I DUE VIAGGI DI RENZO A MILANO.
Fai un confronto e cerca d chiarire cosa impara il nostro
protagonista nelle due esperienze.
Nel cap XIII Renzo si trova per la prima
volta a Milano, e durante il suo passaggio ha la possibilità di vivere
un'esperienza preziosa, che lo aiuterà a maturare. Appena giunto nei pressi
della città, vede della farina sparsa sulla strada, e dopo aver fatto pochi
passi nota dei pezzi di pane abbandonati alla base di una colonnarimane
perplesso. Tutti sapevano che Milano era in crisi a causa della carestia:
infatti dopo il raccolto del 1628, rivelatosi misero, le ruberie dei soldati,
l'abbandono dei campi e l'esosa tassazione avevano devastato l'economia del
Ducato dando inizio ad una situazione precaria che andava impoverendo la
popolazione. E' così che addentrandosi nel cuore della città, il nostro
protagonista si spiega le strane situazioni vissute finora, e vive in prima
persona le rivolte del pane, sfociate nell'assalto ai fornia questo punto,
l'ingenuità di Renzo diviene palese, e le vicissitudini si susseguonoil
giovane si sente sicuro di se e aizza la folla sostenendo un discorso
articolato con un lessico semplice, essenziale ed efficace, che denuncia la sua
più grande convinzione basata sulla
concezione della "politica" come sinonimo d'"imbroglio, astuzia e ipocrisia";
ma non si sente un rivoluzionario, (rispecchiando così le idee del Manzoni
stesso), e s'illude di poter giungere alla libertà, alla giustizia mediante
utopistiche riforme. Viene scambiato per un promotore della rivolta, così il
"birro" Ambrogio Fusella fingendosi uno spadaio, lo accompagna ad un'osteria e
con un meschino raggiro riesce a scoprire l'identità del nostro giovane
ingenuo. Al tavolo i due bevono e Renzo, non essendo abituato al vino s'ubriaca
e inizia a parlare a sproposito:
quest'episodio rappresenta una nuova esperienza, che fa emergere il suo lato
più oscuro, e lo mette a nudo in un luogo angusto, covo dei peggiori criminali,
che finiscono per canzonarlo. Comunque, seppur brillo, il Tramaglino è attento
a non pronunciare il nome di Don Rodrigo, e soprattutto è cauto perché vuole
evitare che anche il nome della sua amata finisca su quelle bocche colme di
bestemmie. A fine serata, l'oste lo accompagna nella sua camera, dove
trascorrerà una notte terribile, per poi, il mattino seguente esser denunciato
dal padrone stesso dell'osteria, che cerca di proteggere Renzo, ma che si vede
comunque costretto ad informare il notaio criminale. Il ragazzo viene
arrestato, ma riesce comunque a fuggire sfruttando l'aiuto della folla. Termina
così il primo viaggio a Milano; l'"eroe" del romanzo è infondo un uomo come
tutti gli altri, con i suoi difetti e le
sue debolezze: siccome che secondo Manzoni l'arte deve rispecchiare la realtà, anche
l'ingenuità e la debolezza di Renzo deve essere descritta, poiché un processo
di maturazione passa inevitabilmente attraverso un episodio negativo. Il
giovane farà tesoro di quest'esperienza, e proseguirà la sua strada verso
Bergamo, con maggior saggezza.
Il secondo viaggio a Milano viene descritto
al cap. XXXIV, quando torna al Ducato, per ritrovare Lucia. Ma giunto in città,
gli si presenta un tetro spettacolo, fatto di desolazione e morte, tristezza e
rabbia, così Renzo, conosce gli orrori della peste alla quale lui, come pochi
altri, è riuscito a scampare. Il giovane vede un quartiere fortemente
degradato, e Manzoni ci illustra la tensione tra la gente, l'aria di
diffidenza, e il terrore causato da questa terribile epidemia che stava
devastando Milano"Così l'ignoranza, coraggiosa e guardinga alla rovescia,
aggiungeva ora angustie all'angustie, e dava falsi terrori, in compenso de'
ragionevoli e salutari che aveva levati da principio". In questa clima di
grande desolazione, assiste alla straziante scena di Cecilia, che sembra ridare
dignità e una paradossale nonché magica bellezza, a questa società tristemente
segnata dalla malattia. Mentre cammina, viene additato come un untore, per via
di qualche movenza sospetta, ed è costretto a fuggirema è a questo punto che
giunto dove vengono curati gli appestati maschi, incontra un vecchio amico,
nonché una grande guida: Fra Cristoforo. E il romanzo volge al termine, con un
nodo cruciale, la parte più importante, attesa e significativa dell'intera
vicenda: il frate parla a Renzo, con parole di misericordia, e lo invita al un
perdono nei confronti di colui che gli ha procurato così tante sofferenze. Solo
in questo modo, Dio potrà donare ad entrambi la salvezza per l'eternità; così
il giovane dando segno di grande fede e bontà si avvicina al Signorotto
moribondo, ( al quale per la prima volta viene riconosciuta la dignità di
"uomo" anche dal Manzoni), e prega per lui. Renzo esce così vincitore da questa
storia, dando prova di grande maturità,
e risultando trionfante nel finale, quando dopo lo scioglimento del voto di
Lucia, i due giovani riescono finalmente ad unirsi nel tanto sospirato
matrimonio.