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Origini storiche e fonti della leggenda tristaniana




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L' AUTORE


Le notizie che ci sono giunte su Gottfried von Strassburg sono veramente esigue: vissuto nella seconda metà del 1100, egli ha legato il suo nome ad un'opera di grande prestigio, il poema "Tristan und Isolde", uno dei migliori componimenti della letteratura cavalleresca medievale tedesca.

Gottfried ebbe senza dubbio la miglior educazione che quei tempi potevano offrire, comprendendo studi di teologia, legge, retorica, lettura di poeti classici e della mitologia antica; profondo conoscitore delle lingue francese e latina, della musica e dei rituali di caccia, Gottfried inserirà nell'educazione di Tristano, quella che è stata la sua esperienza personale ed i suoi studi. La lingua che usa conferma la tradizione che lo vuole nativo della fiorente città renana di Strasburgo.

Gottfried rivela una concezione elevata dell'arte, ritenendo che questa svolga un ruolo vivo e fondamentale nella società (numerosi sono infatti nel testo, i riferimenti all'arte e alle sue diverse applicazioni).

Le origini di Gottfried von Strassburg sono probabilmente borghesi [1]; egli fu il più colto fra i poeti della poesia cavalleresca medievale. Come molti altri autori tedeschi dell'epoca, egli doveva essere un 'ministeriale' . Non esistono riferimenti temporali precisi a riguardo della vita di Gottfried, anche se è noto che fosse contemporaneo di Wolfram von Eschenbach, autore del "Parzival", infatti i due autori si citano in modo reciproco, anche se non esplicitamente, nelle rispettive opere.

Non abbiamo notizie certe neanche sulla morte di Gottfried, stabilita tra il 1210 ed il 1220.



ORIGINI STORICHE E FONTI

DELLA LEGGENDA TRISTANIANA


Molti sono stati coloro cha hanno narrato, in modo più o meno veritiero, sottolineando maggiormente un elemento o un altro, la storia di Tristano e della bella Isotta.

Questa leggenda affonda le sue radici nel mondo celtico, con un re, Drust, che liberò un paese straniero da un tributo ingiusto, salvando la figlia del re di quel paese, che era la vittima predestinata. In questa storia si riconosce piuttosto chiaramente l'episodio di Tristano e Moroldo.

Altri elementi sono stati aggiunti successivamente, e risalgono alla tradizione celtico-irlandese: il triangolo Tristano, Isotta e Marke, ovvero nipote, sposa e zio, si rifà ad una storia del IX secolo, la leggenda di Grainne, sposa del principe Finn, ma innamorata a causa di un incantesimo di Diarmaid, suo nipote. Le evoluzioni di questa leggenda sono diverse, infatti Diarmaid rispetterà lo zio, ma i legami fra questa leggenda e quella tristaniana sono senza dubbio evidenti.

I Gallesi adattarono la storia all'Irlanda e quindi nella loro leggenda troviamo personaggi con nomi diversi, e possiamo identificare anche la figura di March, re di Cornovaglia, la cui fama era giunta fino in Gallia.

Nell' XI secolo la leggenda giunse in Bretagna, dove furono aggiunte situazioni e personaggi, ma il nucleo centrale non subì variazioni; nel XII secolo la leggenda si rafforzò nella letteratura francese, e giunse fino in Europa, ed è in questo periodo che troviamo diverse versioni della leggenda di Tristano e Isotta: quella di Eilhart von Oberg, vissuto alla corte di Mathilda, figlia di Eleonora d'Aquitania ed Enrico d'Inghilterra, che compose "Tristant und Isolde" verso il 1170; quella di Béroul, autore normanno che compose tra il 1190 ed il 1200 il "Tristan", e quella di Thomas, che trasformò la materia precedente, che era di carattere giullaresco ed affondave le sue radici nella tradizione della 'chanson de geste'[3], in una materia più raffinata e 'cortese', sulla scia dei cambiamenti attuati da Eleonora d'Aquitania.

Ispirato dalla versione di Eilhart von Oberg, Gottfried riconosce però soltanto nella versione dell'autore anglo-normanno Thomas l'esaltazione della passione dell'amore, individuando in lui la fonte più veritiera della leggenda dei due amanti.

L'autore tedesco rielaborò ciò che aveva letto nell'opera di Thomas, scrivendo poi il suo poema in rima, in medio alto tedesco. Gottfried non è un semplice traduttore, bensì egli modifica e riadatta con estrema abilità e raffinatezza la leggenda narrata da Thomas, distaccandosene per  quanto riguarda emozioni, forma e stile, facendo emergere le sue opinioni personali a riguardo della società, dell'amore, della religione, della morale e dei costumi del tempo. Nonostante queste variazioni, Gottfried si atterrà piuttosto fedelmente all'opera di Thomas, soprattutto per quello che concerne la trama, e nel corso del libro egli farà numerosi riferimenti alla sua fonte, che confermano la profonda stima che l'autore ha dell'opera di Thomas. Ad esempio:

" [.]:

non narraron rettamente,

come Thomas di Bretagna,

che maestro è d'avventure,

e [.] "

(Prologo, vv. 149-154)


Il "Tristano" di Gottfried rimarrà interrotto al verso 19552, e sarà ripreso e completato successivamente da Ulrich von Türheim verso il 1230, e da Heinrich von Freiberg verso la fine del secolo, e sarà poi rielaborato ulteriormente da Wagner.

Troviamo leggende che parlano dell'amore di Tristano e Isotta anche in Italia: il "Tristano Riccardiano", composto verso la fine del XIII-inizio XIV secolo, ed il "Tristano Veneto", dell'inizio del XIV secolo.


ANALISI DEL PROLOGO


Il "Tristano" inizia con un prologo che è sicuramente una parte molto importante dell'opera, in quanto in esso troviamo numerose anticipazioni dei temi che verranno poi svolti, e quindi ampliati, successivamente.

La tradizione medievale francese e tedesca ci hanno insegnato come il prologo sia la parte dell'opera in cui l'autore si presenta, dichiara le fonti dell'opera, ed anticipa il tema del romanzo. Nel caso di Gottfried il prologo è questo, ma è molto di più, è un'introduzione in cui viene presentata l'opera, ma dove emerge chiaramente anche il modo di pensare dell'autore.

È piuttosto interessante prendere in esame questo aspetto, analizzando come Gottfried, con estrema maestria, sia riuscito nel prologo a fornire un quadro generale di tutta l'opera, e come tutti i temi verranno poi sviluppati successivamente.

La prima parte del prologo è divisa in strofe, e se analizziamo 'visivamente' la versione originale[4], cioè quella tedesca, notiamo che il primo verso della prima strofa inizia con una "G", che sta a significare probabilmente Gottfried stesso; inoltre, mettendo in fila le lettere iniziali dei primi versi delle strofe successive, si ottiene un nome, "DIETÊRICH" , che potrebbe essere il nome del signore alla cui corte lavorava Gottfried, oppure il committente dell'opera, o addirittura il suo protettore.

In realtà era molto comune avere un protettore, che di frequente era il committente stesso, e gli autori ne citavano, talvolta esplicitamente, ma spesso anche velatamente, il nome nel prologo (in Francia ad esempio questo procedimento era piuttosto in uso, basta osservare l'opera di Chrétien de Troyes, ad esempio, che cita la sua protettrice Marie de Champagne nell'opera "Chevalier de la Charrette, affermando di avere con questa una certa familiarità).

Ma passiamo ad un'analisi propriamente tematica.

Il prologo inizia con un'opinione dell'autore, ovvero il fatto che il bene nel mondo debba essere conservato, altrimenti è vano.

Secondo Gottfried, la storia di Tristano ed Isotta, tanto cantata[6], non va dimenticata, in quanto, pur essendo palesemente la storia di un adulterio, è bella ed importante, e quindi degna di essere scritta, raccontata, e soprattutto ascoltata da coloro che Gottfried, successivamente, chiamerà 'cuori gentili':


" Un compito mi sono imposto

per letizia del mio mondo,

per la gioia dei cuori gentili,

i cuori che mi stanno a cuore,

il mondo a cui guarda il mio cuore"

(Prologo, vv. 45-49)

, ed ancora

"Mi rivolgo a un altro mondo,

che in cuore unisce insieme

dolce pena, lieto affanno,

gioia del cuore, penoso dolore,

vita dolce, amara morte,

morte dolce, vita amara"

(Prologo, vv 58-63)

La storia dei due amanti, infatti, racchiude un in se un gran numero di problematiche,. e dà l'opportunità all'autore di fare delle riflessioni sull'amore, sul comportamento delle donne, sull'onore, fornendo così al lettore una panoramica piuttosto vasta di quelli che erano i costumi e la moralità del tempo. Già nel prologo vediamo come Gottfried introduca il tema del bene e del male, affermando come molti trasformino il bene in male:

"Molti son che mettono curaù

a volgere in male ogni bene

e il bene trasformano in male:

essi fan male, non bene."

(Prologo, vv. 29-32)

A mio avviso la lotta e l'opposizione fra bene e male è uno dei temi fondamentali, e questa coppia bene-male, verrà continuamente rispecchiata dai personaggi: Tristano e Isotta hanno la colpa di essersi innamorati a causa di un filtro bevuto per errore, per una distrazione di Brangania, la dama di compagnia di Isotta, quindi sono essi stessi vittime, e l'amore da loro provato viene colpevolizzato da coloro che li circondano.

È quindi piuttosto chiaro il messaggio di Gottfried: coloro che vogliono trasformare il bene in male sbagliano, in quanto anche da qualcosa che apparentemente è errato, può emergere qualcosa di bello, e non c'è dubbio che dalle storia dei due amanti infelici si possano trarre comunque degli insegnamenti positivi.

A questo punto Gottfried fa una digressione sull'arte, dicendo che questa è fatta per essere lodata:

"Lode e successo esaltano l'arte,

l'arte è fatta per essere lodata:

dove arte con successo s'infiora

fiorisce ogni sorte di arte."

(Prologo, vv. 21-24)

In effetti l'autore riprende questo tema e lo inserisce con estrema raffinatezza nel testo. Più volte, infatti, viene esaltata la maestria di Tristano nel suonare l'arpa e nel cantare; la musica ed il canto sono sicuramente due forme d'arte piuttosto rilevanti (in particolare in un periodo nel quale le storie venivano cantate dai giullari accompagnati dalla musica), ed è anche grazie alla bravura nel suonare l' arpa, che Tristano conquista il favore della corte e del re (vv. 3616-3637). Il bel cavaliere utilizza la sua arte nel suonare e nel cantare in momenti piuttosto determinanti dell'opera, come nella grotta dell'amore con Isotta la Bionda, completando il quadro già reso idilliaco dalla natura e dall'atmosfera magica, e con Isotta dalle Bianche Mani, ricordando con nostalgia e tristezza la sua bella Isotta. Il fatto che Gottfried dia un ruolo di primo piano all'arte, è dimostrato dal modo in cui descrive con estrema abilità stilistica, ed in più occasioni, le vesti da cavaliere di Tristano:

"Come l'arte dell'artista

vi splendeva pienamente !

[.] "

(vv. 6656-6657)

, soprattutto nel momento in cui viene smascherato il siniscalco (vv. 11102-11143), momento nel quale Tristano appare in tutta la sua bellezza; in questa parte Gottfried descrive le vesti del cavaliere dando l'impressione di un quadro, rendendo, attraverso similitudini, come:

"Tra le maglie riluceva

seta come brace accesa."

(vv. 11122-11123)

, un'immagine estremamente reale, soprattutto dei colori e dei ricami.

Gottfried afferma che un'opera ha successo grazie al contenuto, ma anche grazie alla forma, ed è per questo che egli unisce un tema già sfruttato, ma che è comunque molto appassionante, quello dell'amore infelice fra Tristano e Isotta, ad una bellezza stilistica e formale legata non tanto alla descrizione dei duelli e delle battaglie, ma all'esaltazione dei sentimenti.

La prima parte del prologo si conclude con un'affermazione dell'autore che dice che il suo destino è di non perdere altro tempo, ma di raccontare una storia ai cuori gentili, e così ha inizio la seconda parte (vv. 41-49).

Gottfried non crede infatti che ciò che scrive sia per tutti, ma soltanto per coloro che la sanno ascoltare, e che sanno accoglierla dentro di se, a quelli che sono disposti a soffrire per amore, e che sono consapevoli del fatto che amore e sofferenza sono strettamente legati (vv. 50-63).

I cuori gentili sono per Gottfried coloro che conoscono l'amore, che sanno accettare le sofferenze, e comprendono che non si può giungere alla felicità dell'amore senza dolore.

Questo concetto è oltremodo sviluppato nell'opera: Tristano e Isotta sono pronti a soffrire pur di riuscire a dimostrarsi il loro amore.

Un episodio significativo è quello della 'grotta dell'amore', che mediante similitudini, soprattutto con la natura, sviluppa questa problematica della sofferenza d'amore. Infatti raggiungere la grotta non è così facile (come raggiungere la felicità in amore), infatti i due amanti devono affrontare due giorni da cammino nella selva e nella campagna, per giungere in un luogo che è la rappresentazione di una sorta di Paradiso, in cui la natura è uno scenario veramente sublime (gli uccellini cantano, il clima è mite, l'acqua scorre, ecc.). La grotta rappresenta la felicità, l'amore raggiunto dopo numerose difficoltà, ed effettivamente la 'Minnegrotte'[7] è l'unico luogo in cui Tristano e Isotta riescono a vivere il loro amore completamente. Ma questa felicità continua in un certo senso a non essere completa, considerando il fatto che Tristano e la bella Isotta erano stati allontanati, e quindi il loro continua ad essere un amore braccato, tanto è vero che i due, non appena potranno, faranno ritorno a corte, scegliendo così di rinunciare a quel luogo meraviglioso per tornare a soffrire, tra inganni e pericoli.

Questo episodio mette in evidenza il tema dell'amore e della sofferenza di chi ama, affrontato piuttosto largamente nel prologo, ma fa emergere un'idea, di Gottfried, legata alla filosofia, che egli fa velatamente trasparire anche nel prologo.

Egli infatti dice che il lettore ascolta volentieri quello che gli piace, dice che chi ama veramente, e che soffre per amore, ascolta volentieri altre storie che trattino la stessa materia, ma non dice che ciò che piace deve essere perfetto. Gottfried non insiste affatto su ciò, ma l'episodio della grotta in cui Tristano e Isotta rinunciano a vivere il loro amore in quel luogo decisamente perfetto, e quindi utopistico, per tornare a corte, ci fa comprendere come l'autore non solo conosca l'utopia, ma come la respinga per dare spazio ad emozioni e sensazioni più vere e più terrene, emozioni nelle quali chiunque abbia un cuore gentile, può rispecchiarsi.


E sul tema dell'amore l'autore si dilunga in modo particolare anche nel prologo (vv. 45-122), sottolineando anche il fatto che chi è triste per amore, può trovare conforto nell'ascoltare storie che trattino lo stesso tema, infatti chi più è tormentato per amore, più insiste, ed inoltre:

".nobil cuore innamorato

ama storie pur d'amore."

(Prologo, vv. 121-122)

A questo punto Gottfried introduce per la prima volta nel prologo la figura di Tristano e Isotta, due

".di nobili amanti infelici

che all'amore diedero fama:

[.] "

(Prologo, vv. 126-127)

, dicendo che già molti hanno cantato la loro storia, ma in pochi hanno raccontato la verità.

L'autore vuole attenersi alla storia autentica, e per questo sceglie come fonte cui ispirarsi, il racconto del poeta Thomas di Bretagna[8]. Il prologo non è certo l'unica occasione in cui Gottfried fa riferimento alla fonte; già all'inizio dell'opera, egli cita nuovamente l'autore anglo-normanno:

"Thomas dice senza dubbio,

e lo lesse nella storia,

[.] "

(vv. 326-327)

L'autore tedesco ammette di aver fatto numerose ricerche:


".cominciai molto a cercare

in libri d'ogni specie,

sia francesi sia latini,

e gran pena mi son dato

per narrare questa storia

seguendo ogni suo dettato."

(Prologo, vv. 155-158)

, dimostrando quindi la grande cultura di Gottfried[9] .

A questo punto egli dice che questa storia farà profondamente bene, in quanto ravviverà l'amore, la fede, l'onore, la fedeltà e la virtù, ed in effetti questi temi sono presenti nel testo, e ne sono il fulcro.

L'amore, come detto in precedenza, è il filo conduttore di tutta la storia, ma indubbiamente implica altre problematiche.

Ad esempio la fedeltà, analizzata da Gottfried sotto due punti di vista diversi, ovvero la fedeltà in amicizia e la fedeltà in amore.

Infatti l'autore all'inizio dell'opera, parla di Rual, amico fedele di Riwalin e Biancofiore, dicendo che:


"Chi l'amico morto piange

ed a lui resta fedele,

è impagabile ricchezza,

è corona d'ogni fede"

(vv. 1793-1796)

Si nota dunque l'importanza che l'autore dà a questo tema, considerando anche il fatto che sarà un atto di infedeltà del siniscalco Mariodo, inizialmente amico fidato e compagno di stanza di Tristano, che darà inizio ai dubbi ed ai sospetti del re Marke sulla relazione fra Tristano e Isotta.

La fedeltà in amore è sicuramente più evidente in Isotta che in Tristano, in quanto ella, nel momento in cui il suo bel cavaliere si allontana da corte, gli rimane fedele, senza ombra di dubbio; sarà Tristano che si porrà delle domande a questo proposito, in quanto egli è consapevole del fatto di dover rinunciare per sempre alla sua bella Isotta, e quindi è indeciso sul da farsi nei riguardi di Isotta dalle Bianche Mani; non sappiamo in realtà se egli accetterà il suo amore, in quanto il romanzo si interrompe prima, ma questo fatto ci dà delle indicazioni sul modo di pensare e sul concetto di fedeltà sviluppato dai due amanti nel momento in cui vengono definitivamente separati.

Anche la fede e l'onore occupano un posto centrale: la scena del giuramento davanti a Dio è sicuramente interessante per comprendere il pensiero di Gottfried stesso: infatti l'esito del giuramento non vuol lasciare intendere che Dio può essere ingannato, piuttosto che Isotta è stata costretta a giurare il falso dalle circostanze, dal fatto che, secondo l'autore la cosa sbagliata e negativa non è l'amore fra Tristano e Isotta, pur basato sull'adulterio, bensì il matrimonio fra re Marke e Isotta, e le maldicenze della corte che calpestano ed insidiano l'amore fra i due.

L'onore è sicuramente un tema centrale, in quanto l'epoca proponeva una filosofia basata essenzialmente su ciò. Tristano e Isotta, pur violando le leggi del buon costume, tenteranno sempre di difendere il proprio onore, ed a questo proposito Gottfried si lascia andare ad una lunga digressione sul finire dell'opera (vv. 17990-18118), affermando che una donna, quando ne ha la possibilità, deve difendere sia il suo corpo, sia il suo onore, quindi egli riesce a legare un tema estremamente concreto con uno astratto, affermando che non è giusto trascurare l'amore per il corpo, ma che non lo è nemmeno il contrario.

Ed a legare tutti questi elementi troviamo come sempre l'amore,


"Amore è cosa divina,

passione tendente al divino,

sì che solo alla sua scuola

s'ottengono onore e virtù"


(Prologo, vv. 187-190)

, che Gottfried pone al centro della vicenda; come evidenzia anche Laura Mancinelli nell'introduzione, l'autore è fermamente convinto che l'amore e soprattutto l'eros, siano elementi positivi che portano l'uomo a sconfiggere la morte, realizzando concretamente la propria esistenza.

Effettivamente questo tema ha un ruolo rilevante, anzi fondamentale, nel testo, infatti a causa dell'incantesimo del filtro, Tristano e Isotta non potranno stare lontani, altrimenti moriranno; e quindi la realizzazione del loro amore è portatrice di salvezza per entrambi.

Il prologo si conclude con un concetto fondamentale, che rispecchia poi il pensiero dell'autore: egli dice infatti che da molto tempo Tristano e Isotta sono morti, eppure vengono ancora cantati, e sempre il loro amore verrà ricordato; c'è quindi una sorta di ritorno al concetto espresso all'inizio, cioè che ciò che è bene va raccontato, dando così al prologo una sorta di struttura circolare.

Ma in quest'ultimo pensiero c'è molto di più, infatti si parla di morte, di pane, e la vita dei due amanti infelici ".dolce è per noi come pane" (v.235). Tutto ciò ricorda effettivamente il rito Eucaristico, in cui il pane consacrato diventa il corpo di cristo che sconfigge la morte, e quindi Gottfried vuol far comprendere attraverso la storia di Tristano e Isotta, che l'amore è, secondo lui, ciò che concilia la vita e la morte, ciò che per i due amanti sarà la vita, ma non li porterà ad altro che alla morte.

A questo punto inizia il racconto vero e proprio, parlando di Riwalin di Parmenia, padre di Tristano.

Si nota dunque come il prologo sia fondamentale ai fini di comprendere non solo l'opera in se, ma anche il pensiero dell'autore, ed è interessante vedere come questi, in un prologo piuttosto breve (242 versi), abbia saputo fornire una panoramica completa di tutti gli elementi contenuti nel romanzo, ponendo attenzione non solo al contenuto, ma anche alla forma e allo stile.

A questo proposito è importante fare qualche osservazione: è infatti da notare un uso piuttosto frequente di figure retoriche quali il chiasmo[10]e l'ossimoro . Naturalmente questi accorgimenti, non hanno un effetto sullo stile, ma trovano riscontro in ciò che contengono. Per quanto riguarda il chiasmo, nel prologo ne è presente uno piuttosto significativo, citato anche da Laura Mancinelli nella sua introduzione, ovvero:


".di un amante e d'una amante,

un uomo una donna, una donna un uomo,

Tristano Isotta, Isotta Tristano"

(Prologo, vv. 128-130)

Gli elementi di cui è composto questo chiasmo sono veramente interessanti, se consideriamo che egli coinvolge tre coppie di elementi:

un amante e una amante

un uomo e una donna

Tristano e Isotta

Osservandoli vediamo che Gottfried introduce prima il ruolo che avranno nella storia, dopodiché arriva ad una dimensione più terrena, quella concreta di un uomo e di una donna, per giungere infine all'introduzione vera e propria dei due protagonisti, Tristano e Isotta.

Due sono le cose da osservare a questo proposito: intanto l'autore utilizza, a mio avviso, una sorta di climax[12], forse per introdurre con tutta l'importanza del caso i due protagonisti, dando inoltre una certa enfasi al prologo.

Inoltre, le coppie di elementi introdotte, sono equilibrate, infatti vediamo che tracciando una linea ideale tra gli elementi, il punto di incontro è sempre l'incontro dei due, oppure la realizzazione del loro amore, e quindi è comunque un punto di equilibrio; non solo, l'insistenza di questo chiasmo, che ripete comunque sempre gli stessi elementi, è piuttosto significativo in quanto ribadisce che solo nel caso dei due infelice amanti può verificarsi una situazione equilibrata.

Un altro chiasmo piuttosto interessante, sempre all'interno del prologo, e che può aiutare ad introdurre un'altra osservazione, si trova ai verso 62-63:

".vita dolce, amara morte,

morte dolce, vita amara."

Non solo questo chiasmo oppone direttamente due elementi centrali come la vita e la morte, ma l'autore ha voluto sottolinearne l'importanza utilizzando anche l'ossimoro, che comunque domina tutto il passo. La funzione di questo accorgimento in questo punto del testo è soprattutto tematica, proprio a voler sottolineare come i due elementi non possano sussistere l'uno senza l'altro, e più in generale, rispecchiando qui il pensiero di Gottfried, nessuna realtà può esistere se non esiste anche la sua diretta opposta, ed è per questo che nel prologo e nel testo compaiono così frequentemente le coppie vita-morte, gioia-tristezza, amore e dolore.

Ma tutto il racconto può essere letto considerandolo come un grande ossimoro: Tristano e Isotta, stando lontani morirebbero, e la loro vicinanza, come detto prima, non li porterà ad altro che alla morte.

Non è da mettere in dubbio, dopo aver osservato tutto ciò, che Gottfried fosse un autore di grande prestigio, e che l'opera da lui composta, anche se interrotta, sia un capolavoro della letteratura tedesca dell'epoca, considerando anche il fatto che egli riesce ad unire temi molto diversi, passati e presenti, come quello della cavalleria e quello dell'amor cortese che si stava sviluppando proprio in quel periodo. È da ammirare la sua estrema maestria nel comporre un prologo, che effettivamente è una sorta di sintesi introduttiva al romanzo, chiara e comprensibile, che ha il fine, e con successo, di invogliare il lettore ad inoltrarsi nella bella storia di Tristano e Isotta, che pur non avendo mai realizzato completamente il loro amore, sono stati tanto cantati con dolcezza e con malinconia.



PROLOGO

(Versione in medio alto tedesco)


Gedenkt man ir ze guote niht,

von den der werlde guot geschiht,

sô woere ez allez alse niht,

swaz guotes in der werlde geschiht.


Der guote man swaz der in guot

und niwan der werlt ze guote tuot,

swer daz iht anders wan in guot

vernemen wil, der missetuot.


Ich hoere ez velschen harte vil,

daz man doch gerne haben wil:

da ist des lützelen ze vil,

da wil man, des man niht enwil.


Ez zimet dem man ze lobene wol,

des er iedoch bedürfen sol,

und laze ez ime gevallen wol,

die wile ez ime gevallen sol.


Tiure unde wert ist mir der man,

der guot und übel betrahten kan,

der mich und iegelichen man,

nach sinem werde erkennen kan.


re unde lop diu schephent list,

da list ze lobe geschaffen ist:

swa er mit lobe geblüemet ist,

da blüet aller slahte list.


Rehte als daz dine zunrouche gat,

daz lobes noch êre niht enhat,

als liebet daz, daz êre hat

und sines lobes niht irre gat.


Ir ist sô vil, die des nu pflegent,

daz si daz guote ze übele wegent,

daz übel wider ze guote wegwnt:

die pflegent niht, si widerpflegent.


Chunst unde nahe sehender sin,

swie wol diu schinen under in,

geherberget nit zuo zin,

er leschet kunst unde sin.


Hei, tegent, wie smal sint dine stege,

wie kumberlich sint dine wege !

die dine stege, die dine wege,

wol ime, der si wege unde stege !





BIBLIOGRAFIA



Libro di testo:                       

"Tristano" di Gottfried von Strassburg, Edizione Einaudi

Per le notizie biografiche: "Grande Enciclopedia Curcio"


Per le figure retoriche: "Manuale di retorica", Mortara-Garavelli




Il fatto che Gottfried non fosse di origine nobile si può dedurre anche dal fatto che i continuatori della sua opera lo citano con il titolo di 'meister', quindi non aveva diritto al titolo di 'her' (signore).

'Ministeriali' erano inizialmente cavalieri che accompagnavano l'imperatore (ma anche i principi laici ed ecclesiastici) alle crociate. Successivamente, quando acquistarono importanza politica anche grazie ai feudi che ricevevano in cambio dei loro servizi, la loro figura divenne anche quella dell'intellettuale al servizio del signore.    

La 'chanson de geste' è un lungo poema, che narra le imprese eroiche e guerresche di cavalieri feudali che combattono per un fine collettivo, cioè in difesa della cristianità, contro i saraceni, e soprattutto in difesa del loro signore. Ci sono anche poemi in cui questi cavalieri si scontrano tra loro, oppure intervengono per difendere un sovrano debole.


Vedi pag. 13

Questo procedimento si chiama acrostico, cioè un componimento poetico che forma un nome o una parola determinata con le lettere iniziali dei versi, lette una di seguito all'altra in senso verticale.

Vedi paragrafo "Origini storiche e fonti della leggenda tristaniana"

Il termine 'Minne' inizialmente aveva il significato di 'amor carnalis', da combattere. Nel periodo cortese il termine assume un significato completamente diverso, associato ad un sentimento profondo, non legato come prima all'erotismo, ma nel quale è rilevabile un aspetto travolgente e quasi demoniaco dei sentimenti (infatti anche nella versione tedesca, Gottfried userà il termine 'minnesiech', ovvero malato d'amore).

Vedi paragrafo "Origini storiche e fonti della leggenda tristaniana"


Vedi paragrafo "L'autore"

Consiste nel contrapporre due periodi in modo che gli elementi del secondo siano disposti in ordine inverso rispetto a quelli del primo.

È l'accostamento di parole dal significato opposto.


Consiste nel porre in successione secondo un ordine crescente alcune parole allo scopo di rafforzare la prosecuzione del discorso e di aumentarne l'espressività.

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