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Laudes creaturarum
Problemi interpretativi
Qual è il valore grammaticale del per che introduce l'enumerazione delle creature? (per sora luna, per frate vento ecc.).
Sono state proposte 4 interpretazioni:
1) valore causale: tu sia lodato, o Dio, a causa delle tue creature
2) valore di agente: tu sia lodato, o Dio, da, da parte delle tue creature (per = par francese)
3) valore causale prolettico: tu sia lodato, o Dio, per questo e cioè per il fatto che le creature esistono e operano per causa tua (per = propter quod). La lode riguarderebbe le creature in quanto espressione del valore divino.
4) valore mediale: tu sia lodato, o Dio, attraverso le tue creature (per = greco)
Oggi la tesi più diffusa è la prima (valore causale: tu sia lodato, o Dio, a causa delle tue creature) ma è contestabile.
Vediamo perché: se per vuol dire a causa di, se ne deduce che la lode di Dio viene a dipendere dalla lode delle creature. Dio è lodato perché ha creato il sole, la luna, ecc., quindi in primo piano nella lode sono le creature: è la loro esistenza che porta a lodare Dio, che le ha fatte essere.
Nel secondo verso del cantico, però, Francesco dice che le lodi si 'confanno' solo a Dio, solo Dio è degno di essere lodato: le creature possono essere lodate, ma solo se la loro lode
si risolve nella lode a Dio.
Questo concetto si evidenzia bene se, anziché valore causale, diamo al per valore mediale. Dio è lodato attraverso le sue creature. La lode è rivolta Dio, ma per giungere a Lui, passa attraverso le creature le quali sono lodate, ma come mezzo per giungere a Dio: sono quasi una tappa della lode a Dio, fanno da mediatrici tra l'uomo e Dio.
Questa mediazione è necessaria perché nessun uomo è degno di 'mentovare' Dio (v.4).
Dio è l'Altissimo, l'onnipotente: non può essere fatto oggetto di parola, perché supera di troppo le capacità umane di espressione. Pertanto lo si può lodare solo indirettamente, lodando ciò che egli ha creato.
Conclusione
Sia che il per abbia valore mediale, sia che abbia valore causale, l'importante è che nel Cantico si uniscono la lode Dio e la lode alle creature. La lode a Dio è già implicita negli aggettivi iniziali: Dio è l'Altissimo, l'Essere trascendente, è l'onnipotente, è la fonte della bontà (bon) e della bellezza.
Viene ribadito il concetto cardine della concezione religiosa cristiana: Dio creatore di un mondo armoniosamente disposto, dove tutto è manifestazione visibile, segno della sua sapienza e bontà, un mondo da Lui destinato alla felicità, al bene dell'uomo. Le creature sono lodate perché portano 'significazione' di Dio, e perché sono belle e utili all'uomo.
Emerge dal Cantico una visione positiva del mondo, che si contrappone nettamente al di prezzo del mondo, alla radicale negazione del mondo propria del più rigido ascetismo del tempo. Le creature (gli elementi della natura) sono viste da Francesco nella loro positività, senza alcun accenno alle potenzialità negative che pure posseggono (l'acqua può provocare inondazioni, il fuoco incendi ecc.).
Ma nel Cantico c'è anche l'uomo: si potrebbe dire che Francesco ha una concezione 'antropocentrica', nel senso che il mondo del visto come destinato da Dio al bene dell'uomo, però l'uomo non è esaltato al disopra delle altre creature: creatura anch'egli di Dio, da un lato è unito alle altre creature da un legame di fratellanza, dall'altro è 'subordinato' a Dio, che deve 'servire' con umiltà.
Inoltre quando il riferimento all'uomo si fa diretto (ultima parte) se ne evidenzia la condizione drammatica: la 'dignità' di figlio di Dio, che partecipa all'armonia universale, l'uomo deve conquistarsela.
Struttura del Cantico
I versetti riguardanti il perdono (n. 23-n. 26) sarebbero stati aggiunti quando Francesco riuscì a rappacificare il vescovo e il podestà di Assisi, quelli riguardanti la morte (n. 27-n. 31) proprio nell'imminenza della morte: quindi il Cantico sarebbe stato composto in tre momenti.
Questa interpretazione spiegherebbe le differenze tra la prima parte e le due 'aggiunte'.
Le differenze sono queste:
1) si interrompe la serie degli incipit 'Laudato sii'
2) si interrompe l'elencazione delle creature
3) nella prima parte il modello è costituito dai salmi biblici, dai quali è ripresa la formula della lode, nella seconda la formula ' Beati quelli' è ripresa dal Vangelo (e precisamente dal discorso delle beatitudini) e la formula 'Guai a quelli' rimanda al Vangelo di Matteo e ad altri passi evangelici: quindi nella prima parte il richiamo è al Vecchio Testamento, nella seconda al Nuovo Testamento.
Inoltre tra la prima parte e le ultime due c'è uno stacco tematico e di tono:
nella seconda parte si ha una presenza diretta dell'uomo che nella prima parte è solo indirettamente richiamato, come ' il fine' per cui le cose sono state create e per cui operano (ad esempio, il sole è stato creato per illuminarci)
2) la prima parte ha un accento 'gioioso', tanto che è stata definita un' alleluja', la seconda parte e specialmente i v. N. 27-31, con il richiamo alla inesorabilità della morte e alle minacce della dannazione eterna, hanno un tono cupo, drammatico, da Dies Irae.
Tutto questo però non compromette l'unità del cantico.
Anche l'uomo è 'creatura di Dio' e quindi anche 'attraverso l'uomo' o 'a causa dell'uomo' Dio può essere lodato; c'è poi una differenza tra le cose della natura (le creature della prima parte) e l'uomo: nelle cose della natura Dio si riflette direttamente, essi sono 'segno' di Dio e perciò comunque degne di Lui.
L'uomo è invece dotato di libero arbitrio, ovvero della libertà e della capacità di scegliere se testimoniare in se la presenza di Dio o allontanarsi da Dio: solo se sceglie di imitare Cristo, perdonando in nome del suo amore, sopportando senza ribellarsi, 'in pace, malattie e sofferenze' (v. 23-26) se sceglie di rispettare la legge divina (v. 30) diventa degno di lode, diventa causa o mezzo per lodare Dio.
Il cantico si compone di una sequenza di versetti di prosa ritmica, legati fra loro da frequenti assonanze. È una struttura che rimanda da una parte ai salmi biblici, dall'altra alle sequenze liturgiche.
La lingua è l'umbro 'illustre' cioè letterario, diverso da quello parlato: di questo, però, conserva le tracce (desinenze in u e o, termini come iorno, messer, forme verbali come Sirano incoronati (v.26).
Sono frequenti i latinismi: alcuni termini sono graficamente identici a termini latini (cum, homo ecc.) altri hanno la forma presa attraverso le modifiche del latino 'volgare' (il latino 'parlato').
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