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Il realismo in italia




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IL REALISMO IN ITALIA


  1. IL BISOGNO DI REALTA' NELL'ITALIA POSTUNITARIA

L'insuccesso della prima guerra d'indipendenza porta ad un clima opaco e deluso. C'era il bisogno di un sano realismo che si muovesse nella logica delle possibilità effettive già rappresentato dalla politica cavouriana ('50-'60). Nell'Italia appena riunita c'erano molti problemi some la forzata industrializzazione del nord e la "questione meridionale". Nonostante l'unità, l'Italia era rimasta una somma di regioni ognuna con gravi ed urgenti problemi. Non esiste perciò una letteratura nazionale ed unitaria ma piuttosto una letteratura regionale. In questo quadro storico viene affermandosi il Verismo.

  1. DAL ROMANZO STORICO ALLA NARRATIVA CAMPAGNOLA

Il romanzo storico del primo Ottocento aveva già in se una componente realistica che mirava a cogliere il "vero" e la "realtà". Negli anni '50-'60 lo scrittore necessita di rappresentare prontamente le richieste della contemporaneità e di cogliere esperienze legate alla provincia, dove i fenomeni sociali sono subito individuati.

Nasce la "narrativa campagnola" indicativa del passaggio dal romanzo storico al romanzo verista.

Francesco Dall'Ongaro si impegna a cogliere una realtà campagnola polemicamente assunta contro il volto borghese della città.

Caterina Percoto è impegnata a cogliere il rapporto città-campagna e a valorizzare i personaggi popolari. Importante la sua apertura verso i linguaggi locali e dialettali che considera come i materiali lessicali più autentici perché presi dalla lingua parlata.

Ippolito Nievo parte da un'esperienza di letteratura campagnola per approdare ad un grande romanzo storico. Questa narrativa non presenta novità di rilievo; è ancora la formula del Manzoni a sopravvivere giustamente riadattata.

  1. LA SCAPIGLIATURA

La letteratura trova negli Scapigliati gli artisti più disponibili. Tra gli anni '60-'70 un giovane e avvertito gruppo di intellettuali (specialmente a Milano e Torino) rispondono al crescente fenomeno dell'industrializzazione e al clima nevrotico della città. Affermano che intorno agli anni sessanta si crea un vuoto di ideali. Gli scapigliati sono ribelli nella vita come nell'arte: contro lo spirito borghese, contro il patriottismo del Risorgimento, la letteratura conformista, manzonismo cristianeggiante, romanticismo devitalizzato. Il loro ribellismo ha una ambivalenza di fondo tra "vero" e "reale", tra realtà e sogno, tra bene e male, bello e orrendo. La loro ribellione è impegna a muoversi verso un ideale di "vero" antiromantico e antiborghese. Tra i scapigliati più importanti: Giovanni Camerana, Arrigo Boito, Iginio Ugo Trachetti ed Emilio Praga. Praga rappresenta il tipico ribelle che ha letto Baudelaire e ne volgarizza gli atteggiamenti provocatori.

  1. GIOSUE' CARDUCCI

Giosuè Carducci ebbe molta importanza nel secondo Ottocento e viene stimato come più grande poeta del suo tempo; nel 1906 è vincitore del premio Nobel per la letteratura. Carducci esprime polemicamente le sue convinzioni democratiche, repubblicane, giacobine, anticlericali; diventa bandiera della borghesia progressista e scientista. Egli crede che il mondo sia dominato da leggi fisiche e che ragione e scienza siano i soli strumenti per conoscere la natura e guidare l'uomo verso il progresso e la libertà. Carducci sente la natura come forza primordiale e serenatrice, le sue idee politiche rifluiscono verso una posizione monarchica ed antisocialista.

  1. IL VERISMO: UNA REALTA' REGIONALE

Il verismo si adegua alle nuove esperienze del Realismo-Naturalismo francese e alla cultura positivista rispondendo alla delusione storica del Risorgimento e alle contraddizioni del nuovo Stato Italiano. Gli scrittori si occupano a cogliere le realtà locali, paesane, provinciali e regionali: Giovanni Verga e Luigi Capuana ritraggono la Sicilia, Grazia Deledda la Sardegna, Salvatore di Giacomo e Matilde Serao Napoli, Cesare Pascarella Roma. Questo cogliere la realtà locale risponde all'esigenza di ricercare, oltre la retorica dell'unità, i connotati dell'Italia reale sicuramente più autentica dell'Italia ufficiale immersa nel malgoverno e negli scandali bancari.

Luigi Capuana diffonde in Italia il naturalismo francese e diviene il maggior teorico del Verismo.

Federico De Roberto, amico e discepolo di Verga e Capuana, è un autore che oscilla tra verismo e psicologismo. Nel 1894 pubblica I Vicerè, un quadro storico della società siciliana dopo la delusione post-risorgimentale e una dissacrazione del mondo nobiliare in declino. Ha una concezione negativa della storia e una sfiducia totale del progresso proclamato dalla borghesia.

Matilde Serao descrive i mali antichi della città con spirito oliano di documentazione e denuncia.

Salvatore di Giacomo poeta dialettale coglie l'anima folclorica di Piedigrotta.

Grazia Deledda ritrae la Sardegna in termini più mitici che naturalistici. Nel 1926 vince il premio Nobel.

Mario Pratesi ritrae una Toscana primitiva e violenta scossa da contrasti che oppongono campagna e città, valori del passato e corruzione della borghesia.

  1. IL VERISMO E LA CULTURA DEL NATURALISMO E DEL POSITIVISMO

Per rappresentare fedelmente la fisionomia dell'Italia occorre la capacità di leggere quella realtà senza compiacimenti, senza alcuna intrusione soggettiva, di sentimenti o di ideologie da parte dello scrittore.

Da Balzac viene l'invito a tener conto dei condizionamenti dell'ambiente (soprattutto delle cause economiche che muovono i rapporti sociali), da Flaubert l'invito all'impersonalità, dai Goncourt l'invito a guardare le classi inferiori e le miserie del popolo, da Zola l'invito allo scrittore di farsi scienziato, osservatore e sperimentatore spregiudicato dei fatti naturali.

  1. IL VERISMO ITALIANO E IL NATURALISMO FRANCESE

Il nostro Verismo non accetta senza critiche le influenze culturali estere ma le ripensa e le adegua alle condizioni della realtà italiana. Il Verismo è il tentativo di ridurre a materia d'arte la vita italiana moderna, ritraendola direttamente dal vero. Differenze dal naturalismo:

Il naturalismo opera in un contesto urbanizzato e industrializzato; registra le devastazioni, i costi alienanti, l'emarginazione, la criminalità, la nevrosi, fin nelle basse sfere. Il verismo opera in un contesto molto più arretrato, con una borghesia parassitaria e masse contadine chiuse nella loro miseria.

Il naturalismo è portato all'analisi scientifica di casi patologici, ritratti dall'ottica di un esasperato scientismo e della legge dell'ereditarietà. Il verismo invece non accetta il concetto di ereditarietà né lo scientismo esasperato.

Per il verismo la letteratura non può essere la pura registrazione fotografica di un fatto perché occorre sempre l'autonoma rielaborazione dell'artista.

Zola è animato da una precisa volontà d'inchiesta e si rifà ad una realtà storicamente ben definita. Ai veristi manca invece una volontà di denuncia politica.

Zola crede che la scrittura possa contribuire a cambiare la realtà. Invece Verga crede che la realtà data sia immodificabile e che la letteratura non posa in alcun modo incidere su di essa.

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