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Commento
Autore: Leonardo Sciascia
Libro: Candido ovvero Un sogno fatto in Sicilia
Il romanzo di formazione "Candido ovvero Un sogno fatto in Sicilia" di Leonardo Sciascia, scrittore neorealista, si svolge in varie città e paesi italiani ed europei durante la seconda guerra mondiale. E' ispirato al più famoso "Candido" di Voltaire, il quale rimane soltanto il punto di partenza.
Candido Munafò nasce in Sicilia, proprio la notte dello sbarco degli anglo-americani, in una grotta, non perché appartenga ad una famiglia povera, ma per la situazione critica che sta vivendo l'isola e che coinvolge la popolazione. Egli è nipote di un generale fascista e figlio di un ricco e rispettato avvocato, da cui è chiamato Candido, poiché gli ricorda una pagina bianca sulla quale, cancellato il fascismo, si scriveva una vita nuova. Egli viene abbandonato in tenera età dalla madre che si innamora di un ufficiale americano con cui, finita la guerra, si sposa e lascia l'Europa. Affidato al padre dal tribunale, perciò, trascorre la sua infanzia curato affettuosamente dalla governante Concetta, una donna molto semplice, e cresce in salute, tranquillo ed educato, senza mostrare instabilità per la mancanza della madre e la noncuranza che il padre dimostra nei suoi confronti ("Pareva potesse fare felicemente a meno di una madre e di un padre"). La situazione familiare non è delle migliori visto che l'avvocato nutre forti dubbi sulla paternità di Candido, in cui trova una notevole somiglianza col neomarito della moglie e quindi non può sopportarne la vista. Questo rimane presto anche orfano di padre, che finisce col suicidarsi, quando il figlio rivela ad un compagno di scuola il segreto su un cliente responsabile di un delitto di mafia. Candido passa quindi sotto la tutela del nonno materno che, dopo essere stato fascista convinto, si fa eleggere deputato nella Democrazia Cristiana, "tanto è la stessa cosa" dice. Il generale lo affida pienamente all'allevatrice Concetta, mentre nell'età scolastica la sua educazione spirituale viene assegnata all'arciprete Lepanto: strana figura di prete di spirito modernissimo, che non rinuncia mai a pensare con la propria testa a dispetto di qualsiasi gerarchia ("L'arciprete era considerato, e si considerava, moderno"). Egli si applica a capire sotto il profilo psicanalitico il ragazzino, infatti "si applicava molto alla psicologia" e "aveva scritto anzi un trattato di psicologia morale, e cioè di psicanalisi". Ciò aiuta ulteriormente l'arciprete a liberarsi del formalismo religioso, con una progressiva liberazione interiore che lo porterà a spretarsi, per poi iscriversi al partito comunista. In questo romanzo l'allievo e il discepolo vivono una relazione in cui le intuizioni e le esperienze di uno sono fatte tesoro dall'altro, mentre nel "Candido" di Voltaire il maestro Pangloss insegna la dottrina all'ingenuo ragazzo che, attraverso le concrete esperienze del mondo, personali disavventure o narrazioni di storie altrui, ne scopre l'esatto contrario.
Don Antonio, come il ragazzo continuerà a chiamare l'ex arciprete, cerca di proteggere Candido dal cattolicesimo; in realtà non il suo vero problema è "la religione dei nostri tempi": il comunismo. Il giovane Munafò ne fa un'esperienza teorica e pratica insieme. Le sue letture hanno una notevole importanza: afferma che Hugo e Zola hanno una maggiore capacità persuasiva e attualità dei teorici e dei politici ("Erano meglio perché parlavano di cose che ci sono ancora, mentre Marx e Lenin era come se parlassero di cose che non ci sono più" / "Se avesse solo letto Marx e Lenin non sarebbe stato comunista se non come una specie di ballo mascherato: vestito come al tempo di Marx, vestito come al tempo di Lenin"). L'ex prete è di parere diverso, più legato ai testi dell'essere marxista e, infatti, pensa che al di fuori del partito non ci sia salvezza. La vita di partito sarà per Candido un susseguirsi di disavventure attraverso le quali si accorgerà che il suo marxismo, che è "quasi un fatto di natura", non d'ideologia, non ha niente a che fare con quello del partito. Il giovane viene espulso dal gruppo per aver definito il segretario un "Fomà Fomìč", personaggio di un libro di Dostoevskij presentato come "un piccolo despota venuto fuori dalla scorza del buffone". Intanto viene interdetto dai parenti e perde tutti i suoi beni. Candido non perde coraggio e viaggia per il mondo in compagnia con l'"intelligente" e "vivace" cugina Francesca, quella che sarà la donna della sua vita. Scelgono poi di stabilirsi a Parigi e rimangono in contatto con don Antonio, che un giorno li va a trovare. Un pomeriggio i tre decidono di andare a Lipp in un locale, dove incontrano la madre di Candido, invecchiata, col suo marito americano. Trascorrono insieme la serata, e, nonostante l'invito della coppia a trasferirsi in America, tornano a Parigi ("Qui si sente che qualcosa sta per finire e qualcosa sta per cominciare: mi piace veder finire quel che deve finire").
Candido si può definire "figlio della fortuna" perché grazie a questa non ha dovuto sottostare ad una famiglia che l'avrebbe rovinato, rendendolo infelice.
Sciascia con questo libro rappresenta con una satira tagliente la situazione italiana del suo tempo caratterizzata da ipocriti, impostori, arrampicatori sociali, voltagabbana, finti rivoluzionari e critica la mancanza di una classe dirigenziale consapevole delle proprie responsabilità e colta (". a differenza del marito che non uno ne aveva mai letto se non per ragioni di scuola e di professione. Come poi entrambi abbiano attraversato ginnasio, liceo e università senza aver mai sentito parlare di Voltaire e di Candido, non è da stupirsene: capita ancora").
Indirettamente si avverte che molto di ciò che è scritto prende origine dalle esperienze personali dell'autore, soprattutto l'analisi della vita politica del nostro paese.
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