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Italo Calvino nasce il 15 ottobre 1923 a Santiago de las Vegas, nell'isola di Cuba, ma già nel 1925 la sua famiglia si trasferisce a Sanremo, dove suo padre era nato. Trascorre l'infanzia a Sanremo, consegue nel 1941 la licenza liceale al liceo 'G. D. Cassini' di Genova e si iscrive alla Facoltà di Agraria dell'Università di Torino. Nel 1943 si trasferisce alla Regia Università di Firenze e nel 1944 si iscrive al Partito Comunista Italiano. Nel 1946 inizia la sua collaborazione con il quotidiano 'l'Unità' e con la casa editrice Einaudi. Nel 1952 esce 'Il visconte dimezzato' nel 1956 'Fiabe italiane', nel 1959 'Il Cavaliere Inesistente'. Nel 1964 sposa a L'Avana, a Cuba, Chichita. Nel 1978, all'età di 92 anni, muore la madre. Il 6 settembre 1985 muore a Castiglione della Pescaia, in provincia di Grosseto, colto da un ictus.
Suor Teodora è intenta a scontare la sua penitenza affidatale dalla badessa, che consiste nello scrivere un libro. Allora la monaca incomincia a narrare. Tra i paladini di Carlo Magno, ve ne è uno, di nome Agilulfo, che non esiste. Nella sua splendente armatura, infatti, è il vuoto, e per questo fatto è deriso e schernito dai suoi commilitoni. Nonostante questo impedimento, Agilulfo è di gran lunga il miglior soldato che l'esercito francese abbia. Non esistendo il cavaliere non ha bisogno di mangiare e tantomeno di dormire, infatti, di notte vaga per l'accampamento correggendo con la sua nota pignoleria ogni disfunzione all'interno dell'esercito. Una notte, vagando tra i padiglioni, si imbatté in un giovane cavaliere, di nome Rambaldo, angosciato al pensiero della battaglia prevista per l'indomani, il quale gli chiese come potesse trovare sul campo di battaglia l'Argalif Isoarre, per ucciderlo e vendicare la morte di suo padre. Il paladino con la consueta fermezza gli indicò di recarsi in un padiglione dove avrebbero esaudito la sua richiesta. Rambaldo rimase molto colpito dalla sicurezza di Agilulfo e da subito ebbe stima di lui. Il giovane cavaliere conoscendo meglio la vita nell'accampamento rimase molto deluso, in quanto la immaginava assai diversa. La sufficienza con cui i componenti dell'esercito svolgevano le proprie mansioni lo lasciò amareggiato, ma spinto dall'orgoglio di vendicare suo padre il giorno seguente si presentò sul campo di battaglia deciso a raggiungere il suo scopo, e raggiuntolo, anche se poco onorevolmente, sulla strada del ritorno cadde in una imboscata di due cavalieri arabi, dalla quale fu salvato da un misterioso cavaliere, che non si fece riconoscere. Rincorsolo lo vide spogliarsi dell'armatura vicino a un torrente e scoprì che era una donna. Tornato al campo chiese informazioni su di lei ad alcuni compagni che gli affermarono che si trattava di Bradamante, una coraggiosa donna dal carattere scontroso. Rambaldo si invaghì subito di lei, tanto da non riuscire a pensare ad altro. Il giovane decise così di chiedere consiglio ad Agilulfo, delle stravaganti caratteristiche del quale era stato informato dai compagni, ma non ottenne alcuna risposta da lui. Rambaldo vagando ancora per l'accampamento incontrò Torrismondo, un altro giovane cavaliere, anch'egli deluso dal vero aspetto della guerra. Questo, durante il pranzo, accusò Agilulfo di non potersi fregiare del titolo di cavaliere, in quanto la donna da lui salvata dai briganti quindici anni prima in realtà non era vergine, e quindi ad Agilulfo sarebbe spettato solamente un riconoscimento ma non il titolo di cavaliere. Torrismondo affermò di essere figlio di quella donna, e così, negando di essere figlio dei duchi di Cornovaglia ricusò anch'egli il titolo di cavaliere, che tuttavia gli sarebbe spettato se avesse dimostrato di essere figlio di un dei cavalieri del Santo Graal. Il fatto destò molto scalpore nell'accampamento, e Carlo Magno invitò i due interessati a fornire delle prove per suffragare le proprie tesi. I due allora partirono alla ricerca delle testimonianze che avrebbero chiarificato la loro situazione. Bradamante, sconvolta dalla notizia, si preparò rapidamente a partire per inseguire Agilulfo, del quale era pazzamente innamorata, e al suo seguito partì Rambaldo, che per lo stesso motivo rincorreva la donna. Agilulfo giunse al monastero dove Sofronia, donna da lui salvata, si era rifugiata dopo l'incontro con il paladino, ma trovatolo distrutto, seppe da un contadino che tutte le suore erano state rapite dai saraceni e portate in Marocco. Così il cavaliere si imbarcò su una nave e partì alla volta del Marocco deciso a ritrovare la donna. La nave però durante il viaggio scontrò una balena e naufragò. Grazie alla sua stravagante natura Agilulfo, affondato a causa del peso della corazza, camminando sul fondale del mare giunse ugualmente in Marocco, dove scoprì che Sofronia era stata promessa in sposa al Saladino di quella regione. Con estrema abilità liberò la donna e con lei si imbarcò per la Francia su di una nave, che, ugualmente alla prima, naufragò vicino alle coste francesi. Agilulfo riuscì a portare in salvo la donna e, lasciandola in una grotta a riposare, corse da Carlo Magno per riferirgli del ritrovamento. Intanto Torrismondo aveva raggiunto i cavalieri del Santo Graal e deluso dalle loro strampalate ideologie cominciò ad errare per le nazioni senza una meta. Giunto in una grotta, vi trovò proprio Sofronia, e, folgorato dalla sua bellezza se ne invaghì e si unì con lei. Sopraggiunti, Agilulfo e Carlo Magno rimasero sbigottiti alla vista di ciò: Agilulfo fuggì disperato per aver perso il suo onore, rincorso dal riconoscente Rambaldo, che cercava di riferirgli la verità. Sofronia non era infatti la madre di Torrismondo, che era fuggito anch'egli per non sopportare l'umiliazione di aver provocato un incesto, bensì la sorellastra; la verità era stata occultata dai genitori dei due. Così Torrismondo poté sposare Sofronia e trasferirsi con lei in una terra assegnatagli da Carlo Magno, ma Rambaldo non riuscì a raggiungere Agilulfo, che abbandonando la sua armatura svanì nel nulla. Rambaldo errò per anni in cerca di Bradamante e infine la trovò in un convento, in cui era entrata con il nome di Suor Teodora.
Agilulfo Emo Bertrandino dei
Guildinverni e degli Altri di Corbentraz e Sura, cavaliere di Selimpia
Citeriore e Fez, pignolo e intransigente paladino di Carlo Magno, oltre alla
sua stravagante non esistenza nel suo personaggio si evidenzia l'assenza di
ogni sentimento e sensazione, che lo dipinge quasi come un personaggio
inanimato. Tuttavia nel finale del racconto sentendosi ferito nell'orgoglio e
nell'onore si ritira e abbandonando la sua armatura svanisce, dimostrando di
poter provare sentimenti e che non esiste un uomo oltre al cavaliere. L'
interesse per lui di Bradamante lo turba notevolmente, come dimostra nel
secondo incontro con Rambaldo.
Agilulfo è un ufficiale più noioso degli altri, ma è anche il più infelice. È
alla ricerca della perfezione e la più piccola manchevolezza nel servizio gli
procura una sofferenza acuta per ciò che è fatto male, fuori posto.
Giovane cavaliere, le sue illusioni sulla guerra e sulla cavalleria crollano immediatamente, ed egli è assalito dalla insicurezza. Assume Agilulfo come sostegno, con lui vorrebbe parlare quando è assalito dallo sconforto. Ma quando si innamora di Bradamante per lui il paladino assume un doppio ruolo: quello di confortatore e quello di rivale in amore. Tuttavia alla fine del racconto dimostra il suo riconoscimento e la sua stima per Agilulfo rincorrendolo per i boschi, e lo stesso paladino, che lo aveva freddamente trattato per tutto il romanzo, alla fine gli concede in regalo la sua armatura, ossia quanto di più caro abbia mai posseduto. Il suo processo di maturazione avviene scontrandosi con la dura realtà della guerra.
Bella e coraggiosa donna, nonché abilissima amazzone. Assunta dall'autore come narratrice dei fatti, non rivela fino alla fine la propria identità. Anche il suo carattere e il suo rapporto con gli altri personaggi muta nel corso della storia, ma il suo cambiamento è repentino: inizialmente altera e fredda con Rambaldo ha occhi solo per Agilulfo, perché ricerca negli uomini la perfezione, mentre al termine della vicenda accoglie Rambaldo abbandonando il convento. Il suo processo di maturazione si compie analizzando i fatti che descrive nel racconto.
Giovane cavaliere, il suo carattere non è particolarmente evidenziato ma dalle sue riflessioni si evince la sua concezione pessimistica della vita e di tutte le cose. Nel corso del romanzo matura abbandonando le proprie illusioni giovanili e assumendo ideologie personali. Alla sua comparsa è presentato come anti-eroe del buon Agilulfo, ma nella continuazione dell'intreccio le avventure in Inghilterra e la scoperta della verità sulla sua famiglia lo propongono come personaggio buono.
Noto con altri numerosissimi nomi, mendicante frequentatore degli accampamenti, per ordine di Carlo Magno viene assunto da scudiero da Agilulfo, ma si rivela più un peso che un aiuto per il paladino. È in contrapposizione con l'assoluto non essere di Agilulfo. Infatti Gurdulù esiste fisicamente, ma non ne ha coscienza e si confonde con la natura bruta, credendosi di volta in volta anatra, rana, zuppa, cavallo.
L'autore fa narrare la
vicenda a una suora (intreccio), e talvolta all'inizio di un capitolo
interrompe la narrazione per far effettuare alla religiosa delle riflessioni
sui fatti raccontati o delle digressioni sulle fonti di ispirazione utilizzate
o ancora farle pronunciare delle scuse al lettore per la sua ignoranza su
qualche argomento trattato. Per buona parte del libro, circa dieci capitoli, il
ritmo narrativo risulta abbastanza lento e la narrazione è tralasciata per
descrizioni di ambienti e dettagliati riferimenti a questioni che non incidono
sulla trama principale. Nella seconda parte al contrario il ritmo narrativo è
molto veloce per ammissione della stessa monaca narratrice, che afferma di
'stare aspettando qualcosa', che nel colpo di scena finale sarà
proprio Rambaldo.
La sintassi è strutturata prevalentemente su proposizioni principali e il
linguaggio risulta abbastanza semplice e privo di figure retoriche. Il racconto
non presenta un definito personaggio principale, in quanto, a seconda delle
fasi della narrazione vede evidenziato un personaggio : come all'inizio
dell'opera Agilulfo sembra il protagonista, in seguito Rambaldo focalizza su di
sé l'attenzione, poi le avventure di Torrismondo, anche se velocemente narrate,
assumono un ruolo importante e infine con la rivelazione dell'identità della
narratrice il personaggio di Bradamante prevale sugli altri.
L'autore appare ironico, grande conoscitore delle epoche storiche e formidabile
analizzatore dei rapporti fra le classi sociali. La monaca Teodora scrive per
penitenza vicende da lei realmente vissute. Non appare un vero e proprio
narratario riscontrabile nei personaggi del romanzo. L'autore reale si rivolge
con intenti didattici ma divertenti ad un pubblico giovane
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