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IL CONTE ZIO
Quella del conte zio è una ,delle più felici creazioni del Manzoni che attinge alla vita le sue figure più caratteristiche. Il conte zio impersona in sè il politico trionfio e di nessun talento, ma che ha, ciò nonostante, un' abilità consumata nel far valere la sua autorità a forza di interiezioni, di soffi, di parole oscure.Appartiene al Consiglio segreto e vi ha ,come dice il Manzoni, 'un certo credito, ma ,nel farlo valere, e nel farlo rendere con gli altri, non c' era i1 suo compagno. Un parlare ambiguo, un tacer significativo, un restare a mezzo, uno stringer d'occhi che esprimeva: non parlare un lusingare senza promettere,un minacciare in cerimonia; tutto era diretto a quel fine;e tutto, o piu o meno, tornava in pro'. Ne abbiamo la primapresentazione nelle parole, alquanto canzonatorie, del conte Attilio, nel cap. Xl; compare di persona per far valere la sua autorita nell'impegno relativo al padre Cristoforo nel cap. XVIII, dove ha un colloquio col conte Attilio, e nel cap XIX, dove egli, invitato a pranzo il padre provinciale, s'intrattiene a parlare con lui per ottenere il trasferimento di padre Cristoforo.
I1 conte zio e dunque uno di quegli uomini che riescono a farsi una strada nella vita senz'altra virtu se non quella di riuscire a darsi importanza. Sapeva vendere il suo credito, dice il Manzoni, che lo paragona con felice riuscita, a una di quelle scatole che si vedono ancora in qualche bottega di speziale, con su certe parole arabe, e dentro non c'e nulla; ma servono a mantenere il credito alla bottega
Come occorre una certa perspicacia e una certa levatura per capire che in quella scatola non v'e nulla, che la maggioranza crede che dietro quelle parole arabe ci sia chi sa quale misterioso potere, cosi non e facile scoprire quello che veramente c'e nella mente vuota del nostro conte zio.
Lo conoscono bene invece i suoi parenti piu prossimi e specialmente il conte Attilio che l'ha per una zucca solenne, ma gli altri si lasciano facilmente prendere dalla sua aria piena d'importanza. Poiche l'importanza in gran parte non e se non quella che gli altri ci attribuiscono, così è facile osservare che quella del conte zio e veramente accresciuta dalle sue maniere abili e dalla sua arte sopraffina
di vendere furno. II colloquio del cap. XVIII fra zio e nipote e diretto unicamente da quest'ultimo: si noti con quanta accortezza il giovane scapestrato gli suggerisca quale sia, a suo parere il rimedio piu sicuro per sbarazzarsi di padre Cristoforo. Dove invece il conte zio dimostra di saper bene impiegare l'autorita che possiede, è nel ricevimento a cui invita il padre Provinciale. I commensali sono stati tutti scelti da lui accuratamente: i piu nobili per dare un' idea delle proprie aderenze, i piu umili per signi-
ficare come tanta gente fosse devota e sottomessa al padrone di casa. Anche l'argomento e stato precedentemente studiato: si tratta nientemeno che del suo viaggio a Madrid, in occasione del quale, quali onori gli fossero stati tributati bisogava poi sentirlo raccontare da lui! Ma il padre Provinciale non e da meno di lui. Di corte in corte,di dignita in dignita, tira il discorso sul cardinale Barberini, ch'era cappuccino, e fratello del papa allora sedente,Urbano VIII: niente meno'.Anche il provinciale la sa
dunque lunga e percio, mettendoli a fronte, il Manzoni non sa trattenere un lieve sorriso: tant'arte consumata per un oggetto così poco rilevante, il trasferimento d'un frate! Due potestà, due canizie, due esperienze consumate si trovano a frontes. Non poteva il Manzoni trovare uno spunto piu ironico di questo.In sostanza il conte zio e un ambizioso privo d'ingegno,tutto apparenza e nulla sostanza, ma che, come si dice volgarmente, ci sa fare. I1 suo sbuffare e le sue interiezioni gli hanno procurato le piu alte cariche; ora non aspira a altro che a quella di governatore, e chi sa che non vi sarebbe arrivato, se non ci fosse stata la peste!
Come per l'Azzeccagarbugli il Manzoni non fa commenti sulla sua scomparsa. O meglio, una consilderazione indiretta e direi, di sfuggita, la fa, ma e, invero, pOco lusinghiera. L'autore infatti ci dice che 'in tempi di peste c'era molto piu bisogno di infermieri che di politici; e aggiungeremo che di politici simili, di mezze teste, il mondo è veramente pieno, e occorre una occasione come la peste o che so io, per mostrare tutta la loro nullità'.
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