare una giustificazione teorica della tecnica stessa; questa fino ad allora disprezzata, ora viene esaltata e ritenuta degna di essere integrata con la scienza.

Sempre nel corso del secolo si assiste ad uno sviluppo della finanza e alla nascita di quello che può essere definito "precapitalismo"; iniziano anche le prime collusioni tra potere politico e potere economico (i cui effetti saranno particolarmente evidenti nel Cinquecento). Il secolo si chiude con la scoperta dell'America (1492) e l'inizio delle grandi esplorazioni del globo terrestre.

Il Quattrocento è quindi particolarmente ricco di eventi destinati in qualche modo a lasciare un segno profondo nella storia. Tali eventi sicuramente scaturiscono da un mutamento profondo del pensiero, ma a loro volta su di esso esercitano una qualche influenza: certamente segnano il passaggio dal Medioevo ad una nuova fase della storia, qual è appunto quella designata con il termine di Età Moderna.




4.1 La cultura umanistica


Un grande risveglio artistico-culturale caratterizza il Quattrocento; tale risveglio parte da una nuova posizione assunta verso la CLASSICITÀ. Durante il Medioevo infatti i testi antichi erano stati studiati da un punto di vista formale e sempre in funzione della morale e della religione, senza mai penetrare l'animo dello scrittore o tentare di ricostruirne la vita interiore in una visione storica fedele alla realtà. Ora invece, in tale nuova ottica, inizia la ricerca di antichi manoscritti, ricerca che riporta alla luce opere a lungo ignorate; i testi originali vengono ricostruiti meticolosamente, attraverso il raffronto dei codici. Nasce così il mito della classicità e dell'insuperabilità degli antichi, ma il mondo classico non avrebbe potuto rivelarsi in tutta la sua compiutezza se, verso la fine del Trecento, non si fosse destato l'interesse per il mondo ellenico e lo studio della lingua greca (quasi del tutto ignorati durante il Medioevo).

In tal senso si rivelano determinanti due eventi storici: il concilio di Ferrara e Firenze (1438-39) che, convocati per tentare una riunificazione delle Chiese Romana e Ortodossa, mettono in contatto i dotti dell'una e dell'altra parte; la caduta di Costantinopoli (1453) nelle mani dei turchi, che favorisce l'arrivo in occidente di numerosi monaci ed ecclesiastici i quali, in cerca di scampo, recano con sé il loro sapere e numerosi manoscritti, oggetto poi di appassionati studi da parte degli umanisti. Su tutti, due nomi si impongono alla nostra attenzione: il Cardinale Bessarione e Giorgio Gemisto Pletone.




La riscoperta però del pensiero antico non implica la sua contrapposizione al cristianesimo o il rifiuto del pensiero religioso medievale. In realtà si vuole approfondire il concetto di "dipendenza" dell'uomo da Dio; tale dipendenza non deve annullare la volontà dell'uomo o impedirgli di esplicare in maniera individuale le capacità intellettive a lui donate da Dio stesso

Così il sentimento religioso viene interiorizzato; se vi fu polemica essa ebbe per oggetto la corruzione della Chiesa, grazie proprio all'ansia di rinnovamento già comunque riscontrabile in precedenza



L'aspirazione al rinnovamento però non era concretizzabile senza che l'uomo riacquistasse prima fiducia nelle proprie forze e riequilibrasse il suo mondo interiore con il mondo terreno. Già Petrarca aveva collocato al centro del suo mondo poetico l'animo umano: il Rinascimento innalza un inno di lode alla dignità dell'uomo. Si scopre che il tempo non può annullare la natura umana: l'uomo del Quattrocento e del Cinquecento hanno la stessa natura dell'uomo di mille anni prima.

Ora essendo la natura umana immutabile, diviene indispensabile agire per lasciare ai posteri un'eredità valida; la vita terrena non è considerata quindi un transito più o meno afflitto da miserie, quanto piuttosto il regno in cui l'uomo può forgiare, con le sue forze e con l'aiuto di Dio, il suo destino temporale ed eterno; si fa strada così un'iniziale idea di "progresso".



Per le stesse ragioni appena considerate, matura un notevole interesse per la storia, presa come a modello per il presente, al fine di trarre, dallo studio della stessa, la lezione che l'uomo dell'antichità aveva affidato ai posteri, con i suoi scritti o le sue opere, e sempre nel tentativo di armonizzare le esperienze del passato con le idealità del presente.

Le opere del tempo mirano quindi a creare l'Uomo perfetto: il culto del bello, l'eleganza dei modi, divengono uno strumento indispensabile; a tal fine vengono elaborati nuovi metodi educativi, intesi ad ingentilire l'animo del giovane per arricchire ed affinare la sua individualità.

L'interesse pedagogico emerge da diversi trattati; gli umanisti tengono conto anche delle doti ricevute dalla natura, indipendentemente dalla classe sociale e dal sesso, onde la particolare cura nell'istruzione letteraria delle donne. Prima pero del raggiungimento della perfezione del singolo uomo interessa agli umanisti la sua convivenza nella società: di qui l'impegno civile che caratterizza l'Umanesimo.



Un altro fenomeno che si diffonde in questo momento storico è quello del "Mecenatismo", l'inclinazione cioè dei sovrani a circondarsi di letterati, artisti, architetti, a cui venivano commissionate opere di rilievo. Tra i mecenati troviamo Lorenzo il Magnifico, Alfonso e Ferdinando d'Aragona, gli Estensi, i Gonzaga, gli stessi Pontefici. Essi favorirono la nascita di numerose accademie (importanti centri di cultura insieme alle corti) tra cui ricordiamo l'Accademia Platonica fiorentina, a carattere filosofico, fondata nel 1462 da Cosimo de' Medici e resa illustre da Marsilio Ficino; ad essa ed al Ficino (traduttore dei dialoghi di Platone) va il merito di aver fatto di tale filosofo greco il filosofo dell'Umanesimo.


Le scoperte geografiche, scientifiche e le innovazioni tecnologiche



Tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo l'umanesimo non si esprime solo nella cultura filosofica, artistica e letteraria, ma si traduce anche in umanesimo tecnico e alimenta il desiderio degli uomini di conoscere il mondo e di dominarlo.

Ne conseguono scoperte geografiche, innovazioni scientifiche e tecnologiche.

Al nuovo orientamento contribuì nel corso del Quattrocento, lo sviluppo massiccio delle tecniche, che nel Medioevo erano considerate "arti meccaniche", indegne dell'attenzione degli uomini di cultura. Tale sviluppo comporta il tentativo di elaborare una giustificazione teorica della tecnica stessa che, fino ad allora disprezzata, adesso viene esaltata come attività dell'uomo degna di essere integrata con la scienza, una scientificità nuova, appunto, non più quella della tradizione scolastica.

Le crescenti esigenze culturali dell'età umanistica stimolarono la ricerca di metodi più efficienti ed economici per la diffusione del sapere, fino allora affidato o alla diretta comunicazione orale o alle lente trascrizioni degli amanuensi.

D'altra parte, fin quando i libri furono scritti su per­gamena, il costo stesso della copiatura a mano ri­mase trascurabile rispetto a quello del materiale scrittorio: basti pensare, ad esempio, che per un libro di poche cen­tinaia di pagine sarebbe occorsa la pelle di alcune decine di pe­core. Nel secolo XII, però, gli Europei impararono dagli Arabi a produrre la carta: un materiale talmente più economico della per­gamena che, d'allora in poi, l'alto prezzo dei libri dipese soltanto dalla trascrizione a mano.

Si cominciarono quindi a stampare immagini di santi, e forse an­che libri, mediante sigilli in rilievo, scolpiti dagli artigiani su tavo­lette di legno: questi venivano spalmati d'inchiostro e lasciavano la loro impronta sui fogli, pressappoco come i nostri timbri. Ma le ta­volette si consumavano presto e il lavoro necessario per scolpirle era lungo e costoso, cosicché con questo metodo non si sarebbe mai potuta soddisfare la fame di libri e di sapere della società euro­pea quattrocentesca.

La soluzione del problema fu invece trovata intorno al 1450 da due stampatori, il tedesco Johann Gutenberg di Magonza e l'olandese Laurens Coster di Haarlem, i quali giunsero all'incirca negli stessi anni alla soluzione che i caratteri di stampa dovevano essere fusi in piombo e mobili, in modo tale che potessero essere utilizzati per comporre delle righe e pagine diverse.

L'effetto dell'invenzione della stampa a caratteri mobili fu straordinario: i prezzi dei libri calarono di cinque volte e poterono essere acquistati da più persone.

Il primo libro pubblicato da Gutemberg, nel 1456, fu probabilmente la Bibbia.

Subito la stampa si diffuse in tutta Europa e nel 1500, 1600 anche i testi di carattere profano iniziarono a circolare a prezzi non più proibitivi, cominciò così a costituirsi il primo embrione di un'opinione pubblica, di cui i governi dovettero cominciare a tener conto; allo stesso modo anche le autorità religiose cominciarono a preoccuparsi del fatto che la stampa potesse divenire un'arma a doppio taglio, di conseguenza nel 1487 Innocenzo VIII emanò disposizioni affinché le autorità ecclesiastiche controllassero la stampa e Alessandro VI nel 1501 stabilì che i libri riguardanti questioni di fede religiosa venissero sottoposti all'Imprimatur, cioè al nulla osta della Chiesa.



Durante l'età rinascimentale anche la tecnica guerresca subì una profonda trasformazione: una trasformazione che del resto era già in atto dal '300 in conseguenza dell'uso sempre più diffuso degli eserciti mercenari.

L'invenzione che accelerò e rese definitiva e irrever­sibile tale trasformazione fu quella delle armi da fuoco che sfruttavano come forza propulsiva 1'esplosione della pol­vere pirica, ossia di una miscela di zolfo, salnitro e carbone.

La polvere pirica era nota già da secoli ai Cinesi e agli Arabi, i quali l'avevano però usata solitamente per scopi non bellici; gli Europei invece cominciarono molto presto a intravedere le possi­bili applicazioni tecniche della polvere pirica all'arte bellica, e già nella prima metà del '300 costruivano grosse bombarde, fatte di do­ghe di ferro tenute assieme da alcuni cerchi, che lanciavano grosse palle dì pietra. Ma queste progenitrici dei moderni cannoni erano molto imperfette perché erano costruite empiricamente, senza i do­vuti calcoli, e pertanto erano pericolose anche per coloro che le usavano.

Le prime armi da fuoco (le colubrine, gli scoppietti e gli archibugi) avevano inoltre un tiro molto lento e impreciso, cosicché fino alla fine del '400 non poterono imporsi in modo decisivo.

Le armi da fuoco si imposero in modo definitivo solo nel grazie soprattutto ai notevoli progressi della tecnica metallurgica, e il loro trionfo portò con sé importanti conseguenze di ordine sociale e politico. L'uso dei battaglioni disposti secondo l'ordine svizzero e quello delle artiglie­rie resero infatti pressoché inutile la cavalleria, cioè il corpo mili­tare tradizionale su cui si basavano la forza e il prestigio della vec­chia nobiltà, già parzialmente declassata dalle trasformazioni so­cio-economiche in atto. Le artiglierie, inoltre, resero vane le anti­che mura merlate delle città e dei castelli, indebolendo sempre più le forze tradizionali del medioevo, come le città autonome e la no­biltà, che adesso nulla potevano contro la forza meglio organizzata del potere centrale statale, rappresentato dal sovrano. Alle vecchie mura si sostituirono progressivamente i bastioni, bassi e massicci, assai più resistenti ai colpi delle artiglierie.

L'uso delle nuove tecniche militari era molto costoso, per cui solo le solide finanze dei grandi Stati poterono affrontare le spese necessarie per assoldare i mercenari svizzeri e per costituire -grossi parchi di artiglieria: nelle drammatiche lotte che sconvolgeranno l'Europa del '500, pertanto, non ci sarà più posto per i piccoli orga­nismi, e i grandi Stati nazionali saranno í veri protagonisti della storia dell'età moderna.



Interessi economici, curiosità, spirito di avventura e di conquista spingono quindi gli Europei ad allargare i loro orizzonti geografici. Inizia il periodo delle grandi esplorazioni, che si giovano dei progressi compiuti dall'arte nautica.

I Portoghesi aprono una nuova rotta per l'Estremo Oriente, doppiando il Capo di Buona Speranza e raggiungendo l'india meridionale

Colombo utilizza a fini pratici le teorie sulla sfericità della Terra e, mentre si propone di raggiungere l'Asia navigando verso occidente, sbarca nelle isole prossime all'America (1492), senza peraltro rendersi conto d'aver scoperto un nuovo continente.

II vero significato delle sue imprese è invece dimostrato dai viaggi di Cabrai, Vespucci e Balboa, e viene ulteriormente confermato, insieme con la sfericità della Terra, dall'arditissima circumnavigazione del globo, progettata e intrapresa da Ferdinando Magellano e portata a termine dai pochi superstiti della sua spedi­zione (1519-1522).

Alle grandi esplorazioni e alla scoperta di nuove rotte per l'Estremo Oriente - che recano gravi danni all'economia di Venezia e di tutti gli altri stati italiani - segue la conquista.

Gli Spagnoli colonizzano l'America centro-meridionale, fatta eccezione per il Brasile che la raya (una linea di demarcazione corrispondente al 46° meridiano con cui i due paesi si suddividevano le reciproche sfere di influenza), definita nel 1494 dal trattato di Tordesillas, assegna al Portogallo.

Le civiltà precolombiane degli Aztechi e degli Incas vengono distrutte dai conquistadores spagnoli; :che sterminano o riducono in schiavitù le popolazioni indigene. In Africa e in Estremo Oriente i Portoghesi non tentano invece di penetrare nell'entroterra, ma organizzano un impero coloniale sulle coste e sulle isole prossime al continente, fatto di basi commerciali e di porti. Grazie a questi scali essi possono procurarsi e importare in Europa le preziose spezie, il cui commercio era stato fino allora monopolio di Venezia. L'India, la Cina e il Giappone conservano però la propria identità culturale, tanto che l'impegno dei missionari per la diffusione del cristianesimo in quei paesi consegue risultati modesti.

Dall'America affluiscono in Spagna crescenti quantità di metalli preziosi, che dalla Spagna - costretta ad acquistare all'estero le merci che non sa produrre - filtrano negli altri paesi europei. Questo fatto contribuisce a determinare un forte aumento dei prezzi, che nell'Europa occidentale danneggia i salariati e le classi nobiliari a reddito fisso, mentre favorisce l'attività produttiva e affaristica della borghesia; nulla di simile accade invece nell'Europa centro-orientale, dove la nobiltà, che ha conservato il contatto con la terra e non si è ridotta a vivere di rendite fisse, mantiene e rafforza le proprie posizioni.





6. Situazione Europea e nascita del capitalismo




Come patria d'origine  del più efficiente sistema economico (cioè del capitalismo) e della più avanzata cultura, l'Europa occupa una posizione di primo piano per tutti i secoli dell'età moderna.

Al suo centro si accampa il sacro romano impero retto costantemente dagli Asburgo; ma assai più dinamici e ricchi di prospettive sono i regni tendenzialmente nazionali di Francia, d'Inghilterra e di Spagna. Nei Paesi Bassi ancora soggetti agli  Asburqo è in corso un processo che si concluderà presto con la rivendicazione dell'indipendenza. La Russia si va costituendo come nazione intorno a principato di Mosca.

Molto debole è, in Polonia, il potere della monarchia, insidiato dalle pretese della nobiltà. A sud-est del continente si estende l'impero ottomano, che per oltre due secoli costituirà una costante minaccia soprattutto per i paesi dell'Europa centro-orientale. La penisola italica, nella quale non si manifestano concrete tendenze verso l'unificazione politica, diverrà facile preda delle ambizioni dei grandi paesi d'Oltralpe.


Due grandi processi - economico l'uno, culturale l'altro - definiscono nel loro ,intreccio il quadro fondamentale entro cui si svolgono le vicende civili e politiche del '500: l'iniziale sviluppo del capitalismo e la rivoluzione copernicana (di cui parleremo nel prossimo paragrafo).

Sulla base del capitale commerciale formatosi nel basso medioevo nasce nel     secolo XVI il sistema capitalistico, caratterizzato dall'impiego sistematico di mano d'opera salariata, dall'investimento crescente di danaro nell'acquisto di macchine, materie prime, terreni, attrezzi e simili, dall'organizzazione delle attività produttive al fine precipuo di moltiplicare illimitatamente il capitale stesso.

II sistema capitalistico comporta la progressiva dissoluzione della servitù della gleba perché abbisogna di forza-lavoro libera di vendersi, elude di fatto le tradizionali condanne della Chiesa contro l'usura perché richiede la più rapida e spregiudicata circolazione del capitale finanziario, evita o elimina i controlli delle corporazioni (tendenti a cristallizzare i metodi e i rapporti di produzione) perché può consolidarsi solo introducendo nell'economia le più radicali innovazioni. Fra le innovazioni organizzative assumono particolare importanza le manifatture, che consentono rilevanti risparmi sulle spese generali, adottano una prima rudimentale _       divisione del lavoro (atta ad accrescerne la produttività), promuovono la collaborazione fra gli operai moltiplicandone la resa.

L'efficienza del sistema capitalistico permette di accrescere la produzione, e l'aumento dei beni economici disponibili determina a sua volta un notevole incremento demografico, particolarmente sensibile nelle città, che sono i centri delle attività economiche. Cresce anche la potenza delle banche, che si legano con vincoli sempre più stretti alle autorità politiche, cui concedono prestiti e appoggi ottenendone in cambio privilegi di varia natura.           

Allo sviluppo del capitalismo contribuisce in misura decisiva l'ampliamento degli orizzonti economici conseguente alle grandi scoperte geografiche: l'infittirsi dei rapporti con l'America comporta un progressivo spostamento dell'asse economico dal Mediterraneo all'Atlantico (che alla distanza risulterà fatale per la prosperità degli stati italiani); l'afflusso di metalli preziosi dal Nuovo Continente e la crescita della popolazione europea determinano d'altra parte un aumento della domanda di beni economici anche superiore alla crescita della produzione.

Di qui deriva una costante tendenza inflattiva che, nel corso del secolo XVI, si concreta nella quadruplicazione dei prezzi. L'inflazione colpisce duramente le classi a reddito fisso (nobiltà e, in misura minore, lavoratori salariati) e muta perciò i rapporti di classe in favore della borghesia. Tale processo non riguarda però l'Europa orientale, dove la nobiltà ha conservato la gestione diretta delle terre e può quindi giovarsi dell'aumento dei prezzi.






7. Rivoluzione copernicana




Contemporaneo alla nascita del capitalismo è quel profondo e complesso rinnovamento culturale che indichiamo col nome di rivoluzione copernicana perché esso ebbe la sua più clamorosa manifestazione nel campo dell'astronomia, nel quale, dopo una battaglia più che secolare, l'eliocentrismo (=il sole al centro dell'universo) di Copernico prevalse sul geocentrismo (= la terra al centro) di Tolomeo.

La nuova filosofia pone al centro della ricerca i problemi umani e mondani, e in ogni ambito della conoscenza mira ad elaborare teorie fondate esclusivamente sull'esperienza e sulla ragione anziché sul principio d'autorità (con questo si intende che le teorie aristoteliche sono assunte per vere, senza dimostrazione scientifica) affermatosi nella cultura medievale. La tradizionale ispirazione religiosa viene profondamente modificata o messa ai margini o decisamente avversata, mentre prevalgono tendenze dichiaratamente naturalistiche, sostenute da una radicale volontà d'emancipazione della mente umana.

Leonardo considera «miracoloso» l'ordine stesso della natura, perfettamente indagabile dalla scienza umana: egli rifiuta dunque, almeno implicitamente, la concezione consueta del miracolo come rottura dell'ordine naturale. Telesio afferma che la natura dev'essere spiegata secondo i princìpi materiali che le sono immanenti. Machiavelli rovescia le prospettive teocratiche medievali e considera la religione come strumento di Governo. Lorenzo Valla riabilita le dimensioni terrene de esistenza. Pietro Pomponazzi discute con grande spregiudicatezza il problema dell'immortalità dell'anima.

Copernico ribalta l'astronomia di Tolomeo e la sostituisce con un sistema eliocentrico, assai lontano dall'immediata intuizione dei sensi ma capace di spiegare in modo relativamente semplice anche fenomeni che il geocentrismo lasciava inesplicati.

Giordano Bruno, infine, prendendo le mosse dal copernicanismo, afferma che l'universo è infinito e coincide con la stessa divinità (panteismo).






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