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Biografia dell'autore: Foscolo




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CARLO PORTA GLI ANNI MILANESI Nasce a milano nel 1775 da una famiglia borghese
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Biografia dell'autore:          Nato nel 1778 a Zacinto, un'isoletta del Mar Ionio che era sotto il dominio di Venezia ma apparteneva al mondo greco, muore solo, senza nessun affetto in esilio in Inghilterra nel 1827. E' ateo. Il padre forse era un aristocratico veneziano decaduto e diventato medico. La madre è Diamantina Spatis, greca. La nascita in un'isola greca, da madre greca avrà un grande significato nella vita del Foscolo. Famiglia sventurata: quando lui ha 10 anni muore il padre: è costretto a diventare responsabile della madre e dei fratelli (comincia a formarsi in lui il problema della figura del padre); si trasferisce a Venezia con tutta la famiglia: inizia a studiare più che altro come autodidatta: rimane colpito dalla letteratura e dalla filosofia classica; studia anche le tematiche approfondite dagli illuministi contemporanei; desideroso di gloria e di successo, amante del lusso e dei piaceri, attratto e affascinato dall'aristocrazia = avrà storie d'amore con bellissime nobildonne aristocratiche: lui però non era ricco ma affascinante e anticonformista (capelli rossi) e soprattutto molto dotto. Ma questi amori saranno la causa di inquietudine interiore e quindi causa di un vagabondaggio sfrenata in tantissime città d'Italia, di Francia e d'Inghilterra; la sua prima poesia fu scritta dopo la Rivoluzione Francese quando prese il potere Napoleone (Riv. Francese: 1789 - 94; Età Napoleonica: 1796 - 1814/15); Foscolo continuerà a comporre capolavori soprattutto durante il dominio francese nel Nord Italia; nei suoi testi domina l'autobiografismo che permette di capire facilmente il contesto storico in cui viene scritta la poesia. Foscolo è prevalentemente un poeta: la professione di poeta non esisteva; esisteva invece la gloria poetica (l'altra gloria esistente era quella militare): ma la poesia pur dando gloria non dava ciò di cui sfamarsi. Per questo motivo il Foscolo diventerà un militare dell'esercito di napoleone e addirittura era presente quando il sovrano progettò di invadere l'Inghilterra. Lo stipendio che riceveva non era comunque sufficiente a far fronte a tutti i vizi che si permetteva: conseguenza di tutto ciò fu l'esuberante indebitamento in cui è sempre vissuto. Nel 1808 tentò di arricchire le sue entrate con lo stipendio di professore universitario a Pavia ma pochi mesi dopo la sua cattedra venne soppressa. = non diventerà mai ricco e sarà sempre costretto a errare. Nel 1814 crolla l'Impero Napoleonico. Nel 1815 con il Congresso di Vienna le potenze che avevano sconfitto Napoleone si divisero l'Europa dando inizio all'Età della Restaurazione. In Italia torneranno gli austriaci: Foscolo scelse l'esilio prima in Svizzera e poi in Inghilterra. Gli Inglesi lo accolsero con simpatia ma illudendolo: per la sua natura non riuscì mai ad integrarsi e verrà abbandonato: morirà poverissimo in uno squallido quartiere di Londra da solo con la figlia. Quando nel 1861 nasce l'Italia le sue ceneri verranno depositate in una Chiesa di Firenze. In Inghilterra aveva visitato anche Manchester, nel Lankshire, e ne rimase inorridito a causa dell'inesistenza dell'aristocrazia, del dominio dei borghesi che avevano come unico obiettivo il massimo risultato economico sfruttando i lavoratori al massimo.


Arte e cultura:          Nei primi 10 anni del 1800, in cui Foscolo scrive i suoi capolavori, sono dominati da 2 movimenti artistico letterari in contrasto tra di loro: NEOCLASSICISMO (movimento del 1700 che in questo periodo, pur essendo al culmine, vedeva la sua fine); ROMANTICISMO (novità: dominerà i primi 50 anni dell'800 dopo aver battuto il Neoclassicismo). = Foscolo aderirà ad entrambi pur essendo più legato al Neoclassicismo.


Neoclassicismo: Il Neoclassicismo è la corrente che sembra meglio interpretare il gusto di quegli anni, anche perché trova la sua ragione d'essere e la sua giustificazione in certi atteggiamenti della Francia rivoluzionaria prima e della cultura napoleonica poi; ma è proprio per questo che il gusto neoclassico, pur costituendo un ponte di passaggio tra l'arte illuministica e quella romantica, è un fenomeno non unitario né facilmente schematizzabile, ma invece abbastanza complesso, talvolta contraddittorio e aperto a esiti diversi. Al Neoclassicismo si rifanno infatti, specialmente nella Roma papale, gli scrittori di orientamento reazionario i quali, col ritorno alla classicità, si sforzano di porre un argine alla cultura moderna e, in nome della continuità tra passato e presente, si oppongono alle brusche rotture rivoluzionarie; come pure la politica culturale di Napoleone. Il Neoclassicismo costituì sul piano artistico la cifra comune di tutta l'Europa. Il fatto è che per l'intellettuale di quegli anni il classicismo non è una forma d'arte tra le tante possibili, ma rappresenta l'arte in assoluto; è un patrimonio di cultura, l'unico che permettesse di organizzare formalmente la realtà, al di là delle differenziazioni ideologico-politiche. Il settore verso il quale si concentrò maggiormente l'attenzione fu il teatro.

In questo clima era naturale che avesse maggior eco la battaglia culturale neoclassica, che venne mossa nel campo dell'archeologia e delle arti figurative (di quel tempo gli scavi di Pompei e Ercolano). Ne furono promotori due tedeschi, l'archeologo Winckelmann, con la sua storia dell'arte nell'antichità (1794) e il critico, filosofo e letterato Lessing con due famosissime opere, Laocoonte (1767) e la Drammaturgia amburghese (1767-69). Il Neoclassicismo si costruisce una patria ideale e ad essa mira nostalgicamente nell'aspirazione ad una forma che indichi il composto superamento delle passioni. L'uomo visse un'irripetibile ora nell'armonia tra passioni e bellezza.

Questo Neoclassicismo idealistico, i cui valori potevano venire contrapposti alle disarmonie del presente e che è percorso da un'altra malinconia nella consapevolezza della precarietà di quell'aspirazione a un'Ellade perduta, ebbe però in Italia scarsa risonanza.

Rousseau aveva esaltato il valore del sentimento come fatto rivoluzionario, capace di recuperare una dimensione umana ad una società cristallizzata in consuetudini artificiose.







Le ultime lettere di Jacopo Ortis:

Il romanzo epistolare si svolge innanzitutto su due tematiche fondamentali che si intrecciano: la passione politica e la passione amorosa.

La passione politica, che, col suo fallimento, mette in evidenza da un lato i rapporti negativi con il potere e dall'altro il desiderio di un'Italia che avrebbe potuto essere unificata proprio alla luce delle idee diffuse dalla Rivoluzione francese e dagli entusiasmi suscitati dalle imprese di Napoleone; il fallimento è controbilanciato dall'amor di patria, dall'elogio della virtù individuale (Giuseppe Parini) e dalla meditazione sulla storia e sulla passata grandezza di Roma e dell'Italia.

La passione amorosa, che col suo fallimento mette in evidenza i rapporti negativi dell'individuo con gli usi, i costumi e le consuetudini che vogliono ancora la donna oggetto del padre o del marito e priva di quella volontà autonoma che la contraddistinguerebbe come persona umana: la forza non è ancora nel sentimento (o non lo sarà se non sporadicamente), ma nel potere soprattutto economico. La forza delle idee illuministiche non è stata in grado di liberare l'individuo dalle pastoie della potenza di chi può disporre e della debolezza di chi è sottomesso perché nulla possiede. Ma anche in questo caso, come per la passione politica, il romanzo e i due personaggi Teresa e Jacopo, insieme alla madre della ragazza, rappresentano un atto di fede nel sentimento e nel rinnegamento dell'egoismo. Il fallimento della passione amorosa è controbilanciato proprio dalla valorizzazione del sentimento e dalla ribellione a un certo senso del fatalismo che durante il romanticismo assegnerà alla donna un altissimo ruolo, valorizzando il suo essere madre e punto fondamentale di unione del focolare domestico.
Il fallimento delle due passioni porta inevitabilmente al suicidio, provocato dal dolore intensamente provato e intensamente protratto fino al limite della rottura finale: ma questo elemento negativo è controbilanciato dalla speranza di un mondo in cui coloro che si amano possano riunirsi per sempre: non la morte come fine di tutto, ma come passaggio: il suicidio è l'unico rimedio in certi tempi ai mali della vita provocati dall'uomo.


Sepolcri:                    Il carme Dei Sepolcri fu composto dal Foscolo nel 1806 fra i mesi di luglio e settembre e pubblicato a Brescia ai primi d'aprile del 1807. All'origine vi fu certamente una discussione che il Poeta, durante la breve visita a Venezia del 16-17 giugno 1806, ebbe nel salotto veneziano della Contessa Isabella Teòtochi Albrizzi con l'amico Ippolito Pindemonte, al quale verrà poi dedicato, sul tema delle sepolture, che in quegli anni, sulla spinta delle legislazioni sia della Francia che dell'Austria, stava modificando costumi e modi di vivere, in una società che cominciava a marciare speditamente sulla via del progresso economico-industriale e civile, favorita anche dalla diffusione delle teorie illuministiche. Il Pindemonte nel suo poemetto intitolato Cimiteri aveva espresso la sua contrarietà alla nuova legislazione e alla nuova filosofia, temendo che queste potessero portare a trascurare il culto dei defunti e il Foscolo aveva risposto, invece, con argomentazioni che affermavano la giustezza di quanto stava avvenendo. Ma a una più attenta analisi Foscolo capì che le idee esposte non corrispondevano al suo modo di sentire e alla sua concezione della vita e dei destini dell'umanità. L'opera è divisa in diverse fasi:

- Introduzione, in cui è dichiarata la materia generale, l'interesse dei vivi per le tombe.

- Parte prima, le tombe sono la 'Celeste corrispondenza d'amorosi sensi' e 'sol chi non lascia eredità d'affetti / poca gioia ha dell'urna'; ma una nuova legge impone la sepoltura fuori dai centri abitati, dallo sguardo pietoso degli uomini, e questa ha permesso che senza una tomba sia sepolto Parini, il cui corpo magari giace mischiato a quelli di infami che hanno lasciato la vita sul patibolo.

- Parte seconda: le tombe trovano la loro giustificazione nella storia; dopo aver delineato il significato di illusione e di tomba, Foscolo ne descrive l'origine: l'uomo quando esce dallo stato ferino, comincia a formare gruppi sociali che hanno bisogno, per cementare l'unione fra i singoli componenti, di norme e linguaggio per capirsi: proprio quando istituisce la famiglia, le leggi e il culto dei morti, non solo come elemento di pietà ma soprattutto come elemento eternante l'illusione di una vita che continua al di là della morte nella mente dei vivi, possiamo dire che sia nata la società civile.


- Parte terza: è il momento della giustificazione civile delle tombe, che devono ispirare gli uomini forti a intraprendere una vita che può essere forte solo seguendo i grandi ideali che i grandi uomini con le loro opere ci hanno tramandato e dei quali le tombe sono la testimonianza sempre viva e presente; Firenze, che ha dato i natali a Dante, e Santa Croce che conserva le tombe dei grandi (Machiavelli, Petrarca, Alfieri, Michelangelo, ecc.) sono la esemplificazione efficace di questo concetto, insieme all'immagine delle tombe innalzate ai prodi di Maratona che evidenziano l'idea della morte come 'giusta dispensiera' di fama e gloria per i generosi che hanno versato il sangue per la Patria e per coloro che hanno ben operato. Per questo la tomba appare come un 'riposato albergo' nel quale cessa ogni vendetta e comincia per i morti nei vivi un'esistenza più alta e degna di onori.

- Parte quarta: contiene la 'giustificazione poetica': in questi versi troviamo la sostanza dell'esistenza stessa della poesia; si apre con la figura dello stesso Foscolo, che i tempi e il desio d'onore / fan per diversa gente ir fuggitivo (tema dell'esilio) e si chiude con la grandiosa figura di Ettore, che muore per la difesa della patria, eroe sfortunato, così come sfortunato era stato il Foscolo. Uno dei compiti della poesia è proprio quello di celebrare gli eroi e di tramandarne le imprese e la gloria: così la gloria dell'eroe troiano è eternata dal canto di Omero e di Foscolo, insieme alle donne iliache, che sulle tombe degli eroi caduti sciolgono in segno di lutto le loro chiome, alla stirpe di Elettra amata da Giove e ai suoi discendenti Dardano, Ilo e Assaraco. Il carme si chiude col concetto dell'illusione che nel futuro le tombe possano essere onorate da lagrimati affetti per cui men duro sarà il sonno della morte.


A Zacinto:     Scritto tra il 1802 e il 1803 e in quell'anno pubblicato. Il primo sentimento di questo sonetto è il dolore causato dall'esilio e dal rimpianto della propria terra insieme alla coscienza di non potervi più fare ritorno; il dolore scaturisce da una condizione di solitudine che è diventata ormai esistenziale per la mancanza di affetti duraturi che possano permettere la creazione di un focolare domestico. L'esilio apre e chiude il sonetto e la chiusura contiene quel concetto di tomba che diventerà essenziale nei Sepolcri. Zacinto è la patria ideale, che incarna le grandi illusioni dell'uomo: la bellezza, raffigurata da Venere che rese feconde le acque che la bagnano, la poesia raffigurata dal sommo poeta Omero, insieme all'esilio, cui lo stesso poeta è destinato, raffigurato da Ulisse, che però ha il privilegio di ritornare alla sua petrosa Itaca, mentre il poeta sarà sepolto fra genti straniere in una illacrimata sepoltura.


In morte del fratello Giovanni: Scritto nel 1802 e pubblicato nel 1803. Giovanni Dionigi Foscolo. tenente nell'esercito cisalpino, si uccise ventenne con una pugnalata, per un grosso debito di gioco, alla presenza della madre Diamantina Spathis (1747-1817), in Venezia, nel 1801. Affetti profondi e familiari, da quello doloroso dell'esilio a quello struggente della madre che piange la fine dei suoi figli, suicida l'uno, esiliato l'altro, sono il tessuto di questo sonetto, sicuramente il più originale, perché meno sostanziato da immagini mitologiche. L'amaro destino, la stessa avversione dei Numi accomuna i due fratelli; ma questo non impedisce che sorga nel poeta la speranza che almeno le sue ossa possano essere restituite al petto della dolente madre per avere una lacrimata sepoltura. È proprio sulla tomba di Giovanni che idealmente si ricostituisce quella unità familiare spezzata dall'avverso destino: la tomba diventa già qui una corrispondenza d'amorosi sensi.








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