I Crepuscolari
Orientamento di un gruppo poeti italiani dei primi
del Novecento che, pur riconoscendosi in un'idea comune di poesia, non facevano
capo a una vera e propria scuola e non avevano elaborato una precisa poetica.
Il maggiore rappresentante del gruppo fu Guido Gozzano (La via del rifugio,
1907; I colloqui, 1911); altri esponenti furono Sergio Corazzini, Marino
Moretti e Fausto Maria Martini. Il termine, usato per la prima volta da
Giuseppe Antonio Borgese in una recensione, sottolineava il tono dimesso, pacato
e un po' triste della loro poesia. In effetti, sia i temi sia le scelte
espressive concorrono a un risultato di modesto realismo quotidiano. Il
linguaggio è comune, le parole spesso appartengono al parlato, il verso tende
alla prosa perché il mondo rappresentato è fatto di 'piccole cose di
pessimo gusto', per citare un verso di Gozzano, a cominciare dagli interni
piccolo-borghesi costellati di oggetti caratteristici. In questo mondo
domestico si muovono personaggi qualunque che vivono esistenze umili e banali,
come la Signorina
Felicita, ragazza casalinga 'quasi brutta'
protagonista di una celebre poesia di Gozzano. Verso questo mondo provinciale
l'atteggiamento del poeta è di malinconia e insieme di consapevole distacco
ironico.
Tutto ciò non significa affatto che la poesia
crepuscolare sia ingenua e semplice: la scelta letteraria di questi autori, al
contrario, è ben precisa e consapevole. Se da un lato rifiuta e supera il
modello nobile e magniloquente di Gabriele D'Annunzio (pur rifacendosi in
particolare a una sua raccolta di poesie dai toni particolarmente pacati, il
Poema paradisiaco), dall'altro individua precisi modelli italiani e stranieri:
in Italia la poesia 'prosastica' scapigliata e il simbolismo di
Giovanni Pascoli, all'estero Paul Verlaine e alcuni poeti decadenti fiamminghi
e francesi, come Maurice Maeterlinck, Georges Rodenbach, Jules Laforgue.