Il
crepuscolarismo (1910c c
La
definizione di poeti crepuscolari fu coniata dallo scrittore G.A. Borgese che
usò questo termine in un articolo apparso su "La Stampa" nel 1910. Egli
sosteneva,in particolare, che <<dopo la gloriosa fioritura di Pascoli e
D'annunzio, la poesia italiana andava spegnendosi in mite e lunghissimo
crepuscolo>>. I crepuscolari sono poeti annoiati che dopo la solare
poesia precedente intendono cantare mediocrità quotidiana. Centridel
Crepuscolarismo furono Torino e Roma. Rappresentanti della corrente furono
Guido Gozzano, Sergio Corazzini, Fausto M. Martina e Corrado Govoni; temi
dominanti furono la malinconia, il rimpianto di un'ottocento ormai naufragato,
la solitudine, una velata autoironia e un diffuso senso di morte. Il
Crepuscolarismo nasce in contrapposizione a colossi come Pascoli, D'Annunzio,
Carducci. Pascoli fu considerato umile, D'Annunzio fastoso e superomistico e
Carducci patriottico. Il critico C.Angelini ritiene che la definizione di poeti
crepuscolari faccia pensare <<più che al crepuscolo di sera che si spegne
nella notte, al crepuscolo di mattina che annuncia timidamente un nuovo
giorno>>. Questa corrente rappresentò una delle possibili risposte alla
crisi del positivismo e al vuoto successivo alla caduta di certezze razionali.
I crepuscolari propongono un ripiegamento intimistico e la contemplazione amara
e dolente della vita. Il loro canto diventa denuncia dell'impossibilità di
stabilire un diretto contatto con il mondo. Tuttavia, appaiono contenti del loro
stato, sono felici delle lacrime e la loro condizione di esclusi dalla vita.
Essi inoltre cercano di superare le angosce esistenziale con l'attaccamento
alle piccole cose, perché sono le sole che danno loro il senso di concretezza.
La poesia torna ad essere semplicemente uno strumento di sconfessione ed
analisi del proprio mondo interiore. È un poeta che non ha ideali da proporre,
ne miti da celebrare, pertanto rinuncia ad ogni impegno civile, politico e
sociale. Di tutti gli aspetti della vita quotidiana, i crepuscolari amano
quelli più tristi e modesti: strade deserte, piazze vuote, vecchi salotti
polverosi, conventi, ospedali,ecc. Anche il linguaggio appare spoglio, dimesso
e colloquiale. Il poeta non è più un vate o un eroe, ma <<un piccolo fanciullo
che piange>>. In conclusione i crepuscolari oppongono al superomismo la
coscienza della propria fragilita, alla volontà di potenza l'incapacità di
agire, all'ottimismo il pessimismo, al vitalismo la passività, ai sogni di una
vita inimitabile la banalità quotidiana della vita piccolo-borghese, alle dame
sensuali pallide fanciulle malate destinate a morire di tisi.